Kitabı oku: «L'Uomo In Riva Al Mare», sayfa 3
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Si incontrò con Emma in un parco forestale, ad un paio di miglia dalla città. Aveva scelto lei il posto: lì avevano più possibilità di non essere visti e che la notizia non arrivasse alle orecchie di Ted. Mentre l’aspettava, la sensazione che potessero essere una coppia di amanti segreti affliggeva Slim, e la solitudine che lo accompagnava ovunque andasse apprezzò l’analogia più di quanto sembrasse appropriato. Mentre Emma si avvicinava, camminando velocemente e con il capo chino, Slim affondò le mani nelle tasche del giaccone, nel timore che potessero in qualche modo tradirlo.
Emma aveva un’espressione lapidaria. “Sono passati due mesi,” disse. “Ha delle risposte da darmi?”
Niente convenevoli. Lo spirito analitico di Slim avrebbe voluto precisare che erano passate sette settimane e quattro giorni.
“Signora Douglas, si sieda per favore. Sì, ho delle informazioni, ma allo stesso tempo me ne servono altre.”
“Oh, certo, Signor Hardy, vuole continuare ad essere pagato mentre tenta di capirci qualcosa, non è vero?”
Slim era tentato di menzionare che non aveva ricevuto ancora un singolo centesimo. Tuttavia, disse, “Sono giunto alla conclusione che suo marito non ha un’amante—” Il sollievo sul volto di Emma fu mitigato dalle ultime parole di Slim: “—per ora.”
“Di cosa parla?”
“Credo, arrivato a questo punto, che suo marito stia cercando di entrare in contatto con una ex-fidanzata o amante. A quale scopo, non saprei, ma me ne viene in mente uno molto ovvio. Tuttavia, ho bisogno di rivedere con lei un’altra volta il passato di suo marito, per stabilire con precisione che tipo di relazione Ted ha o vuole avere con la persona che sta cercando di contattare.”
Slim si rimproverò mentalmente per avere presentato delle speculazioni come fatti, ma aveva bisogno che la moglie parlasse.
“Quel bastardo. Lo sapevo che non saremmo dovuti tornare qui. Si scopano tutti fra di loro in queste cittadine incestuose.”
Slim avrebbe voluto puntualizzare che, se Carnwell fosse stata il fulcro di un’orgia di massa, purtroppo lui non ne era al corrente, ma si limitò a forzare uno sguardo solidale nei suoi confronti.
“Tre anni fa, mi disse, giusto? Che tornaste qua?”
“Due,” disse Emma, correggendo l’errore intenzionale di Slim. Fece un respiro profondo, e fornì una serie di informazioni che Slim sperava potessero aiutarlo. È sempre meglio lasciar parlare i clienti senza fare domande. La lingua lunga, spesso un’arma a doppio taglio, diviene così un’alleata.
“Gli avevano offerto un lavoro, disse. Io ero felice a Leeds. Avevo il mio lavoro part-time, i miei amici, i miei club. Non so perché volesse tornare qui. Insomma, i suoi genitori sono morti da molto tempo e sua sorella vive a Londra — non che la chiami spesso — ma non ha più alcun legame con questo posto. Insomma, siamo sposati da ventisette anni e saremo passati di qui solo un paio di volte, mentre andavamo da qualche altra parte. Okay, una volta ci fermammo per mangiare delle patatine, e non erano neanche così buone; decisamente troppo secche—’
“E suo marito, è un bancario?”
“Gliel’ho già detto. Consulente finanziario. Passa le giornate ficcando il naso nei soldi degli altri. Insomma, una vita piatta, no? Ma non sempre si possono fare soldi con ciò che ci piace veramente, non trova, Signor Hardy?”
“È vero.”
“Insomma, se così fosse, sarei pagata per bere del Porto a pranzo.”
Slim sorrise. Forse aveva trovato uno spirito affine, dopotutto. Emma Douglas aveva al massimo dieci anni in più di lui, ma si prendeva grande cura di sé stessa, come sono solite fare quelle donne che vanno in palestra il giorno di Natale e che hanno fin troppo tempo libero. Ai fini di risolvere il caso, si rese conto che, dopo un paio di drink, avrebbe fatto tutto il necessario per continuare a farla parlare.
E al diavolo la morale.
“E suo marito in passato… ha sempre lavorato come consulente?”
Emma sbuffò. “Oh, santo cielo, no. Si è cimentato in diversi lavori, credo, dopo la laurea. Ma certe sciocchezze, come la poesia, non sono molto redditizie, mi sbaglio?”
Slim sollevò il sopracciglio. “Suo marito scriveva poesie?”
Emma agitò la mano in modo altezzoso. “Oh, gli piacevano quelle cose. Studiava i classici della letteratura. Conosce, Shakespeare?”
Slim non si lasciò offendere. “Conosco alcune opere,” disse, con un ghigno sul volto.
“Sì, Ted amava quelle cose. Era una specie di hippie alla fine degli anni Settanta. Si cimentò nella poesia, recitazione, quel genere di cose. Si laureò nell’ottantadue, e ha lavorato per un po’ come supplente di inglese. Non basta a pagare le bollette però, no? Queste cose vanno bene quando si è giovani, ma non è un progetto che si può portare avanti a lungo termine. Un amico gli trovò un lavoro in banca poco dopo il nostro matrimonio, e penso che da lì in poi si sia abituato ad un diverso tenore di vita, come succede.”
Slim annuì lentamente. Stava ricostruendo un’immagine sia di Emma che di Ted. Un inguaribile romantico, scaraventato in una vita basata sul denaro, con una moglie-trofeo materialista sempre tra i piedi, rimuginando sul suo passato fatto di poesie, libertà e forse spiagge e vecchi amori.
“Ted parla mai del suo passato? Insomma, di prima che vi sposaste?”
Emma alzò le spalle. “Lo faceva, a volte. Insomma, non ho mai voluto sapere delle relazioni precedenti o cose così, ma a volte mi ha parlato della sua infanzia. Sempre meno, col passare degli anni. Insomma, tutti i matrimoni cambiano, no? Si smette di parlare come si faceva prima. Non trova che sia così?”
“Io?”
“Mi ha detto di essere stato sposato, giusto?”
A volte, fare la parte della vittima aiuta le persone ad aprirsi e aveva bisogno che Emma provasse compassione per lui, prima di iniziare con le domande difficili.
“Nove anni,” disse. “Ci incontrammo durante il mio periodo di congedo dopo la prima Guerra del Golfo. Vivevo in caserma a quei tempi, durante il matrimonio. Charlotte mi seguì nelle prime basi militari, quando ero stanziato in Germania. Ma non le piaceva l’Egitto, o lo Yemen, più tardi. Preferì rimanere in Inghilterra per ‘badare alla casa’, come lo definì lei.”
Emma gli appoggiò la mano sul ginocchio. “Ma ciò che faceva in realtà era gestire i suoi soldi e portare a casa altri uomini?”
Se lo avesse detto lui, Slim, che evidentemente seguiva molte meno soap opera pomeridiane di Emma, avrebbe formulato la frase in modo diverso, tuttavia non si sbagliava.
“Piu o meno era così,” disse. “Era abbastanza felice, fino a che una piccola ferita durante la caccia ai pirati nel Golfo Persico mi fece ritrasferire nel Regno Unito, nei servizi segreti militari. Potevo tornare a casa il fine settimana. Durò un mese, poi lei fuggì.”
“Con il macellaio?”
Slim sorrise. “Glielo avevo raccontato? Sì, con il macellaio. Il Signor Staples. Non ho mai saputo il suo nome. Lo scoprì solo dopo. Al tempo flirtava con un collega che le disse che si sarebbe trasferito a Sheffield. Feci due più due, e rimasi fregato.”
“Poverino.” Emma gli accarezzò il ginocchio, per poi stringerlo leggermente. Slim cercò di ignorarla.
“È andata com’è andata. Non mi manca per nulla l’esercito. La vita è più interessante da investigatore privato, cercando di sopravvivere tra un pagamento e l’altro.”
“Beh, mi fa piacere.” Disse Emma, senza cogliere l’ironia nel tono di Slim.
“Qui viene la parte peggiore,” continuò Slim, cercando di darle il colpo finale, che l’avrebbe fatta impietosire completamente. “È andata per vie legali, mentre ero in servizio. Quando ha chiesto il divorzio, ho scoperto che la casa per cui stavo pagando il mutuo era stata re-intestata esclusivamente a suo nome. Dichiarò che si trattava di una proprietà che possedeva sin da prima del matrimonio. Pagò qualcuno per cambiare le date sui documenti legali e persi tutto. Oh, ed era incinta, per questo ricevette un trattamento di favore. Tutto ciò dopo aver abortito il nostro primo figlio mentre ero in missione, perché non voleva che crescesse senza il padre.”
“Il secondo figlio era suo?”
Slim rise. “Certo che no. Non ci vedevamo da anni. Presumo che fosse del macellaio, come il resto dei miei averi allora.”
“Oh, è terribile.” Emma gli stava accarezzando la coscia, ma Slim, con le mani ancora affondate nelle tasche, la ignorò. Al contrario, alzò le spalle. “Sono cose che succedono.” disse.
“Dev’essere stato straziante.”
Slim chiuse gli occhi per un secondo, ricordando il paio di stivali sulla sabbia. “Ho visto di peggio,” rispose.
Emma restò in silenzio per un momento, imbronciata, fissando il sentiero, mentre con mani continuava a fare su e giù per la coscia di Slim, come per riscaldarsi.
“Posso farle una domanda personale?” disse Slim.
“Quanto personale?”
“Questa sarebbe la prima amante di Ted?”
Emma ritirò la mano, colta alla sprovvista. “Ehm, beh, credo di sì. Insomma, non ne sono sicura, ma è sempre stato un buon marito.”
“E lei?”
“Io cosa?”
“Mi scuso per la domanda, Signora Douglas, ma, lei è stata una buona moglie?”
Emma si allontanò da lui. Il posto vacante tra i due sulla panchina iniziò a fissare Slim come un bambino dagli occhi spalancati.
“E questo cosa c’entra?” Emma si alzò in piedi e indietreggiò. “Senta, Signor Hardy, penso sia l’ora di sciogliere il nostro contratto. Non mi ha fornito informazioni rilevanti e adesso mi pone questo genere di domande. Non sono una moglie trascurata che lei può—”
“Ted ha mai mostrato interesse nell’occulto?” intervenne Slim.
Emma lo fissò, con la bocca aperta, e scossò la testa. “Non avrei mai dovuto assumerla,” disse, perdendo il controllo. “Scoprirò da sola cosa sta succedendo.”
Senza dire altro, se ne andò, lasciando Slim da solo, seduto sulla panchina, ad accarezzarsi la coscia tiepida dove lei aveva posato le mani.
11
Non avendo idee migliori, Slim si recò in biblioteca per consultare un’antologia di Shakespeare. Un’ora dopo, si ritrovò al front desk, sotto lo sguardo altezzoso dell’impiegato aspirante scrittore, per restituire il libro — utile come la forchetta per il brodo — ed al suo posto affittare alcuni DVD della biblioteca.
Giovedì sera, dopo due giorni di maratona, era riuscito a guardare tutti i film di cui era a conoscenza, e un paio che neppure conosceva. Alcuni aspetti della trama, persino su uno schermo, non avevano poi così senso; ma se Ted aveva speso gli anni formativi assorto fra opere come Amleto e Macbeth, non era difficile capire da dove fosse nato il suo interesse per l’occulto.
Ubriacatosi con del vino scadente, Slim si addormentò nella scena finale Romeo e Giulietta, svegliandosi con lo squillare del telefono e trovando i due protagonisti morti, tra i titoli di coda.
Non fu così veloce da riuscire a rispondere, e non lasciarono nessun messaggio in segreteria. Il numero era sconosciuto, così non si scomodò a richiamare. Probabilmente era Skype o qualche altro call-center.
Si risedette sulla sedia, pensando a come procedere. Arthur era la pista migliore; il capo della polizia a cui piaceva parlare aveva altro da dire, e poteva fornirgli dettagli dall’interno.
Ma dove sarebbe andato a finire? Era stato assunto per provare l’eventuale infedeltà di un ricco consulente finanziario e si era ritrovato a dissotterrare i dettagli di un vecchio caso irrisolto, così come gli altri ad esso collegati.
Non lo pagavano per questo. Era meglio lasciar perdere e dimenticare. Aveva un affitto da pagare. Non poteva permettersi un tale fuori programma.
Tuttavia, lo stesso impulso che l’aveva fatto arruolare molti anni fa lo stava tirando a sé. Il bisogno di avventura, di esotismo; era irresistibile.
12
Venerdì mattina, i postumi della sbornia erano i peggiori che avesse conosciuto nelle ultime settimane; fissò le due bottiglie di vino vuote nella spazzatura e decise di provare a riprendersi con l’aiuto una frittura del bar all’angolo della strada.
Ted sarebbe andato di nuovo alla spiaggia quel pomeriggio, ma a quale scopo seguirlo? Era sempre il medesimo rituale. In ogni caso, Emma l’aveva licenziato. Non aveva più alcun senso.
Stava camminando verso casa, quando il cellulare squillò. Era Kay Skelton, il suo amico traduttore.
“Slim? Ho provato a chiamarti ieri sera. Possiamo vederci?”
“Ora?”
“Sì, se possibile.”
Il senso di urgenza nella voce di Kay convinse Slim. Disse a Kay di dirigersi verso un pub a qualche minuto dal bar dov’era stato. Nel tempo che avrebbe impiegato ad arrivare là, avrebbero aperto.
Venti minuti dopo, incontrò il barista nell’intento di aprire la saracinesca e accendere le luci. Si trattenne dall’iniziare a bere, optando per una tazza di caffè, che prese e portò in un angolo buio del locale, dove occupò un divanetto, aspettando Kay.
Il traduttore si presentò mezz’ora dopo. Slim era al terzo caffè, e lo schieramento di bottiglie di whiskey oltre il bancone minacciava di sfondare la sua difesa.
Slim non vedeva Kay di persona dai tempi dell’esercito. L’esperto linguistico, che adesso si limitava al lavorare come traduttore di documenti stranieri per uno studio legale, si era ammorbidito e aveva preso su dei chili. Aveva l’aspetto di chi mangiava troppo bene e non beveva abbastanza.
Slim era ancora l’unico cliente e Kay lo avvistò facilmente. Ordinò un doppio brandy al barista e si sedette sul lato opposto del divanetto.
Si diedero la mano. Entrambi mentirono sull’aspetto dell’altro. Kay offrì un drink a Slim, che lui rifiutò. Poi, con un sospiro, come se fosse l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, Kay tirò fuori un documento dalla borsa che aveva con sé e lo appoggiò sul tavolo.
“Ho commesso un errore,” disse.
“Cosa?”
“Questa è la trascrizione. Ho ricontrollato la traduzione e, anche se il contenuto è corretto, ho sbagliato in un punto.”
Kay estrasse una pagina del documento. Un cerchio rosso evidenziava una sezione di testo scritta a malamente a mano, che Slim immaginò fosse in latino.
“Questa parte. Il tuo uomo sta dicendo a qualcosa di tornare indietro, che deve tornare a casa. Ma non da lui.” Kay indicò una parola così illeggibile che Slim non provò nemmeno a decifrarla. “Ecco. Non ‘vieni’, ma ‘vai’.”
“Andare via?”
Kay annuì. “Qualunque cosa il tuo uomo tema, è già qui.”
13
Slim si era assopito, mentre sedeva in auto, dall’altro lato della strada rispetto all’ufficio di Ted, non lontano dal centro di Carnwell. L’ingombrante apparecchiatura radio occupava il posto del passeggero, ma il microfono nascosto nella giacca di Ted non emanava alcun segnale. Era un azzardo, dopotutto, a meno che Ted non indossasse la giacca, ma anche se l’avesse lasciata appesa da qualche parte c’era la possibilità che captasse qualche voce.
L’approccio migliore sarebbe stato parlare con Ted e Slim lo sapeva, ma avrebbe scatenato una tempesta che Slim, per il momento, voleva evitare. Se avesse raccolto anche solo un paio dei mormorii assorti di Ted, avrebbe potuto ricavare qualche indizio e in quel momento voleva prendersi a calci per aver dimenticato del microfono che Emma aveva nascosto nella giacca del marito.
La porta principale dell’ufficio sì aprì e Ted, valigetta alla mano, scese gli scalini e si diresse verso il parcheggio sul retro. Slim posizionò il parasole sul finestrino e si mise le cuffie. Sentì solo un crepitio smorzato, seguito dal rumore sordo della portiera, il che gli suggerì che per lo meno il microfono funzionava ancora.
E poi la messa in moto dell’auto. Un secondo dopo, la berlina verde di Ted apparve sulla rampa che collegava l’entrata dell’ufficio al parcheggio.
Slim si posizionò sul sedile, spostando il filo delle cuffie affinché potesse riuscire a guidare. Mentre metteva la retromarcia, vide un’innocua Austin Metro bianca uscire da un parcheggio poco dietro di lui.
Dallo specchietto retrovisore, osservò la persona alla guida e lasciò sfuggire un gemito.
Emma.
Ted si immise nella strada principale. Emma stava aspettando che un paio di macchine la superassero per pedinare il marito con più discrezione. Slim notò che non era la stessa auto che aveva visto nel loro vialetto; probabilmente un’auto affittata, o, se Emma era stata incredibilmente stupida, presa in prestito da un’amica.
Slim ingranò la marcia e partì. Non poteva permettere che lei lo seguisse. Non solo avrebbe mandato tutto a monte, ma avrebbe messo a repentaglio ogni possibilità che Slim aveva di scoprire la verità.
Fortunatamente, il traffico era pesante a quell’ora del pomeriggio. Slim non perdeva di vista la macchina di Ted, la prima di una fila che si dirigeva verso la litoranea, che se la prendeva comoda come al solito. Con il microfono nell’orecchio, Slim percorreva nella sua mente tutte le strade che Ted avrebbe potuto prendere e dove avrebbe potuto seminare Emma. Dipendeva tutto dal fatto che Ted avesse svoltato, o piuttosto proseguito dritto fino a raggiungere la strada più stretta che si intersecava con la litoranea a metà strada per Cramer Cove.
Svoltò. Altre due macchine lo seguirono, e poi Emma. Slim azionò il motore, tagliò la strada ad un furgone, con il cuore che gli martellava nel petto. Un clacson gli rimbombò nelle orecchie, mentre spingeva la sua vecchia auto su per una salita e subito dopo accelerava nel rettilineo.
L’incrocio che portava alla litoranea gli apparve sulla sinistra. Slim frenò velocemente, ignorando lo stridio delle gomme sull’asfalto, e volò sulla corsia opposta per imboccare la strada, quasi schiantandosi su una macchina in arrivo, il cui guidatore era troppo sconvolto anche per suonare il clacson.
Il tentativo di Slim di anticipare Ted si dimostrò improvvisamente folle, con la strada che si diramava in discesa tra la fitta boscaglia, spianandosi brevemente in presenza di un fiumiciattolo, per poi risalire bruscamente tra alberi e ombreggiati terreni in pendenza. Slim digrignò i denti; sarebbe bastato un trattore o un’auto nella direzione opposta per mandare tutto all’aria. Ad ogni curva si aspettava di veder arrivare qualcosa, ma raggiunse l’ultimo breve rettilineo prima della litoranea senza timore. Mancavano circa duecento metri, quando vide passare l’auto di Ted.
Puntò il piede sull’acceleratore. L’auto prese una buca abbastanza profonda da ammaccare il paraurti. Slim fece una smorfia, si sarebbe preoccupato di farlo riparare un’altra volta.
Un’altra auto gli sfrecciò davanti. Era rossa, una delle due in coda dietro a Ted, il che significava che l’altra doveva aver preso un’altra strada.
Dall’apertura di una siepe, Slim avvistò il tetto dell’Austin Metro bianca di Emma. I due se la giocavano.
Arrivò all’incrocio. Slim chiuse gli occhi, buttandosi alla cieca al centro dell’intersezione in modo da sbarrarle la strada. Non osò aprire gli occhi. Se avesse fatto male i calcoli, Emma sarebbe volata nella sua macchina.
Rimase fermo per quella che parve un’eternità. Poi, un clacson suonò.
Aprì gli occhi. Emma aveva frenato a pochi metri dalla sua auto e stava scendendo, col viso incupito.
Scese per affrontarla, chiudendo la portiera proprio nel momento in cui lei alzò le braccia per spingerlo contro la macchina.
“Che sta facendo, stupido bastardo? L’ho licenziata. L’ho licenziata!”
Slim tentò di afferrarle le mani, invano. “Non posso permettere che segua Ted, Emma. Mi dispiace. È una situazione pericolosa. Deve starne alla larga.”
Stava per dargli uno schiaffo sul viso, ma lui riuscì a prenderla per un braccio. Dopotutto, non aveva dimenticato tutti gli insegnamenti dell’esercito, e dopo poco la immobilizzò, tenendole le braccia lungo i fianchi.
“Insignificante pezzo di—”
Slim fece l’unica cosa che gli venne in mente per evitare di iniziare un’altra discussione. La spinse in avanti e la baciò dove, approssimativamente, avrebbero dovuto essere le sue labbra.
All’ultimo secondo, lei si discostò, facendolo atterrare sulla sua mandibola. Nonostante il fallimento, il sentimento era condiviso, e quando provò di nuovo, Emma reciprocò, concedendo più di un semplice bacio tra amici.
Quando Emma si allontanò nuovamente — con apparente riluttanza, questa volta — Slim disse, “Ho bisogno di tempo per occuparmene. Per favore. È importante.”
Emma lo fissò. Come offerta di pace, Slim sfilò dalla tasca la fiaschetta che portava sempre con sé. Sul fondo, un liquido si mosse.
“Brandy?”
Slim scosse la testa. “Whiskey. La marca del supermercato.” Alzò le spalle. “Sono povero. Ma si difende bene. Non sono un intenditore.”
Emma fissò la fiaschetta e annuì. La afferrò, rimosse il tappo e prese un lungo sorso, prima di ridarla a Slim, che fece lo stesso.
“Possiamo andare da qualche parte?” Chiese Slim. “Dobbiamo parlare.”
Emma alzò lo sguardo. Notò che si era truccata prima di uscire, ed iniziò a sentirsi complice di un grande tradimento, visto che doveva averlo fatto per Ted.
“Conosco un posto,” rispose.
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