(contenendo, nell'entrare, la vivissima velocità del passo) Eccomi a lei, signorina…
(si alza, inchinandosi umilmente.)
No… Resti comoda, resti comoda… Sederò anch'io… (Mette una mano sulla spalliera di una sedia. La presenza di Annita gli ha rinnovata, molto più profondamente, l'impressione che provò quando la vide fra la piccola folla dei suoi poverelli. Insiste ancora perchè ella risegga.) Mi faccia il favore… (Appena Annita acconsente, egli si lascia cadere sulla sedia a cui si è appoggiato.) Questa visita, signorina, se non mi sbaglio, è una visita procrastinata di circa un mese.
Sì, reverendo. Quel giorno, il suo congedo mi scoraggiò.
(osservandola e scrutandola con intensità) Era un congedo momentaneo…
A me parve addirittura… d'essere scacciata. E non so davvero come oggi io sia riuscita a vincere il mio scoraggiamento.
Fui frainteso. Lei capitò in una giornata eccezionale. Non potetti darle udienza, ma le dissi – ricordo bene – : «la mia porta è sempre aperta». E, guardi: (indicando la porta) non era una frase. Un sacerdote, specie in un villaggio, deve, nei limiti del possibile, togliere di mezzo tutti quegli ostacoli che possono… far ritardare coloro che sentono la necessità di rivolgersi a lui. Una porta chiusa non cessa di essere un ostacolo nemmeno quando ci sia una mano pronta ad aprirla, giacchè, in ogni caso, è un divieto che bisogna mutare in consenso. Il divieto di entrare nella mia casa non c'è… per nessuno.
(ascolta, compunta e raccolta.)
Deploro, comunque, di aver contribuito, benchè senza volerlo, all'equivoco che l'ha trattenuta finora.
Il torto è mio. Non avrei dovuto ritardare.
Voglio credere… che il ritardo non le abbia troppo nociuto.
Nociuto, no; ma… in questo lungo mese…
Parli… Parli liberamente, signorina!
… è stato anche più triste, è stato anche più pauroso del solito il mio vagabondaggio.
(intento a udire ogni più intima vibrazione della voce di lei) Più pauroso del solito?!.. Evidentemente, il suo vagabondaggio non è che una agitazione, una inquietudine del suo spirito smarrito…
Sì.
Una inquietudine che arriva fino alla paura?!
Sì.
Ma… perchè?.. Perchè?.. Si spieghi…
Se si cammina nel buio… senza nessuna guida…
(cercando d'indovinarla, di definirla) Lei teme… ciò che non vede…
Sì.
Teme l'ignoto…
Sì.
Il che significa che lei non è sorretta dalla fede religiosa. Non sarebbe forse questa, signorina, la causa vera del suo pánico?
Non credo.
Soltanto chi manca di fede religiosa può aver paura dell'ignoto, che è poi, in altri termini, quello che minacciosamente si nasconde nella realtà della morte.
(con una improvvisa animazione) Ma di quello che si nasconde nella realtà della morte io non ho paura! Io ho paura di quello che si nasconde nella realtà della vita.
(sorpreso, la guarda, acuendo sempre più la sua osservazione.) Lei, signorina, distingue due cose che, per noi cristiani, ne costituiscono una sola nell'unica aspirazione della salvezza dello spirito. Dai pericoli della vita che passa, noi siamo preservati e difesi appunto dalla stessa luce divina che rischiara l'eterna vita futura. Il suo istinto, del resto, glie lo ha già detto, visto che lei si reca a chiedere il consiglio di un sacerdote.
Io chiedo a lei… più che il suo consiglio. Io chiedo… la sua protezione.
La chiede a me, suppongo, come la chiederebbe a chiunque porta, non indegnamente, questo abito.
No.
… Non capisco…
… Quando lei mi scòrse, inaspettata, fra i suoi poverelli, io, naturalmente… non le potetti dire la verità.
Mi accennò di essere venuta quassù per una ordinazione dei suoi medici…
I medici avevano creduto opportuno di consigliarmi un'aria piuttosto elevata e un soggiorno tranquillo, ma la scelta del luogo l'avevo fatta io.
(si sorveglia con ferma volontà per non lasciar trapelare la sua crescente emozione.)
Ero ben certa di trovare quassù chi avrebbe saputo proteggermi.
Non avrà avuta la ingenuità – mi scusi l'espressione un po' aspra – di lasciarsi attrarre dalle stolte fantasticaggini popolari.
Che pensa?!
E allora, qual'è l'origine di una così strana certezza?
A me è stata messa nell'anima… da mia madre.
(in un trasalimento che lo irradia e lo trasforma) Voi, dunque, siete Annita?!.. Ma sì!.. Voi siete Annita! Siete Annita!.. Siete la bimba di cui ho carezzata la testolina d'angelo sulla spalla della mamma tenerissima!.. Io mi ostinavo a dubitarne, mi ostinavo a non crederci, ma pure l'avevo udito… l'avevo veduto… perchè della mamma voi avete la voce, voi avete la fisonomia: tutta la sua fisonomia avete, appena mutata… come l'avrebbe potuta mutare un pittore interpretandola a modo suo… (Frenandosi, padroneggiandosi) Oh, io l'ho conosciuta la mamma!.. L'ho conosciuta… molto tempo fa. Poi… non ci siamo più incontrati; ma… me ne ricordo bene. Come potrei non ricordarmene? Fummo, per più di un anno, buoni amici. E comprendo che anche ella possa talvolta essersi ricordata di me. Ciò che non mi spiego ancora è che vi abbia designata la mia povera persona come una specie di rifugio; ciò che non mi spiego ancora è la vostra ansia di cercarmi… la vostra ansiosa richiesta di protezione… (assalito da cento timori diversi) … poichè la circostanza che vi tiene lontana dai vostri genitori è senza dubbio temporanea, è senza dubbio passeggera…
Mio padre abbandonò la casa quando io ero adolescente per andare non so dove… non so con chi… e mi ha dimenticata. La mamma… è morta. (Si copre con le palme delle mani gli occhi, che aspettavano di poter piangere.)
(sente il colpo nel centro del cuore: – sente dissolversi. Ma gradatamente si costringe a un contegno insospettabile. Pare che s'impietrisca: e il pianto che gli è vietato traspare come un'onda interiore di lagrime dal volto diafano e immoto.)
Proferì il nome vostro, che io non avevo udito mai nè da lei nè da altri, qualche momento prima di morire. Mi raccomandò di non rivolgermi che a voi se un giorno io mi fossi sentita troppo sola e avessi avuto bisogno di un appoggio… Era il delirio dell'agonia, ma le poche parole con cui mi fece questa raccomandazione uscirono limpidamente dalla sua bocca che quasi sorrideva… «È un santo uomo» – mi disse ella in ultimo – : «vedrai che non si rifiuterà di aiutarti.» E, dicendo così, aveva lei il viso d'una santa. Com'era bella! (Piange ancora. Poi, un poco più serena:) Per circa tre anni ho aspettato inutilmente che la necessità m'insegnasse il modo di bastare a me stessa. Non mi mancavano i mezzi di sussistenza perchè la mamma ci aveva, alla meglio, provveduto; ma dentro di me non ho trovato nulla di ciò che serve per essere libera, per essere forte. Ero vissuta del suo respiro… E da quando il suo respiro mi fu tolto, io non sono stata che una cosa inerte, un fragile oggetto qualunque gettato sul lastrico di una strada per la quale tanta gente, tanta gente passava! Se uno di quei passanti avesse abbassata la mano in atto di raccogliermi, io non avrei saputo prevedere nè avrei saputo domandargli che ne volesse fare di me… e, forse… mi sarei anche lasciata prendere.
(cercando le parole e misurandole in una pavida tensione di pensiero) La povera moribonda non poteva avere nessuna ragione per chiamare me in vostro soccorso; ma… nel vaneggiamento delle agonie… parla spesso una volontà superiore a tutte le ragioni umane. A questa volontà io obbedisco. – Eravate vissuta del respiro di vostra madre, che fu… una donna sublime…: possa io riescire a serbarvi sempre degna di vivere della sua memoria. (S'accorge di non resistere più. Tace, temendo di tradirsi.)
(Si ode giungere dalle scale lo zufolìo di Giulio: sempre lo stesso motivo, ritmato questa volta con dolcezza triste. – Lo zufolìo si avvicina. – Egli attraversa, con andatura pigra, il pianerottolo, gettando lo sguardo nella camera, e continua a salire, zufolando.)
(ripigliando lena, si alza, affinchè il colloquio non si prolunghi) … E, per oggi, abbiamo detto abbastanza… Non è già che anche oggi io mi permetta di congedarvi, ma vi chiedo bensì licenza di ritirarmi… Ho una specie di stanchezza qui, (si tocca l'occipite) che esige un po' di riposo…
(alzandosi con mite premura) Ve ne prego…
Da domani, voi potrete contare sulla mia affettuosa assistenza… Preferiremo il raccoglimento della chiesa, dove… l'ausilio della sicura serenità… mi rende meno perplesso nel compiere i miei doveri.
Come vorrete.
E siate tranquilla, ora.
Sono tranquilla.
A domani, Annita.
A domani. (Resta lì, incapace di allontanarsi, invasa da una convinta devozione come innanzi a un altare.)
(ancora raffrenandosi, ma con l'urgenza di nascondersi, va alla porta della stanza accanto, l'apre sùbito pur cercando di moderare la fretta, e, poichè sta già per essere preso da un capogiro, si precipita dentro e richiude.)
(lo ha seguíto con gli occhi devotamente pietosi, e, adesso, in un atteggiamento di mestizia calma e soave, si avvia, lenta, verso il fondo. – Sulla soglia, si ferma, quasi non volesse uscire. – Sporge il capo. – Guarda giù per le scale. – Non vede nessuno. – Prosegue.)
(Appena ella è uscita, torna a risuonare, fiocamente, l'invariato zufolìo di Giulio. – Quelle note insistono, insistono, fioche e monotone, nel silenzio che incombe.)
(entra dalla porta a sinistra con rapidità precipitosa andando verso le scale. Nella foga del correre, sulla soglia della porta in fondo, che è aperta come di consueto, scivola e casca rumorosamente.)
(venendo sùbito dopo di lui dalla stessa porta a sinistra e vedendolo a terra, lo sgrida:) Eh!.. Per forza devi cadere!.. Corri così all'impazzata!..
(raccogliendo una lettera che gli è scappata di mano e rialzandosi indolenzito)… Tu… tu hai detto…
E sempre con quel «tu hai detto…»! Che t'ho detto io?!.. T'ho detto di affrettare il passo, non già di precipitarti in cotesto modo selvaggio!.. Il solito eccesso di zelo!.. E adesso è inutile che tu mi stia a contemplare!.. Va, ragazzo mio… Va… In fretta, sì, ma, ti prego, senza romperti la nuca, perchè quest'altro guaio sarebbe proprio fuori programma!
(via, correndo, un po' meno rapidamente.)
(si mette ad andar su e giù per la stanza facendo dei piccoli gesti nervosi. Indi si ferma presso il tavolino. Riflette senza più gesticolare. – Con risolutezza dà un pugno sul tavolino e conclude:) Ne ho il dovere! (Esce sul balcone, e, alzando il capo, chiama vivamente:) Giulio!.. Giulio!..
Che vuoi, Fiorenzo?
Scendi giù. Dobbiamo discorrere. (Passeggia ancora, finchè non arriva Giulio.)
(entrando) Che hai? Sei arrabbiato con me?
Com'è che supponi che io sia arrabbiato con te?
Non è mica difficile di capirlo. La voce con cui mi hai chiamato… la tua fisonomia… E poi, è già da qualche giorno che vedo maturare la tua arrabbiatura…
Non è un'arrabbiatura, caro Giulio!
No?.. E che cos'è?..
(dopo una breve esitazione inquieta) È che debbo muoverti un rimprovero, molto seriamente!
Perbacco! Mi metterai anche in punizione?.. In ginocchio sui chicchi di gran turco?..
Non fare dello spirito. Vedrai che non è il caso.
Non avrò commesso un qualche delitto, spero.
Il ricorrere all'artifizio raffinato di un falso innamoramento per circuire una fanciulla onesta e inesperta è per lo meno… una viltà.
(ha un immediato moto di sdegno; ma si padroneggia e piglia un'aria fittizia di noncuranza.) Parli della signorina Annita?
(con austerità) Di lei parlo, s'intende. Di chi potrei parlare se non di lei?.. (Siede, e cerca, anche lui, di moderarsi.) Tu non ignori, Giulio, le ragioni supreme che mi hanno indotto ad aver cura della sua esistenza. Quando cominciai ad accorgermi che tu ritornavi alle tue antiche abitudini per tentare la conquista di quella buona creatura, mi affrettai a confidarti chi fu sua madre e come precisamente da sua madre mi fosse stata inviata affinchè io la proteggessi e le volessi un po' di bene. Credetti che tu, possedendo già la chiave del vecchio nascondiglio dei miei ricordi, avresti sentita l'imponenza di ciò che ti confidavo; credetti che la tua rinascente galanteria d'uomo frivolo e pervertito ne sarebbe rimasta interdetta, ne sarebbe rimasta disarmata… Ma, purtroppo, non fu così! Con me, da allora, hai ostentata abilmente una completa indifferenza per Annita, e, nel medesimo tempo, alla chetichella, hai cercato di attirartela, assumendo degli opportuni atteggiamenti d'innamorato mite e rispettoso. Dopo quanto ti avevo detto, non mi sarei mai potuto aspettare che tu avresti agito così. Io ne ho avuto maraviglia e rammarico, Giulio, e, se ancora te lo tacessi, come te l'ho taciuto fino a oggi per un ritegno che deploro, mancherei al mio còmpito, e mi parrebbe, per giunta, d'essere il tuo complice!
(mettendosi a cavalcioni d'una sedia – con pacatezza dispettosa) Ti faccio notare che per non venir meno al tuo còmpito, tu incorri in una grave scorrettezza, per così dire, professionale.
Io?!
Proprio tu. Da chi l'hai saputo che io abbia cercato di… conquistare la signorina Annita? Visto che con te ho dissimulato abilmente le mie intenzioni, non l'hai saputo che da lei stessa. Sicchè, movendomi un rimprovero in base a ciò che la tua penitente ti ha confessato, tu, sia pure per un ottimo fine, sfrutti il segreto della confessione.
(sorpreso) Sfrutto il segreto della confessione?!
Sicuro! Lo sfrutti, lo tradisci…
(scattando con orgoglioso furore) Ma che osi dirmi, tu?! Io non ti permetto di ammonire in me il sacerdote! (Poi, pentendosi del suo scatto)… Della signorina Annita io non sono solamente il confessore: ne sono altresì l'unica guida, l'unico appoggio. La mia coscienza è costretta a distinguere l'ufficio del confessore dalla missione di colui al quale la volontà di una moribonda affidò sua figlia. E credo che il tuo buon senso debba riconoscere che questa distinzione è indispensabile.
(remissivo) Ti ho detto una stupida malignità; ma non mi sarei neppure sognato di dirtela se tu non avessi usato con me un tono così ostile, così tagliente. Mi sei stato antipatico, ecco! Mi hai stizzito!.. (Dopo un istante di pausa, con una certa riluttanza e con un certo pudore, si sforza di dare delle spiegazioni.) Che io abbia voluto tentare di vincere la ritrosia della signorina Annita, quella sua freddezza estatica, quella sua impassibilità di sfinge silenziosa, è vero, ma non è vero affatto che il mio rispetto e la mia timidezza siano un raffinato artifizio. Sul principio, parlando con lei, io sapevo essere disinvolto, vivace, gentile, forse anche ardito. Ma da un pezzo, quando riesco ad avvicinarla, faccio la figura dell'adolescente al cospetto della donna per la quale ha perduto il sonno e l'appetito. Le dico delle parole monche, senza nesso, senza sugo. Non so parlarle di nulla. Non so nemmeno sospirare. E se, per caso, camminandole accanto, urto col mio gomito nel suo, non solo ne arrossisco, ma mi affretto a chiederle scusa tanta è la paura di lasciarle supporre che io l'abbia fatto apposta. Tutto questo, malauguratamente, è sincerissimo! Non ho che farci, io, se la sincerità non è sempre documentabile.
La sincerità non è sempre documentabile, ma l'indole e il passato di un uomo valgono più di qualunque documento quando si tratta d'interpretare le azioni di lui in un modo piuttosto che in un altro. La tua indole è quella di un gaudente che non è suscettibile se non di modificazioni precarie e di pentimenti effimeri, e il tuo passato è quello di un cinico ed astuto cacciatore di donne!
Senti, Fiorenzo. Tu, oggi, ti ostini a trattarmi con una severità esagerata… che io non sono disposto a sopportare. Facciamo così:… parleremo un altro giorno di questa faccenda. (Levandosi) Oggi non sei sereno, non sei calmo… E giacchè non sono abbastanza calmo nemmeno io, è meglio troncare… Ti saluto. (Si avvia per uscire.)
(levandosi, alla sua volta, vivacemente, per trattenerlo) Io ti prego, Giulio, io ti prego di non amareggiarmi di più! Io ti prego di non sfuggirmi!
(fermandosi) E io ti prego di lasciarmi andare. Se restassi ad ascoltarti, non ti potrei garantire la mia pazienza.
(nervoso, ma con un accento supplichevole) Tu non mi farai il torto di non ascoltarmi… E mi ascolterai senza ribellarti… per non mettere a repentaglio il nostro affetto … al quale tutti e due dobbiamo tenere come a un tesoro ritrovato.
(tentenna il capo, si passa una mano sulla fronte. Indi, lentamente, torna a sedere con sforzata rassegnazione.) E allora, continua.
Io lo so che non sono calmo, ma come si fa a essere calmi nella mia situazione? Debbo a qualunque costo difendere una creatura che mi è sacra, da un uomo che è mio fratello. E questa situazione è tanto più ardua in quanto che io non capisco chiaramente il giuoco di lui, non capisco a quali pericoli sia ella veramente esposta…
A nessun pericolo, Dio buono! Annita è come un corpo di marmo… al quale abbia prestato la sua anima una donna lontana. E quel marmo resterebbe invulnerabile anche se io fossi davvero il sapientissimo seduttore che tu credi.
(accalorandosi subitamente e assalendolo con gli sguardi sfavillanti di allarme) Ma il giorno in cui si mostrasse proclive ad amarti, tu non le risparmieresti le insidie che potrebbero farla pericolare, e non avresti pietà nè del suo cuore nè del suo onore…
Chi te lo dice?! Per la frenesia che ti ha preso di umiliarmi, mi scaraventi addosso le più fantastiche ipotesi. Cerca di guardarmi dentro prima di formulare giudizi sulla mia condotta presente e futura. Non cominci a capire che io mi trovo in uno stato d'animo che esclude assolutamente i mali propositi che vorresti sorprendere in me? Non cominci a capire che io mi torturo per Annita come non avevo mai creduto di potermi torturare per una donna?
(aspramente) È la prima che ti resiste, ed è perciò che ti torturi. Quello che tu senti per lei non ha nulla di comune con l'amore!
(alzando la voce) Ma, insomma, quale prova ne hai per affermarlo con questa convinta sicurezza?! Un uomo della tua serietà dovrebbe ben guardarsi dal correre dietro la sua fantasia come un bambino esaltato!
(prorompendo) Io ti ripeto che tutta la tua vita ti denunzia! Quello che tu senti per lei non è, non può essere amore! È bensì la curiosità suscitata in te dalla sua virtù adamantina! È la irritazione per la sua resistenza! È la smania di trionfare in una impresa difficile! Ed è, disgraziatamente, anche qualche cosa di peggio. Non ne dubito, io! Sì, è anche qualche cosa di peggio! È il capriccio insoddisfatto, è il puntiglio accanito dei tuoi sensi!
(insorgendo con impeto iracondo) Ah, no, basta, adesso! Basta! Basta! Non pare possibile che tu, giudicando tuo fratello, affoghi la tua bontà in calunnie così grette, così malvage e così nauseanti!
(col gesto di chi riceve all'improvviso un urto formidabile) Giulio!
Te l'avevo avvertito di non contare troppo sulla mia pazienza!.. Perchè dovrei tollerare più a lungo la tua arbitraria requisitoria? Quello che sento per Annita è degno di lei, e lo proclamo con tutte le forze del mio essere, respingendo fieramente i tuoi sospetti inconsulti. Una volta, no, non sarei stato capace di un simile amore, ed io per il primo lo dichiaro; ma siete stati tu e lei che mi avete in poco tempo ricostruito, siete stati tu e lei che mi avete rinnovato esercitando su me una specie di malìa irresistibile, ed è davvero esasperante l'ingiustizia con cui, ora che mi avete fatto diventare un vostro affine e che per tale dovreste ritenermi, tu mi vilipendi ed ella mi disprezza! Certo, non sono un asceta. Non so amare immergendomi nelle astrazioni cerebrali. I miei sensi gemono, i miei sensi anelano, i miei sensi chiedono! Essi attribuiscono alla persona di quella fanciulla una bellezza eccezionale, una bellezza affascinante, che ella, probabilmente, non ha. Io ho perduta la facoltà di esaminarla, di analizzarla, di valutarla, e, malgrado questo, o appunto per questo, nessun'altra donna, oramai, potrebbe sembrarmi bella come lei, ed io la desidero, sì, la desidero, la desidero, come nessun'altra donna potrò mai più desiderare!..
(ascolta, attonito, sillaba per sillaba, in una crescente tensione. Ha le sopracciglia tirate in su, la fronte aggrinzita, le labbra tremule.)
Ma è ben diverso, caro Fiorenzo, questo mio desiderio dalla cupidigia di cui tu mi accusi e che, senza dubbio, io stesso ho tante volte provata! Questo mio desiderio si muterebbe in ribrezzo, si muterebbe perfino in odio se, per uno strano fenomeno mostruoso, Annita mi si offrisse così, come tutte le donne che per me tradirono un amante o un marito o gettarono alla ventura la loro verginità. E dunque? E dunque? Dov'è il mio capriccio? Dov'è l'accanito puntiglio dei miei sensi? Dov'è? Dimmelo! Dimmelo! Dimmelo, perdio!
(umiliandosi, annichilendosi) No, Giulio!.. No! Riconosco che sono stato orribilmente ingiusto con te… Riconosco di averti calunniato… Che devo fare?!.. Che devo dirti?!.. Me ne pento… Te ne chiedo perdono…
Mi hai costretto a parlare di cose, che volevo tenere per me, chiuse nel mio cuore. La voce e le parole le guastano… le rendono perfino ridicole… Se ti preme ch'io non ti serbi rancore d'avermele strappate di bocca, fingi di scordarle e non costringermi a parlarne mai più.
E pretenderesti che io restassi a contemplare inerte il compassionevole caso che minaccia di atrofizzare la tua giovinezza? Pretenderesti che io mi rassegnassi a non venire in tuo aiuto?
Tu non puoi mutar nulla!
(levandosi con uno slancio inconsapevolmente altero) Ah, lo vedremo se non posso mutar nulla! Io voglio vederti felice, Giulio! Io voglio che ella intenda ed apprezzi profondamente questa adorazione che sinora le hai fatto ignorare! Io voglio che ella sia, in un giorno non lontano, la tua fedele compagna… la tua sposa devota…
Ma bada che diventi matto!
(infervorandosi sempre più del suo forte convincimento) No che non divento matto!.. Stai pur tranquillo! Non divento matto! Un nuovo dovere, diametralmente opposto a quello indicatomi dal mio pessimismo, e più urgente e più bello, mi è ordinato dalla tua rivelazione, e io ti garantisco che lo adempirò! Spetta a me di ottenere che lei ti ami come tu meriti. Spetta a me di ravvivare quel marmo e di farlo vibrare se le sue fibre non sono già, nascostamente, vive e vibranti.
Tu stesso non credi alla possibilità di quello che ti riprometti!
(congestionandosi in un impeto volitivo) Io ci credo, ti dico, come credo alle cose tangibili che stanno davanti ai miei occhi!.. Non vedi come sono agitato?!.. Non vedi come mi squassano i battiti del cuore?..
Ma sì, lo vedo…
E sai tu che è questo? Lo sai? Lo sai? Lo sai?.. È l'esultanza, è l'esultanza febbrile che provo quando mi sento sicuro di essere realmente un po' utile col semplice soccorso della mia logica e della mia volontà, senza le energie affibbiatemi dal Dottor Finizio e senza mettere a soqquadro le sfere celesti!.. Per fortuna, potrò anche procedere speditamente, perchè lei è preparata ad avere proprio oggi, qui, non in chiesa, un colloquio decisivo con me…
(saltando in piedi) Un colloquio decisivo?!
Le ho mandato pocanzi un biglietto per mezzo di Barbarello… che, se non mi sbaglio, (tendendo le orecchie) è già di ritorno. La pregavo di recarsi in casa mia e l'avvertivo che prima di parlarle ti avrei interrogato per scrutare il tuo animo. Ah!.. ora che io lo conosco a fondo, saprò farlo conoscere a lei come tu non sapresti mai!
Non secondare la tua illusione, Fiorenzo, te ne supplico! Non procurarmi il dolore e la mortificazione di un rifiuto reciso!
(con un involontario scatto di durezza) Io so quello che faccio, e non mi lascerò trattenere dalla tua pusillanimità! (Continuando ad agitarsi in una malsana vivacità esuberante) E Barbarello perchè non sale?.. Perchè non sale?.. (Va sul pianerottolo e chiama:) Barbarello!.. Barbarello!.. Che aspetti lì?.. Svelto!.. Svelto!.. Svelto!