(sedendo) Venite qua, Gino. Avvicinatevi.
(resta in piedi, lontano.)
Avvicinatevi.
Non troppo, Clara. Stasera siete…
Sono?.. Come sono?
Stasera avete…
Cosa ho? (Guardandosi) Nulla più del solito.
(accennando appena con un gesto alla scollatura) Anzi… qualche cosa di meno…
Vi turba? Rimedieremo. Prendetemi quella ciarpa.
(prende la ciarpa di merletto che era sopra una sedia) Questa?
Sì, questa.
(gliela porge.)
(senza prenderla) Copritemi le spalle.
Solamente… le spalle?
Sbrigatevi, e finite di dire delle sciocchezze!
(le avvolge la ciarpa di merletto intorno al collo con molta lentezza e con lo sguardo argutamente indiscreto.)
Mio Dio! Come siete lento!
Se fossi cieco, potrei essere più svelto. Ecco… È fatto. (Sospira.)
Sedete. Parlate. Vi confesso che avrei preferito il Lohengrin a voi. Ma vi confesso pure che esclusivamente voi potete in certo modo sostituirlo. Siete mezzo poeta, e nelle vostre parole c'è sempre un po' di musica. Parlate.
(siede) Ma poichè Lohengrin è costretto ad andarsene quando rivela il suo segreto, io, che non ho l'intenzione di andarmene, mi guarderò bene dal rivelare il mio.
Voglio sapere il segreto.
Vi ripeto che non ho punto l'intenzione d'andarmene.
Garantisco che resterete.
Promettetemi che, in ogni caso, sarete voi che mi obbligherete a restare.
Ve lo prometto! Fuori il segreto!
Il segreto è che… il segreto è che io ho detto una bugia… Stasera, al San Carlo, niente Lohengrin… e niente Gioconda.
E che spettacolo c'è?
Nessuno. Raffreddore generale a porte chiuse.
(in collera) E perchè avete mentito?
Perchè?.. Perchè, vedendo che vostro marito era molto disposto ad andare a teatro, io, che volete?, non ho avuto il coraggio di rinunziare… alla sua assenza.
Ma io non vi permetto di trattare mio marito come un fanciullo; no, non ve lo permetto!..
Ecco, vedete, ora state lì lì per mandarmene via… Se ve l'ho detto che dovevo tacere…
Non vi mando via; ma voi sarete punito lo stesso. E sapete come?.. Silvio sospetterà la ragione della vostra bugia, e tornerà subito.
Non è geloso, e non sospetterà.
Tutt'i mariti sono gelosi quando non sono stati traditi.
E vi dà delle noie la sua gelosia?
Non me ne dà, ma io me ne piglio.
Ecco un inconveniente che voi potete eliminare con molta facilità. Se è vero che i mariti sono gelosi proprio quando non sono traditi, per ottenere che il vostro non sia geloso basterà… che prendiate un piccolo provvedimento.
Tradirlo!
Appunto!
Con voi!
Con me, o con un altro. Io preferirei, s'intende, e lo faceste con me.
Avete ragione, mio caro Gino; ma non c'è nulla di più incomodo che un tradimento.
Non vi ci siete, finora, provata.
Chi ve l'ha detto?
Ne sono convinto.
E mi fate la corte!
Naturale!
Perchè me la fate?
Perchè vi amo!
Senza speranze…
È sempre probabile che accada precisamente quel che non è mai accaduto!
Ma, qualche volta, non è accaduto precisamente, (sottolineando) quel che non può mai accadere.
(accostandosele di più) Vi sentite così forte, Clara?
Fortissima!
Proprio?
Inespugnabile!
Addirittura!? (Pausa.) Mi permettete… – per una vostra indulgente concessione di gran signora dello spirito – mi permettete di dirvi tutto quello che penso?
Ve lo permetto.
(con un piccolo gesto descrittivo) Anche se io debba rasentare… l'impertinenza?
Rasentate (imitandone il gesto)… quel che volete.
Voi vi sentite forte; ma – scusate – in che consiste la vostra forza?
Ho da rispondere?
No. Rispondo io.
Ottimo metodo per discutere!
La vostra forza, Clara, non consiste che nel sapervi debole.
Se desiderate ch'io capisca, siate più limpido.
Mi spiego. Guardatemi negli occhi…
«Che sono tanto belli!»
Non scherziamo!
Dunque?
Voi siete inespugnabile, perchè il vostro nemico non è mai in condizione di circuirvi, di assediarvi, di assaltarvi: non è mai in condizione di… aprire la breccia.
Al contrario! Io vivo in un permanente stato d'assedio. Non faccio che circondarmi di seduttori. Mi fareste l'offesa di non accorgervi della mia civetteria?
Ci tenete?
Ci tengo.
Me ne dispiace tanto, perchè ho da dirvi che, vostro malgrado, voi non appartenete alla categoria delle… delle civette autentiche. Voi siete migliore di esse, cioè più donna, cioè più affine all'uomo, cioè più attratta da lui, cioè… più pericolante. Esse, vedete, osano tutto; eppure non c'è caso che caschino. Hanno il potere e lo serbano. Diamine! Una civetta che finisce con l'avere un amante è come un sovrano che abdica. Voi, invece, non lo avete per la semplice ragione… – perdonatemi se abuso del permesso di rasentare l'impertinenza – voi non lo avete per la semplice ragione che… lo evitate. Infatti, quali sono gli esperimenti della vostra resistenza? Quali sono? Il vostro boudoir è sempre pieno di troppa gente; e quando non c'è la gente, ci sono le porte aperte, il che è lo stesso; le vostre passeggiate non le fate che al cospetto del mondo; le vostre conversazioni non possono avere mai niente d'intimo e non possono esporvi agli attacchi dell'altrui sapienza e dell'altrui valore…
Non c'è che dire: parlate assai graziosamente!
(continua, ascoltandosi) Vantate la vostra impassibilità? Non ne avete il diritto. Di quale seduzione avete voi trionfato? Quattro chiacchiere, una stretta di mano, uno sguardo, un mazzo di fiori, un tête-à-têtein carrozza aperta nelle ore in cui le vie rigurgitano… Oh! queste cose non sono una seduzione. Ed io, per esempio, che vi faccio la corte e che non ho nessuna voglia di rinunziare a voi, quale ragione ho d'esser convinto della vostra inespugnabilità? Voi sfuggite tutte le occasioni in cui io sarei – lo dico con una frase da tenore – «nella pienezza dei miei mezzi»; voi sfuggite tutte le occasioni in cui io potrei essere io; – voi insomma, presentite dove e come e quando comincerebbe la vostra debolezza: ed ecco, vi ripeto, ecco qual'è la vostra forza.
Sicchè, concludiamo: io ho paura di voi.
Non lo so, ma nulla m'impedisce di crederlo.
Se vi fa piacere di crederlo, accomodatevi pure.
Lo vedete! Vi schermite. Se foste sicura di voi stessa, mi sfidereste.
Dio buono! Sarebbe crudele e superfluo defraudarvi d'un trionfo immaginario!
Attenta! Ciò che dite è arguto, ma vi denunzia sempre più debole. Scommetto che se v'invitassi a disilludere la mia immaginazione, voi rifiutereste l'invito.
Come siete complicato stasera! Via, semplifichiamo.
Semplifichiamo. Volete dimostrarmi, realmente, di sapermi respingere?
O che! Parlate sul serio?
E se parlassi sul serio?
Mi divertirei un mondo.
E acconsentireste a darmi una prova?
Senza dubbio.
Posso farvi la mia proposta?
Fatela.
Non ve ne pentirete?
Non me ne pentirò. Fatela!
Ebbene, vi propongo… di venire in casa mia!
In casa vostra?
In casa mia.
(scoppiando a ridere) Ah ah ah!.. la gran prova non è che questa?
Abito solo.
Benissimo.
Vi troverete per la prima volta vicino a me, in un ambiente segreto, fra quattro mura, senza testimoni…
Benissimo.
Senza porte aperte…
Benissimo.
Senza difesa!
Benissimo… E poi?
E poi… e poi vedremo. Accettate?
(ridendo sempre più forte) Sicuro che accetto. Ah! ah! ah!
Ma che! Voi non verrete!
Ed io vi dico che ci verrò.
Su, dunque: quando verrete?
Domani.
L'ora?
Alle due?
Alle due.
Le armi?
Le sceglieremo sul terreno!..
Sta bene!
(ammonendola, diffidente) Contessa Clara!..2
Signor Gino!.. Sino a domani, è vero, voi potete dubitare di tante cose, ma della mia parola… no!
È giusto…
Grazie!
(galantemente, alzandosi) E adesso, è necessario separarci.
Separarci?!
Quando è corsa una sfida, i due avversari non hanno più nulla da dirsi, e non debbono dirsi più nulla.
Perfettamente. (Si leva e lo congeda con una profonda e lunga riverenza settecentesca.) Signore…
(inchinandosi caricatamente) Contessa…
A domani?
A domani. (Sta per uscire. – Silvio entra.)
Oh!..
Destinàti ad incontrarci sempre sul peggio passo: quello dell'uscio.
(un po' imbarazzato) Già di ritorno?
(ingoiando un po' di rabbia e fingendo di celiare) Sai, per istrada, mi sono accorto che decisamente la Gioconda… non mi piace.
Va là, che avrai trovato il teatro chiuso.
Eh eh!.. Come hai fatto a indovinare?
Anche l'altra sera dapprima si mutò cartello, e poi si tolse completamente.
Bisognerebbe protestare.
(alquanto acre) Sì, bisognerebbe protestare…; ma per questa volta… non protesteremo.
Ci vediamo al club?
Per ora, rimango in casa: ho un po' d'emicrania… E te ne vai così presto?
Un momento fa tua moglie mi ha messo alla porta.
Non è vero. Si è messo alla porta da sè.
(a Ricciardi, con esagerazione) Ma resta, resta ancora un poco.
No, Silvio, me ne vado…
Te ne prego. Anche Clara te ne prega.
Io, no.
(sinceramente sorpreso) Oh!
Per una ragione che non posso dire, io stasera… non debbo più parlare con lui.
Ah? Tu non devi? (Guarda tutti e due più acutamente che egli non voglia mostrare. Pausa. – A Ricciardi:) Lei… non deve?
(mal celando l'imbarazzo)… Lei non deve.
Be'!.. allora, vattene.
(Un lunghissimo silenzio fastidioso, in cui pare che tutti e tre aspettino qualche cosa.)
(a un tratto, risolutamente) Di nuovo, contessa!
Di nuovo…
Arrivederci, Silvio!
Arrivederci!
(esce di corsa.)