Kitabı oku: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7», sayfa 2
I Santi monastici, ch'eccitano solo il disprezzo e la compassione d'un filosofo, erano rispettati, e quasi adorati dal Principe, e dal Popolo. Delle truppe di pellegrini vennero successivamente dalla Gallia, e dall'India per salutare la divina colonna di Simeone: le tribù de' Saraceni disputarono colle armi l'onore della sua benedizione; le Regine dell'Arabia, e della Persia confessavano con gratitudine la soprannatural sua virtù; e l'angelico Eremita fu consultato da Teodosio il Giovine negli affari più importanti della Chiesa, e dello Stato. Furono traslatate le sue reliquie dalla montagna di Telenissa, con una solenne processione del Patriarca, del Generale dell'Oriente, di sei Vescovi, di ventuno Conti, o Tribuni, e di seimila soldati; ed Antiochia venerò le ossa di lui, come il suo più glorioso ornamento e la sua invincibil difesa. La fama degli Apostoli e de' Martiri, appoco appoco restò ecclissata da questi recenti e popolari Anacoreti; il Mondo cristiano cadeva prostrato a' loro sepolcri: ed i miracoli, attribuiti alle loro reliquie, sorpassavano, almeno in numero e durata, le spirituali imprese delle loro vite. Ma l'aurea leggenda di queste73 veniva abbellita dall'artificiosa credulità de' loro interessati fratelli; ed una credula età era facilmente persuasa, che il minimo capriccio d'un Monaco Egizio o Siriaco fosse stato sufficiente ad interrompere l'eterne leggi dell'Universo. I favoriti del Cielo erano soliti di curare le inveterate malattie col toccare le persone, con una parola, o per mezzo d'un messaggio in distanza, e di scacciare i demonj più ostinati dalle anime, o da' corpi che possedevano. Essi famigliarmente accostavansi, o comandavano imperiosamente a' leoni ed a' serpenti del deserto; infondevano la vegetazione in un tronco secco; facevano stare a galla il ferro sulla superficie dell'acqua: passavano il Nilo sul dorso d'un coccodrillo, e si rinfrescavano in un'ardente fornace. Queste stravaganti novelle, che spargono la finzione senza il genio della poesia, hanno seriamente influito sopra la ragione, la fede e la morale de' Cristiani. La loro credulità avvilì e viziò le facoltà della mente; corruppero essi l'autorità dell'istoria; e la superstizione appoco appoco estinse l'inimica luce della filosofia e della scienza. Ogni maniera di Culto religioso che si fosse praticata da' Santi, ogni dottrina misteriosa, che essi credessero, veniva invigorita dalla sanzione della rivelazion divina, e tutte le virili virtù giacevano oppresse dal servile e pusillanime regno de' Monaci. Se è possibile misurare la distanza fra gli scritti filosofici di Cicerone, e la sacra leggenda di Teodoreto, fra il carattere di Catone e quello di Simeone, si potrà determinare la memorabile rivoluzione che si fece nel Romano Impero nel periodo di cinquecento anni.
È notabile il progresso del Cristianesimo per due decisive e gloriose vittorie, sopra i culti e lussuriosi cittadini dell'Impero Romano, o sopra i guerrieri Barbari della Scizia e della Germania, che rovesciaron l'Impero, ed abbracciaron la religione di Roma. I Goti furono i primi fra questi selvaggi proseliti; e la nazione fu debitrice della sua conversione ad un nazionale, o almeno ad un suddito degno d'esser posto fra gl'inventori delle due arti utili, che hanno meritato la memoria, e la gratitudine della posterità. Molti Romani provinciali erano stati condotti in ischiavitù dalle truppe gotiche, le quali saccheggiavano l'Asia al tempo di Gallieno; e fra questi molti erano Cristiani, ed alcuni appartenevano all'ordine Ecclesiastico. Questi Missionari involontari, sparsi come schiavi nei villaggi della Dacia, si applicarono con buon esito a procurar la salvezza de' loro padroni. I semi, ch'essi gettarono della dottrina evangelica, appoco appoco si propagarono; ed avanti la fine d'un secolo si compì quell'opera pia, mediante i travagli d'Ulfila, i Maggiori del quale da una piccola città della Cappadocia erano stati trasportati di là dal Danubio.
Ulfila, Vescovo ed Apostolo de' Goti74, acquistò l'affetto, e la riverenza loro, mediante l'irreprensibil sua vita, e l'instancabile zelo che aveva; ed essi ricevettero con piena fiducia le regole della verità e della virtù, ch'ei predicava, ed eseguiva. Compì la difficile impresa di tradurre la Scrittura nella nativa lor lingua, ch'era un dialetto dell'idioma Germanico, o Teutonico; ma prudentemente soppresse i quattro libri de' Re, che avrebbero potuto irritare il fiero e sanguinario spirito de' Barbari. Il rozzo ed imperfetto linguaggio di soldati e di pastori, così male atto ad esprimere le idee spirituali, fu migliorato e modificato dal suo ingegno; ed Ulfila, prima di poter fare la sua traduzione, fu costretto a comporre un nuovo alfabeto di ventiquattro lettere, quattro delle quali furono da esso inventate per rappresentare de' suoni speciali, ch'erano ignoti alla pronunzia greca e latina75. Ma presto fu disturbato il prospero Stato della Chiesa Gotica dalla guerra e dall'interna discordia, ed i capitani restaron divisi fra loro per la religione, ugualmente che per l'interesse. Fritigerno, amico de' Romani, divenne proselito d'Ulfila; mentre il superbo animo di Atanarico sdegnò il giogo dell'Impero e dell'Evangelio. La persecuzione, ch'egli suscitò, servì per provare la fede de' nuovi convertiti. Si traeva con solenne processione per le strade del campo un carro, che portava in alto l'informe immagine, di Thor forse, o di Woden; ed i ribelli, che ricusavano di adorare il Dio de' loro padri, erano immediatamente abbruciati con le tende e famiglie loro. Il carattere d'Ulfila lo fece rispettare alla Corte Orientale, dove comparve due volte come ministro di pace; perorò esso in favore degli angustiati Goti, che imploravano la protezion di Valente, e si applicò il nome di Mosè a questa guida spirituale, che condusse il suo Popolo per le profonde acque del Danubio alla Terra di Promissione76. I devoti pastori, ch'erano attaccati alla sua persona, ed ubbidienti alla sua voce, si contentarono di stabilirsi al piè delle montagne Mesie in un paese abbondante di boschi e di pasture, che alimentava i loro greggi ed armenti, e gli poneva in istato di comprare il grano, ed il vino delle Province più fertili. Quest'innocenti Barbari si moltiplicarono nell'oscurità della pace, e nella professione del Cristianesimo77.
I loro più feroci fratelli, i formidabili Visigoti, generalmente adottarono la religione de' Romani, co' quali avevano continuamente occasion di trattare, per motivo di guerra, di amicizia o di conquista. Nella lunga e vittoriosa lor marcia dal Danubio all'Oceano Atlantico, essi convertirono i loro alleati; educarono la nascente generazione; e la devozione, che regnava nel campo d'Alarico, o alla Corte di Tolosa, poteva edificare, o svergognare i palazzi di Roma e di Costantinopoli78. Verso il medesimo tempo fu abbracciato il Cristianesimo da quasi tutti i Barbari, che fondarono i regni loro sulle rovine dell'Impero Occidentale: ciò fecero i Borgognoni nella Gallia, gli Svevi nella Spagna, i Vandali nell'Affrica, gli Ostrogoti nella Pannonia, e le varie truppe di mercenari, che innalzarono Odoacre al trono d'Italia. I Franchi ed i Sassoni perseveravano tuttavia negli errori del Paganesimo; ma i Franchi ottennero la monarchia della Gallia per la loro sommissione all'esempio di Clodoveo; ed i conquistatori Sassoni della Britannia furono liberati dalla selvaggia loro superstizione per mezzo de' Missionari di Roma. Questi barbari proseliti avevano un ardente ed utile zelo per la propagazione della fede. I Re Merovingici, ed i loro successori, Carlo Magno e gli Ottoni, estesero con le loro leggi, e vittorie l'impero della Croce. L'Inghilterra produsse l'Apostolo della Germania, ed appoco appoco si diffuse la luce evangelica dalle vicinanze del Reno, alle nazioni dell'Elba, della Vistola e del Baltico79.
Non possono facilmente determinarsi i differenti motivi che influirono sulla ragione o sulle passioni dei Barbari convertiti. Questi furono spesse volte capricciosi o accidentali; come un sogno, un augurio, il racconto d'un miracolo, l'esempio di qualche sacerdote o eroe, le grazie d'una donna fedele, e sopra tutto il buon successo d'una preghiera, o d'un voto, che in un momento di pericolo avessero indirizzato al Dio de' Cristiani80. Gli antichi pregiudizi dell'educazione venivano insensibilmente cancellati dall'abitudine d'una frequente e famigliar società; i precetti morali dell'Evangelio erano invigoriti dallo stravaganti virtù dei Monaci; ed una spiritual teologia era sostenuta dalla forza visibile delle reliquie, e dalla pompa del Culto religioso. Ma potè alle volte impiegarsi da' Missionari, che s'occupavano in convertir gl'infedeli, la maniera di persuadere ingegnosa e ragionevole, che un Vescovo Sassone81 suggerì ad un Santo popolare. «Ametti, dice il sagace Istruttore, tuttociò, che loro piace d'asserire intorno alla favolosa e carnale genealogia de' loro Dei o Dee, che si sono propagati l'uno dall'altro. Da questo principio deduci l'imperfetta loro natura, le umane infermità, la certezza ch'essi son nati, e la probabilità, che son per morire. In qual tempo, con quali mezzi, da qual principio furon prodotti i più antichi fra gli Dei, o fra le Dee? Continuano essi a propagarsi, o hanno cessato? Se hanno cessato domanda a tuoi avversari la causa di tale strana mutazione. Se tuttavia continuano, il numero degli Dei dovrà crescere all'infinito: e non porremo noi a rischio, mediante l'indiscreto culto di qualche impotente divinità, d'eccitare lo sdegno dei geloso di lei superiore? I cieli e la terra, che ci son visibili, tutto il sistema dell'Universo, che si può concepire coll'animo, è egli creato, o eterno? Se creato, come, o dove potevano gli Dei medesimi esistere prima della creazione? Se eterno, come potevano essi prender l'impero d'un Mondo indipendente, e preesistente? Insisti su questi argomenti con sobrietà e moderazione; insinua loro in opportune occasioni la verità e la bellezza della rivelazione Cristiana, e procura di far vergognare gl'Infedeli senza irritarli». Questo metafisico ragionamento, forse troppo sottile per i Barbari della Germania veniva fortificato dal peso più grossolano dell'autorità e del consenso popolare. Il vantaggio della prosperità temporale avea abbandonato il partito pagano, ed era passato a favorire il Cristianesimo. I Romani stessi, la più potente ed illuminata nazione del globo, avevano rinunziato all'antica loro superstizione; e se la rovina del loro Impero sembrava, che accusasse l'efficacia della nuova fede, se n'era già riparato l'onore dalla conversione de' vittoriosi Goti. I valorosi e fortunati Barbari, che soggiogarono le Province dell'Occidente, riceverono, e diedero successivamente l'istesso edificante esempio. Prima del secolo di Carlo Magno, le nazioni Cristiane d'Europa si potevano applaudire per l'esclusivo possesso di climi temperati, di terreni fertili, che producevano grano, vino ed olio; mentre gl'idolatri selvaggi, ed i loro miserabili idoli erano confinati all'estremità della terra, nelle oscure e gelate regioni del Norte82.
Il Cristianesimo, che apri a' Barbari le porte del Cielo, introdusse un gran cangiamento nella morale e politica lor condizione. Riceverono essi nell'istesso tempo l'uso delle lettere, così essenziale per una religione, le cui dottrine si contengono in un libro sacro; e mentre studiavano la divina verità, i loro spiriti appoco appoco si estesero nella distante veduta dell'istoria, della natura, delle arti e della società. La traduzione della Scrittura nella nativa lor lingua, che aveva facilitato la lor conversione, doveva eccitare nel loro Clero la curiosità di leggere il testo originale, d'intendere la sacra liturgìa della Chiesa, e di esaminare negli scritti de' Padri la catena della tradizione ecclesiastica. Questi vantaggi spirituali si trovavano nelle lingue greca e latina, che contenevano gl'inestimabili Monumenti dell'antico sapere. Le immortali produzioni di Virgilio, di Cicerone e di Livio, che potevan gustarsi da' Barbari cristiani mantennero un tacito commercio fra il regno d'Augusto, ed i tempi di Clodoveo e di Carlo Magno. L'emulazione degli uomini fu incorraggita dalla rimembranza d'uno stato più perfetto; e si tenne segretamente viva la fiamma della scienza per riscaldare ed illuminare l'età matura del Mondo occidentale. Nel più corrotto stato del Cristianesimo, i Barbari potevano apprender la giustizia dalla Legge, e la misericordia dall'Evangelio: e se la cognizione del loro dovere non era sufficiente a guidare le azioni o a regolar le passioni di essi, erano alle volte ritenuti dalla coscienza, e spesso puniti dal rimorso. Ma l'autorità diretta dalla religione era meno efficace della santa comunione, che gli univa co' Cristiani lor confratelli in amicizia spirituale. La forza di tali sentimenti contribuì ad assicurare la lor fedeltà nel servizio, o nell'alleanza dei Romani, ad alleggerire gli orrori della guerra, a moderar l'insolenza della conquista, ed a conservare nella caduta dell'Impero un costante rispetto pel nome, e per gl'istituti di Roma. Nel tempo del Paganesimo, i Sacerdoti della Gallia e della Germania regnavano sul Popolo, e sindacavano la giurisdizione de' Magistrati; e gli zelanti proseliti trasferirono un'uguale, o maggior dose di devota obbedienza ne' Pontefici della Fede cristiana. Si sostenne il sacro carattere de' Vescovi dalle temporali loro sostanze; essi ottennero un riguardevole posto nelle adunanze legislative, composte di soldati e di uomini liberi; ed era loro interesse, non meno che dovere, l'ammolire con pacifici consigli lo spirito fiero de' Barbari. La corrispondenza continua del Clero latino; i frequenti pellegrinaggi a Roma e in Gerusalemme, e l'autorità crescente dei Papi assodaron l'unione della Repubblica cristiana; ed a grado a grado produssero quegli uniformi costumi, e quella comune Giurisprudenza, che hanno distinto le indipendenti, ed anche ostili nazioni dell'Europa moderna dal resto dell'uman genere.
Ma fu impedito e ritardato l'effetto di tali cause dal disgraziato accidente, che versò un mortal veleno dalla coppa della salute. Di qualunque sorta si fossero gli antichi sentimenti d'Ulfila, si formarono le sue relazioni coll'Impero e con la Chiesa nel tempo che regnava l'Arrianismo. L'Apostolo de' Goti sottoscrisse il simbolo di Rimini, professò liberamente, e forse con sincerità, che il Figlio non era uguale, o consustanziale al Padre83; comunicò questi errori al Clero ed al Popolo; ed infettò i Barbari con un'eresia84 che il Gran Teodosio condannò ed estinse fra' Romani. L'indole, e l'intelligenza de' nuovi proseliti non era capace di metafisiche sottigliezze; ma essi vigorosamente conservarono ciò, che piamente avevano ricevuto, come pure e genuine regole del Cristianesimo. Il vantaggio di predicare, e di spiegar la Scrittura in lingua teutonica, promosse le apostoliche fatiche d'Ulfila e de' suoi successori; ed essi ordinarono un competente numero di Vescovi e di Preti, per istruire le cognate tribù. Gli Ostrogoti, i Borgognoni, gli Svevi ed i Vandali, che avevano ascoltata l'eloquenza del Clero latino85, preferirono le lezioni più intelligibili de' domestici loro predicatori; e fu adottato l'Arrianismo come la fede nazionale de' convertiti guerrieri, che si stabilirono sulle rovine dell'Impero occidentale. Questa irreconciliabile differenza di religione fu una perpetua sorgente di gelosia e d'odio; e la taccia di Barbaro fu sempre più amareggiata dal più odioso epiteto d'eretico. Gli Eroi del Norte, che si erano sottoposti con qualche ripugnanza a credere, che tutti i loro maggiori fossero all'inferno86, restaron sorpresi, ed inaspriti al sentire, ch'essi medesimi non avevan fatto, che mutare la maniera dell'eterna lor dannazione. Invece del dolce applauso, che i Principi Cristiani sono avvezzi ad attendere da' loro fedeli Prelati, i Vescovi ortodossi, ed il loro Clero erano in opposizione con le Corti Arriane; e l'indiscreta lor opposizione spesso diveniva rea, e poteva talvolta esser pericolosa87. Il pulpito, quel sicuro e sacro istrumento di sedizione, risuonava de' nomi di Faraone, e d'Oloferne88; la mal contentezza pubblica era infiammata dalla speranza, o dalla promessa d'una gloriosa liberazione; ed i sediziosi Santi eran tentati a promuovere il compimento delle proprie lor predizioni. Nonostanti queste provocazioni, i Cattolici della Gallia, della Spagna, e dell'Italia goderono sotto il regno degli Arriani, l'esercizio libero e pacifico della lor religione. I superbi loro Signori rispettaron lo zelo d'un numeroso Popolo, risoluto di morire a piè de' propri altari, e fu ammirato ed imitato de' Barbari stessi l'esempio della devota loro costanza. I conquistatori, per altro, evitarono la vergognosa taccia o confessione di timore con attribuire la lor tolleranza a' generosi motivi di ragionevolezza e d'umanità; e mentre affettavano il linguaggio del Cristianesimo, ne acquistarono senza avvedersene il vero spirito.
La pace della Chiesa fu talvolta interrotta. I Cattolici erano indiscreti, ed i Barbari impazienti; e gli atti parziali di severità, o d'ingiustizia, che venivano raccomandati dal Clero Arriano, furono esagerati dagli scrittori ortodossi. Può darsi l'accusa di persecutore ad Enrico, Re de' Visigoti, che sospese l'esercizio delle funzioni ecclesiastiche, o almeno Episcopali, e punì i Vescovi popolari dell'Aquitania con la carcere, coll'esilio, e con la confiscazione89. Ma da' soli Vandali s'intraprese la crudele ed assurda opera di sottometter le menti d'un intero Popolo. Genserico medesimo nella sua prima gioventù avea abbandonato la comunione ortodossa; e l'apostata non poteva nè concedere, nè sperare un sincero perdono. Era egli esacerbato nel vedere, che gli Affricani, i quali eran fuggiti dalle sue armi nel campo, tuttavia pretendevano d'opporsi alla sua volontà ne' Sinodi, e nelle Chiese; ed il feroce suo animo era incapace di timore, o di compassione. I Cattolici suoi sudditi furon oppressi da intolleranti leggi, e da pene arbitrarie. Il linguaggio di Genserico era furioso e formidabile; la cognizione de' suoi disegni poteva giustificare la più svantaggiosa interpretazione delle sue azioni; e furono rimproverate agli Arriani le frequenti esecuzioni, che macchiarono il palazzo, e gli Stati del tiranno. Le armi e l'ambizione però erano le passioni dominanti del Monarca del mare. Ma Unnerico, ignobil suo figlio, che parve ereditasse solo i suoi vizi, tormentò i Cattolici coll'istesso instancabil furore, che fu fatale al suo fratello, a' suoi nipoti, agli amici e favoriti di suo padre, e fino al Patriarca Arriano, che fu crudelmente bruciato vivo nel mezzo di Cartagine. La guerra religiosa fu preceduta, e preparata da una insidiosa tregua; la persecuzione divenne il più serio ed importante affare nella Corte Vandala, e la disgustosa malattia, che accelerò la morte di Unnerico, vendicò le ingiurie, senza contribuire alla liberazione della Chiesa. Il trono dell'Affrica fu successivamente occupato da' due nipoti d'Unnerico, da Gundamondo, che regnò circa dodici anni, e da Trasimondo, che governò la nazione più di ventisette anni. La loro amministrazione fu ostile, ed oppressiva pel partito ortodosso. Sembra che Gundamondo emulasse, o anche oltrapassasse la crudeltà del suo zio; e se finalmente l'addolcì, se richiamò i Vescovi, e restituì la libertà del Culto Atanasiano, un'immatura morte impedì i vantaggi della sua tarda clemenza. Trasimondo, suo fratello, fu il più grande, ed il più culto de' Re Vandali, quali ei sorpassò in beltà, prudenza e grandezza d'animo. Ma l'intollerante suo zelo, e la sua ingannevol clemenza degradò questo magnanimo carattere. In vece di minacce e di torture, adoperò il gentile, ma efficace potere della seduzione. Le ricchezze, le dignità, ed il real favore erano i grandiosi premj dell'apostasia; i Cattolici, che avevan trasgredito le leggi, potevan procacciarsi il perdono con rinunziare alla loro fede; e quando Trasimondo meditava qualche rigoroso disegno, pazientemente aspettava, che l'indiscretezza de' suoi avversari gli somministrasse una speciosa opportunità. Il bigottismo fu l'ultimo suo sentimento nell'ora della morte: e costrinse il suo successore a giurare solennemente, che non avrebbe mai tollerato i settari d'Atanasio. Ma il suo successore Ilderico, gentil figlio del selvaggio Unnerico, preferì i doveri dell'umanità, e della giustizia alla vana obbligazione d'un empio giuramento; ed il suo innalzamento al trono fu gloriosamente segnalato dalla restaurazion della pace, e della libertà universale. Il trono di quel virtuoso, quantunque debol Monarca, fu usurpato dal suo cugino Gelimero, zelante Arriano: ma il regno Vandalo, prima ch'ei potesse godere, o abusare della sua potenza, fu rovesciato dalle armi di Belisario; ed il partito ortodosso vendicò le ingiurie, che aveva sofferte90.
Le appassionate declamazioni de' Cattolici, che sono i soli istorici che abbiamo di questa persecuzione, non possono somministrare alcuna serie distinta di cause e di eventi, nè alcuna imparzial cognizione di caratteri o di consigli; ma le più notabili circostanze, che meritan fede o notizia, possono riferirsi a' seguenti capi: I.º Nella legge originale, che tuttavia sussiste91, Unnerico espressamente dichiara, e tal dichiarazione sembra corretta, ch'egli avea fedelmente trascritto i regolamenti e le pene degli editti Imperiali contro le congregazioni eretiche, e contro il Clero, ed il Popolo, che si scostava dalla religion dominante. Se si fossero intesi i diritti della coscienza, i Cattolici o dovevan condannare la passata loro condotta, o acquietarsi agli attuali loro patimenti. Ma essi continuavano sempre a ricusare quell'indulgenza, che richiedevano in lor favore. Nel tempo ch'essi tremavano sotto la sferza della persecuzione, commendarono la lodevole severità di Unnerico medesimo, che fece bruciare, o bandì un gran numero di Manichei92; e rigettarono con orrore, l'ignominiosa proposizione, che i discepoli d'Arrio e d'Atanasio godessero una reciproca ed ugual tolleranza ne' territori de' Romani, e de' Vandali93. II. L'uso d'una conferenza, che i Cattolici avevano tante volte praticato per insultare e punire gli ostinati loro antagonisti, si ritorse contro di loro stessi94. Per ordine d'Unnerico s'adunarono in Cartagine quattrocentosessantasei Vescovi ortodossi; ma quando furono ammessi nella sala dell'udienza, ebbero la mortificazione di vedere l'Arriano Cirila innalzato alla sede Patriarcale. I disputanti si separarono dopo i vicendevoli e soliti rimproveri di strepito e di silenzio, di dilazione e di precipitazione, di militar forza e di clamor popolare. Un Martire ed un Confessore furono scelti frai Vescovi cattolici; ventotto si salvarono con la fuga, ed ottantotto coll'uniformarsi; quarantasei furono mandati in Corsica a tagliare il legname pei vascelli reali; e trecentodue furono rilegati in diverse parti dell'Affrica, esposti agl'insulti de' loro nemici, e rigorosamente spogliati d'ogni temporale e spiritual sollievo della vita95. I travagli di dieci anni d'esilio dovettero diminuire il loro numero; e se avessero osservata la legge di Trasimondo, che proibiva loro qualunque consacrazione Episcopale, la Chiesa ortodossa d'Affrica avrebbe dovuto finire con la vita degli attuali suoi membri. Essi però non obbedirono; e la loro disubbidienza fu punita con un secondo esilio di dugentoventi Vescovi nella Sardegna, dove languirono quindici anni fino all'avvenimento al trono del grazioso Ilderico96. Furono giudiziosamente scelte quelle due isole dalla malizia degli Arriani loro tiranni. Seneca, per propria esperienza, ha deplorato ed esagerato il miserabile stato della Corsica97, e l'abbondanza della Sardegna veniva contrabbilanciata dalla cattiva qualità dell'aria98. III. Lo zelo di Genserico, e de' suoi successori per la conversione de' Cattolici, gli dovè rendere sempre più gelosi a mantenere la purità della fede Vandalica. Prima che le Chiese fossero totalmente chiuse, era un delitto il comparire in abito di Barbaro; e quelli, che ardivano di trasgredire il reale comando, venivano duramente strascinati pe' lunghi loro capelli99. Gli Uffiziali del Palazzo, che ricusavano di professare la religione del loro Principe, erano ignominiosamente spogliati de' loro impieghi ed onori, banditi nella Sardegna e nella Sicilia, o condannati a' lavori servili degli schiavi e de' contadini nelle campagne d'Utica. Ne' distretti particolarmente assegnati a' Vandali, era più rigorosamente proibito l'esercizio del Culto Cattolico, ed erano stabilite severe pene contro la colpa sì del Missionario, che del proselito. Con tali mezzi si conservò la fede de' Barbari, e se ne accese lo zelo; essi eseguivano con devoto furore l'uffizio di spie, di accusatori, o di esecutori: e quando la loro cavalleria trovavasi in campagna, il divertimento favorito della marcia era quello di profanare le Chiese, e di insultare il Clero del partito contrario100. IV. I cittadini, ch'erano stati educati nel lusso d'una Provincia Romana, venivano abbandonati con isquisita crudeltà a' Mori del deserto. Una venerabile serie di Vescovi, di Preti, e di Diaconi, con una fedele truppa di quattromila e novantasei persone, delle quali non si sa bene la colpa, furono tratte per ordine d'Unnerico dalle native lor case. Nella notte venivan chiusi, come una mandra di pecore, fra le proprie loro immondizie: di giorno dovevan proseguire il loro cammino sull'ardente sabbia, e se mancavano per il caldo e la fatica, venivano stimolati o strascinati a forza, finattantochè non fossero spirati nelle mani de' loro tormentatori101. Quest'infelici esuli, giunti alle capanne de' Mori, potevano eccitare la compassione d'un Popolo, la naturale umanità del quale non era nè migliorata dalla ragione, nè corrotta dal fanatismo: ma se riusciva loro di scampare i pericoli, erano condannati a partecipare delle angustie d'una vita selvaggia. V. Conviene, che gli autori della persecuzione preventivamente riflettano, se son determinati a sostenerla fino all'ultimo estremo. Essi eccitano la fiamma, che vorrebbero estinguere; e ben presto diventa una necessità il punire la contumacia, ugualmente che il delitto del trasgressore. La multa, ch'egli non può, o non vuol pagare, l'espone alla severità della Legge; ed il suo disprezzo delle pene minori suggerisce l'uso e la convenienza delle capitali. Attraverso il velo della finzione e della declamazione, possiamo chiaramente ravvisare, che i Cattolici, specialmente sotto il regno d'Unnerico, soffrirono il più ignominioso e crudel trattamento102. De' rispettabili Cittadini, delle nobili Matrone, e delle sacre Vergini erano spogliate nude, ed alzate in aria con un peso attaccato a' loro piedi. In tal penosa situazione venivano lacerati i lor corpi con verghe, o bruciati nelle più tenere parti con ferri infuocati. Gli Arriani amputavano loro gli orecchi, il naso, la lingua e la mano destra; e quantunque non possa precisamente determinarsene il numero, è certo, che molte persone, fra le quali si posson contare un Vescovo103 ed un Proconsole104, ricevettero la corona del martirio. Si è attribuito l'istesso onore alla memoria del Conte Sebastiano, che professava la Fede Nicena con intrepida costanza; e Genserico poteva detestar com'eretico quel bravo ed ambizioso profugo, ch'esso temeva come rivale105 VI. I ministri Arriani adopravano una nuova maniera di convertire, che poteva soggiogare i deboli, e porre in agitazione i timidi. Usavano per violenza, o per frode, i riti del Battesimo sopra i Cattolici, e ne punivano l'apostasia, qualora questi rigettavano quell'odiosa e profana cerimonia, che scandalosamente violava la libertà della volontà, e l'unità del sacramento106. Le contrarie Sette avevano già convenuto della validità del Battesimo l'una dell'altra; e l'innovazione, con tanto ardore sostenuta da' Vandali, non può attribuirsi, che all'esempio, ed al consiglio de' Donatisti. VII. Il Clero Arriano sorpassava nella religiosa crudeltà il Re ed i suoi Vandali; ma era incapace di coltivar la vigna spirituale, che bramava di possedere. Poteva un patriarca107 collocarsi sulla sede di Cartagine; potevano de' Vescovi usurpare nelle Città principali i posti dei loro avversari; ma la scarsità del loro numero, e l'ignoranza, in cui erano della lingua Latina108, rendeva i Barbari inabili per l'Ecclesiastico ministero d'una gran Chiesa: e gli Affricani, dopo aver perduto i loro pastori ortodossi, restaron privi del pubblico esercizio del Cristianesimo. VIII. Gl'Imperatori erano i naturali protettori della dottrina Omousiana: ed il Popolo fedele dell'Affrica, e come Romano e come Cattolico, preferiva la legittima loro sovranità all'usurpazione degli eretici Barbari. In un intervallo di pace e di amicizia, Unnerico restituì la Cattedrale di Cartagine ad intercessione di Zenone, che regnava in Oriente, di Placidia, figlia e vedova d'Imperatori, e sorella della Regina de' Vandali109. Ma questo decente riguardo fu di breve durata; ed il superbo Tiranno mostrò il disprezzo, che aveva per la religione dell'Impero, facendo a bella posta disporre le sanguinose immagini della persecuzione in tutte le strade principali, per le quali doveva passare il Romano Ambasciatore nel portarsi al palazzo110. Si richiese da' Vescovi, ch'erano adunati in Cartagine, un giuramento, ch'essi avrebbero sostenuto la successione d'Ilderico suo figlio, e che avrebbero rinunziato a qualunque straniera o trasmarina corrispondenza. I più sagaci membri111 dell'Assemblea ricusarono d'obbligarsi a questo vincolo, che sembrava compatibile co' loro morali e religiosi doveri. La loro negativa, debolmente colorita dal pretesto, che ad un Cristiano non era permesso il giurare, dovea provocare i sospetti d'un geloso tiranno.
I Cattolici, oppressi dalla forza reale e militare, eran molto superiori a' loro avversari in numero, ed in sapere. Con le stesse armi, che i Padri greci112 e latini avevan già preparate per la controversia Arriana, essi più volte ridussero al silenzio, e vinsero i feroci ed ignoranti successori d'Ulfila. La coscienza della propria loro superiorità avrebbe dovuto porli al di sopra degli artifizi, e delle passioni del guerreggiamento religioso. Pure invece d'assumere tal onorevole orgoglio, i teologi ortodossi furon tentati, dalla sicurezza dell'impunità a comporre finzioni, che convien notare con gli epiteti di frodi e di falsità. Essi attribuirono le loro opere polemiche a' nomi più venerabili dell'antichità Cristiana; furono temerariamente mascherati da Vigilio e da' suoi discepoli113 i caratteri d'Atanasio e d'Agostino; ed il famoso Credo, ch'espone sì chiaramente i misteri della Trinità e dell'Incarnazione, si deduce con molta probabilità da questa scuola Affricana114. Fino le stesse Scritture furono profanate dalle temerarie e sacrileghe loro mani. Il memorabile Testo, che asserisce l'unità de' Tre, che fanno testimonianza in Cielo115, è condannato dall'universal silenzio de' Padri ortodossi, delle antiche versioni, e de' Manuscritti autentici116. Fu esso allegato per la prima volta da' Vescovi cattolici, che Unnerico invitò alla conferenza di Cartagine117. Una allegorica interpretazione in forma probabilmente di nota marginale, invase il testo delle Bibbie Latine, che si rinnuovarono, e corressero nell'oscuro periodo di dieci secoli118. Dopo l'invenzione della stampa119, gli editori del Testamento Greco cederono a' propri lor pregiudizi, o a quelli de' loro tempi120; e la pia frode, che fu con uguale zelo abbracciata a Roma ed a Ginevra, si è moltiplicata all'infinito in ogni paese ed in ogni lingua della moderna Europa.