Kitabı oku: «Prima Che Abbia Bisogno», sayfa 3

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CAPITOLO SEI

Anche se aveva sperato di poter evitare di parlare con le famiglie delle vittime, Mackenzie si ritrovò a completare gli incarichi sulla sua lista più rapidamente di quanto si sarebbe aspettata. Dopo essersi lasciata alle spalle la casa degli Sterling, la mossa più logica per avere risposte era andare dai parenti stretti delle due famiglie. Nel caso dei coniugi Sterling, il parente più prossimo era una sorella che viveva a una quindicina di chilometri dalla villetta dei Kurtz, mentre il resto della famiglia viveva in Alabama.

I Kurtz invece avevano parecchi famigliari nelle vicinanze. Josh Kurtz non si era spostato molto dalla sua casa d’origine, infatti viveva a trenta chilometri non solo dai suoi genitori, ma anche dalla sorella. Poiché che la polizia distrettuale di Miami aveva già parlato in modo approfondito con i signori Kurtz quella mattina, Mackenzie optò per fare visita alla sorella di Julie Kurtz, una ragazza di ventidue anni.

Sara Lewis sembrò più che felice di riceverli e, nonostante avesse ricevuto la notizia della morte della sorella da meno di due giorni, sembrava aver accettato la cosa.

Li accolse nella sua casa a Overtown, una pittoresca abitazione su un unico piano che non era più grande di un modesto appartamento. Era arredata con pochi mobili e nell’aria aleggiava quel silenzio teso che Mackenzie aveva percepito in molte altre case dove abitava qualcuno che aveva subito una perdita recente. Sara sedeva sul bordo della poltrona, stringendo una tazza di tè fra le mani. Era evidente che aveva pianto parecchio; inoltre, non sembrava che fosse riuscita a dormire molto.

“Immagino che se è stato coinvolto l’FBI” disse “significa che ci sono stati altri omicidi?”

“Sì, è così” confermò Harrison. Mackenzie aggrottò brevemente le sopracciglia, desiderando che non avesse divulgato così facilmente quell’informazione.

“Tuttavia” intervenne Mackenzie per evitare che Harrison rivelasse altro, “naturalmente non possiamo affermare con certezza che esista un nesso tra i casi senza un’indagine approfondita. Per questo siamo stati chiamati.”

“Farò tutto ciò che posso per aiutarvi” disse Sara Lewis. “Anche se ho già risposto alle domande della polizia.”

“Sì, capisco, grazie” disse Mackenzie. “Vorrei solo occuparmi di un paio di aspetti che potrebbero aver tralasciato. Ad esempio, per caso hai un’idea della situazione finanziaria di tua sorella e tuo cognato?”

Era evidente che Sara trovasse la domanda strana, ma fece del proprio meglio per rispondere. “Stavano bene, direi. Josh aveva un buon lavoro e non spendevano molti soldi. A volte Julie addirittura mi sgridava se spendevo i miei soldi con leggerezza. Insomma, non erano certo ricchi sfondati… per quel che so. Però stavano bene.”

“La vicina di casa ci ha riferito che a Julie piaceva disegnare. Era solo un hobby o ci faceva anche soldi?”

“Era più un hobby” disse Sara. “Era abbastanza brava, ma sapeva di non essere niente di spettacolare.”

“E che mi dici dei suoi ex? O delle ex fidanzate di Josh?”

“Julie aveva qualche ex, ma nessuno l’ha presa male quando si sono lasciati. Tra l’altro, vivono tutti quasi dall’altra parte del Paese. So per certo che due di loro sono sposati. Quanto a Josh, non credo avesse delle ex. Cioè… accidenti, non lo so. Però erano davvero una bella coppia. Sul serio, al punto da essere quasi disgustosi in pubblico. Quel genere di coppie.”

La visita sembrava troppo breve per finire, ma Mackenzie aveva solo un’altra questione da approfondire e non sapeva bene come arrivarci. Ripensò a quelle strane voci nel libretto degli assegni degli Sterling, ancora incapace di comprenderli.

Probabilmente non è niente, pensò. Ognuno tiene il libretto in modo diverso, tutto qui. Però vale la pena controllare.

Pensando alle abbreviazioni che aveva visto nel libretto degli assegni degli Sterling, Mackenzie proseguì. Mentre apriva la bocca per parlare, sentì il cellulare di Harrison vibrargli in tasca. Lui controllò rapidamente e ignorò la chiamata. “Scusa” disse.

Ignorando l’interruzione, Mackenzie chiese: “Sai per caso se Julie o Josh fossero coinvolti in un’organizzazione di qualche tipo, oppure un club o una palestra? Un posto a cui dovessero versare soldi con regolarità?”

Julie ci pensò per un momento, ma scosse la testa. “Non mi risulta. Come ho detto… non spendevano molti soldi. L’unico pagamento mensile di Julie di cui sono a conoscenza, a parte le bollette, era il suo account Spotify, ovvero solo dieci dollari.”

“E per caso qualcuno, tipo un avvocato, ti ha già contattata per la disposizione dei loro averi?” chiese Mackenzie. “Mi dispiace chiederlo, ma potrebbe essere importante.”

“No, non ancora” rispose. “Erano così giovani, non so nemmeno se avessero già preparato un testamento. Accidenti… adesso è questo che mi aspetta, vero?”

Mackenzie si alzò, incapace di rispondere alla domanda. “Grazie ancora per aver parlato con noi, Sara. Se ti viene in mente qualunque cosa riguardo quello che ti ho chiesto, ti prego di chiamarmi.”

Così dicendo, passò a Sara un biglietto da visita. Sara lo prese e lo mise in tasca mentre li accompagnava alla porta. Non con fare sgarbato, ma era chiaro che non vedeva l’ora che se ne andassero.

Una volta chiusa la porta alle loro spalle, Mackenzie si trovò sul portico di Sara con Harrison. Pensò di riprenderlo per aver rivelato così velocemente a Sara che c’erano stati altri omicidi che potevano essere correlati a quello della sorella. Però era stato un errore in buona fede, uno che anche lei aveva fatto in un paio di occasioni all’inizio della sua carriera. Perciò lasciò correre.

“Posso farti una domanda?” le chiese Harrison.

“Certo” disse Mackenzie.

“Perché ti sei fissata sulla loro situazione economica? C’entra quello che hai visto dagli Sterling?”

“Sì. Per adesso è solo una sensazione, ma alcune delle transazioni erano…”

Il cellulare di Harrison ricominciò a vibrare. Lui lo prese con aria imbarazzata. Controllò il display, fece per rimettersi il telefono in tasca, poi però lo tenne in mano mentre tornavano all’auto.

“Scusa, devo rispondere” disse. “È mia sorella. Ha chiamato anche mentre eravamo dentro, il che è strano.”

Mackenzie non gli prestò molta attenzione mentre salivano in auto. Sentì distrattamente quello che diceva al telefono. Tuttavia, una volta che ebbe avviato l’auto e si fu immessa in strada, capì dal suo tono di voce che doveva essere successo qualcosa di grave.

Quando Harrison chiuse la chiamata, aveva un’espressione scioccata. Il labbro inferiore era arricciato in una smorfia.

“Harrison?”

“Mia madre è morta stamattina” disse.

“Oh mio Dio” disse Mackenzie.

“All’improvviso… per un attacco di cuore. Lei…”

Mackenzie capì che stava lottando per non scoppiare in lacrime. Lui voltò la testa dall’altra parte, guardando fuori dal finestrino del passeggero, e si lascò andare.

“Mi dispiace così tanto, Harrison” gli disse. “Devi tornare a casa. Ci penso io a prenotare un volo. Hai bisogno di altro?”

Lui si limitò a scuotere brevemente la testa, ancora con lo sguardo rivolto al finestrino, mentre piangeva in modo un po’ più aperto.

Mackenzie prima chiamò a Quantico. Non riuscì a parlare direttamente con McGrath, così lasciò un messaggio alla sua segretaria, informandola di quello che era successo e che Harrison sarebbe tornato a Washington il prima possibile. Poi chiamò l’aeroporto e prenotò il primo volo disponibile, che sarebbe decollato dopo tre ore e mezza.

Appena terminò la chiamata, il suo cellulare squillò. Rivolgendo uno sguardo solidale verso Harrison, rispose. Le sembrava terribile tornare a pensare al lavoro dopo quella notizia, ma aveva un caso da risolvere e ancora nessuna pista.

“Sì, sono l’agente White” disse.

“Agente White, sono l’agente Dagney. Ho pensato che volesse essere informata che abbiamo una potenziale pista.”

“Potenziale?” ripeté lei.

“Insomma, sicuramente combacia con il profilo. È un tizio arrestato più volte per effrazione domestica, due delle quali includevano aggressione e violenza sessuale.”

“Nella stessa zona dei Kurtz e degli Sterling?”

“È qui che la cosa si fa promettente” disse Dagney. “Uno dei casi in cui c’è stata violenza sessuale si è verificato nello stesso gruppo di villette a schiera dove vivevano i Kurtz.”

“Abbiamo un indirizzo dove trovare questo tizio?”

“Sì, lavora in un’officina. Una piccola. E abbiamo la conferma che in questo momento si trova lì. Il suo nome è Mike Nell.”

“Mi mandi l’indirizzo e andrò a parlare con lui. Si sa niente dei registri finanziari richiesti da Harrison?” chiese Mackenzie.

“Non ancora. Ma se ne stanno occupando alcuni dei nostri uomini. Non dovrebbe volerci molto.”

Mackenzie chiuse la telefonata e fece del proprio meglio per lasciare a Harrison un momento per il suo dolore. Adesso aveva smesso di piangere, ma stava chiaramente facendo uno sforzo per ricomporsi.

“Grazie” disse Harrison asciugandosi una lacrima dal viso.

“Per cosa?” replicò Mackenzie.

Lui si strinse nelle spalle. “Per aver chiamato McGrath e l’aeroporto. Mi dispiace per questo fastidio nel bel mezzo di un caso.”

“Non è un fastidio” disse lei. “Harrison, mi dispiace tanto per la tua perdita.”

Poi la macchina si fece silenziosa e, che le piacesse o meno, la mente di Mackenzie scivolò nuovamente in modalità lavorativa. Da qualche parte là fuori c’era un assassino, che apparentemente voleva vendicarsi delle coppie felici. Forse la stava aspettando proprio in quel momento.

E Mackenzie non vedeva l’ora.

CAPITOLO SETTE

Lasciare Harrison al motel fu una sensazione dolceamara. Mackenzie avrebbe voluto fare di più per lui, o almeno offrirgli qualche altra parola di conforto. Alla fine, invece, si limitò a salutarlo con un abbozzato cenno della mano mentre lui saliva nella sua stanza a fare le valigie e chiamare un taxi che lo portasse in aeroporto.

Una volta che si fu chiuso la porta alle spalle, Mackenzie inserì nel navigatore l’indirizzo che Dagney le aveva inviato. L’Officina Lipton era precisamente a diciassette minuti di strada dal motel, quindi si mise subito in marcia.

Essere da sola in macchina era strano, ma cercò di distrarsi con il paesaggio che offriva Miami. Era diversa da tutte le altre città di mare dov’era stata. Mentre le città più piccole situate vicino alla spiaggia davano l’impressione di essere sabbiose e quasi sbiadite, tutto a Miami pareva splendere e luccicare nonostante la vicina sabbia e gli spruzzi salati dell’oceano. Qua e là vide edifici che parevano fuori luogo, trascurati e derelitti, il che servì a ricordarle che ogni cosa aveva i suoi difetti.

Arrivò all’officina prima di quel che pensava, poiché si era distratta osservando la città. Parcheggiò in uno spazio affollato di auto e fuoristrada rotti che erano stati evidentemente saccheggiati in cerca di pezzi di ricambio. Sembrava uno di quei posti perennemente sull’orlo del fallimento.

Prima di entrare, Mackenzie osservò sommariamente il posto da fuori. Davanti c’era un ufficio fatiscente, al momento incustodito. L’officina annessa aveva tre scomparti, dei quali solo uno conteneva un’auto; era sul ponte, ma non sembrava che qualcuno ci stesse lavorando. Nell’officina, un uomo rovistava in una cassetta degli attrezzi. Un altro si trovava più in fondo, in piedi su una scaletta, intento a frugare tra vecchie scatole di cartone.

Mackenzie andò dall’uomo più vicino a lei, quello alla cassetta degli attrezzi. Doveva essere sulla quarantina, con i capelli unti che scendevano fino alle spalle. Sul viso aveva una lanugine che non poteva definirsi propriamente barba. Quando la vide avvicinarsi, le fece un gran sorriso.

“Ehi, dolcezza” disse con un lieve accento del sud. “Come posso aiutarti?”

Mackenzie gli mostrò il distintivo. “Prima di tutto, può smettere di chiamarmi dolcezza. Poi potrebbe dirmi se per caso è lei Mike Nell.”

“Sì, sono io” disse l’uomo, osservando il distintivo quasi con timore. Quindi tornò a guardarla in viso, come cercando di decidere se si trattasse di uno scherzo.

“Signor Nell, vorrei farle…”

L’uomo si voltò rapidamente e la spinse. Con forza. Mackenzie incespicò all’indietro e finì con i piedi contro uno pneumatico che era a terra. Mentre cadeva sul sedere, intravide Nell scappare. Stava uscendo di corsa dall’officina, guardandosi alle spalle.

La situazione è precipitata subito, pensò. Di sicuro è colpevole di qualcosa.

Il suo istinto l’avrebbe spinta a impugnare la pistola, ma questo avrebbe solo provocato un gran caos. Così si rialzò per partire all’inseguimento. Nel farlo, con la mano toccò un oggetto che era stato lasciato a terra. Era una chiave inglese, forse quella usata per rimuovere lo pneumatico sul quale era inciampata.

La raccolse e si mise subito in piedi. Si precipitò fuori dall’officina e vide Nell sul marciapiede, che stava per attraversare la strada. Mackenzie guardò velocemente a destra e a sinistra poi, vedendo che non c’erano macchine in arrivo, portò indietro il braccio.

Lanciò la chiave inglese con tutta la sua forza, facendole percorrere i cinque metri che la separavano da Nell e colpendolo in pieno alla schiena. L’uomo emise un grido di dolore e sorpresa prima di barcollare in avanti e cadere in ginocchio, finendo quasi di faccia a terra.

Mackenzie lo raggiunse di corsa, premendogli un ginocchio sulla schiena, senza lasciargli nemmeno il tempo di provare a rimettersi in piedi.

Gli bloccò le braccia dietro la schiena con presa ferrea. L’uomo tentò di divincolarsi, poi però si accorse che il movimento non avrebbe fatto altro che aumentare il dolore, dato che aveva le spalle tirate all’indietro. Con una rapidità che ormai aveva sviluppato grazie a mesi di pratica, Mackenzie prese un paio di manette dalla cintura e le schiaffò ai polsi di Nell.

“È stata una mossa stupida” gli disse. “Volevo solo farle qualche domanda… ma ho già avuto la risposta che cercavo.”

Nell non disse nulla, ma si arrese all’idea di non poterle sfuggire. Mentre li superavano delle macchine, li raggiunse di corsa l’altro uomo dell’officina.

“Che cavolo significa?” chiese.

“Il signor Nell ha appena aggredito un’agente dell’FBI” disse Mackenzie. “Temo che non potrà completare il suo turno di lavoro.”

***

Mackenzie osservò Mike Nell dal finto specchio nella stanza di fianco a quella degli interrogatori. Appariva nervoso e imbarazzato e aveva ancora in volto la stessa smorfia da quando Mackenzie l’aveva fatto rialzare da terra ammanettato davanti al suo datore di lavoro. Si mordeva nervosamente un labbro, il che era un segnale che probabilmente sentiva il bisogno di una sigaretta o un drink.

Mackenzie smise di osservarlo per studiare il fascicolo che aveva in mano. Raccontava la breve ma problematica storia di Mike Nell, scappato di casa a sedici anni, arrestato per piccoli furti e violenza aggravata per la prima volta a diciotto. Gli ultimi dodici anni della sua vita ritraevano un perdente problematico: aggressione, furto, effrazione, qualche soggiorno in prigione.

Al fianco di Mackenzie, Dagney e il capitano Rodriguez osservavano Nell con un’espressione vicina al disprezzo.

“Suppongo che lo abbiate visto molte volte in passato?” domandò Mackenzie.

“Già” disse Rodriguez. “E per qualche motivo, i giudici continuano a fargli una tirata d’orecchi e basta. La pena più lunga che ha scontato è quella per cui è appena uscito con la condizionale, e anche quella è stata solo di un anno. Se salta fuori che questo coglione è responsabile degli omicidi, i giudici dovranno mettersi la coda tra le gambe.”

Mackenzie passò il fascicolo a Dagney e si avviò alla porta. “Bene, adesso vediamo cos’ha da dirci” disse.

Uscì dalla stanza e rimase un momento nel corridoio prima di dirigersi a interrogare Mike Nell. Prese il cellulare e controllò se ci fossero messaggi da parte di Harrison. Immaginò che ormai fosse in aeroporto, e magari aveva parlato con altri famigliari per capire cosa stesse succedendo a casa… Era sinceramente dispiaciuta per lui e, anche se non lo conosceva così bene, avrebbe voluto poter fare di più.

Mettendo da parte le sue emozioni per il momento, rimise in tasca il cellulare ed entrò nella stanza degli interrogatori. Mike Nell la guardò senza celare la propria espressione sprezzante. Adesso però c’era anche altro. Non faceva nulla per nascondere il fatto che la stesse squadrando da capo a piedi, indugiando con lo sguardo più del necessario sui suoi fianchi.

“Quello che vede le piace, signor Nell?” gli domando sedendosi.

Evidentemente perplesso per la domanda, Nell fece una risatina nervosa e disse “Direi di sì.”

“Suppongo che sappia di essere nei guai per aver messo le mani addosso ad un agente dell’FBI, anche se si è trattato soltanto di una spinta.”

“E la chiave inglese che mi sono beccato?” chiese.

“Avrebbe preferito la pistola? Magari un proiettile in un polpaccio o una spalla per rallentarla?”

Nell non aveva niente da controbattere.

“È chiaro che non diventeremo amici” disse Mackenzie, “perciò saltiamo le formalità. Voglio sapere tutti i posti in cui è stato nell’ultima settimana.”

“È una lista lunga” disse Nell con fare provocatorio.

“Già, sono certa che un uomo come lei abbia un sacco di giri. Cominciamo da due sere fa. Dove si trovava tra le sei di sera e le sei del mattino seguente?”

“Due notti fa? Ero fuori con un amico. Abbiamo giocato a carte e ci siamo bevuti qualcosa. Niente di particolare.”

“C’è qualcuno che potrebbe confermare la sua versione a parte il suo amico?”

Nell scrollò le spalle. “Non lo so. C’erano altre persone che hanno giocato a carte con noi. Ma di che diavolo stiamo parlando?”

Mackenzie non vedeva il senso di tergiversare. Se non fosse stata così distratta da quello che stava succedendo a Harrison, lo avrebbe torchiato per bene prima di arrivare al punto, sperando che si sarebbe contraddetto se era lui il colpevole.

“Una coppia è stata assassinata nella propria abitazione due notti fa. E si dà il caso che sia una villetta a schiera dello stesso complesso dove lei è stato arrestato per tentata effrazione e violenza aggravata. Se mette insieme le due cose e aggiunge il fatto che è stato rilasciato con la condizionale da poco meno di un mese, questo la pone in cima alla lista dei sospettati.”

“È una stronzata” protestò Nell.

“No, è logica. Una cosa che deduco non le sia familiare, vista la sua lunga lista di precedenti criminali.”

Mackenzie intuì che avrebbe voluto controbattere, ma si fermò, tornando a mordersi il labbro. “Non sono più tornato là da quando sono fuori” disse. “Che diamine di senso avrebbe dovuto?”

Mackenzie lo guardò scettica per un istante, poi chiese: “E i suoi amici? Li ha conosciuti in prigione?”

“Uno di loro sì.”

“E anche loro si danno alle effrazioni e aggressioni?”

“No” ribatté. “Uno di loro ha un’accusa per violazione di domicilio che risale a quando era adolescente, però… non ucciderebbe nessuno. E nemmeno io.”

“Invece fare irruzione in casa di qualcuno e pestarlo a sangue va bene?”

“Non ho mai ucciso nessuno” ripeté. Era evidentemente frustrato e si vedeva che faticava a trattenersi dallo scagliarsi contro di lei. Ed era esattamente quello che Mackenzie aspettava. Se era lui il responsabile degli omicidi, era molto più probabile che si infuriasse e si mettesse sulla difensiva. Invece il fatto che si stesse sforzando di stare lontano dai guai, anche solo se si trattava di aggredire verbalmente un agente dell’FBI, dimostrava che probabilmente non aveva alcun legame con gli omicidi.

“D’accordo, allora mettiamo che lei non sia collegato a questi omicidi. Di cosa è colpevole? Devo pensare che stia facendo qualcosa che non dovrebbe. Per quale altro motivo avrebbe spintonato un agente dell’FBI per cercare di scappare?”

“Non dirò niente” disse. “Non senza un avvocato.”

“Ah già, dimenticavo che ormai è un esperto in questo gioco. Va bene… le faremo avere un avvocato. Però dovrebbe anche sapere come funziona la polizia. Sappiamo che è colpevole di qualcosa. E scopriremo di cosa si tratta. Perciò me lo dica ora e risparmi a tutti le seccature.”

Dopo cinque secondi di silenzio, era chiaro che non ne aveva alcuna intenzione.

“Mi servono i nomi e i numeri di telefono degli uomini con i quali sostiene di aver passato la serata due giorni fa. Me li procuri e, se il suo alibi sarà confermato, sarà libero di andarsene.”

“Va bene” grugnì Nell.

La sua reazione era un ulteriore indizio che probabilmente non era lui l’assassino. Sul suo volto non c’era sollievo, ma soltanto irritazione per il fatto di essersi trovato per l’ennesima volta in una stanza degli interrogatori.

Mackenzie si annotò i nomi degli uomini e lasciò che si occupasse Dagney o chi per lei di cercare i numeri tra i contatti sul cellulare di Nell. Uscì dalla sala degli interrogatori e tornò nello stanzino attiguo.

“Allora?” volle sapere Rodriguez.

“Non è il nostro uomo” disse Mackenzie. “Ma, giusto per seguire la procedura, ecco una lista degli amici con cui sostiene di aver passato la notte in cui i Kurtz sono stati uccisi.”

“Ne è sicura?”

Mackenzie annuì.

“Non sembrava sollevato quando gli ho detto che dopo aver controllato il suo alibi sarebbe stato libero di andarsene. Inoltre ho cercato di provocarlo, per vedere se si sarebbe contraddetto. Il suo comportamento semplicemente non corrisponde a quello di una persona colpevole. Ma, come ho detto, meglio controllare quei tizi. Poco ma sicuro, Nell è colpevole di qualcosa. Il mio sedere dolorante ne è la prova. Credete di riuscire a scoprire di cosa si tratta?”

“Lasci fare a noi.”

Mackenzie se ne andò dal commissariato, sicura che Mike Nell non fosse il loro uomo. Poi ad un certo punto iniziò a pensare al padre.

Immaginò che prima o poi sarebbe successo. C’erano alcune somiglianze con il caso in corso. Qualcuno era entrato nelle case delle vittime senza segni evidenti di effrazione, lasciando pensare che le coppie conoscessero il killer e l’abbiano fatto entrare. Nella sua mente si susseguirono immagini di suo padre, sdraiato sul letto insanguinato, mentre ripensava alle foto dei Kurtz e degli Sterling.

Pensare al genitore scomparso rafforzò il suo dispiacere per la situazione di Harrison. Tornò al motel più in fretta che poté, ma quando bussò alla porta del partner, non ottenne risposta. Mackenzie andò alla reception, dove una donna dall’aria annoiata sfogliava una rivista.

“Mi scusi, il mio partner se n’è già andato?”

“Sì, più o meno cinque minuti fa. Gli ho chiamato un taxi per accompagnarlo in aeroporto.”

“Grazie” disse Mackenzie, sconsolata.

Lasciò la reception sentendosi stranamente alienata. Certo, non era la prima volta che lavorava ad un caso da sola, soprattutto quando era stata una detective in Nebraska. Però essere in una città che non conosceva senza un partner la faceva sentire particolarmente sola. Si sentiva un po’ a disagio, ma non aveva senso cercare di ignorare quella impressione.

Con quella sensazione di straniamento che si faceva più forte col passare dei secondi, Mackenzie capì che c’era un solo modo per fermarla: tuffarsi a capofitto nel lavoro. Tornò alla macchina e al commissariato, riflettendo che, per quanto affrontare quel caso da sola fosse deprimente, poteva anche essere la spinta che le serviva per trovare il killer prima che quella giornata volgesse al termine.

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Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
02 nisan 2020
Hacim:
192 s. 5 illüstrasyon
ISBN:
9781640292321
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