Kitabı oku: «Il regalo. Del vento tramontano fiabe italiane popolari / Подарок северного ветра. Итальянские народные сказки», sayfa 2
– Se tu fossi viva, ti sposerei,31 – le disse il figlio del Re, ma anche morta non posso staccarmi da te.
Suonò il corno, radunò i suoi cacciatori, e la fece portare a palazzo reale. La fece chiudere in una stanza, senza che la Regina sua madre ne sapesse e passava la giornata in quella stanza, a contemplare la bella morta.
La madre, insospettita, entrò nella stanza all’improvviso.32
– Ah! E’ per questo che non volevi uscire! Ma è morta! Che te ne fai?33
– Morta o non morta, non so vivere lontano da lei!34
– Almeno falla pettinare!35 – disse la Regina, e fece chiamare il Real Parrucchiere.
Il Real Parrucchiere cominciò a pettinarla, e gli si ruppe il pettine. Prese un altro pettine e gli si ruppe anche quello. Così, uno dopo l’altro, ruppe sette pettini.
– Ma cos’ha in testa questa ragazza? – chiese il Real Parrucchiere. – Voglio guardarci. – E toccò una capocchia di spillone. Tirò piano piano, e man mano che tirava lo spillone, la giovane ripigliava i colori36, e aperse gli occhi, sospirò, respirò, disse:
– Oh! – e s’alzò in piedi.
Si fecero le nozze. Tavolate anche per le vie.37 Chi voleva mangiare mangiò e chi non voleva non mangiò.
(Abruzzo)
Le domande da rispondere
1. Perché la bella Venezia volle uccidere la sua figllia?
2. Cosa fece lo sguattero?
3. Cosa egli portò alla bella Venezia per dimostrare che ebbe eseguito il suo ordine?
4. Cosa dissero i ladroni dopo aver trovato nella loro tana una bella ragazza?
5. Cosa faceva la ragazza per i ladroni?
6. Come era tolto l’incantesimo?
Lo sciocco senza paura
Un uomo aveva un nipote che era stupido: non capiva niente ma non aveva paura di nulla. Quell’uomo partì e lasciò detto39 al nipote che stesse attento ai ladri, che non portassero via la roba di casa. E lui:
– Che sono questi ladri? Che cos’è questa roba di casa? Io non ho paura di niente.
Vengono i ladri, gli dicono:
– Cosa fai qui, ragazzo? Noi dobbiamo rubare.
– E be’, e con ciò?40 E rubate pure, chi ve lo impedisce? Credete che io abbia paura? – e li lasciò rubare tutto.
Torna lo zio e vede la casa svaligiata. Dice al nipote:
– Hai fatto venire i ladri?41
– Io? Io ero qui sulla porta. Sono venuti i ladri. Hanno detto: «Che fai qui? Dobbiamo rubare». «E chi ve lo impedisce?», gli ho detto, «guarda che tipi!» e loro hanno rubato. Io non c’entro.42
L’uomo pensò che aveva un fratello prete, che avrebbe potuto educarlo meglio.
– Devi andare da tuo zio prete, – gli disse.
– Che cos’è questo zio prete? Io non conosco zii preti, io non conosco nessuno, se vogliamo andare dallo zio prete su, andiamoci!
Lo zio prete la prima sera gli disse:
– Stasera devi andare a spegnere i lumi in chiesa.
E il nipote:
– Cosa sono questi lumi? Che cos’è questa chiesa? Io non conosco lumi, io non conosco chiesa; andrò dove volete, non ho paura di niente.
Lo zio aveva detto al sacrestano che mentre il nipote spegneva i lumi calasse un corbello pieno di candele e dicesse:
– Chi vuol vedere il Regno dei Cieli, venga qui dentro.
Il nipote vede il corbello, sente la voce e dice:
– Che cieli, che cieli, io non conosco cieli, aspettatemi che vengo.
Prende un coltello e taglia la fune. Il sacrestano tira e gli rimane la fune in mano.
La sera dopo lo zio prete comandò al sacrestano che si mettesse in una bara e si fingesse morto per poi far paura al nipote.
– Questa sera vai a vegliare un morto, – disse al ragazzo.
– Che cos’è questo morto? Che cos’è questo vegliare? Io andrò in tutti i posti.
E andò in chiesa a vegliare il morto. C’era un lumicino fioco fioco vicino al morto, e tutto il resto buio. Il morto comincia ad alzare una gamba. Il ragazzo lo guarda e non si fa né in qua ne in là.43
Il morto alza la testa, e il ragazzo sbadiglia. Allora il morto dice:
– Ehi, tu! Sono vivo ancora!
Il ragazzo dice:
– Se sei vivo, morirai ora.
Prende uno spegnitoio, glielo dà sulla testa e l’ammazza. Torna dallo zio prete e gli dice:
– Sai, quel morto, non aveva finito di morire, e l’ho finito io.
(Livorno)
Le domande da rispondere
1. Cosa ha risposto lo sciocco ai ladri?
2. Elencate tutto che non conosce lo sciocco?
3. Perché il sagrestano si è messo nella bara?
4. Con che scopo lo ha fatto?
5. Come lo sciocco ha ucciso il sagrestano?
La lattaia regina
C’erano un Re e una Regina che non avevano avuto figli. Una vecchina disse loro l’avvenire.
– Contentatevi di scegliere, – disse, – tra avere un figliolo che se ne andrà via di casa e non lo vedrete più, e una figliola che se la guarderete per bene riuscirete a tenerla fino a diciott’anni.
Il Re e la Regina si contentarono della figliola; e difatti, poco dopo la figliola venne al mondo. Il Re fece fare un bellissimo palazzo sottoterra e lì la bambina fu educata e cresciuta senza sapere nulla di quel che c’era là sopra.
Arrivata a diciott’anni, cominciò a pregare la governante che le aprisse la porta. E la governante finì per obbedirle. La ragazza uscì dalla porta e si trovò in giardino. C’era il sole che lei non aveva mai visto, i colori del cielo e dei fiori, e ne restò incantata. Ma ecco che dal cielo calò un uccello dalle grandi ali, la prese con gli artigli e la portò via.
Volò, volò, poi scese su una casa di campagna e abbandonò la ragazza sul tetto. Due contadini, padre e figlio, dai campi, videro qualcosa che luccicava sul tetto di casa. Salirono sul tetto con una scala a pioli44 e ci trovarono una ragazza con una corona di brillanti in testa che luccicava tutt’intorno.45 Quel contadino aveva cinque figlie che facevano le lattaie; e si tenne la ragazza a casa insieme con le cinque figlie. Ogni mese si vendevano un brillante della corona e così campava tutta la famiglia.
Quando i brillanti furono finiti, la ragazza disse:
– Io non voglio vivere alle vostre spalle,46 mamma, – (lei ormai chiamava mamma la moglie del contadino), – andate dalla Regina di questo paese e fatevi dare qualcosa da ricamare.
La donna andò, ma la Regina le disse:
– Cosa volete che sappia ricamare una vostra figlia, che ha sempre fatto la lattaia?
E per dispregio le diede un pezzo di canovaccio.
La ragazza si mise a ricamarlo e ne venne fuori una cosa così preziosa, che la Regina quando la contadina glielo portò restò a bocca aperta, e le mandò due monete d’oro, e insieme un cencio da toglier la polvere47, che provasse a ricamare un po’ quello.
Dopo qualche giorno, la contadina le portò un capolavoro di ricamo. La Regina le diede tre monete d’oro e una gonnellaccia tutta sdrucita. La contadina gliela riportò che pareva una gonna da festa da ballo.
– Ma dove ha imparato a ricamare così bene, vostra figlia? – chiedeva la Regina.
– Dalle monache…
– Sarà, ma questi non sono lavori che possano essere usciti dalle mani48 d’una contadina. Bene, le ordinerò tutto il corredo di sposo di mio figlio.
Il figlio del Re, saputo di questa lattaia che gli ricamava il corredo, la volle conoscere, e l’andava a trovare mentre lavorava. E siccome era un giovane un po’ discolo, le dava anche noia.49 Un giorno, dai e dai 50, la prese di sorpresa e le diede un bacio. La lattaia allora gli puntò il punteruolo contro il petto. Lo punse nel cuore e lui morì.
La ragazza fu condotta al Tribunale, e questo Tribunale era formato dalle quattro figlie del Re. La maggiore chiese condanna a morte, la seconda condanna a vita, la terza a vent’anni, e la piccina, che era la più buona, e che dentro di sé51 capiva che la colpa era stata del fratello, chiese solo una condanna a otto anni, ma chiusa in una torre insieme col cadavere, perché l’avesse sempre sotto gli occhi e si pentisse.52 Vinse il consiglio della più piccina. La ragazza fu condotta alla torre, e passando, la figlia del Re più piccina le disse all’orecchio:
– Non aver paura. Io t’aiuterò.
Difatti tutti i giorni mandava alla prigioniera della torre i cibi migliori della mensa di Corte.
Da tre anni la prigioniera stava chiusa nella torre, quando vide apparire in cielo l’uccello dalle grandi ali che l’aveva rapita. Si posò in cima alla torre, si costruì un nido e fece le uova. Dalle uova nacquero dieci uccellini.
– Uccello, uccello, – diceva tutti i giorni la prigioniera, – come m’hai portato via da casa, portami via di qui.
Vicino alla torre, c’era il palazzo delle tre figlie maggiori del Re. E un giorno, stando alla finestra, sentirono questo discorso della ragazza e l’andarono a riferire al Re.
– Cacciate quell’uccello dalla torre, – ordinò il Re. Le guardie, con le loro lance, buttarono giù il nido, i dieci uccellini caddero a terra e restarono morti.
La sera, la prigioniera vide il grande uccello scendere sugli uccellini morti con nel becco un ciuffo d’una certa erba, strusciarli con quell’erba e gli uccellini risuscitarono.
– Uccello, uccello, – disse la prigioniera, – portami quest’erba miracolosa!
L’uccello rivolò via e ritornò con un fascio d’erbe nelle zampe.
La ragazza prese l’erba e corse a strofinarla sul cadavere del figlio del Re. A poco a poco, il figlio del Re risuscitò.
Non so dire chi dei due fu più felice: s’abbracciarono, si baciarono, si fecero tante feste.
La notizia la tennero segreta a tutti, tranne che alla figliola del Re la più piccina, che, tutta contenta della bella sorpresa, prese a mandar loro ogni giorno ogni ben di Dio, e poiché il fratello le chiese una chitarra, gli mandò anche una chitarra.
Adesso i due innamorati rinchiusi nella torre passavano le ore cantando e suonando la chitarra. Le tre figlie maggiori del Re, dal palazzo vicino, sentivano questi suoni e questi canti e vollero andare a vedere cosa c’era. Ma il figlio del Re si sdraiò di nuovo nella cassa e la ragazza fece finta di cascare dalle nuvole.53 Le sorelle tornarono con un pugno di mosche;54ma la sera, risentirono venire dalla torre suoni e canti.
Insistettero tanto col Re, che lui diede ordine che la prigioniera fosse cambiata di prigione. Andarono le guardie a prenderla, ed ecco che la si vide uscire di prigione a braccetto del figlio del Re, vivo e sano55 come un pesce.
Tutta la famiglia reale, che era alla finestra a veder passare la prigioniera, restò a bocca aperta.
– Babbo, mamma, sorelle, – disse il figlio del Re, – vi presento la mia sposa.
La sorella più piccina batté le mani.
Ma alle tre sorelle maggiori, d’avere una cognata lattaia, non andava giù,56 e la studiarono tutteper umiliarla e canzonarla.
– Prima delle nozze, – disse la sposa, – devo andare a casa mia a salutare i miei genitori. Ditemi che regalo vi devo portare.
– Uh! Un fiasco di latte! – disse la prima cognata.
– Ih! Io voglio una ricotta! – disse la seconda cognata.
– Eh! A me portami una cesta d’aglio! – disse la terza cognata.
La lattaia partì ma non andò dal contadino, andò da suo padre quello vero, il Re che l’aveva tenuta tanto tempo nel palazzo sottoterra. E dopo una settimana tornò dallo sposo con una bella pariglia tirata da cavalli bianchi.
– Come? La lattaia in pariglia? – si chiesero le cognate vedendola arrivare.
Scese la lattaia e portò i regali: alla prima cognata diede il fiasco di latte, fiasco d’argento con la veste d’oro;57 alla seconda cognata diede la ricotta, ricotta d’argento in un paniere d’oro; alla terza cognata diede la cesta d’aglio, spicchi di brillanti e foglie di smeraldo.
– E a me che t’ho sempre voluto bene non mi hai portato niente? – chiese la più piccina.
La lattaia aperse lo sportello della carrozza e scese un bel giovane.
– Questo è il mio fratellino che è nato mentre io ero via dalla Corte. Sarà il tuo sposo.
(Livorno)