Kitabı oku: «A Ogni Costo», sayfa 8
Capitolo 20
Ora zero
Tra la vita e la morte
Andava alla deriva, ascoltando i suoni.
Suonavano della musica, della musica classica tranquilla con il piano e i violini. La gente raccolta attorno a lui parlava con voci meccaniche.
“Forbici. Bisturi. Aspirazione. Ho detto aspirazione! Non puoi ripulire un po’ meglio?”
“Sì, dottore.”
Poi: “È stato fortunato. Un millimetro più a sinistra e gli avrebbe intaccato l’aorta. Sarebbe morto in un paio di minuti.”
Eldrick non era interessato ai dottori, e non era interessato nemmeno al corpo sul tavolo. Erano tutti sotto di lui ora, e lui dava un’occhiata alla cosa che i medici si stavano dannando per salvare. Gli ricordò un cane morto sul ciglio della strada. Non sembrava qualcosa che valesse la pena di essere salvato.
Si voltò e attraverso la porta vide sua nonna nella stanza accanto, in piedi ai fornelli che mescolava una pentola. Qualcosa profumava proprio di buono.
“LT, vieni qui.”
Corse dentro. Era pomeriggio, il sole splendeva fuori dalle finestre dell’appartamento, e lui voleva scendere al parco e giocare a palla. Ma il profumo della cena bastava a fargli venire fame. Erano bei tempi, prima che tutto andasse così male.
“Hai finito i compiti, tesoro?”
“Sì, nonna.”
“Non mi dici le bugie, vero?”
Lui sorrise.
Si voltò verso di lui, e aveva una faccia seria. “Hai fatto qualcosa di brutto, vero?”
Dopotutto non era un bambino. Era un uomo fatto, e lei era la piccola anziana signora che era diventata prima che il cancro al seno se la portasse via.
Annuì. “Ho fatto una brutta cosa.”
“Puoi aggiustarla?”
Scosse la testa. “Non so se le cose torneranno mai più a posto.”
9:30 a.m.
Johns Hopkins Bayview Medical Center - Baltimora, Maryland
“Ecco che ne arrivano due,” disse Luke.
Ed e Luke erano in un corridoio d’ospedale, a una ventina di metri dalla porta contrassegnata come FARMACIA. Qualche istante prima, Luke aveva provato ad aprirla. Era chiusa a chiave. In fondo al corridoio, due uomini in camici blu e giacche bianche da laboratorio stavano venendo verso di loro. Parlavano e ridevano di qualcosa.
C’erano telecamere di sorveglianza a ogni angolo. Non importava. Luke aveva pianificato di agire velocemente. Era già nei guai. Che poteva fare un guaio in più?
“Scusatemi,” disse Luke. “Siete medici?”
“Sì,” disse uno, un uomo di mezza età molto in forma che indossava occhiali dalla montatura in ferro. “Qual è il problema?”
Luke si avvicinò all’uomo. Aveva già tirato fuori la pistola. La premette sullo stomaco dell’uomo, in basso, fuori dalla vista delle telecamere. Gli posò una mano amichevole sulla spalla. “Non dite una parola, nessuno dei due.”
Ed si avvicinò al secondo uomo. Luke poteva vedere la pistola nella sua mano. Premette forte la bocca dell’arma all’altezza delle reni del secondo dottore.
“Non vi faremo del male, se farete esattamente quello che vi diciamo.”
Il primo medico, così sicuro un momento prima, tremava. “Io…” diceva. Non riusciva a parlare.
“Va tutto bene,” disse Luke. “Non parli. Ho bisogno che mi apriate la porta di quella farmacia laggiù. È tutto quello che mi serve. Aprite la porta e venite dentro con me per qualche minuto.”
Il secondo dottore era più calmo. Era stempiato, con spessi occhiali, più robusto del primo. “Va bene. Se avete bisogno di medicine, va bene. Vi daremo ciò che vi serve. Ma ci sono telecamere di sorveglianza dappertutto. Non andrete molto lontano.”
Luke sorrise. “No, non lo faremo.”
Gli uomini si girarono tutti insieme e raggiunsero la porta. Il secondo medico fece passare la tessera magnetica contro il lettore e la luce rossa divenne verde. Luke aprì la porta. Dentro alla stanza c’erano molti armadietti chiusi a chiave.
“Che cosa vi serve?” chiese il dottore.
“Ritalin,” disse Luke. “Due iniezioni.”
“Ritalin?” ripeté l’uomo.
“Sì. E veloce, non ho molto tempo.”
Il medico fece una pausa. “Signore, non si sballerà con il Ritalin. Se ha un deficit di attenzione, può ottenerlo facilmente con una prescrizione. Non deve cacciarsi in questi guai. Ci sono programmi che la aiuteranno a pagare. E comunque, il Ritalin non è l’ideale…”
Luke scosse la testa. “Non siamo più a scuola, doc. Facciamo finta per un attimo che io sappia quello che sto facendo, e che voi invece non lo sappiate. Okay?”
Il medico scrollò le spalle. “Si serva pure.” Aprì un armadietto, mostrò a Luke la bottiglia e preparò le iniezioni. Mentre lavorava, Ed sistemava quattro fascette di plastica sul banco. Aprì un cassetto e trovò un paio di piccoli asciugamani e un po’ di nastro chirurgico. Mise gli articoli accanto alle fascette.
Il dottore aveva finito di preparare le iniezioni, e allungò le siringhe oltre il banco.
“Molto bene,” disse Luke. “Grazie. Ora ho bisogno che facciate un’ultima cosa prima che ce ne andiamo.”
“Va bene,” disse il dottore.
“Spogliatevi,” disse Luke. “Tutti e due.”
*
Ed e Luke, vestiti in camicie bianco e guanti chirurgici, attraversarono la folla di poliziotti fuori dalla porta della stanza di Eldrick Thomas. Si fermarono e indossarono le maschere chirurgiche prima di entrare.
Un cartello triangolare giallo e nero era affisso alla porta. PERICOLO: RISCHIO RADIAZIONI.
Sotto era esposto un altro cartello. Era una serie di istruzioni.
A. Visite limitate a 1 ora al giorno. Le donne incinte e i minori di anni 18 non dovrebbero visitare il paziente.
B. I visitatori dovrebbero mantenersi a una distanza di almeno 2 metri dal paziente.
C. I visitatori devono essere protetti da camici, copriscarpe e guanti. I visitatori non dovrebbero portare alcun articolo all’interno della stanza.
D. Ai visitatori è vietato fumare, mangiare e bere mentre si trovano all’interno della stanza del paziente.
Un poliziotto toccò il braccio di Luke. “Quando possiamo svegliarlo?”
Luke gli fece una seria espressione da medico. “Vuol dire se si sveglia. Stiamo facendo del nostro meglio. Dovrete aspettare ancora un po’.”
Entrarono. Thomas era disteso su un letto da ospedale, addormentato. Casuali macchie sul viso e sul collo era arrossate, di un rosso profondo e scuro. I polsi e le caviglie erano legati alle ringhiere di metallo del letto con manette di plastica flessibile. Diversi macchinari monitoravano i suoi segni vitali. Due poliziotti con le mascherine e i guanti chirurgici se ne stavano in un angolo, tanto lontani da Thomas quanto la stanza glielo permetteva.
“Ragazzi, potete lasciarci qualche minuto da soli con il paziente?” chiese Ed.
“Non possiamo lasciare la stanza,” disse un poliziotto.
Ed disse le parole magiche, quelle che avrebbero dato il via a un match di spintonate burocratiche se il paziente non fosse stato radioattivo. “Mi dispiace, ma la vostra presenza va in conflitto con l’approvvigionamento delle cure mediche.” Poi sorrise. “E poi è legato al letto. Non andrà da nessuna parte. Dateci un minuto, okay?”
I poliziotti uscirono, probabilmente felici di farlo.
Luke andò dritto da Thomas. Tolse il tappo dalla siringa, gli girò il braccio sinistro, trovò la grossa vena sulla piega del gomito e fece l’iniezione.
“Ritalin, eh?” disse Ed.
Luke scrollò le spalle. “Fa uscire la gente dall’anestesia totale. Non è che sia approvato dall’FDA, ma funziona che è un incanto.”
Fece un passo indietro. “Non ci dovrebbe volere molto.”
Trascorse un minuto, poi due. A metà del terzo minuto, Luke pensò di vedere un leggero palpito nelle palpebre del paziente.
“Eldrick,” disse. “Svegliati.”
Gli occhi di Eldrick si aprirono lentamente. Li sbatté. Sembrava molto stanco. Sembrava avere cent’anni.
“Mi fa male il petto,” disse, con una voce che si innalzava appena al di sopra di un sospiro. Si guardò lentamente intorno senza muovere la testa. “Dove sono?”
Luke scosse la testa. “Non importa dove sei. Eri a New York ieri notte. Hai rubato del materiale radioattivo dal Center Medical Center. Lavoravi con Ken Bryant e Ibrahim Abdulraman. Sono stati assassinati entrambi. Così come due addetti alla sicurezza.”
La memoria si fece strada nel viso dell’uomo. A malapena muoveva un muscolo. Sembrava così debole che sarebbe potuto morire in qualsiasi momento. Ma aveva lo sguardo severo. “Polizia?” chiese.
Luke annuì. “Abbiamo bisogno di sapere dove e quando esploderà la bomba.”
Eldrick Thomas guardò Ed. Fece un cenno con la testa verso Luke. “Hey, fratello. Butta fuori il maiale bianco.”
Chiuse gli occhi lentamente, poi li riaprì. “E dopo, ti dirò tutto quello che so.”
*
Luke aspettò nel corridoio, a cinquanta metri dal muro di poliziotti. Non ci volle molto prima che Ed uscisse. Camminava veloce.
“Muoviamoci, vecchio. Andiamo.”
Luke camminava veloce, adattandosi al ritmo di Ed. “Che succede?”
“Credo che abbia avuto un attacco di cuore,” disse Ed. “Forse il Ritalin era troppo per lui. Non lo so. Ho premuto l’allarme prima di uscire.”
“Ha detto qualcosa?”
“Sì. Ha detto qualcosa.”
“Che cosa?”
“Non so se posso crederci.”
Luke si fermò. Anche Ed si fermò.
“Non possiamo fermarci,” disse Ed.
Luke scosse la testa. “Qual è l’obiettivo?”
Al di sopra delle loro teste, il citofono dell’ospedale parlò. Una voce femminile, calma, meccanica, quasi robotica. Codice blu, codice blu. Terzo piano, stanza 318. Terzo piano, stanza 318. Codice blu… Medici e membri dello staff, tutti agitati, li superarono correndo nei corridoi, spintonando spalle.
“È l’ora dell’inizio del ramadan in Iran. Le 20:24, ovvero le 10:54 qui.” Guardò l’orologio. “A un’ora da adesso.”
“Dove?” chiese Luke.
Ed lo fissava a sua volta, cupo. Per la prima volta, Luke vide la disperazione nel viso di Ed.
“La Casa Bianca.”
Capitolo 21
10:01 a.m.
I cieli tra Baltimora e Washington D.C.
I piloti erano dei duri.
L’elicottero volava basso e veloce. Il paesaggio sfrecciava sotto di loro, quasi abbastanza vicino da essere toccato. Luke se ne accorgeva appena. Gridava nel telefono. Continuava a perdere la linea. La procedura handover da un ripetitore all’altro era incerta a più di cento miglia all’ora.
“Dobbiamo evacuare la Casa Bianca,” diceva. “Trudy! Mi senti?”
La voce della donna era spezzata dall’elettricità statica. “Luke, c’è un mandato di arresto. Per te e per Ed. È appena arrivato.”
“Perché? Per i medici? Non gli abbiamo fatto alcun male.”
Ci fu una scarica di elettricità statica. Si perse la linea.
“Trudy? Trudy! Merda!”
Guardò Ed.
“Mi ha detto che erano nel furgone della Dun-Rite,” disse Ed. “I loghi erano decalcomanie magnetiche. Li hanno tolti a Baltimora, e hanno cambiato le targhe. Forse ci sono telecamere di sorveglianza dove è stato trovato Thomas. Potrebbero trovare delle tracce e capire dove si trova il furgone grazie ai video.”
Il cellulare di Luke suonò. Rispose.
“Trudy.”
“Luke, prima di dire qualsiasi cosa, lasciami parlare. Eldrick Thomas è morto. Ha avuto un forte attacco di cuore. Voi due siete sul video di sorveglianza. Si vede chiaramente che gli avete fatto un’iniezione di qualcosa.”
“Ritalin, per svegliarlo,” disse Luke.
“Ed gli si è avvicinato davvero tanto prima che morisse.”
“Trudy, Thomas stava dando a Ed delle informazioni. Capisci? Eldrick Thomas non è il problema, adesso. L’attentato è alla Casa Bianca. Tutte le prove indicano un attacco tramite drone. Erano nel furgoncino della Dun-Rite. Hanno cambiato i marchi. Dobbiamo trovare il furgone e dobbiamo far evacuare tutto il personale della Casa Bianca. Adesso.”
Un’altra scarica di elettricità.
“Ma loro non… Luke? Luke?”
“Ci sono.”
“Stanno controllando il Grand Central e la stazione PATH di Hoboken. Hanno chiuso il tunnel Midtown. Ho parlato con Ron Begley. Non credono che si tratti della Casa Bianca. Credono che tu abbia ucciso Eldrick Thomas. Il mandato di arresto è per omicidio.”
“Cosa? Perché avrei dovuto uccidere Eldrick Thomas?”
La linea cadde di nuovo.
Luke guardò Ed. “Chiediamo ai piloti di mettersi in comunicazione via radio.”
Ed scosse la testa. “Cattiva idea. Nessuno ci crederà. E se diciamo ai piloti di mettersi in comunicazione via radio, tutti sapranno dove siamo. No. Dobbiamo andarci da soli. E dobbiamo andarci senza farci notare.”
Luke si avviò verso la cabina di pilotaggio e infilò la testa dentro.
Li conosceva quei due – Rachel e Jacob. Erano suoi vecchi amici, e volavano insieme da anni. Entrambi avevano fatto parte del 160mo Reggimento Operazioni Speciali dell’Aviazione dell’Esercito degli Stati Uniti. Ed e Luke era abituati a volare con gente così. Erano la Delta Force dei piloti d’elicottero.
Rachel era tostissima. Non entri a far parte di una élite di piloti per operazioni speciali dell’esercito normalmente, se sei una donna. Ci entri a scazzottate. Sistema perfetto per Rachel – il suo hobby quando non lavorava era il cage fighting. E Jacob era stabile come una roccia. La sua calma quando era sotto tiro era leggendaria, quasi surreale. Il suo hobby erano i ritiri meditativi sulle cime delle montagne. Entrambi forse sapevano che Luke era stato sospeso. Forse sapevano anche che c’era un mandato per il suo arresto. Ma sapevano anche che Luke era la Delta, e non erano tipi da fare troppe domande.
“Quanto vicini alla Casa Bianca ci potete portare?” chiese Luke.
“Hai un appuntamento per pranzo?” disse Rachel.
Luke scrollò le spalle. “Dai.”
“Eliporto di South Capitol Street,” rispose Jacob. “È una pista della polizia metropolitana di Washington chiusa al traffico, ma li conosco. Posso trovarci un buco. Si trova a circa tre miglia dalla Casa Bianca.”
“Mi serve un’auto dell’SRT ad aspettarci,” disse Luke. “Senza autista, solo la macchina. Okay?”
“Ricevuto,” disse Rachel. Si girò indietro per guardarlo.
“Vi spiegherò dopo,” disse.
Luke tornò nella stiva. Ed era in piedi accanto alla porta cargo aperta.
Luke gli urlò. “Abbiamo una pista a tre miglia dalla Casa Bianca, e avremo un’auto che possiamo guidare noi.”
Ed annuì. “Ottimo.”
Suonò ancora il telefono. Luke guardò il nome di chi stava chiamando. Non voleva più discutere a proposito di mandati di arresto, né di chi credeva cosa. Questa volta, quando rispose, le parlò appena.
“Trudy, chiamami Mark Swann al telefono.”
Capitolo 22
10:23 a.m.
Washington D.C.
“Non ce la faremo mai.”
Luke guidava il SUV dell’agenzia in direzione della Casa Bianca attraverso il traffico di metà mattina. Era tutto un fermarsi e ripartire. Il tempo a loro disposizione stava scadendo.
Il telefono era incollato all’orecchio. Suonava e suonava. Alla fine prese la linea. Per la terza o quarta volta di fila, beccò la segreteria telefonica. Gli aveva detto che lei e Gunner avevano deciso di andare al cinema.
La voce era vibrante e luminosa. Luke se la immaginava: bellissima, sorridente, ottimista ed energica. “Ciao, sono Becca. Non posso rispondere adesso. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico e vi richiamerò appena possibile.”
“Becca!” disse. Respirò. Non voleva spaventarla. “Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me. Non ho il tempo di spiegare. Quando senti questo messaggio, fila via alla casa in campagna. Non andare a casa. Non fermarti a prendere niente. Prendi solo l’autostrada e guida fin là. Se ti serve qualcosa, puoi sempre comprarla lì. Ci vediamo là non appena riesco a tornare.” Fece una pausa. “Vi voglio molto bene, tantissimo. Fallo per me. Non perdere tempo. Va’ subito, non appena senti il messaggio.”
Riattaccò. Accanto a lui, Ed sedeva dritto come un fuso. Una spessa vena gli spuntava dalla fronte. Sudava.
“Dobbiamo aggirare questo traffico, in qualche modo,” disse Luke.
Ed raggiunse il vano portaoggetti e ne tirò fuori la sirena al LED. La montò sul cruscotto, la accese e poi premette l’interruttore. Fuori dalla macchina, il grido della sirena era incredibilmente forte.
UAH-UAH-UAH-UAH-UAH.
“Vai!” disse Ed.
Luke si infilò nel traffico in arrivo e si buttò sul clacson. Schiacciò l’acceleratore, corse fino al semaforo successivo, poi tornò nella sua corsia. Adesso accelerò e la macchina decollò come un missile.
“Vai, vecchio! Vai!” urlava Ed.
Davanti, le auto al semaforo seguente si scansarono a destra come una mandria di animali. Luke bruciò l’incrocio, correndo a settanta miglia all’ora.
Suonò il telefono.
“Swann?”
La voce aveva una sottile pronuncia nasale. “Luke, sono Don Morris.”
“Don, devo tenere libera questa linea.”
“Figliolo, cosa stai combinando? Mi hanno detto che hai ucciso un uomo in un ospedale di Baltimora.”
Luke scosse la testa. “Non ho ucciso nessuno. Vogliono attaccare la Casa Bianca. È di questo che si è sempre trattato.”
“Non è vero, Luke. Negli ultimi dieci minuti hanno arrestato due arabi, uno al Grand Central e uno a Hoboken. Due ragazzini che trasportavano in zaini di tela delle bombe rudimentali fabbricate con pentole a pressione. L’NSA sta tracciando identità e affiliazioni proprio adesso.”
“Queste non sono bombe sporche!” disse Luke. Si sentiva la voce stridula. Sembrava un pazzo. Aveva dormito appena nelle ultime ventiquattr’ore. Lo sapeva. Le sue percezioni potevano essere distorte. Ma quanto distorte? Era così? Guardò il tachimetro. Stava andando a ottantacinque miglia all’ora su strade cittadine.
“Erano solo delle pedine,” disse Don. “Le bombe non erano neanche operative. I cattivi hanno mandato i ragazzini a vedere come avremmo risposto noi. Ora sanno che gli obiettivi sono compromessi.”
Luke provò ad abbassare la voce, in modo che lui e Don potessero avere una conversazione razionale. Voleva far capire a Don ciò che lui vedeva in modo così dolorosamente chiaro. “Don, abbiamo parlato con Eldrick Thomas. Era uno dei ladri. Non l’abbiamo ucciso. È morto per l’avvelenamento da radiazioni. Ci ha detto che l’obiettivo è la Casa Bianca.”
“Luke, lo so chi era. Le informazioni in nostro possesso dicono, oltre a tutto il resto, che Eldrick Thomas era un truffatore professionista. Si stava prendendo gioco di te, ecco tutto. È questo che fanno i truffatori. Si prendono gioco delle persone fino alla fine. Ti dice che è la Casa Bianca. La sicurezza si rimpolpa, e la gente crede che stia cooperando. Se sopravvive, magari ottiene un buon patteggiamento. Il tizio è entrato e uscito dalla galera per tutta la vita. Ma sa che l’obiettivo è la Casa Bianca. Pensi che le persone dietro di lui si fiderebbero di un criminale da poco per quel tipo di informazione?”
Luke non disse una parola.
“Puoi ancora fermarti,” disse Don. “Torna al quartier generale. Ci vedremo lì. Se dici di non averlo ucciso, ti credo. Farò tutto ciò che posso per proteggerti. Parleremo con uno psichiatra. Dirà che hai avuto un disturbo post-traumatico da stress. Un crollo psicotico. La tua storia come agente avvalorerà questa tesi. Magari dovrai farti ricoverare per qualche giorno, ma ne uscirai.”
Luke non credeva a quello che sentiva.
“Devo tenere libera questa linea,” disse.
“Sei arrivato fin qui ormai, Luke. Se prosegui su questa strada, sarai solo.”
Stava arrivando un’altra telefonata.
“Don, devo andare.”
“Luke! Non osare riattaccare il telefono.”
Davanti c’era il cancello della Casa Bianca. Ed spense la luce e la sirena. Luke rallentò il SUV. Teneva il telefono fuori così da vederne lo schermo. La persona che cercava di chiamarlo era Swann.
Luke rispose. “Swann. Ci hai recuperato l’autorizzazione dei servizi segreti?”
Swann esitava. “Credo di sì.”
“Credi di sì?”
“Avete entrambi dei mandati per omicidio, Luke. Dammi pace. Sì, sembra che abbiate un’autorizzazione Yankee White, Categoria Uno. Siete autorizzati a lavorare direttamente con il presidente e la vice. Ma non reggerà. In trenta secondi il database dei servizi segreti potrebbe fare un riferimento incrociato con il database criminale e buttarvi fuori di nuovo. Qualcuno potrebbe fare un secondo controllo e scoprire che l’autorizzazione è stata approvata negli ultimi cinque minuti. Non posso garantirti niente. Direi cinquanta e cinquanta, nella migliore delle ipotesi. Tra quanto sarete lì?”
“Siamo già qui. Stiamo entrando nel vialetto.”
“Okay, allora bene. Stiamo per scoprire quanto sono bravo.”
Luke riattaccò. Tornò alla conversazione con Don.
“Don?”
Era caduta la linea.
Il corpo di guardia era lì davanti. Era protetto da barriere di cemento. C’erano sia un segnale di STOP che un segnale NON ENTRARE. Quattro uomini in giacca e cravatta gironzolavano davanti all’entrata. ATTENZIONE, diceva un altro segnale. AREA RISERVATA. CONTROLLO DOCUMENTI.
Luke si voltò verso Ed. Aveva il viso unto e brillante di sudore.
“Pronto?” chiese Luke.
“Pronto a tutto.”
Luke sentì correre una goccia di sudore dentro la camicia. Stavano per entrare nella Casa Bianca con l’inganno. Avrebbero fatto tutto il possibile grazie all’autorizzazione, poi si sarebbero fatti strada per il resto. Avrebbero cercato di scavalcare l’intero sistema di sicurezza dei servizi segreti e di far evacuare il presidente sotto i loro ordini, quelli di due uomini provenienti da una diversa agenzia che erano stati sospesi dalle loro mansioni ore prima. E tutto questo basandosi sulla parola di un criminale professionista morto che magari aveva mentito, o magari no.
Per un breve momento, Luke poté quasi capire quello che Don aveva detto. Da fuori, doveva sembrare un’idea folle.
Una guardia apparve accanto al suo gomito sinistro. Luke aveva guidato fino alla portineria con il pilota automatico. Intorpidito, allungò all’uomo il suo documento di identificazione e quello di Ed. L’uomo se ne andò, ma tornò un minuto dopo.
“Mi dispiace,” disse. “Questi li rifiutiamo entrambi. Non avete l’autorizzazione.”
“Forse è un segno,” disse Ed.
“Ricontrolli, per favore,” disse Luke.
Di fronte a loro, il cancello si aprì. La guardia riapparve.
“Scusatemi,” disse. “Dev’essere stato un errore del sistema.”
Luke guidò piano attraverso il cancello della Casa Bianca.
*
Swann era bravo. Molto, molto bravo.
Entrarono nell’Ala Ovest, oltrepassarono un controllo di identificazione, poi scesero veloci lungo un corridoio fiancheggiato da colonne greche. I loro passi echeggiavano sul pavimento di marmo. Svoltarono a destra, e l’entrata dello Studio Ovale era proprio lì davanti.
Due agenti dei servizi segreti erano appostati fuori dalla porta.
“Salve, ragazzi,” disse uno dei due. “Fermatevi qui.”
Luke alzò il distintivo. “FBI. Abbiamo l’autorizzazione Yankee White. Dobbiamo parlare con il presidente Hayes.”
“Il presidente è in riunione.”
“Vorrà sentire cosa abbiamo da dire.”
Il tizio scosse la testa. “Non ci è stato detto nulla. Dovrete aspettare mentre controlliamo.”
Ed non esitò. Colpì il primo uomo con un pugno alla gola, poi ruotò e colpì il secondo alla mandibola con il gomito. Il primo andò al tappetto stringendosi la gola. Ed si accovacciò, gli sbatté la testa contro il pavimento in pietra, poi tornò in piedi. Il secondo uomo stava cercando di prendere la pistola quando Ed lo colpì in faccia. Il tizio perse i sensi prima di andare a sbattere sul pavimento.
Ed e Luke si precipitarono all’interno dello Studio Ovale.
Dall’altra parte della stanza c’era il presidente, insieme alla vicepresidente. Stavano leggendo attentamente quella che pareva una gigantesca mappa aperta sulla scrivania del presidente. Dietro di loro, tre alte finestre guardavano sul Giardino delle Rose. Un uomo faceva fotografie. Un giovane con una calvizie incipiente era lì accanto. Nella stanza si trovava un’altra mezza dozzina di persone.
Quando Ed e Luke entrarono, il presidente si alzò. Era molto alto.
Quattro agenti dei servizi segreti tirarono fuori le pistole.
“Fermi! A terra!”
In mezzo alla stanza, il tappeto color crema mostrava il sigillo rotondo del presidente. Luke ci mise i piedi sopra. Alzò le mani.
“FBI,” disse. “Ho un importante messaggio per il presidente.”
Fu placcato da dietro. In un secondo, la sua guancia era contro il tappeto. Le braccia dolorosamente girate dietro di lui. Aveva il piede di un uomo sul viso. Pochi passi più in là, Ed si trovava nella stessa posizione.
“FBI!” urlò Luke. “Agenti federali!”
Gli presero il distintivo e i documenti. E la pistola dalla fondina. Li sentì alzargli i pantaloni e prendergli la sua pistola extra e il coltello.
“Che succede qui?” chiese il presidente.
Tre uomini tenevano Luke a terra. Un pesante braccio spingeva contro il suo collo. Muoversi faceva male. Era difficile parlare. “Signore. Sono l’agente Stone dello Special Response Team, FBI. Questo è l’agente Newsam. Lei è in pericolo. Abbiamo informazioni affidabili che suggeriscono che ci sia in corso un piano di attacco per la Casa Bianca con una bomba sporca. L’attacco è programmato per coincidere con l’inizio del ramadan a Teheran, tra meno di quindici minuti.”
Il presidente Hayes gli si fece più vicino. Torreggiava su Luke.
“Non è vero,” disse una voce femminile.
Luke allungò il collo abbastanza da vedere Susan Hopkins, la vicepresidente. Era molto carina, come una veterana annunciatrice televisiva. Indossava un gessato grigio e teneva i capelli biondi in un caschetto corto. “Abbiamo appena ricevuto una relazione che dice che la minaccia era contenuta a New York City, ed è stata neutralizzata.”
“Non c’è abbastanza tempo per spiegarvi tutto,” disse Luke. “Dobbiamo evacuare l’intero palazzo, e non abbiamo quasi più tempo. Se ci sbagliamo, sarà davvero imbarazzante. La Casa Bianca sarà stata allarmata ed evacuata senza ragione. Ma se sbagliate voi… non voglio neanche pensarci.”
Tutti guardarono il presidente. Era un uomo abituato a prendere decisioni difficili. Fece una pausa di sette interi secondi.
“Portate tutti fuori,” disse. “Iniziate i protocolli di evacuazione per tutto lo staff. Entro dieci minuti, voglio che non una sola persona si trovi dentro l’edificio.”