Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5», sayfa 12
CAPITOLO I
Cagioni onde Napoli divenisse capo del Regno, e Sede regia
I primi fondamenti della magnificenza e grandezza di questa città, onde con prosperi avvenimenti surse poi a quello stato in cui oggi si vede, furono gettati da Federico II Imperadore. Primieramente lo studio generale, che questo Principe vi fondò, tirò a quella gli scolari non pur di questo Reame, ma anche di Sicilia e d'altre più remote parti. Il non essersi da poi Federico fermato in Palermo, come gli altri Re normanni suoi predecessori, ma avere scorso più città di queste nostre province, ed essersi spesso fermato in Napoli colla sua Gran Corte e con gli altri Ufficiali del Regno, servì anche per scala a tanta altezza; e l'aver ancora in magnifica forma ridotto il Castello capuano, e quel dell'Uovo vi conferì molto.
L'altra cagione di tanta elevatezza furono Innocenzio IV e 'l suo successore Alessandro, i quali in Napoli lungamente colla loro Corte dimorarono; ma coloro, che vi diedero l'ultima mano furono i novelli Re angioini, Carlo I e II, e più la separazione della Sicilia per quel famoso vespero siciliano: donde sursero due Reggie e due Re, cioè l'antico di Sicilia, e 'l nuovo di Napoli. Palermo antica Reggia restò per gli Aragonesi in Sicilia. Napoli nuova Reggia restò per li Franzesi in Puglia e Calabria.
§. I. Edificj
Cominciò prima Carlo ad ampliarla con magnifici e superbi edificj: non ben soddisfatto del Castel capuano fatto alla tedesca, appena sconfitto Manfredi, ed entrato con trionfi e plausi in questa città, che fece edificar il Castel Nuovo, dove è oggi, al modello franzese, per farlo abile a ricever soccorso per mare, ed a difendere il porto, riputato allora una delle opere più notabili d'Italia, ingrandito poi e reso più forte ed inespugnabile dagli altri Re suoi successori. Narrasi ancora, che nell'antico Molo di questa città per maggior sicurtà de' vascelli e per maggior difesa di questo castello vi avesse fatta edificare quella Torre, che ancora oggi ritiene il nome di S. Vincenzo, per Chiesetta, che in questo luogo v'era dedicata a quel Santo.
L'adornò anche di magnifiche chiese e monasterj, ed una chiesa de' Frati di S. Francesco, che era in quel luogo ove edificò il Castel Nuovo, la trasferì, come si disse, dove è oggi Santa Maria della Nuova in forma più magnifica, e vi fece un comodo monastero capace di molti Frati Minori, il di cui numero ne' seguenti anni fu notabilmente accresciuto. L'antico palazzo della napoletana Repubblica, ove solevano convenire per pubblici affari il Popolo e la Nobiltà, per tenergli divisi, proccurò che si disfacesse, e fecevi edificare quella magnifica chiesa che ritiene ancora il nome di S. Lorenzo, (che poi Carlo II suo figliuolo ridusse in più ampia forma) a cui unì un ben grande convento di S. Francesco.
L'antico Duomo di Napoli, che prima era la chiesa di S. Restituta, lo cominciò in altra più grande e magnifica forma a ristorare, ciò che non potendo perfezionare, Carlo II poi lo fece riedificare nella forma che oggi si vede, benchè nell'anno 1456 per un gran tremuoto cadde, e fu in quella guisa che stava prima ristorato dal Re Ferrante I d'Aragona e da molti altri signori del Regno, che tolsero ognuno da per se una parte a ristorare, de' quali si vedono oggi l'insegne sopra i pilastri.
L'esempio del Principe mosse anche i suoi famigliari e domestici a far il medesimo, i quali d'altre Chiese l'adornarono; ma sopra tutti si distinsero tre Franzesi che si crede fossero stati tre cuochi del Re Carlo, i quali ottenuto dal medesimo nell'anno 1270 per donazione quel luogo, v'edificarono un ben grande Ospidale e una chiesa dedicata a tre Santi Vescovi Eligio, Martino e Dionigi: che in decorso di tempo si è resa una delle opere più notabili della pietà cristiana.
Fece ancora delle pietre quadrate, ch'erano per le ruine della via Appia, lastricare in bella forma le strade della città, e rifare le mura della medesima in miglior modo di prima. E per renderla più abbondante di viveri e di traffichi, fece quel gran mercato, che oggi si vede, in luogo più ampio e capace, poichè allora era fuori della città257; onde Napoli ebbe due mercati, questo nuovo fatto da Carlo, ove fu decapitato l'infelice Corradino, ed il mercato vecchio che era prima vicino alla chiesa di S. Lorenzo.
§. II. Ristoramento degli Studj
Imitando questo Principe le vestigia di Federico II per render più rinomata ed illustre questa città, ampliò lo Studio generale da Federico fondato, e l'arricchì di molte altre prerogative e privilegi. Re Roberto suo nipote tra' suoi Capitoli, che aggiunse a quelli fatti dall'avo e dal padre, rapporta un ampio privilegio a quest'Accademia conceduto da Carlo nel primo anno del suo Regno 1266 che fu istromentato da Roberto da Bari suo Protonotario in Nocera, nel quale mostra essergli stato sommamente a cuore la grandezza e decoro di questa Accademia258. Perciocchè per maggiormente privilegiare i Dottori e gli scolari di quello, costituisce loro un proprio e particolare Giustiziero, avanti di cui ordina, che tutte le loro cause civili o criminali, attori o rei che fossero, debbano agitarsi; nè che possano esser tirati a piatire altrove avanti altro Giudice o Tribunale, se non se volessero a loro arbitrio per via di compromesso andare avanti l'Arcivescovo della città, ovvero ad un Dottore dell'istessa Accademia, affinchè determinassero le loro cause. Stabilì per ciò al Giustiziero, se sarà napoletano, 20 once d'oro l'anno per sua provisione, e se sarà forastiero 30. Ed il Summonte da' libri dell'Archivio dell'anno 1269 rapporta, che fu da Carlo costituito in quell'anno per Giustiziero Landolfo Caracciolo con 20 once d'oro l'anno per suo salario. Statuì a questo Giustiziero per la retta amministrazione della giustizia tre assessori: uno oltramontano da eleggersi dagli scolari oltramontani, che venivano quivi a studiare; l'altro Italiano, che doveasi eleggere per gli scolari d'Italia; ed il terzo Regnicolo, la di cui elezione apparteneva ai scolari del Regno; li quali dovevano da tre in tre mesi successivamente mutarsi.
Diede anche facoltà a questo Giustiziero (acciocchè gli studenti non fossero defraudati del prezzo de' commestibili) che coi consiglj degli Assessori e dei Dottori e maestri degli scolari mettesse egli l'assisa alle cose venali, moderata però e giusta, affinchè non riuscisse grave ed iniqua a venditori e compratori. Che potessero anche costituire, col consenso degli scolari, uomini probi, i quali dovessero assignare a' scolari gli ospizi e stabilire la giusta mercede per li medesimi e per le case, che serviranno per l'abitazione de' medesimi. Perchè non fossero distratti da' loro studj, proibì a tutti gli Ufficiali della sua Corte di non gravare i medesimi d'angarìe, esazioni, servigi personali, anche se la sua Corte medesima o la città ne avesser bisogno. Nè che i Baglivi ed altri Ufficiali esigessero per le Merci e robe, che saranno a' scolari mandate per loro sostentamento o necessità, dritto alcuno di pedatico, fondaco o dogana, esimendogli affatto dalla loro giurisdizione e potestà.
Finalmente invita tutte le Nazioni a mandar i loro giovani a studiare in Napoli, a' quali sarà libero e sicuro l'accesso, e 'l recesso a loro arbitrio e volontà, e saranno benignamente accolti, e liberalmente protetti e favoriti dal presidio e regal munificenza. Della Corte di questo Giustiziero degli Scolari istituita da Carlo l fassi anche memoria nel Regal Archivio; e ne' Registri di Carlo II si leggono altri Giustizieri, come Marino del Duca Giustiziero degli Scolari, e da poi Pietro Piscicello, detto Ortante, e dopo costui Gualtiero Caputo di Napoli Milite; e finalmente Matteo Dentice Milite. Ed il Summonte rapporta, che dalle carte di que' registri si vede, che l'assisa de' pesci e delle altre cose commestibili conceduta da Carlo I, e poi confermata da Carlo II suo figliuolo allo Studio di Napoli, si faceva nella Chiesa di S. Andrea a Nido, insieme col Giustiziero, Dottori e Studenti, conforme al solito259; di che ora n'è pur a noi rimaso vestigio; poichè sebbene l'Ufficio del Giustiziero degli Scolari si vegga a' tempi nostri molto ristrettamente passato nel Cappellan Maggiore, il quale come Prefetto degli studj tiene giurisdizione, ma molto ristretta e differente da quella, che teneva il Giustiziero, stendendosi solamente sopra gli Scolari delinquenti nello Studio: e la potestà di metter l'assise fosse rimasa al Giustiziero, ed a' suoi Catapani, con giurisdizione molto differente dall'antica, e ristretta solo sopra i venditori delle cose commestibili260 nulladimanco dura ancor ora, che gli emolumenti della Catapania per tre mesi dell'anno si appartengano al Lettor primario di Legge civile di quest'Università, il quale senza nuova provvisione, gode di quegli emolumenti, come attaccati e dependenti dalla cattedra primaria del jus civile.
Perchè ancora questo Studio fosse più florido e numeroso, invitò i più insigni Dottori forastieri de' suoi tempi con grossi stipendi, perchè venissero ad istruire la gioventù di buone lettere e discipline. Fioriva a questi tempi lo Studio di Bologna, e fra gli altri Professori era rinomato per la legge civile Giacomo Belviso. Fu costui invitato da Carlo a venir in Napoli ad insegnare jus civile, con stabilirgli di salario cinquanta once d'oro l'anno. Invitò ancora nell'anno 1269 per la legge canonica Maestro Girardo de Cumis, con salario di 20 once d'oro. Per la teologia Maestro Tommaso d'Aquino Frate Domenicano, colui che adoriamo ora per Santo, con salario di un'oncia d'oro il mese. E per leggere medicina Maestro Filippo de Castrocoeli, con salario d'once dodici d'oro l'anno261. Le di cui vestigia, come diremo, furono da poi calcate da Carlo II e da Roberto suoi successori.
Questo ristabilimento dell'Accademia napoletana (la quale dopo la morte di Federico per le continue guerre, che durarono per più di venti anni, era alquanto decaduta da quello splendore, nel quale Federico lasciolla) fu pure una delle cagioni fortissime perchè Napoli si rendesse più numerosa di gente concorsavi da paesi vicini e lontani, e perchè s'inalzasse sopra tutte l'altre città del Regno.
L'aver ancora Carlo deliberato di non trasferire la sua sede regia in Palermo, siccome i predecessori Re normanni e svevi fecero, fu poi la principal cagione dell'ingrandimento di Napoli. Riputò questo Principe Palermo, come città lontana, esser men adatta per poter accorrere a' bisogni del Pontefice e de' Guelfi in Italia, e per non allontanarsi tanto dagli altri suoi Stati di Provenza e di Francia, colla quale tenne continuo e stretto commercio; di che a torto si lagnavano i Siciliani, non altrimenti che a torto si dolevano i Romani d'Onorio, il quale per reprimere l'inondazioni de' Barbari, che per quella parte venivano ad infestar l'Italia, traslatò la sua sede da Roma, e la collocò prima in Milano e poi a Ravenna. Fermossi per ciò Carlo in Napoli; e se bene non sempre quivi dimorasse, avendo sovente dovuto ricorrere per li bisogni del Reame, e per renderlo più quieto e pacato sotto la sua ubbidienza, ora in una città, ora in un'altra, siccome si vede dalle date de' suoi Diplomi, ed anche de' suoi Capitoli, li quali si leggono istromentati ora in Nocera, ora in Trani, Foggia, Aversa, Venosa, Brindisi ed altrove; non è però, che in Napoli col Principe di Salerno suo figliuolo primogenito e successore del Regno, non facesse la sua maggior dimora con gli Ufficiali della Corona e della sua Corte, ed attendesse ad ingrandirla e ad adornarla di tanti seggi che non fece a niun'altra città del Regno.
Questa sua dimora in Napoli, e l'aver insieme adornata la sua regal persona di molte altre illustri prerogative, come d'aversi reso tributario il Regno di Tunisi, e fregiato del titolo di Re di Gerusalemme, quanto più estolsero la sua regal persona, altrettanto ingrandirono Napoli sua Sede regia.
CAPITOLO II
Carlo si rende tributario il Regno di Tunisi; e per la cessione di Maria figliuola del Principe d'Antiochia diviene Re di Gerusalemme
Luigi Re di Francia, fratello di Carlo, essendo passato nella fine dell'anno 1270 in Affrica contra Infedeli, e tenendo assediato Tunisi, oppresso il suo esercito da peste, stava in pericolo d'esser rotto da' Mori e d'esser fatto prigioniero co' suoi figliuoli, ch'erano con lui262. Carlo, avuta tal nuova, fu costretto dal debito del sangue e dall'obbligo, che avea a quel buon Re, che l'avea aiutato ad acquistare due Regni, di ponersi sopra l'armata, che avea apparecchiata per passare in Grecia, ed andar subito a Tunisi263; dove trovò l'esercito franzese cotanto estenuato, che parve miracolo di Dio, che i Mori non l'avessero assaltato e dissipato; e trovò il Re che all'estremo di sua vita, stava nel punto di render l'anima a Dio, come la rese. Quanto fosse il suo arrivo caro a' figliuoli del Re ed a tutto l'esercito, non è da dimandare, perchè a quel tempo medesimo venne un numero infinito d'Arabi, con disegno non tanto di soccorrere il Re di Tunisi, quanto di saccheggiare le ricchezze del Re di Francia, e del Re di Navarra e di tanti altri Principi, ch'erano seco venuti a quella impresa, ma poichè videro l'esercito Cristiano accresciuto d'un tal soccorso, se ne tornarono a' loro paesi; ed il Re di Tunisi, ch'aspettava d'ora in ora, che gli Arabi in quel modo lo liberassero dall'assedio, uscito da tal speranza, mandò Ambasciadori al Re Carlo per la pace: Carlo temendo, che la peste non s'incrudelisse ancora co' suoi, come avea consumato l'esercito di Re Luigi; e vedendo ancora Filippo suo nipote, nuovo Re di Francia, desideroso d'andare a coronarsi, entrò con gli Ambasciadori del Re di Tunisi nella pratica della pace, la quale fra brevi dì si conchiuse con questi patti: che si pagasse al nuovo Re di Francia una gran quantità d'oro per la spesa, ch'avea fatta nel passaggio: che si liberassero tutti i prigioni Cristiani, ch'erano nel Regno di Tunisi: che potessero i Cristiani liberamente praticare con mercatanzie in Affrica: che si potessero ivi edificare Chiese e Monasterj e predicarsi il sacro Evangelio di Cristo senza impedimento: e che 'l Re di Tunisi e suoi successori restassero tributari al Re Carlo ed a' discendenti di lui, di ventimila doble d'oro. Tributo che da' Re di Tunisi altrevolte s'era pagato a' Re di Sicilia, come al Re Ruggiero e Guglielmo normanni. Tutini da' regj archivi trascrive una carta, ove sta notato quanto importasse l'anno questo tributo, il di cui tenore è tale: Tributum Tunesi debitum Regi Siciliae, anno quolibet est Bisantinorum triginta quatuor millia, tercentum triginta tribus, quorum Bisantinorum quodlibet valet tarenos auri duos, et dimidium; et sic reductis ipsis Bisantiis ad tarenum aureum, sunt tarenum, triginta tria millia, triginta tribus, quibus tarenis reductis in uncias auri, sunt unciae duo millia, octuaginta, triginta tribus. Collecta igitur Bisantinorum dictorum summa per tribus annis, pro quibus tributum ipsum debetur dicto Regi, ascendit ad Bisantinorum centum millia. Summa dictorum tarenorum, pro eisdem tribus annis, unciarum octo millia trecenta tribus unum264.
§. I. Carlo per la cessione di Maria figliuola del Principe d'Antiochia diviene Re di Gerusalemme
Venuto l'anno 1275 Papa Gregorio senza aver fatto nulla di quanto avea designato, venne a morte, ed in suo luogo fu eletto Pietro di Tarantasia Borgognone Frate Predicatore, che fu chiamato Innocenzio V. Carlo udita l'elezione d'un Papa franzese riassunse con molta alterigia la dignità sua Senatoria, ed avendo in suo luogo sustituito Giacomo Cantelmo, che altre volte ivi era stato suo Vicario, governava Roma a sua voglia, ottenendo per se e per gli amici quello che volea; ma tosto le sue speranze si dispersero, poichè avendo Innocenzio appena pochi mesi retto il Pontificato, finì i giorni suoi. Ed i Cardinali ingelositi della potenza di Carlo, tosto elessero un Papa Italiano, che fu Ottobono del Fiesco genovese nipote d'Innocenzio IV, che Adriano V nomossi. Costui, in quel poco tempo che visse da poi, mostrò gran volontà d'abbassare la potenza di Carlo, che teneva oppressa Italia e Roma, ed avea perciò chiamato l'Imperador Rodolfo. Ma l'esser tosto Adriano mancato, e rifatto Pietro Cardinal Spagnuolo per suo successore, che Giovanni XXII, secondo il Platina, e secondo altri XXI fu nomato, la potenza di Carlo non mancò punto; poichè Giovanni ancor che di santi costumi, ora affatto inabile al governo di tanta macchina; e Carlo, come Senator di Roma governava ed amministrava ogni cosa appartenente al Papato. Per la qual cosa durante il suo Pontificato, e sei mesi dopo la morte di Giovanni che vacò la Sede Appostolica, insino all'elezione di Papa Niccolò III era riputato maggiore, ed il più temuto Re di que' tempi: poichè oltre i due Regni, e le Signorie di Provenza e d'Angiò che possedeva in Francia, avea tributario il Regno di Tunisi; e Tutini aggiunge, che s'era impadronito anche dell'isola di Corfù265; e come tributari avea ancora i Fiorentini, ed a divozione tutte le città Guelfe d'Italia. Disponeva ancora del giovane Re di Francia suo nipote; ma quello, che più lo rendea formidabile, era la quantità di gente di guerra ch'egli nudriva in varie, e diverse parti sotto la disciplina d'espertissimi Capitani. Era ancor potente per forze marittime, le quali erano poco meno di quelle di terra, tenendo nei nostri porti varie armate di mare, numerose di vascelli, sotto il comando d'Errico di Mari genovese suo Grand'Ammiraglio; ed al di lui imperio ubbidiva l'uno e l'altro mare superiore ed inferiore; onde a questi tempi non potevano certamente i Vinegiani vantarsi del dominio del Mare Adriatico, poichè Carlo era più potente in mare ch'essi non erano; alle di cui forze marittime fidandosi, avea egli intrapreso di scacciar l'Imperador Paleologo dalla Sede di Costantinopoli, e fare altre imprese in Oriente.
Per quello Maria figliuola del Principe d'Antiochia, cui Ugo suo zio Re di Cipri le contrastava il titolo e le ragioni del Regno di Gerusalemme, venne in Roma e ricorse al Papa ed al Re Carlo, perchè volessero aiutarla; ma poichè vide il Papa poco disposto, fu indotta finalmente da Carlo a ceder a lui queste sue ragioni: onde innanzi al Collegio de' Cardinali assegnò e rinunziò al medesimo tutte le ragioni, che avea nel Regno di Gerusalemme, ed il Principato d'Antiochia266, con tutte le solennità, che si richiedevano a cosa di tanta importanza267: onde Papa Giovanni che favoriva il Re, avendo per vere le ragioni di Maria, in quest'anno 1277 coronò Carlo Re di Gerusalemme, e da questo tempo cominciarono gli anni del suo Regno di Gerusalemme.
Carlo avuta tal cessione mandò subito Ruggiero Sanseverino a pigliare il possesso di tutte le terre che Maria possedeva, e ad apparecchiare di ricovrar l'altre: ed in un medesimo tempo ordinò un apparato grandissimo di guerra di infinite galee ed altri legni, con numerose genti, per l'impresa non meno di Costantinopoli che di Gerusalemme.
Le ragioni di Maria sopra il Reame di Gerusalemme venivano a lei per la sua madre Melisina quarto genita, che fu di Isabella sorella di Balduino IV Re di Gerusalemme. Lasciò Isabella, dal suo primo marito Corrado di Monferrato, come nel XVI libro fu narrato, quattro femmine: la primogenita Maria fu madre di Jole seconda moglie dell'Imperador Federico, al quale il titolo e le ragioni di Gerusalemme furono date in dote: perciò Federico, Corrado suo figliuolo e Corradino si valsero del titolo di Re di Gerusalemme. Per la morte di Corradino ultimo del sangue Svevo senza successori, essendo estinte queste ragioni in quella linea, pretendeva Maria come figliuola di Melisina che s'appartenessero a lei.
La secondogenita d'Isabella fu Alisia. Costei si casò con Ugo Re di Cipro. Pretese questi per le ragioni di sua moglie, estinta la linea della primogenita nella persona di Corradino, di poter egli intitolarsi Re di Gerusalemme, siccome fece; ma per parte di Maria d'Antiochia, si diceva che anche queste ragioni d'Alisia fossero estinte, poichè il Re Almerico di Cipro, altro marito della Regina Isabella, al qual successe il Re Ugo suo figliuolo, procreato con la sua prima moglie e marito dell'Alisia, le avea cedute a Giovanni di Brenna marito di Maria primogenita, siccome scrive il P. Lusignano nella Cronaca de' Re di Cipri.
La terzogenita d'Isabella fu Sibilla. Costei maritata con Livone Re d'Armenia morì senz'eredi; onde restavano solamente le ragioni di Melisina quartogenita madre di Maria, che fece la cessione a Carlo.
Ma questa cessione avea delle gravi difficoltà; poichè veramente non potea dirsi, che le ragioni della secondogenita Alisia fossero estinte per la cessione fatta da Almerico a Giovanni di Brenna; poichè quella cessione non potea pregiudicare a' suoi successori, i quali vengono a succedere in quelle per altra cagione, cioè per le ragioni d'Alisia, alla quale, come figliuola di Isabella, non già d'Almerico s'appartenevano, nè questi cedè altro, che quelle ragioni, che allora le appartenevano, come marito d'Isabella, non già le future, che per altra cagione poteano spettare ad Alisia e suoi descendenti; per la qual cosa saviamente avvertì il P. Lusignano, che questa cessione di Maria fatta a Carlo fu di quelle ragioni, ch'ella non avea, ma che spettavano ad Alisia sua zia moglie del Re Ugo. Ed in effetto, quando Federico II Imperadore fu scomunicato e tornò in Puglia, lasciando la Soria, la vedova Regina di Cipri andò in Soria, ricorrendo agli Ospitalieri e Templari, perchè la mettessero nel possesso del Regno di Gerusalemme, stante che Federico era tornato in Puglia, ed era stato scomunicato: di che gli Ospitalieri e Templari non vollero far nulla, rispondendoli, che volevano aspettar un anno a vedere, se anderebbe in Soria Corrado figliuolo di Federico e di Violante sua moglie, figliuola della sorella maggiore da parte di madre di questa Regina di Cipri: il qual Corrado era più propinquo alla Corona e successione del Regno, siccome narra il Bossio268. Quindi avvenne, che Carlo avvertito da poi della poca sussistenza di queste ragioni di Maria, si convenne con Errico II di tal nome Re di Cipri, che, come scrive P. Lusignano, gliele contrastava. E sebbene Errico rinovasse da poi la contenzione col Re Carlo II d'Angiò per le ragioni dell'ava; nulladimanco così il suddetto Carlo, come tutti gli altri Re Angioini suoi successori, continuarono ad intitolarsi sempre Re di Gerusalemme, come si vede da' loro diplomi e privilegi. Ed il Re Roberto colla Regina Sancia sua moglie, essendo ne' loro tempi dal Soldano angustiati più che mai i Cristiani, che ministravano al Santo Sepolcro, convenne col Soldano, che non si dasse impedimento alcuno a' Cristiani, che ivi erano, con promettergli perciò grosso tributo, somministrando ancora a quelli tutto il bisognevole, perchè non mancassero d'assistere a quel santo luogo269. Parimente la Regina Sancia a sue spese fece edificare nel Monte Sion un convento a' Frati Minori di S. Francesco, e n'ottenne anche Bolla da Papa Clemente VI rapportata dal Wadingo; il qual Autore narra ancora, che la Regina Giovanna I ottenne anche dal Soldano permissione di poter costruire un altro convento a' Frati suddetti di S. Francesco nella Valle di Giosafat somministrando ella le spese, e quanto bisognava per mantenimento di detti Frati270. Donde alcuni fondano il patronato, che tengono i Re di Napoli nel S. Sepolcro, ed in detti luoghi serviti da' Frati Minori di S. Francesco, soccorsi e fondati con tante spese da' loro predecessori, avvalorato anche dalla Bolla di Papa Clemente.
Ma altri ponderando, che il fonte, onde deriva il titolo di Re di Gerusalemme a' Re di Napoli, sia alquanto torbido, volendosi tirare da questa cessione di Maria, per ischermirsi ancora più validamente dalle pretensioni de' Re d'Inghilterra, de' Marchesi di Monferrato (donde tirano le loro ragioni i presenti Duchi di Savoja) e della Signoria di Vinegia, i quali per la successione de' Re di Cipro tutti pretendono questo titolo; scrissero, che a' Re austriaci giustamente s'appartenga per le ragioni di Maria primogenita di Isabella sorella di Balduino IV Re di Gerusalemme, le quali non s'estinsero nella persona di Corradino; poichè gli Scrittori oltramontani ed Italiani tutti concordano, che quando fu mozzo il capo a quell'infelice Principe, investì egli col guanto, e coll'anello di tutti i suoi Regni e ragioni il Re Pietro d'Aragona, al quale s'apparteneva la successione di tutti i Regni e Stati di Corradino, com'erede della famiglia di Svevia a cagione di Costanza figliuola del Re Manfredi; ed al Re Pietro essendo per legittima successione succeduto il Re Federico d'Aragona, ed a costui, i Re austriaci di Spagna suoi successori, meritamente questi se ne sono intitolati Re con maggior giustizia e ragione, che tutti gli altri Competitori.