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Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 15

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CAPITOLO III
Conquiste di Roberto sopra il Principato di Salerno ed Amalfi

Roberto dopo aver domata la Sicilia entrò tosto in pensiero d'unire sotto la sua dominazione l'altre province, che rimanevano in queste nostre parti; e per un'opportuna occasione che diremo, gli venne fatto di conquistare il Principato di Salerno sopra Gisulfo suo cognato.

Gli Amalfitani, che, come si disse, caduti sotto la dominazione del Principe di Salerno Guaimaro, aveano sperimentato pur troppo aspro il di lui governo, per sottrarsi dal giogo invasero la città, e presso il lido del mare insieme con gli altri congiurati crudelmente l'uccisero; ma repressi da Guido suo fratello, dopo il quinto giorno sedati i tumulti, riebbe la città, ed a Gisulfo suo nipote figliuolo di Guaimaro fu restituita. Ma con tutto ciò Gisulfo assai più aspramente che il padre trattava gli Amalfitani, i quali pensarono di ricorrere al Duca Roberto perchè interponendosi con suo cognato, impetrasse da lui qualche umanità e clemenza per loro. Il Duca mosso da questi ricorsi, inviò Ambasciadori a Gisulfo pregandolo di rilasciare tanto rigore, con cui trattava gli Amalfitani: ma il Principe riguardando questa preghiera qual importuna rimostranza, ricevette di mal garbo coloro, che glie la vennero a fare; e cercando occasione di querela, pretese, che la Costa dopo Salerno infino al Porto del Fico appartenesse a lui; dichiarossi ancora di voler far rientrare nel suo dominio Areco e Santa Eufemia, di cui il Duca erasi impadronito. Roberto alla prima proccurò di guadagnare suo cognato per le vie delle dolcezze, ed accomodar amichevolmente le cose310; ma Gisulfo rifiutò ogni trattato, fidato forse al soccorso che sperava da Riccardo Principe di Capua, il qual era entrato a parte ne' suoi interessi, essendo allora in discordia con Roberto Guiscardo. Costui per non aver da combattere con due nemici, trattò secretamente d'aggiustarsi con Riccardo, siccome, fattegli offerte assai vantaggiose, l'indusse a prendere il suo partito contra del Principe di Salerno311. Egli ancora firmò un trattato particolare con gli Amalfitani, e gli prese sotto la sua protezione, ed avendo messa la guarnigione dentro la loro città, si dispose a venire, seguito dalle sue truppe, e da quelle del Principe di Capua, a mettere l'assedio alla città di Salerno.

Tutti coloro, che prendevano parte negl'interessi di Gisulfo, l'avvertivano a prevenir la tempesta; e Gregorio VII che l'amava come suo figliuolo, e l'Abate Cassinense Desiderio ch'era suo grand'amico, lo consigliavano ad aver pace con Roberto312; ma egli ostinato nè meno volle dar loro risposta. Nè perciò desistette Desiderio, ma sapendo che Roberto avea già assediato Salerno impegnò il Principe Riccardo a venire con esso lui a disporre Gisulfo; ma nè meno poterono conseguire cos'alcuna, anzi non cessava di pubblicare con alterigia mal fondata, che non prezzava punto l'amicizia del Duca, alla quale per sempre rinunziava.

Roberto sdegnato, non guardò più alle maniere dolci, ma strinse l'assedio, e serrò quella città sì da presso che nel fine di cinque mesi, fu ridotta ad una estrema carestia. Quelli che la comandavano veggendo, che non poteva più mantenersi, pensarono alla loro sicurezza313. Uno de' principali ch'erano dentro la Piazza era Bacelardo figliuolo d'Umfredo, il quale dopo aver inutilmente aspettato gli ajuti dell'Imperadore di Costantinopoli tornossene in Puglia, e cercava per ogni parte di vendicarsi di suo zio; e per questo motivo egli era entrato in Salerno, affine di soccorrere Gisulfo, ma temendo di sperimentare il rigore del Guiscardo, s'egli cadeva nelle sue mani, fuggissene la notte; ed andò a ricovrarsi in una Piazza vicina, chiamata Sanseverino, che gli aprì le porte. Il Duca scrisse al Conte Ruggiero, che venisse al più presto da Sicilia ad assediar Sanseverino, fin tanto ch'egli fosse venuto a fine della spedizione di Salerno. Ma non si tardò molto ad espugnarlo, poichè le mura della città cominciarono ad aprirsi per tutte le parti, e gli abitanti stessi vennero ad invitar Roberto ad entrare per la più larga breccia, affine di prevenire ancora le disgrazie d'una Piazza presa per assalto. Gisulfo intanto non si rese per questo, ma si difese nella Cittadella; ma assalito più ferocemente dal Guiscardo, alla perfine fu obbligato di mostrare altrettanta sommissione, quanta fierezza avea prima mostrata: egli si rese alla clemenza del vincitore, e dimandogli per ogni grazia quella della sua libertà; fugli conceduta, essendosi prima ritirato in Monte Cassino, da poi si ricovrò sotto la protezione di Papa Gregorio VII, il quale nella Campagna romana gli assegnò alcune terre, ove potesse abitare, non lasciando intanto egli di appellarsi Principe di Salerno, Duca di Puglia e di Calabria, come suo padre Guaimaro, non già di Sicilia, come per isbaglio si legge nello Stemma de' Principi di Salerno del Pellegrino.

Il Duca fece di bel nuovo fortificare Salerno, ma senza dimorarvi molto tempo, marciò tosto contro Bacelardo per togliergli il tempo di fortificarsi in Sanseverino. Egli vi giunse poco dopo suo fratello Ruggiero, che già aveva attaccata la Piazza; onde cintala più strettamente, fu forza rendersi a patti, ciocchè fece che Bacelardo insieme col suo fratello Ermanno pensassero di nuovo di ritirarsi in Costantinopoli: dove questi infelici Principi menarono il resto della lor vita in grande miseria, nella quale dopo molti anni morirono.

Ecco come in quest'anno 1075 secondo l'Anonimo Cassinese, Fr. Tolomeo di Lucca, e Camillo Pellegrino, il Principato di Salerno s'unì al Ducato di Puglia, di Calabria e di Sicilia, in poter de' Normanni, sotto il famoso Duca Roberto, il quale tenendo anche Amalfi, già minacciava l'altre parti, che restavano, di farle passare ancora sotto il suo dominio. Ed ecco come in Salerno s'estinsero i Principi longobardi; ma non però restò in tutto estinta questa Nazione; rimasero ancora, non altramente che nel Principato di Capua, molte famiglie dell'istesso sangue ne' Contadi vicini314. Rimasero Guaimaro Conte di Capaccio; Pandolfo Conte di Corneto; Giordano Signor del castello di Corneto del Cilento nipote del Principe Guaimaro; Astolfo figliuolo del Conte Gisulfo; Romualdo figliuolo di Pietro Conte di Atenolfo; Castelmanno figliuolo d'Adelferio Conte; Berengario figliuolo d'Alfano Conte; Giovanni e Landulfo figliuoli d'Ademaro Conte, che fu detto il Rosso; Giovanni figliuolo di Guaimaro Conte; Glorioso figliuolo di Pandolfo Conte; i quali erano ancor viventi negli anni 1110 e 1114. E Sicelgaita figliuola di Glorioso vedova di Marino Cacapece di Napoli ancor vivea nell'anno 1155315. Così ancora da' Conti Guaiferio ed Alberto di questo sangue, narra Pellegrino, esser derivata in Salerno la nobile famiglia di Porta, la di cui posterità con ordine certo insino all'anno 1335 si ritrova nell'antiche carte: siccome di molti altri Conti salernitani per sette e otto generazioni insino a quel tempo esservi ne' vetusti monumenti riscontro, attesta questo medesimo Autore. E se oggi per ordine certo sarà quasi che impossibile trovar la serie de' medesimi, non è però, che fosse in questo Principato estinto affatto il sangue longobardo, e forse anche al presente starà nascosto sotto ruvidi panni di gente rusticana e selvaggia. Documento, niente essere la nobiltà del sangue, quando lo splendore e le ricchezze da lei si dipartono.

CAPITOLO IV
Il Principato beneventano passa interamente sotto la dominazione de' Normanni, e la città di Benevento alla Chiesa romana

Il discacciamento del Principe Gisulfo da Salerno e da Amalfi, diede a Gregorio VII molto da temere per l'ingrandimento, che in conseguenza vedeva ne' Principi normanni; ma sopra tutto desiderando di riporre Gisulfo, cui tanto amava, nella sede donde ne era stato discacciato, perchè in questa maniera potesse bilanciar le forze di questi Principi, aspettava opportunità di farlo. Fu ancora più volte istigato di metter su un altro partito contro Roberto, e di proteggere i suoi nepoti discacciati; ma non tardò guari che l'istesso Roberto insieme con Riccardo gli aprirono una ben larga strada alle contenzioni e brighe. Non erano questi Principi soddisfatti d'aver cacciato Gisulfo da Salerno, ma vedendo che questi avea sotto Gregorio trovato nella Campagna romana ricovero, pensarono inseguirlo fin dove era, e con tal occasione invadere la Campagna; laonde spinsero incontanente verso quella volta le loro truppe, ed occuparono parte della Marca d'Ancona316. Ma da che in Roma ebbesi la novella, ch'egli e Riccardo s'avanzavano nelle terre della Chiesa, Gregorio che sopra tutti i Pontefici non era per sofferire un simil affronto, e che non aspettava altro che questo per dichiararsi loro inimico, ragunato in Roma un Concilio con pubblica cerimonia e solennità scomunicò questi due Principi, e' loro aderenti317. Ma scorgendo ch'essi non molto curavansi di questi fulmini, adoperò nell'istesso tempo un mezzo più efficace: egli inviò contra di essi una buona armata, che fece loro tosto voltar cammino. Il Duca ed il Principe per non perder occasione di proccurarsi in altri luoghi altre conquiste, vennero nell'istesso tempo a portar l'assedio alla città di Benevento ed a Napoli. Il Duca strinse Benevento, ed il Principe Napoli.

La città di Benevento insino a questi tempi era stata governata da Landolfo VI. Questo Principe ancorchè avesse generati molti figliuoli, nulladimanco fu al Mondo padre infelice, poichè pianse la loro morte esso vivente. Pandolfo ch'egli avea al Principato associato, fu nell'anno 1074 ucciso da' Normanni presso Montesarchio: onde sopravvivendo a quest'unico figliuolo ch'eragli rimaso, tenne il Principato sino all'anno 1077, ma essendo già d'età grave e cadente, dopo aver regnato in Benevento 39 anni finì i giorni suoi in quest'anno 1077, nè lasciando di se altra prole, mancò in lui la successione de' Principi di Benevento. Ecco il periodo di questo Principato; e vedi intanto l'instabile condizione delle cose mondane. Questo Principato che sopra tutti gli altri stese i suoi confini, e che in tempo d'Arechi abbracciava quasi tutto ciò, che al presente è Regno di Napoli, ora s'estingue affatto, il quale infortunio non ebbero gli altri Principati di Capua e di Salerno; poichè sebbene in questi mancassero i Principi longobardi, non però s'estinsero i Principati, ma passati sotto i Normanni, si mantennero lungamente, e Ruggiero ancorchè riducesse queste province in forma di Regno, non perciò l'estinse, assumendo fra gli altri titoli anche quelli di Principe di Capua e di Salerno, e ne onorò anche i suoi figliuoli. Ma quello di Benevento mancò all'intutto; poichè ricaduta la città in potere del romano Pontefice, l'altre terre e città del Principato passarono sotto la dominazione de' Normanni, che all'altre province da essi conquistate l'aggiunsero: e quindi è che ne' loro titoli non abbiano nemmeno ritenuto quello di Principe di Benevento, come affatto estinto.

Per la morte adunque accaduta di Landolfo VI ultimo Principe di Benevento senza prole, mancando la successione di quel Principe; tosto Gregorio pretese doversi la città restituire alla Chiesa romana. All'incontro Roberto, che molte terre di quel Principato avea occupate, pretese ridurre anche Benevento sotto la sua dominazione, come avea fatto di quelle terre le quali riconoscevano per loro capo Benevento. Perciò dando il pensiero a Riccardo Principe di Capua dell'assedio di Napoli, egli a quello di Benevento fu tutto rivolto. Ma queste due città, quella di Benevento per l'opera e vigilanza di Gregorio, l'altra di Napoli per lo valore de' suoi cittadini, difendendosi valorosamente, portarono in lungo gli assedj.

Intanto ammalossi Riccardo, il quale avendosi proccurata la grazia di Gregorio, assoluto da costui delle censure, poco da poi ne morì. Giordano suo figliuolo, che gli successe, nudrendo diversi sentimenti da suo padre, levò tosto l'assedio da Napoli, e staccatosi dalla lega che suo padre avea fatta con Guiscardo, s'unì col Papa. Roberto ancora avendo lasciato alquante truppe all'assedio di Benevento, erasi ritirato in Calabria; onde Giordano per l'assenza sua, unitosi col Papa, portò tanto innanzi la cosa, che ricevuta da' Beneventani grossa somma di denaro, fece togliere immantenente l'assedio da quella città, mandando a terra tutti gli ordegni e macchine, che il Duca Roberto avea apparecchiate per ridurre quella città nelle sue mani.

Tanto bastò, che Roberto fortemente sdegnato dei portamenti di Giordano, tornasse tosto dalla Calabria in Puglia, ove ridotte Ascoli, Monte Vico ed Ariano, andò contro il Principe sopra il fiume Sarno per presentargli battaglia; e sarebbero fra di loro venuti alle mani, se l'Abate Desiderio non si fosse frapposto per la pace, il quale seppe con tanta efficacia e destrezza placare l'animo sdegnato di Roberto, che lo piegò a farla, rimanendo questi Principi come prima nella stessa amicizia318. Proccurò ancora Desiderio, che Roberto si rappacificasse con Papa Gregorio, e seppe così ben portarsi che andato in Roma proccurò che fosse dal Papa assoluto dalla scomunica, siccome ottenne, ed ebbe la gloria di por pace tra questi Principi nell'istesso tempo che le gare e discordie loro s'eran esacerbate in maniera, che si temeva non dovessero prorompere in più crudeli guerre.

Così i Normanni pacificati col Papa ottennero da lui l'assoluzione delle censure, ed all'incontro Roberto ridotte le terre di Monticulo, Carbonara, Pietrapalumbo, Monteverde, Genziano e Spinazzola, sotto il suo dominio, più non curò di rinovare l'assedio alla città di Benevento; ma lasciatala così libera a Gregorio come la pretendeva, dall'ora cominciò questa città a reggersi per la Chiesa romana, la quale introducendovi nuova politia, per Rettori, che per lo più erano Cardinali, si governò in appresso319.

Ecco come la città di Benevento passò in dominio della Chiesa romana, prima che queste province fossero ridotte ed unite in forma di Regno; e per questa ragione nell'investiture, che diedero da poi i Papi del Regno di Napoli, si riserbavano la città di Benevento, come quella che non era ivi compresa, ma fuori di quello, ed alla Chiesa romana sottoposta; quindi è che i Beneventani siano reputati come forastieri, e non naturali del Regno.

E vedi intanto come queste nostre province ch'erano a tanti Principi sottoposte si uniscono pian piano insieme nella persona di Roberto, le quali finalmente sotto Ruggiero Conte di Sicilia s'unirono in forma di Reame. Ora niente restava a Roberto di conquistare che il picciolo Ducato di Napoli. Questo Ducato, ancorchè riconoscesse gl'Imperadori d'Oriente per Sovrani, scorgendosi dalle scritture anche di quest'ultimi tempi, che si ponevano i nomi di quegl'Imperadori, come si osserva in quella portata dal Summonte, la quale si legge fatta sotto il nome d'Alessio Comneno; nulladimanco mantenevasi in forma d'una picciola Repubblica retta da' suoi Duchi e Consoli, i quali per la declinazione de' Greci in queste parti, aveano quasi che scossa ogni dipendenza e subordinazione, che prima aveano cogl'Imperadori d'Oriente. Tutto il rimanente era passato già sotto la dominazione de' Normanni: sotto Roberto Guiscardo la Puglia, la Calabria, il Principato di Bari, di Salerno, Amalfi, Sorrento, e le terre del Ducato di Benevento. Sotto Riccardo il Principato di Capua, ed il Ducato di Gaeta; la qual città ancorchè avesse i suoi particolari Duchi, era però subordinata al Principe di Capua.

CAPITOLO V
Litigi, ch'ebbe l'Imperador Errico con Papa Gregorio, il quale ricorre al Duca Roberto, che lo libera dall'armi dell'Imperadore

La pace che Desiderio proccurò tra il Papa ed il Duca Roberto fu sì opportuna per ambedue, che ciascuno ne ricavò per quella molti vantaggi, ma sopra tutto Gregorio, che in altra guisa sarebbesi trovato in angustie più gravi ed insuperabili; poichè certamente senza gli ajuti di Roberto, sarebbe stato da Errico oppresso. Le discordie tra lui e l'Imperadore erano esacerbate in maniera, che prorompendo in manifeste contenzioni, finalmente terminarono in sedizioni, guerre e scismi ostinati. I primi semi di tante discordie furono le impedite investiture, ed il vedersi escluso l'Imperadore nell'elezione del Papa; s'aggiunse ancora il dispetto, che la Contessa Matilda gli fece, per aver donate molte terre e castelli della Liguria, e della Toscana alla Sede Appostolica320. Gregorio all'incontro accagionando Errico, che per denaro, e con privata autorità investiva i Vescovi ed Abati, lo riprese prima acremente, ma da poi nell'anno 1076 venne alle censure. Errico essendo stato ancora offeso per una superba ambasceria, che Gregorio gli avea mandata, fece tosto ragunar un Concilio in Vormazia, nel quale accusato Gregorio di molti delitti ed enormità, fu deposto; da poi mandò egli in Roma i suoi Ambasciadori con lettere piene di disprezzo e di contumelia, per le quali se gli notificava di dover deporre il Ponteficato. All'incontro Gregorio ragunato in Roma un altro Concilio scomunicò tutti i Vescovi, che alla sua deposizione in Vormazia avean consentito: depose Errico del Regno di Germania e di quello d'Italia, ed assolse tutti i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà, che gli avean dato, proibendo loro di prestargli più ubbidienza, ed esortando tutti i Principi a prendere l'armi contro Errico. I Principi d'Alemagna considerando, che per la guerra che i Sassoni allora aveano mossa ad Errico, non era punto tempo da nudrire queste contese, persuasero all'Imperadore di proccurar la pace col Papa, e nell'istesso tempo proccurarono, che il Papa venisse in Alemagna, ove si sarebbero riconciliati, e accordato il tutto. Simulò Gregorio di volervi andare, ma essendo giunto a Vercelli, ritirossi a Canossa ch'era un castello posto nel distretto di Reggio. Errico premuto da' Sassoni voleva ad ogni suo costo aver pace col Papa, onde tosto passando l'Alpi venne ivi a trovarlo, e chiedergli perdono321. Gregorio non volle prima ammetterlo; ma dopa averlo fatto per tre giorni aspettare scalzo alla porta di quel castello, essendosi interposti li familiari del Papa, e' Principi dell'Imperio, finalmente gli concedette il perdono.

Ma comprendendo, che per la sua acerbità, Errico maggiormente si sarebbe irritato, ed avendogli ancora Matilda avvertito, che l'Imperadore gli tendeva insidie per averlo in sue mani, tosto se ne tornò in Roma, ove nell'anno 1080, con maggiore celebrità, di nuovo scomunicollo, lo depose della Corona dell'Imperio, sciolse i suoi vassalli dal giuramento, vietò a tutti i Cristiani il prestargli ubbidienza: e diede il Regno di Alemagna a Rodolfo Duca di Suevia, esortando tutti i Principi di Germania ad eleggerlo Imperadore. Quando Errico riseppe che i Sassoni aveano eletto Rodolfo Imperadore per opporlo a lui, lasciò l'Italia, e passato in Francia presentò a Rodolfo la battaglia; pugnossi la prima volta ferocemente da ambedue, e fu fatta strage infinita, ma non bastando il tempo, si riserbò ad un'altra giornata: si tornò a combattere, e finalmente cedendo la parte di Rodolfo, venne fatto ad Errico di disfarlo. Restò in questa pugna Rodolfo miseramente ucciso, il quale in presenza de' suoi Capitani mostrando la sua mano tutta bruttata di sangue per le ferite, avanti di morire sì gli disse322: Vedete questa mia mano tutta bruttata di sangue; con questa io giurai al mio Signore Errico di non insidiare alla sua vita, ed alla sua gloria; ma il Pontefice romano mi ridusse a trasgredire i giuramenti dati, e ad usurparmi quell'onore che a me non era dovuto. Qual fine io n'abbia conseguito voi già il vedete: lo vedranno ancora quelli che m'hanno istigato a questo.

Errico, sconfitto il suo rivale, memore degli oltraggi ed ingiurie ricevute da Gregorio, tosto ritornò in Italia; ed avendo fatto convocare prima in Magonza, e da poi in Breslavia un Concilio di Vescovi, fece deporre Gregorio, ed in suo luogo eleggere per Papa l'Arcivescovo di Ravenna, che Clemente III appellossi: indi calando in Roma con una potente armata, discacciato Gregorio, collocò Clemente in quella sede323, dal quale volle anche ricevere la Corona imperiale. Gregorio intanto erasi ritirato nel castello di S. Angelo co' suoi, ove non potendo ricevere aiuto da' Romani, nè volendo altri soccorrerlo, essendo le forze dell'Imperadore pur troppo grandi, può credersi in quanta costernazione vivesse. S'aggiungeva ancora che Giordano Principe di Capua co' suoi Normanni, temendo che Errico da formidabili eserciti circondato non gli discacciasse dal Principato, proccurarono unirsi con lui contro Gregorio324, onde le cose del Papa erano ridotte in istato pur troppo lagrimevole.

Non vi restava altro, che il ricorrere agli aiuti del famoso Roberto. Ma questi trovavasi molto lontano per soccorrerlo. Avea questo Principe ne' precedenti anni collocata in matrimonio una delle sue figliuole chiamata Elena, col figliuolo dell'Imperador Michele Ducas, appellato Costantino, Principe di tanta bellezza e sì ben disposto, che la Principessa Anna Comnena non fa punto di difficoltà di chiamarlo una principale opera della mano di Dio. Costei ancora non può trattenere il suo sdegno contro dell'Imperador Michele, per aver dato un figliuolo sì bello alla figliuola d'un uomo come Roberto, cui ella tratta, secondo il fasto ed alterigia de' Greci, qual miserabile ladrone, ed indegno d'imparentarsi con gl'Imperadori d'Oriente; ma Elena infelice Principessa era caduta pochi anni da poi in uno strano eccesso di miseria; poichè Niceforo Botoniate avendo discacciato Michele dall'Imperio d'Oriente, avea confinata tutta la sua famiglia in un monastero, e con inaudita inumanità avea fatto castrare Costantino marito della Principessa Elena. Un'ingiuria sì crudele ridondava in molto disprezzo ancora del Duca Roberto, il quale non poteva far di manco di non sentirla; ma d'altronde riguardava con occulto piacere l'occasione di portare le sue armi in Oriente.

Per la qual cosa egli ascoltò benignamente un Greco, che comparve alla sua Corte, e si spacciava per l'Imperadore Michele stesso, il quale per dar credenza all'impostura, minutamente narrava il modo, col quale era scappato via dal monastero, in cui era stato racchiuso in odio solamente, come e' diceva, dell'alleanza che avea contratta co' Normanni. Il Duca fece fare a questo personaggio onori straordinari, come se effettivamente fosse stato l'Imperadore325; contuttochè molti Signori, ch'erano stati a Costantinopoli, ed aveano veduto Michele, confessavano che non lo ravvisavano per desso, o che bisognava che fosse molto cangiato. Ma Guiscardo non voleva entrar in questo dibattimento, se questi fosse il vero, o il falso Michele: tutto eragli una cosa per giugnere al suo intento. Egli pretendeva solamente ricondurlo a Costantinopoli alla testa d'un'armata, e di restituirlo al Trono imperiale, disegnando forse d'innalzarvisi egli medesimo, se si trovasse che questi non fosse il vero Michele. In fatti non si dubitò, che fosse un giuoco per allettare più facilmente i Greci, e per aver un pretesto più plausibile d'intrigarsi negli affari dell'Imperio d'Oriente: qualunque si fosse il supposto Michele, che Anna Comnena dice essere stato un Monaco greco, appellato Rettore, non lasciò Roberto di profittare del carattere, che gli fece sostenere.

Ma mentre che il Duca avea apparecchiato tutto ciò, ch'era necessario per una spedizione tanto importante, ebbe avviso, che in Costantinopoli era nata una nuova revoluzione, che avea messo fuori la Principessa Elena dallo stato miserabile, in cui ella prima si trovava; poichè Alessio Comneno essendo stato poc'anzi dalle Legioni proclamato Imperadore in Tracia avea deposto dal trono, e fatto tosare Niceforo Botoniate; ed egli era entrato trionfante in Costantinopoli ove avendo fatto uscire dal monastero la Principessa Elena la trattava con grand onore, disegnando così guadagnarsi il Duca Roberto, cui grandemente stimava e vie più temeva, che non gli contrastasse sì be' principj.

Ma tutto ciò non bastava per arrestare i disegni di Roberto, il quale avendo già tutto all'ordine per quella spedizione, non volle perder tempo a darvi principio; ond'essendosi a tal effetto portato in Otranto, ove dovea imbarcarsi con tutta la sua armata, provide prima al governo de' suoi Stati ch'e' lasciava in Italia. Lasciò il governo de' medesimi nelle mani di Ruggiero soprannomato Bursa suo figliuolo secondogenito, che egli avea generato da Sigelgaita sua seconda moglie, dichiarandolo erede in presenza del Popolo del Ducato di Puglia, di Calabria e di Sicilia326. Questi era un Principe di tutto garbo, e di estremo valore; e gli lasciò per Ministri il Conte Roberto di Loritello suo nipote ed il Conte Girardo persona di somma esperienza, e di conosciuta integrità.

Egli s'imbarcò insieme colla Duchessa Sigelgaita, che volle seguire suo marito come un'Eroina alla testa delle sue truppe. Portò seco ancora il valoroso Boemondo suo figliuolo avuto dalla prima moglie Adelgrita, ed alquanti Baroni normanni. Giunti che furono nell'anno 1081 nell'isola di Corfù cominciarono ad invadere quelle Piazze per ridurre quell'isola sotto la loro dominazione: Alessio Imperadore avvisato della mossa di Roberto, tosto fece apparecchiar un'armata per reprimerlo; e quindi cominciò fra questi due Principi una guerra sì crudele, che ebbe avvenimenti sì grandi che spinsero la Principessa Anna Comnena figliuola dell'Imperadore Alessio a tesserne l'istoria, nella quale, con tutto che cercasse ingrandire le gesta di suo padre, non potè però parlare di Roberto, se non con elogi d'estremo valore e fortezza. E condennandomi il mio istituto a tralasciare sì illustri avvenimenti, rimetto i curiosi all'istoria di questa Principessa, ed a ciò che Malaterra e Guglielmo Pugliese ne scrissero. In breve dopo aver Roberto espugnata la città di Durazzo si rese padrone di quell'isola, ed aspirando a cose maggiori, spinse da poi le sue conquiste nella Bulgaria, facendo tremare tutto quel paese del suo nome fino alle porte di Costantinopoli.

Mentre che questo glorioso Eroe era intrigato in questa guerra con Alessio Comneno, ebbe pressanti e calde lettere dal Pontefice Gregorio327, il quale nell'istesso tempo, che si rallegrava delle sue vittorie che riportava in Oriente, gli esponeva l'urgente bisogno che avea la Sede Appostolica del suo soccorso, e lo stato lagrimevole in cui trovavansi per le forze d'Errico. Il Duca era stato fin da che partì da Otranto avvisato de' sforzi d'Errico, il quale non essendo ancor partito da quella città, gli avea mandati Ambasciadori per tirarlo dalla sua parte; ma Roberto rimandatine tosto gli Ambasciadori, n'avea anche avvisato il Papa, con sentimenti sì obbliganti, sino a dichiararsi, che se non fosse già seguito l'imbarco delle sue truppe, l'avrebbe egli medesimo condotte alla volta di Roma; ma con tutto che lo stato de' suoi affari lo chiamassero necessariamente altrove, non perciò lasciava di raccomandar gl'interessi della Santa Sede al Conte Roberto suo nipote, ed al Conte Girardo suo grande amico328.

Ma ora ch'erasi disbrigato dalla conquista di Corfù, e che in Bulgaria avea portate le sue vittoriose armi, avendo intesa l'urgenza del bisogno, con tutto che si trovasse nel colmo delle sue conquiste, le interruppe per girne a prestar al Papa quell'aiuto, che gli avea promesso: e lasciando il governo della armata al suo figliuolo Boemondo ed al Conte di Brienna, ripassò in Italia sopra due vascelli con un piccolo numero delle sue genti, e venne ad approdare in Otranto.

Per bramoso ch'e' si sentisse di marciare immantinente verso Roma, non potè farlo sì presto, e si contentò mandare al Papa una grossa somma di denaro, aspettando che fossero terminati nella Puglia gli affari, che richiedevano indispensabilmente la sua presenza; poichè alcune città, presa l'opportunità della sua lontananza, aveano proccurato sottrarsi dal suo dominio, e poco dopo la sua partenza da Otranto, gli abitanti di Troia e d'Ascoli, aveano incominciato i primi ad ammutinarsi, ricusando di pagar i tributi al suo figliuolo Ruggiero, ed alcune altre città, e molti Baroni aveano seguitato questo malvagio esempio, e nel tempo medesimo ch'egli sbarcava in Otranto, Goffredo Conte di Conversano andava ad assediare la città d'Oria. Ma appena vi giunse il Duca, che dissipò gli Assalitori, i quali abbandonando l'impresa si diedero alla fuga. Colla stessa facilità, colla quale fece togliere l'assedio d'Oria, punì la città di Canne, distruggendola interamente, per essersi ammutinata con più ostinazione dell'altre. Queste gloriose spedizioni acchetarono ne' suoi Stati tutti i movimenti sediziosi, che dianzi erano surti.

Nulla più avrebbe impedito d'andare a Roma, se non Giordano Principe di Capua. Questo Principe, avendo, come si disse, preso il partito d'Errico contro del Papa, signoreggiava la Campagna colle sue truppe, onde bisognava a Roberto, per passare in Roma, di toglier quest'ostacolo: ma questo valoroso Campione non solo fugò le nemiche truppe, ma portò l'assedio alla città d'Aversa per ridurla nelle sue mani. Giordano però difese la Piazza valorosamente; onde Roberto vedendo che non così presto poteva sperarsene la resa, sollecitando il Papa il soccorso, abbandonò l'assedio, ed in Roma portossi, ove trovò Gregorio strettamente assediato nel castello di S. Angelo, nell'istesso tempo che l'Imperadore e 'l suo Antipapa facevano tranquillo soggiorno nel Palagio di Laterano. Errico che si trovava in Roma con piccolo presidio, pensò uscir dalla città; Roberto all'incontro cinse Roma colla sua armata, e accostatosi sul bel mattino alla Porta di S. Lorenzo, che vide esser men guardata delle altre, fece appoggiar le scale alle mura, e montandovi sopra, aprì immantenente a tutta l'armata le porte. Ella passò senza difficoltà per le strade di Roma, e giunta al castel di S. Angelo, cavò fuori il Papa, e lo condusse onorevolmente al Palagio di Laterano329.

I Romani del partito d'Errico restarono sorpresi d'una così valorosa azione; e quantunque da poi ripreso un poco di coraggio, avessero proccurato di ordire contro i Normanni una congiura, tosto Roberto v'accorse, e la ripresse in guisa, che i Romani costernati, risolvettero cercar pace al Papa, che loro la concedette.

310.Malat. lib. 3 cap. 2.
311.Gul. Appul. lib. 3.
312.Paul. Diacon. l. 3 c. 45.
313.Malat. lib. 3 cap. 4.
314.Pellegr. in Stemm. Princ. Salernit.
315.Pellegr. in Stemm.
316.Paul. Diac. l. 3 c. 45.
317.Baron. in fin. lib. Epist. Gregorii VII. Celebravit Synodum Romae, in qua excommunicavit Robertum Guiscardum Ducem Apuliae, et Calabriae, et Siciliae cum omnibus fautoribus ejus.
318.Petr. Diac. Auct. l. 3 c. 45.
319.Anon. in Chr. Duc. et Princ. Ben. n. 15 apud Pellegr. Post cujus Principis obitum, recta est Civitas per Romanam Ecclesiam.
320.Auctuar. P. Diac. in Ostiens. l. 3 c. 49.
321.Auctuar. P. Diac. l. 3 cap. 49.
322.Hemoldus Chronici Sclavorum lib. 1 cap. 29.
323.Auctuar. P. Diac. lib. 3 cap. 50 et 53.
324.Auct. P. Diac. lib. 3 cap. 50.
325.Malat. lib. 3. Anna Comnen. lib. 4.
326.Gugl. App. lib. 4.
327.Malat. lib. 3.
328.Gul. Appul. lib. 4. Roberto Comiti committitur, atque Girardo. Alter fratre satus, fidissimus alter amicus.
329.Auct. P. Diac. lib. 3 cap. 53.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
22 ekim 2017
Hacim:
540 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain