Kitabı oku: «Prima Che Abbia Bisogno», sayfa 2

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CAPITOLO TRE

Mackenzie seguì Dagney mentre questa li accompagnava alla centrale. Durante il tragitto, notò che Harrison stava scrivendo appunti nella cartellina su cui si era praticamente ossessionato per quasi tutto il viaggio da Washington a Miami. Ad un certo punto si fermò e la guardò con sguardo perplesso.

“Hai già una teoria, vero?” le chiese.

“No, non ho una teoria, però ho notato un paio di cose nelle fotografie che mi sono sembrate un po’ strane.”

“Vuoi condividere?”

“Non ancora” disse Mackenzie. “Se le dico adesso e poi devo ripeterle alla polizia, finirò per avere dubbi. Dammi tempo per mettere in ordine le idee.

Con un sorriso, Harrison tornò ai suoi appunti. Non si lamentò del fatto che lei gli nascondesse le cose (e infatti non era così) e non insisté oltre. Faceva del suo meglio per obbedirle ed essere efficace allo stesso tempo e Mackenzie lo apprezzava.

Nel tragitto verso la centrale, iniziò a scorgere l’oceano tra gli edifici che superavano. Non era mai stata attratta dal mare come alcune persone, ma poteva capirne il fascino. Persino in quel momento, mentre dava la caccia ad un killer, poteva sentire la sensazione di libertà che rappresentava. Le torreggianti palme e il sole pomeridiano perfetto di Miami lo rendevano ancora più bello.

Dieci minuti dopo, Mackenzie seguì Dagney nel parcheggio di un grosso edificio della polizia. Proprio come quasi ogni cosa in quella città, anch’esso aveva un aspetto da spiaggia. Enormi palme si ergevano lungo la stretta striscia di prato davanti all’edificio. L’architettura semplice riusciva a comunicare un senso di rilassatezza raffinata. Era un luogo accogliente, e quell’impressione fu confermata anche quando Mackenzie ed Harrison furono entrati.

“Saremo solo in tre, me compresa, a lavorare con voi sul caso” disse Dagney scortandoli lungo un ampio corridoio. “Adesso che siete qui, il mio superiore probabilmente resterà in disparte.”

Bene, pensò Mackenzie. Meno discussioni e obiezioni ci sono, meglio è.

Dagney li portò in una piccola sala conferenze in fondo al corridoio. All’interno, due uomini erano seduti ad un tavolo. Uno dei due stava collegando un proiettore ad un MacBook. L’altro digitava furiosamente su un piccolo tablet.

Entrambi sollevarono la testa quando entrarono dietro Dagney. Mackenzie notò il solito sguardo… che stava iniziando a scocciarla ma a cui ormai aveva fatto l’abitudine. Era uno sguardo che sembrava dire: Oh, una donna piuttosto attraente. Non me l’aspettavo.

Dagney fece delle rapide presentazioni, mentre Mackenzie e Harrison si sedevano al tavolo. L’uomo con il tablet era il capo della polizia Rodriguez, un uomo in là con l’età, brizzolato e con rughe profonde che gli solcavano il viso abbronzato. L’altro poliziotto doveva essere nuovo. Si chiamava Joey Nestler e a quanto pareva era stato lui ad aver scoperto i cadaveri dei signori Kurtz. Dopo le presentazioni, terminò di preparare il proiettore, che una volta acceso proiettò un’intensa luce bianca su un pannello appeso al muro dall’altra parte della stanza.

“Grazie per essere venuti” disse Rodriguez mettendo da parte il tablet. “Sentite, non ho intenzione di fare il tipico poliziotto che si intromette. Voi mi dite cosa vi serve e, nei limiti del ragionevole, ve lo farò avere. In cambio vi chiedo solo di aiutarci a chiudere il caso rapidamente senza trasformare la città in un circo.”

“Allora vogliamo la stessa cosa” replicò Mackenzie.

“Dunque, Joey ha tutti i documenti esistenti sul caso” proseguì. “Il rapporto del medico legale è arrivato stamattina e ci ha confermato quello che pensavamo. I coniugi Kurtz sono morti per dissanguamento dovuto alle ferite. Nel loro sistema non sono state trovate sostanze stupefacenti. Erano completamente puliti. Finora non abbiamo collegamenti rilevabili tra i due delitti. Quindi se avete qualche idea, mi piacerebbe sentirla.”

“Agente Nestler” disse Mackenzie “ha tutte le fotografie scattate su entrambe le scene del crimine?”

“Sì” confermò l’uomo. A Mackenzie ricordava molto Harrison: ansioso, un po’ nervoso e chiaramente desideroso di compiacere colleghi e superiori.

“Potrebbe proiettare le due foto in cui si vedono i cadaveri per intero affiancandole?” chiese Mackenzie.

Il poliziotto procedette rapido e nel giro di dieci secondi le immagini erano proiettate fianco a fianco. Vedere quelle immagini così luminose in quella stanza semi-buia era inquietante. Per evitare che gli altri perdessero la concentrazione rimuginando sulla gravità delle immagini, Mackenzie andò dritta al punto.

“Direi che possiamo escludere con certezza che gli omicidi siano avvenuti in seguito ad un comune tentativo di furto o di effrazione domestica. Non è stato rubato niente e non ci sono segni di scasso. Non ci sono nemmeno segni di lotta. Questo significa che chiunque sia stato ad uccidere quelle persone era stato probabilmente invitato ad entrare, oppure aveva le chiavi. Inoltre, gli omicidi sembrano essere stati compiuti rapidamente. Infine, l’assenza di sangue in altre parti della casa mi porta a pensare che gli omicidi siano avvenuti nella camera da letto. Il resto della casa era pulito.”

Dirlo ad alta voce la aiutò a capire quanto fosse strano.

Non solo questo tizio è stato fatto entrare in casa, ma addirittura in camera da letto. Questo significa che la possibilità che sia stato invitato è piccola. Doveva avere le chiavi, oppure sapere dove trovarne una copia.

Proseguì prima di lasciarsi distrarre dai propri ragionamenti.

“Voglio che osserviate queste foto perché ci sono due stranezze che saltano all’occhio, secondo me. Prima di tutto… osservate come tutte e quattro le vittime siano sdraiate sulla schiena, perfettamente dritte. Le gambe sono rilassate e composte… quasi come se fossero stati messi in posa. L’altra cosa è la più importante, se abbiamo a che fare con un serial killer. Guardate la mano destra della signora Kurtz.”

Lasciò alle quattro persone con lei nella stanza il tempo di osservare. Si domandò se Harrison l’avrebbe notato dicendolo agli altri. Dopo tre secondi nessuno parlava, così proseguì.

“La mano destra della donna è posata sulla coscia del marito. È l’unica parte del corpo in posizione diversa. Perciò o è una coincidenza, oppure è stato il killer a metterli in posa, spostando di proposito la mano.”

“E se anche fosse?” chiese Rodriguez. “Qual è il punto?”

“Ecco, ora guardate gli Sterling. Guardate la mano sinistra del marito.”

Stavolta non passarono tre secondi. Fu Dagney la prima a notare quello a cui si riferiva Mackenzie. Quando parlò, la sua voce era nervosa e roca.

“Ha la mano allungata e posata sulla coscia destra della moglie” disse.

“Esattamente” confermò Mackenzie. “Se fosse stato solo in una delle coppie, non l’avrei nemmeno fatto notare. Ma lo stesso gesto su entrambe le coppie rende evidente che il killer l’ha fatto di proposito.”

“Ma a che scopo?” chiese Rodriguez.

“È un simbolismo?” suggerì Harrison.

“Potrebbe essere” disse Mackenzie.

“Però non è molto su cui lavorare, vero?” chiese Nestler.

“Già” disse Mackenzie. “Ma almeno è qualcosa. Se è simbolico per il killer, c’è una ragione. Perciò è da qui che vorrei partire: vorrei una lista di sospettati in libertà condizionale per crimini violenti legati all’effrazione di domicilio. Non credo che si tratti di un’effrazione, ma è comunque la cosa più sensata da cui partire.”

“Sì, gliela faremo avere” disse Rodriguez. “Serve altro?”

“Per ora no. Il prossimo passo è parlare con famigliari, amici e vicini delle vittime.”

“Abbiamo già parlato con i parenti stretti dei Kurtz: un fratello, una sorella e i genitori di uno dei due. Se vuole può parlare di nuovo con loro, ma non avevano molto da dire. Il fratello di Josh Kurtz ha detto che, per quel che ne sapeva, il loro matrimonio era perfetto. L’unico litigio che hanno avuto è stato durante una partita di football, quando i Seminoles hanno giocato contro gli Hurricanes.”

“E i vicini di casa?” volle sapere Mackenzie.

“Abbiamo parlato anche con loro, ma è stata una cosa veloce. Per lo più riguardo la denuncia per rumori molesti che avevano fatto a causa del cane.”

“Allora è da lì che partiremo” disse Mackenzie guardando Harrison.

E, senza aggiungere altro, si alzarono e uscirono dalla stanza.

CAPITOLO QUATTRO

Mackenzie trovava leggermente inquietante tornare alle villette. Mentre si avvicinavano alla casa dei vicini sotto quel magnifico sole, sapere che nella casa accanto c’era un letto insanguinato pareva surreale. Mackenzie represse un brivido e distolse lo sguardo dall’abitazione dei coniugi Kurtz.

Mentre lei ed Harrison salivano i gradini che portavano alla porta dei vicini, il cellulare di Mackenzie emise un trillo, informandola che aveva ricevuto un messaggio. Lo tirò fuori e vide che era da parte di Ellington. Quando lo lesse alzò gli occhi al cielo.

Come va col novellino? Ti manco già?

Fu sul punto di rispondere, ma non voleva dargli corda. E poi non voleva sembrare distaccata e distratta davanti a Harrison. Sapeva che era presuntuoso pensarlo, ma quasi sicuramente lui la stava prendendo a modello. Perciò rimise il telefonino in tasca e raggiunse la porta d’ingresso. Lasciò che fosse Harrison a bussare, il quale lo fece con estrema prudenza.

Dopo parecchi secondi, una donna dall’aria agitata aprì la porta. Sembrava sui quarantacinque anni. Indossava una canottiera larga e degli shorts che somigliavano più a mutandine che a pantaloncini. A giudicare dall’aspetto, doveva essere un’assidua frequentatrice della spiaggia ed era evidente che si era rifatta il naso e forse anche il seno.

“Posso aiutarvi?” disse la donna.

“È lei Demi Stiller?”

“Sì, perché?”

Mackenzie estrasse il distintivo con un’agilità esperta che stava migliorando sempre più. “Siamo gli agenti White e Harrison, dell’FBI. Speravamo di poter parlare con lei a proposito dei suoi vicini di casa.”

“Sì, d’accordo” disse Demi “anche se ho già parlato con la polizia.”

“Lo so” la informò Mackenzie “ma vorrei farle domande più approfondite. Se ho capito bene, quando ha parlato con la polizia era piuttosto esasperata dal cane.”

“Sì, è così” confermò Demi facendoli entrare e chiudendo la porta alle loro spalle. “Naturalmente non avevo idea che fossero stati uccisi quando ho fatto quella telefonata.”

“Ma certo” disse Mackenzie. “Non siamo qui per quello. Volevamo solo cercare di capire meglio come vivevano i signori Kurtz. Lei li conosceva bene?”

Demi li aveva portati nella cucina, dove Mackenzie e Harrison si accomodarono al bancone dell’angolo bar. La disposizione delle stanze era identica a quella di casa Kurtz. Mackenzie notò Harrison guardare con scetticismo verso le scale fuori dal soggiorno.

“Non eravamo amici, se è questo che vuole sapere” disse Demi. “Ci salutavamo quando ci incrociavamo e un paio di volte abbiamo fatto una grigliata con loro nella veranda sul retro, ma nient’altro.”

“Per quanto tempo sono stati suoi vicini?” chiese Harrison.

“Per poco più di quattro anni, direi.”

“E direbbe che erano dei buoni vicini?” aggiunse Mackenzie.

Demi scrollò leggermente le spalle. “In linea di massima, sì. A volte facevano un po’ di confusione quando ospitavano gente per guardare le partite, ma nulla di terribile. A dire la verità non avrei neanche chiamato la polizia per lamentarmi del cane. L’unico motivo per cui l’ho fatto è perché non mi ha aperto nessuno quando sono andata a bussare.”

“Immagino che non sappia dirci se c’erano persone che andavano regolarmente da loro, vero?”

“Non direi” disse Demi. “Anche gli sbirri hanno chiesto la stessa cosa. Io e mio marito ci abbiamo riflettuto e non mi sembra di ricordare di aver visto altre macchine parcheggiate spesso qui, oltre la loro.”

“Ho capito. E sa per caso se svolgessero qualche attività che ci possa fornire altre persone con cui parlare? Frequentavano club o avevano qualche strano hobby?”

“Non che io sappia” disse Demi. Mentre parlava guardava la parete, come se cercasse di vedere la casa dei Kurtz attraverso di essa. Aveva un’espressione triste, forse per la perdita dei Kurtz, oppure semplicemente per essere stata coinvolta in quella situazione.

“Ne è sicura?” insisté Mackenzie.

“Sì, ne sono praticamente certa. Credo che il marito giocasse a racquetball. L’ho incrociato un paio di volte uscendo dalla palestra. Quanto a Julie, invece, non saprei. So che le piaceva disegnare, ma solo perché una volta mi ha fatto vedere i suoi disegni. A parte quello…no. Stavano per lo più da soli.”

“C’è altro, qualunque cosa, che secondo lei saltava all’occhio?”

“Ecco” disse Demi, guardando ancora la parete “lo so che può sembrare un po’ osceno, ma io e mio marito capivamo che avevano una vita sessuale piuttosto intensa. A quanto pare le pareti sono molto sottili, oppure erano loro a fare molto rumore. Non si contano le volte in cui li abbiamo sentiti. A volte non erano affatto rumori smorzati… ci stavano proprio dando dentro, capite?”

“In modo violento?” chiese Mackenzie.

“No, non sembrava mai nulla del genere” rispose Demi, leggermente in imbarazzo. “Erano solo molto appassionati. Era una cosa di cui avremmo spesso voluto lamentarci con loro, ma non l’abbiamo mai fatto. Era imbarazzante, capite?”

“Ma certo” disse Mackenzie. “A proposito di suo marito, invece, dove si trova?”

“Al lavoro. Fa il turno dalle nove alle cinque. Io ho un lavoro part time da casa, gestisco un servizio editoriale.”

“Potrebbe ripetergli le stesse domande che abbiamo fatto a lei per essere certi di avere tutte le informazioni possibili?” chiese Mackenzie.

“Sì, certamente.”

“Grazie per il tempo che ci ha dedicato, signora Stiller. Potremmo richiamarla in un secondo momento se abbiamo altre domande.”

“Va bene” disse Demi mentre li riaccompagnava all’uscita.

Quando furono fuori e Demi Stiller ebbe chiuso la porta, Harrison si voltò verso la villetta che Josh e Julie Kurtz avevano chiamato casa. “Quindi l’unica cosa che abbiamo imparato è che avevano una strepitosa vita sessuale?” domandò.

“Così sembra” disse Mackenzie. “Forse questo ci dice che il loro matrimonio era solido. Se consideriamo anche le dichiarazioni dei parenti, secondo cui il loro era un matrimonio perfetto, è ancora più difficile trovare una spiegazione per la loro morte. Oppure per contro potrebbe essere più facile. Se avevano un bel matrimonio e non avevano problemi, si può pensare invece a qualcuno che avesse qualcosa contro di loro. Ora… guarda i tuoi appunti. Tu dove andresti adesso?”

Harrison pareva un po’ sorpreso da quella domanda, ma diligentemente osservò il quaderno dove teneva tutti gli appunti e i documenti. “Dobbiamo controllare la prima scena del crimine, la casa degli Sterling. I genitori del marito vivono a dieci chilometri dalla casa, quindi potremmo fare un salto da loro.”

“Mi sembra una buona idea” disse lei. “Hai gli indirizzi?”

Gli lanciò le chiavi dell’auto e andò dal lato del passeggero. Si prese un momento per gustarsi lo sguardo sorpreso e orgoglioso di Harrison a quel semplice gesto mentre afferrava le chiavi.

“Forza, fammi strada” gli disse.

CAPITOLO CINQUE

La casa degli Sterling era a diciotto chilometri di distanza dalla villetta a schiera dei Kurtz. Mackenzie non poté fare a meno di ammirarla mentre Harrison percorreva il lungo vialetto in cemento. La casa si ergeva ad una cinquantina di metri dalla strada principale, ed era delimitata da magnifiche aiuole fiorite e svettanti alberi. L’edificio era piuttosto moderno, con finestre e travi in legno grezzo. Sembrava una casa idilliaca e costosa, per una coppia benestante. L’unico particolare che rompeva quell’illusione erano i sigilli gialli della polizia sulla porta d’ingresso.

Quando si incamminarono verso di essa, Mackenzie notò il silenzio che permeava il luogo. Era isolato dalle lussuose case dei vicini da un fitto boschetto, un rigoglioso muro verde che appariva curato e costoso come tutto in quella parte di città. Anche se la proprietà non aveva uno sbocco sulla spiaggia, si poteva sentire il mare mormorare in sottofondo.

Mackenzie si chinò per superare i sigilli e prese la chiave di riserva che le aveva dato Dagney. Entrarono nell’ampio ingresso e, ancora una volta, Mackenzie fu spiazzata dal silenzio assoluto. Si guardò intorno studiando la disposizione delle stanze. Un corridoio si allungava alla loro sinistra, terminando in una cucina. Il resto della casa era piuttosto aperto; il salotto e la sala da pranzo erano uniti, e in fondo c’era una veranda chiusa.

“Cosa sappiamo di quel che è successo qui?” Mackenzie chiese a Harrison. Naturalmente lo sapeva già, ma voleva che fosse lui a esporre i fatti, per abituarsi prima che il caso decollasse davvero.

“Deb e Gerald Sterling” disse Harrison. “Trentasei anni lui, trentotto lei. Uccisi in camera da letto nello stesso modo dei Kurtz, anche se almeno tre giorni prima di loro. I cadaveri sono stati trovati dalla donna di servizio poco dopo le otto del mattino. Il rapporto del medico legale dice che sono stati uccisi la sera precedente. Dalle prime indagini non sono risultati indizi di alcun genere, ma la scientifica sta ancora analizzando delle fibre trovate sulla cornice della porta d’ingresso.”

Mackenzie annuiva mentre Harrison snocciolava le informazioni. Intanto studiava il piano di sotto, cercando di farsi un’idea di che tipo di persone fossero gli Sterling, prima di salire nella stanza dove erano stati uccisi. Superò una grossa libreria che si trovava tra la sala da pranzo e il salotto. I libri erano quasi tutti romanzi, per lo più di autori come King, Grisham, Child e Patterson. C’erano anche alcuni volumi dedicati all’arte. Insomma, libri che non lasciavano intuire nulla di personale a proposito dei coniugi Sterling.

Uno scrittoio a serrandina era sistemato contro la parete del salotto. Mackenzie lo aprì per guardare all’interno, ma non c’era niente di rilevante, soltanto penne, fogli di carta, qualche foto e altre cianfrusaglie.

“Andiamo di sopra” disse Mackenzie.

Harrison annuì e fece un profondo e tremante sospiro.

“Non preoccuparti” tentò di rassicurarlo lei. “Anche a me ha fatto un certo effetto la casa dei Kurtz. Però fidati… queste situazioni migliorano.”

Lo sai che questa non è necessariamente una cosa buona, vero? pensò fra sé. Fino a che punto sei diventata insensibile da quando hai visto il cadavere di quella donna nel campo di granturco in Nebraska?

Scacciò quei pensieri dalla mente mentre saliva le scale con Harrison. Il piano di sopra consisteva in un lungo corridoio che portava soltanto a tre stanze. Sulla sinistra si apriva un grosso studio. Era ordinato al punto da sembrare quasi vuoto e affacciava sul boschetto sul retro della casa. L’enorme bagno aveva due lavandini, un’ampia doccia, una vasca e un armadio per la biancheria grosso quanto la cucina di Mackenzie.

Esattamente come al piano di sotto, non c’era nulla che aiutasse a capire meglio gli Sterling o il motivo per cui qualcuno li volesse morti. Senza sprecare altro tempo, Mackenzie si diresse in fondo al corridoio, dove la camera da letto aveva la porta aperta. Il sole inondava la stanza da una grande finestra sulla parete sinistra. La luce sommergeva i piedi del letto, trasformando il colore del sangue in quel punto da marrone a rosso acceso.

In un certo senso dava il capogiro entrare nella camera da letto di una casa così immacolata e vedere tutto quel sangue sul letto. Il pavimento era in parquet, ma Mackenzie riusciva a distinguere comunque degli schizzi di sangue qua e là. Sulle pareti non c’era tanto sangue come in casa Kurtz, soltanto alcune gocce che sembravano comporre un macabro quadro astratto.

Nell’aria c’era un tenue odore metallico, l’odore del sangue secco. Nonostante non fosse intenso, la stanza ne sembrava impregnata. Mackenzie camminò lungo il bordo del letto, osservando le lenzuola grigio chiaro macchiate di sangue. Sul lenzuolo di sopra vide un segno che poteva essere stato lasciato da un coltello. Osservandolo da vicino ne ebbe la conferma.

Dopo aver completato il giro intorno al letto, Mackenzie era sicura che lì non ci fosse niente che avrebbe fatto progredire le indagini. Si guardò intorno, osservando i comodini, le cassettiere e la postazione TV, in cerca del più piccolo dettaglio.

Vide una piccola dentellatura nella parete e la osservò da vicino. Non era più larga di mezzo centimetro e intorno c’era una macchia di sangue. Sotto c’era altro sangue, una goccia che si era seccata sulla parete e una macchia sul pavimento, proprio al di sotto.

Si avvicinò alla parete per osservare la dentellatura più da vicino. Era di una forma singolare, e il fatto che intorno ci fosse del sangue le faceva pensare che una fosse la diretta causa dell’altro. Si rimise dritta e controllò a che altezza del corpo si trovava il segno. Sollevò leggermente il bracciò e lo piegò. Così facendo, il gomito si allineò quasi perfettamente con il buco.

“Cos’hai trovato?” le chiese Harrison.

“Segni di colluttazione, credo” rispose.

Lui la raggiunse e notò il segno. “Non è molto come indizio, vero?” chiese.

“No, non proprio. Ma il sangue lo rende degno di nota. Oltre al fatto che la casa è in ottime condizioni. Mi viene da pensare che il killer abbia fatto tutto quello che poteva per nascondere i segni di lotta. In un certo senso ha sistemato tutta la casa, ma non è riuscito a nascondere questo segno.”

Abbassò lo sguardo sulla macchia di sangue sul parquet. Era sbiadita e dai bordi indistinti.

“Guarda” disse indicando. “Proprio lì, sembra che qualcuno abbia tentato di ripulire la scena. Però aveva fretta, oppure questa macchia non veniva via.”

“Forse dovremmo tornare a controllare anche a casa dei Kurtz.”

“Forse” disse Mackenzie, anche se era sicura che avessero esaminato la casa a fondo.

Si allontanò dal muro e andò all’enorme cabina armadio. Guardando all’interno vide che anche lì era tutto in ordine.

Notò un’unica cosa che, rispetto al resto della casa, poteva essere considerata in disordine. Una maglietta e un paio di pantaloni erano appallottolati quasi contro la parete dell’armadio. Prendendoli, vide che si trattava di abiti maschili, forse gli ultimi che Gerald Sterling avesse indossato.

Fece un tentativo controllando le tasche dei pantaloni. In una trovò diciassette centesimi. Nell’altra, uno scontrino accartocciato. Lo spiegò e vide che era stato emesso da un negozio di alimentari cinque giorni prima… l’ultimo giorno di vita dell’uomo. Osservò lo scontrino e iniziò a riflettere.

In quale altro modo possiamo scoprire cos’hanno fatto nel loro ultimo giorno di vita? O nell’ultima settimana, o nell’ultimo mese?

“Harrison, nel suo verbale, la polizia di Miami non aveva forse dichiarato di aver controllato i cellulari delle vittime in cerca di indizi?”

“Sì, è così” disse Harrison mentre girava cauto intorno al letto insanguinato. “Hanno controllato la rubrica, il registro delle chiamate, le email, i file scaricati, tutto.”

“Però non hanno controllato la cronologia di navigazione Internet, vero?”

“No, non mi sembra.”

Rimettendo lo scontrino nei jeans, Mackenzie uscì dall’armadio e dalla camera da letto. Tornò al piano di sotto, con Harrison che la seguiva.

“Cosa c’è?” le chiese Harrison.

“Ho un’intuizione” disse. “Anzi, una speranza.”

Tornò allo scrittoio e lo aprì di nuovo. In fondo c’era un piccolo cestino, da cui spuntavano delle penne e un libretto degli assegni. Se tenevano la casa in ordine perfetto, immagino sia così anche per il libretto degli assegni.

Lo prese e scoprì di avere ragione. Tutti gli importi erano annotati meticolosamente. Ogni transazione era scritta con caratteri leggibili e con quanti più dettagli possibile. Erano riportati persino i prelievi Bancomat. Mackenzie capì nel giro di venti secondi che il libretto faceva riferimento ad un conto secondario degli Sterling, non a quello principale. Al momento della loro morte, infatti, c’erano poco più di settemila dollari.

Controllò il registro per vedere se ci fosse qualcosa che poteva fornirle degli indizi, ma nulla saltava all’occhio. Però vide delle abbreviazioni che non capiva. Le transazioni per quelle voci erano quasi tutte tra i sessanta e i duecento dollari. Una era di duemila dollari.

Anche se nessuna voce nel registro sembrava strana, quelle abbreviazioni sconosciute, forse iniziali di nomi, le rimasero impresse. Scattò alcune foto e rimise a posto il libretto.

“Hai qualche idea?” chiese Harrison.

“Forse” disse lei. “Potresti chiamare Dagney e chiederle di farci avere i registri finanziari degli Sterling dell’ultimo anno? Assegni, carte di credito, anche PayPal se lo usavano.”

“Certamente” disse Harrison prendendo subito il cellulare.

In fin dei conti non mi dispiace affatto lavorare con lui, pensò Mackenzie.

Lo ascoltò parlare con Dagney mentre richiudeva lo scrittoio e tornava a guardare verso le scale.

Qualcuno ha salito quelle scale quattro notti fa e ha ucciso una coppia sposata, pensò, cercando di immaginarsi la scena. Ma perché? E perché non c’erano segni di effrazione?

La risposta era semplice: proprio come nel caso dei Kurtz, l’assassino è stato fatto entrare in casa. E questo significa che lo conoscevano e l’hanno invitato ad entrare, oppure l’assassino stava recitando una parte… di qualcuno che conoscevano o di una persona in cerca di aiuto.

Quella teoria sembrava fragile ma sapeva che aveva un fondo di verità. Se non altro, creava un debole nesso tra le due coppie.

E per ora, quel collegamento era abbastanza per andare avanti.

Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
02 nisan 2020
Hacim:
192 s. 5 illüstrasyon
ISBN:
9781640292321
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