Kitabı oku: «Una Ragione per Temere », sayfa 3

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CAPITOLO SEI

Persino prima che Avery e Ramirez riuscissero a entrare nel distretto, la detective capì che la situazione gli era sfuggita di mano. Dovette guidare con estrema cautela l’auto dentro il parcheggio dell’A1 per evitare di colpire giornalisti o furgoni del notiziario. Il posto era un baraccone e non erano nemmeno entrati.

“Andiamo male,” commentò Ramirez.

“Già,” rispose lei. “Come ha fatto la stampa a sapere della lettera se è arrivata direttamente in centrale?”

Ramirez poté solo scrollare le spalle mentre uscivano dall’auto e si affrettavano dentro. Qualche giornalista si mise in mezzo, uno praticamente si parò davanti ad Avery. Lei quasi lo colpì ma riuscì a evitarlo appena in tempo. Lo sentì darle della stronza sottovoce ma era l’ultimo dei suoi problemi.

Faticosamente arrivarono alla porta, con i giornalisti che reclamavano a gran voce dei commenti e i flash che lampeggiavano. Avery si sentì ribollire il sangue; in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per poter sferrare un pugno sul naso a uno di quei reporter ficcanaso.

Quando finalmente furono dentro la centrale, con le porte saldamente chiuse alle loro spalle, vide che all’interno la situazione non era migliore. Aveva già visto l’A1 in uno stato di emergenza e caos, ma quello era qualcosa di nuovo. Forse c’è una talpa all’A1, pensò Avery mentre si dirigeva in fretta verso l’ufficio di Connelly. Prima di raggiungerlo però, vide il supervisore attraversare a grandi passi il corridoio. O’Malley e Finley stavano marciando dietro di lui.

“Sala delle conferenze,” ordinò seccamente Connelly.

Avery annuì, girando a destra dopo aver fatto qualche passo nel corridoio. Notò che nessun altro indugiava attorno alla porta della sala conferenze, che significava che la riunione sarebbe stata per pochi. E quel tipo di incontri di solito non era piacevole. Lei e Ramirez seguirono Connelly nella sala. Non appena anche O’Malley e Finley entrarono, Connelly chiuse la porta a chiave.

Gettò un foglio di carta sul tavolo della stanza. Era coperto da una busta di plastica trasparente, che lo fece scivolare quasi perfettamente in direzione di Avery. Lei lo sollevò con attenzione e lo guardò.

“Leggilo e basta,” ordinò Connelly. Era frustrato e sembrava un po’ pallido. Aveva i capelli in disordine e c’era uno sguardo selvaggio nei suoi occhi.

Avery fece come le aveva detto. Senza estrarre il foglio, lesse la lettera. Con ogni parola che leggeva, la stanza sembrò diventare più fredda.

Il ghiaccio è magnifico, ma uccide. Pensate allo splendido scintillio di un sottile strato di brina sul parabrezza durante una mattina in autunno inoltrato. Quella stessa brina tanto bella uccide la vegetazione.

È efficiente nella sua bellezza. E il fiore ritorna… ritorna sempre. Rinascita.

Il freddo è erotico, ma mutila. Immaginate di emergere dal freddo intenso di una tempesta invernale per infilarvi nudi sotto le coperte insieme a un amante.

Sentite già freddo? Riuscite a sentire il gelo dovuto a un’intelligenza superiore alla vostra?

Ce ne saranno altri. Altri corpi freddi, che galleggiano nella non vita.

Vi sfido a cercare di fermarmi.

Soccomberete al freddo prima di trovarmi. E mentre gelate, chiedendovi che cosa è successo, proprio come i fiori appesantiti dal ghiaccio, io me ne sarò andato da tempo.

“Quando è arrivata?” chiese Avery, riappoggiando la lettera sul tavolo perché anche Ramirez potesse leggerla.

“Oggi, non sappiamo bene quando,” rispose Connelly. “La busta è stata aperta solo un’ora fa.”

“Come diavolo fa la stampa a saperlo già?” domandò Ramirez.

“Perché anche ogni notiziario televisivo locale ne ha ricevuto una copia.”

“Merda,“ replicò Ramirez.

“Sappiamo quando sono arrivate le copie alla stampa?” chiese Avery.

“È stata spedita per email un po’ più di un’ora fa. Crediamolo abbia fatto perché così sarebbe arrivata in tempo per il notiziario delle undici.”

“Da dove è stata spedita?”

“Oh, è questa la parte incasinata…beh, una delle parti incasinate,” disse O’Malley. “L’indirizzo email è registrato a nome di una donna chiamata Mildred Spencer. È una vedova di settantadue anni che si è fatta una mail solo per rimanere in contatto con i nipoti. Abbiamo mandato qualcuno a parlare con lei, ma tutti i segni indicano che l’account è stato hackerato.”

“Possiamo risalire da chi?” chiese Avery.

“Nessuno all’A1 ha questa abilità. Abbiamo chiamato la polizia federale per cercare di capirci qualcosa.”

Ramirez aveva finito con la lettera e la fece scivolare di nuovo al centro del tavolo. Avery la prese di nuovo e la studiò una seconda volta. Non la lesse, si limitò a esaminarla: la carta, la calligrafia e lo strano posizionamento delle frasi sul foglio.

“Qualche idea iniziale, Black?” domandò Connelly.

“Qualcuna. Per prima cosa, dove è la busta con cui è arrivata?”

“Sulla mia scrivania. Finley, corri a prenderla, vuoi?”

Finley fece come gli era stato chiesto mentre Avery continuava a analizzare la lettera. La calligrafia era molto ordinata ma in qualche modo anche infantile. Sembrava che qualcuno si fosse impegnato per perfezionarla. Qualche parola chiave le saltò all’occhio per la sua stranezza.

“Che altro?” chiese Connelly.

“Beh, ci sono degli altri dettagli, così su due piedi. Il fatto che ci abbia mandato una lettera significa che vuole che sappiamo che è stato lui, senza svelarci la sua identità. Quindi, anche se per lui non si trattasse di un gioco, ne vuole avere il merito. Inoltre gli piace essere inseguito. Vuole che gli diamo la caccia.”

“C’è qualche indizio?” volle sapere O’Malley. “L’ho riguardata almeno una decina di volte e non ho trovato niente.”

“Dunque, il modo di esprimersi è strano in alcuni punti. L’accenno a un parabrezza in una lettera in cui gli unici oggetti concreti di cui parla sono fiori e le coperte di un letto è strano. Credo che valga anche la pena notare che usa le parole erotico e amante. Se le uniamo al fatto che la vittima che abbiamo trovato oggi fosse una bellissima ragazza è significativo. Mi disturba anche l’uso delle parole non vita e rinascita. Ma potremmo andare avanti così in un miliardo di modi diversi fino a quando non ne sapremo di più.”

“Qualcos’altro?” chiese Ramirez con il suo solito sorrisetto stampato sul volto. Adorava vederla così concentrata. Lei cercò di allontanare quel pensiero, e di andare avanti.

“Il modo in cui interrompe le righe… è quasi come se fossero le strofe frammentate di una poesia. Quasi tutte le lettere che ho visto in vecchi casi in cui il killer ha contattato la polizia o la stampa erano semplici blocchi di testo.”

“E questo sarebbe un indizio?” commentò Connelly.

“Potrebbe non esserlo,” rispose Avery. “Sto semplicemente buttando giù delle idee.”

Qualcuno bussò alla porta. Connelly la aprì e Finley rientrò. Chiuse la porta alle sue spalle, girando la serratura. Appoggiò con attenzione la busta sul tavolo. Non aveva niente di particolare. L’indirizzo della centrale era stato scritto con la stessa calligrafia perfezionata con cura che era sulla lettera. Non c’era il mittente e un francobollo valido per sempre era incollato sull’angolo sinistro. Il timbro postale era in alto e sulla sinistra della busta, con i bordi che sfioravano il francobollo.

“Viene dal codice postale 02199,” disse O’Malley. “Ma non significa niente. L’assassino potrebbe essersi allontanato di chilometri dal suo territorio per spedirla.”

“È vero,” confermò Avery. “E questo tizio sembra troppo furbo e determinato per portarci a lui con un codice postale. Ci avrebbe pensato. Il codice postale è un vicolo cieco, posso garantirlo.”

“Quindi che cosa abbiamo per andare avanti con le indagini?” chiese Finley.

“Beh,” disse Avery, “Questo tizio sembra essere interessato al freddo e al ghiaccio in particolare. E non solo perché è lì che abbiamo trovato il corpo. È in tutta la lettera. Sembra avere una fissazione. Quindi mi chiedo… possiamo ricercare qualsiasi cosa che abbia a che vedere con il ghiaccio o il freddo? Piste da pattinaggio sul ghiaccio, celle frigorifere, laboratori, qualsiasi cosa.”

“Sei sicura che il luogo non sia intenzionale?” insistette Connelly. “Se vuole essere riconosciuto, magari il codice postale è un suo biglietto da visita.”

“No, non ne sono sicura. Per niente. Ma se riusciamo a trovare una compagnia o qualche organizzazione che c’entri con il ghiaccio o il freddo all’interno di quel codice, magari iniziamo da lì.”

“Okay,” disse Finley. “Quindi dobbiamo controllare anche le telecamere di sicurezza intorno agli uffici postali e ai depositi?”

“Dio, no,” disse Connelly. “Ci vorrebbe troppo tempo e non sarebbe possibile risalire a quando la lettera è stata spedita.”

“Ci serve una lista di quelle compagnie e organizzazioni,” ripeté Avery. “È il modo migliore per iniziare. A qualcuno ne vengono in mente, così su due piedi?”

Dopo qualche istante di silenzio, Connelly emise un sospiro. “Non ne conosco nessuna,” rispose. “Ma posso farti avere una lista entro mezz’ora. Finley, puoi mettere qualcuno a lavoro su questa ricerca?”

“Subito,” disse lui.

Una volta che fu di nuovo fuori dalla stanza, Avery alzò un sopracciglio in direzione di Connelly. “Adesso Finley è diventato un fattorino?”

“Niente affatto. Non sei l’unica in lizza per una promozione. Sto cercando di coinvolgerlo in ogni aspetto di un caso ad alto profilo. E come sai, lui ti considera la migliore quindi gli sto dando un’occasione con questo.”

“E perché ci siamo chiusi a chiave nella sala conferenze?” chiese lei.

“Perché la stampa è già all’erta. Non voglio correre alcun rischio con delle cimici nelle stanze o delle intercettazioni telefoniche.”

“Mi sembra paranoico,” commentò Ramirez.

“Mi sembra furbo,” replicò Connelly con una certa cattiveria.

Per evitare uno scontro tra i due uomini, Avery attirò la lettera a sé. “Vi dispiace se studio un altro po’ la lettera mentre aspettiamo i risultati?”

“Fai pure. Preferirei che riuscissimo a cavare un ragno dal buco qui all’A1, prima che i media la sbattano su tutti i canali e qualche nerd ci risolva il caso dalla sua cameretta.”

“Dobbiamo affidarla alla Scientifica. Dovranno fare un’analisi della calligrafia. La busta deve essere controllata alla ricerca di qualsiasi prova: impronte digitali, filamenti di polvere, tutto.”

“È stata informata e la lettera andrà in mano loro non appena tu avrai finito qui.”

“Devono fare in fretta,” continuò lei. “Lo so che scherzavi sulla possibilità che qualche nerd risolva il caso, ma è una preoccupazione legittima. Quando questa cosa finirà sui social media, chissà che razza di occhi e menti l’analizzeranno.”

Mentre iniziava a dare uno sguardo più da vicino alla lettera, Finley tornò nella sala. “È stato veloce,” commentò O’Malley.

“Beh, a quanto pare una delle agenti alla centrale operativa ha il padre che lavora vicino al Prudential Center. E a proposito, si trova all’interno del codice postale 02199. Forse è solo una coincidenza, ma non si sa mai. In ogni caso, suo padre lavora in un laboratorio da quelle parti. Dice che fanno degli esperimenti pazzeschi con la meccanica quantistica e cose del genere. È una specie di dipartimento della facoltà di tecnologia della Boston University.”

“Meccanica quantistica?” chiese O’Malley. “Non c'entra con il nostro uomo, giusto?”

“Dipende dagli esperimenti,” disse Avery, subito interessata. “Non sono un’esperta in questo campo, ma so per certo che esistono alcune aree della meccanica quantistica che affrontano le temperature estreme. Qualcosa a che fare con la ricerca della durabilità e dei punti centrali di origine di diversi tipi di materia.”

“Come diavolo fai a sapere tutte queste cose?” domandò Connelly.

Lei scrollò le spalle. “Al college guardavo spesso Discovery Channel. Immagino che certe cose ti rimangano in testa.”

“Beh, vale la pena indagare,” disse il supervisore. “Troviamo qualche informazione sul laboratorio e andiamo lì a parlare con i responsabili.”

“Posso occuparmene io,” disse Avery.

“Nel frattempo,” continuò Connelly, guardando l’orologio, “il notiziario serale manderà in onda la notizia tra tre minuti. Sintonizziamoci e vediamo che casino ci combina la stampa con questo caso.”

Uscì come una furia dalla sala delle conferenze, con O’Malley alle calcagna. Finley lanciò uno sguardo di scuse ad Avery e poi li seguì. Ramirez studiò la lettera da sopra una spalla della partner scuotendo la testa.

“Secondo te questo tizio è pazzo o vuole solo che pensiamo che lo sia?” Le domandò.

“Non ne sono ancora sicura,” disse lei, rileggendo la criptica lettera. “Ma so che questo laboratorio è il posto perfetto per iniziare le indagini.”

CAPITOLO SETTE

La Esben Technologies era nascosta tra altri palazzi dall’aria comune a circa due chilometri e mezzo dal Prudential Center, l’intero quartiere essenzialmente una fila di edifici grigi senza alcun segno distintivo. La Esben Technologies occupava il palazzo centrale, che sembrava identico a quelli circostanti, e non aveva per niente l’aria del laboratorio.

Mentre Avery entrava insieme a Ramirez, notò che l’ingresso era costituito da poco di più di un magnifico parquet, illuminato dal sole del mattino che si riversava all’interno da un lucernario posto in alto. Vicino alla parete interna si trovava un’enorme scrivania. A un capo, una donna stava scrivendo a computer. All’altro, un’altra receptionist stava compilando un modulo di qualche tipo. Quando Avery e Ramirez entrarono, la seconda donna alzò lo sguardo e fece loro un sorriso di circostanza.

“Io sono la detective Black e questo è il detective Ramirez,” si presentò Avery avvicinandosi alla donna. “Vorremmo parlare con chiunque sia il responsabile qui dentro.”

“Beh, il supervisore di tutta la squadra vive in Colorado, ma l’uomo che manda avanti la baracca dovrebbe essere in ufficio.”

“Lui andrà benissimo,” rispose Avery.

“Un momento,” disse la receptionist, alzandosi in piedi e attraversando una grande porta di quercia all’estremità della sala.

Quando si fu allontanata, Ramirez si avvicinò ad Avery, tenendo la voce bassa per via dell’altra donna che era rimasta al bancone dietro al suo computer.

“Ma prima di oggi tu lo sapevi che qui ci fosse un posto del genere?” chiese.

“Assolutamente no. Ma immagino che il basso profilo abbia un senso; i centri tecnologici collegati alle università ma che si trovano fuori dai campus di solito cercano di non farsi notare.”

“Sempre Discovery Channel?” chiese lui.

“No. Semplici ricerche.”

Passò poco meno di un minuto perché la donna ritornasse. Quando lo fece, era insieme a un uomo. Indossava una camicia e pantaloni khaki. Un lungo camice bianco che somigliava a quello che spesso indossavano i dottori copriva parzialmente il tutto. Sul suo volto c’era un’espressione di ansia e preoccupazione che sembrava accresciuta dagli occhiali che portava.

“Salve,” disse, avvicinandosi ad Avery e a Ramirez. Tese una mano per una stretta e si presentò: “Sono Hal Bryson. Cosa posso fare per aiutarvi?”

“Lei qui è il supervisore?” domandò Avery.

“Più o meno. Qui dentro lavoriamo solo in quattro. Facciamo a turno ma sì, sono io che controllo gli esperimenti e i dati.”

“E che genere di lavoro svolgete qui?” chiese Avery.

“Molte cose diverse,” rispose Bryson. “A rischio di sembrare esigente, se poteste dirmi perché siete venuti qui, potrei essere un po’ più preciso.”

Avery tenne bassa la voce, non volendo che le donne alla scrivania la sentissero. E dato che era chiaro che Bryson non aveva alcuna intenzione di invitarli a entrare oltre il foyer, capì che avrebbero dovuto tenere quella conversazione lì dove erano.

“Stiamo indagando su un caso in cui il sospetto sembra avere un interesse per il freddo e le temperature basse,” spiegò. “Ieri ha mandato una lettera di sfida alla centrale di polizia. Stiamo cogliendo l’occasione per capire se qui svolgete delle ricerche che possano essere collegate alle nostre indagini. È un caso molto particolare quindi stiamo partendo dall’unico indizio vero e proprio che abbiamo, il freddo.”

“Capisco,” disse Bryson. “Beh, in effetti ci sono diversi esperimenti che hanno luogo qui che coinvolgono le temperature estremamente basse. Potrei accompagnarvi in laboratorio per farvi vedere ma dovrei insistere che siate totalmente igienizzati e che indossiate una protezione appropriata.”

“Lo apprezzo,” replicò Avery. “E forse più tardi accetteremo. Speriamo di non esserne costretti. Ma potrebbe riassumerci alcuni di questi esperimenti?”

“Ma certo,” esclamò Bryson. Sembrava felice di poterli aiutare e assunse l’atteggiamento di un insegnante che iniziava la spiegazione. “La maggior parte dei test e del lavoro che facciamo qui che usa le temperature basse è teso a superare ciò che è conosciuto come il limite quantistico. Questo limite è una temperatura appena sopra lo zero assoluto, circa diecimila volte più freddo delle temperature che si incontrano nel vuoto spaziale.”

“E quale è lo scopo di uno studio di questo tipo?” chiese Ramirez.

“Aiutare la ricerca e lo sviluppo di sensori ipersensibili per un lavoro ancora più avanzato. È anche un ottimo modo per comprendere la struttura di certi elementi e come rispondono a simili temperature estreme.”

“E siete in grado di raggiungere queste temperature qui, in questo edificio?” indagò Ramirez.

“No, non nei nostri laboratori. Siamo solo un’estensione del National Institute of Standards and Technology di Boulder. Ma possiamo arrivarci abbastanza vicini.”

“E dice che siete solo in quattro,” ripeté Avery. “È sempre stato così?”

“Dunque, circa un anno fa eravamo in cinque. Uno dei miei colleghi si è dovuto allontanare. Stava iniziando a soffrire di emicranie e di altri problemi di salute. Non si sentiva affatto bene.”

“Si è dimesso per sua scelta?” insistette Avery.

“Esatto.”

“E potremmo sapere il suo nome, per favore?”

Un po’ preoccupato, Bryson disse: “Si chiama James Nguyen. Ma vi prego di perdonarmi se dico che dubito seriamente che sia l’uomo che state cercando. È sempre stato molto gentile, tranquillo… un uomo pacato. Anche una specie di genio.”

“Apprezzo la sua sincerità,” commentò Avery, “ma dobbiamo controllare ogni pista che ci si presenti. Saprebbe dirci come possiamo contattarlo?”

“Sì, posso trovarvi questa informazione.”

“Quando è stata l’ultima volta che ha parlato con il signor Nguyen?”

“Saranno almeno… oh, non lo so… otto mesi fa, direi. Solo una telefonata per sapere come stava.”

“E come stava?”

“Bene, da quello che ho capito. Stava lavorando come editore e ricercatore per una rivista scientifica.”

“Grazie per il suo tempo, signor Bryson. Se potesse trovare i contatti del signor Nguyen, sarebbe molto utile.”

“Certo,” disse lui, sembrando piuttosto triste. “Un momento.”

Bryson si diresse verso la receptionist dietro il computer e le disse qualcosa a bassa voce. La donna annuì e iniziò a battere sulla tastiera. Mentre aspettavano, Ramirez si avvicinò ancora una volta ad Avery. Era una strana sensazione, rimanere professionale mentre lui le era tanto vicino le risultava difficile.

“Meccanica quantistica?” disse. “Vuoto spaziale? Credo che potrebbe essere fuori dalla mia portata.”

Lei gli sorrise, trattenendosi a fatica dal baciarlo. Fece del suo meglio per rimanere concentrata mentre Bryson tornava da loro con in mano un foglio di carta stampato.

“È anche fuori dalla mia,” sussurrò a Ramirez, facendogli un altro rapido sorriso. “Ma di certo non mi dispiace cercare di capirci qualcosa.”

***

Certi giorni Avery era sorpresa da quanto le cose filassero lisce e senza problemi. Bryson aveva dato loro il numero di telefono, l’indirizzo email e di casa di James Nguyen. Avery aveva chiamato l’uomo e non solo le aveva risposto, ma aveva invitato i due detective a casa sua. Era sembrato persino felice di farlo, in effetti.

Quindi quando lei e Ramirez si diressero verso la sua porta d’ingresso, quaranta minuti dopo, non poté evitare di sospettare che stessero perdendo il loro tempo. Nguyen viveva in una magnifica casa a due piani a Beacon Hill. Apparentemente la carriera nelle scienze aveva dato i suoi frutti. A volte Avery provava ammirazione per le persone con una mente scientifica e matematica. Le piaceva leggere testi scritti da loro o ascoltarli parlare (una delle ragioni per cui era stata tanto attratta da cose come il Discovery Channel e le riviste Scientific American che di tanto in tanto sfogliava nella biblioteca del college).

Sotto la veranda, Ramirez bussò alla porta. Nguyen gli rispose praticamente subito. Sembrava essere sulla cinquantina. Indossava una maglietta dei Celtics e un paio di pantaloncini sportivi. Sembrava informale, calmo e quasi allegro.

Essendosi già presentati a telefono, Nguyen li invitò in casa. Entrarono in un ingresso elaborato che conduceva in una grande zona soggiorno. Sembrava che Nguyen si fosse preparato per il loro arrivo: aveva sistemato bagels e tazze di caffè su quello che a prima vista era un tavolino estremamente costoso.

“Prego, accomodatevi,” disse lo scienziato.

Avery e Ramirez si sedettero sul divano di fronte al tavolino mentre Nguyen si accomodava sulla poltrona davanti a loro.

“Servitevi pure,” disse Nguyen, facendo un cenno verso il caffè e i bagel. “Ora, cosa posso fare per voi?”

“Beh, come ho detto a telefono,” esordì Avery, “abbiamo parlato con Hal Bryson e ci ha detto che ha dovuto allontanarsi dal suo lavoro alla Esben Technologies. Potrebbe parlarcene?”

“Sì. Sfortunatamente stavo dedicando troppo tempo ed energie al lavoro. Ho iniziato a vederci doppio e ad avere delle cefalee a grappolo. Lavoravo ottantasei ore alla settimana per periodi che andavano dai sette agli otto mesi alla volta. Ero ossessionato dal mio lavoro.”

“Con quale aspetto del suo lavoro, di preciso?” chiese Avery.

“Ripensandoci, davvero non saprei dirglielo,” rispose lui. “Era semplicemente la consapevolezza di essere vicinissimo a creare delle temperature in laboratorio somiglianti a quelle che si sarebbero potute percepire nello spazio. Trovare dei modi per manipolare gli elementi con le temperature… c’è qualcosa di divino in ciò. Può diventare assuefacente. Non l’ho capito fino a quando non è stato troppo tardi.”

Di certo la sua ossessione per il lavoro corrisponde alla descrizione di chiunque stiamo cercando, pensò Avery. Tuttavia, dopo aver parlato con Nguyen per un totale di due minuti, era certa che Bryson avesse avuto ragione. Era impossibile che fosse stato lui.

“Su cosa stavate lavorando esattamente quando ha smesso?” gli chiese.

“È piuttosto complicato,” disse lui. “E da allora sono andato oltre. Ma essenzialmente, stavo cercando di rimuovere il calore residuo causato quando gli atomi perdono la loro velocità durante il processo di raffreddamento. Mi stavo destreggiando tra unità quantistiche di vibrazioni e fotoni. Attualmente, da quanto ne so, è stato tutto perfezionato dai nostri colleghi a Boulder, ma all’epoca stavo letteralmente impazzendo!”

“Oltre al lavoro che sta facendo per la rivista e le cose per il college, sta ancora seguendo degli studi?”

“Mi diletto qua e là,” disse lui. “Ma sono solo cose a casa. Ho un mio laboratorio privato in uno spazio in affitto qualche strada più in là, ma non è niente di serio. Vorreste vederlo?”

Avery intuì che non si trattava di un tranello o di falso entusiasmo. Nguyen era ovviamente molto appassionato del lavoro che un tempo aveva svolto. E più parlava di ciò che aveva fatto, più sprofondavano nel mondo della meccanica quantistica—un argomento a chilometri di distanza da un folle assassino che abbandonava un corpo in un fiume ghiacciato.

Avery e Ramirez si scambiarono uno sguardo, che lei concluse con un cenno del capo. “Bene, signor Nguyen,” disse, “apprezziamo molto che ci abbia dedicato il suo tempo. Mi lasci concludere con un’ultima domanda: durante il tempo passato in laboratorio, ha mai incontrato qualcuno, un collega, uno studente, chiunque, che le sia sembrato eccentrico o un po’ strano?”

Nguyen si prese qualche momento per riflettere ma poi scosse il capo. “Nessuno che mi venga in mente. Ma d’altra parte noi scienziati siamo tutti un po’ eccentrici. Ma se mi viene qualche idea, le farò sapere.”

“Grazie.”

“E se voi cambiaste idea e voleste vedere il mio laboratorio, ditemelo pure.”

Appassionato del suo lavoro e solo, pensò Avery. Accidenti… come me fino a qualche mese fa.

Lo capiva. E fu per quello che accettò con gioia il biglietto da visita di Nguyen quando lui glielo offrì davanti all’ingresso. L’uomo chiuse la porta mentre Avery e Ramirez scendevano le scale della veranda e tornavano all’auto.

“Hai capito qualcosa di quello che ha detto?” chiese Ramirez.

“Molto poco,” rispose lei.

La verità era che aveva detto una cosa in particolare che le era rimasta in testa. Non le aveva fatto pensare che Nguyen dovesse essere ulteriormente indagato, ma le aveva dato un nuovo indizio su come vedere il loro killer.

Trovare modi di manipolare gli elementi con le temperature, aveva detto Nguyen. C’è qualcosa di divino in ciò.

Forse il nostro assassino sta mettendo in piedi una specie di fantasia di divinità, pensò. E se pensa di essere un dio, potrebbe essere più pericoloso di quanto pensiamo.

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