Kitabı oku: «Gli Ossidiani », sayfa 3

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CAPITOLO QUATTRO

Chris si trovava nel campo fangoso all’ombra della Scuola Ossidiana per Indovini. Era ricoperto di melma dalla testa ai piedi e la pioggia gli scrosciava addosso.

“Di nuovo,” ordinò il colonnello Caino. I suoi tetri occhi blu lampeggiavano.

Chris strinse i denti. Era esausto. Stava correndo attorno al campo da ore. Ma poi gli tornò in mente la sua missione – uccidere Oliver – e la motivazione tornò a dargli vigore.

Il suo estenuante allenamento da combattimento era iniziato immediatamente. E anche se Chris era entusiasta di essere l’unico indovino a possedere il potere della materia oscura, le esercitazioni della mattina presto lo stavano sfinendo.

Chris era sempre stato un ragazzo tarchiato – preferiva le merende agli sport – e tutte le ore passate a correre nel fango sotto la pioggia con qualcuno che gli abbaiava ordini in faccia lo stava decisamente sfinendo. Eppure, nonostante tutte le difficoltà, la sua motivazione non faceva che crescere. Avrebbe ucciso Oliver. Durante la prossima missione non se lo sarebbe lasciato scappare.

Si rimise a correre, il petto sul punto di esplodere. Sentiva un forte bruciore al fianco, ma lo ignorò e andò avanti. Con la coda dell’occhio poteva vedere che il colonnello Caino lo osservava, i suoi occhi azzurri che brillavano attraverso la fitta pioggia.

In quel momento Chris scorse un’altra figura in piedi a una delle finestre del dormitorio degli Ossidiani. Riconobbe immediatamente Malcom Malice. Sorrise, pieno di orgoglio sentendosi osservato anche da Malcom. Sapeva che il ragazzo era geloso dei suoi poteri e della speciale attenzione che gli stavano riservando. Malcom avrebbe apprezzato moltissimo se qualcuno dell’esercito oscuro avesse dato formazione anche a lui. Era ancora più amareggiato per il fallimento della loro missione e per non trovarsi più nelle grazie di Madama Ossidiana.

Mentre correva, scivolando e inciampando sull’erba bagnata, Chris ricordò il momento sulle rive del Tamigi, quando le sue mani si erano strette un momento attorno alla caviglia di Oliver, per poi perdere improvvisamente la presa e permettergli di scomparire attraverso il portale. Chris era determinato a fare in modo che non accadesse più. La prossima volta che si fosse trovato faccia a faccia con Oliver, lo avrebbe finito. Poi avrebbe goduto di tutta la gloria degli Ossidiani e Malcom Malice non avrebbe avuto niente.

Chris notò che il cielo si stava scurendo. Svoltò l’angolo e iniziò a tornare indietro di corsa, verso il colonnello Caino. Si stava allenando dall’alba, senza fermarsi neanche per pranzo. Il colonnello era come un sergente istruttore. Ma per quanto fosse stanco, Chris non si era mai lamentato. Anche adesso, con il respiro che si era trasformato in rantoli affannati, non avrebbe permesso che il suo insegnante vedesse la sofferenza sul suo volto. Il colonnello Caino era duro, sì, ma era anche ammirevole. Chris sollevò lo sguardo su di lui guardandolo come non aveva mai fatto neanche con suo padre.

Riuscì a raggiungerlo. Da sotto il suo mantello nero, Chris vide che lo stava scrutando con i suoi intensi occhi blu da indovino malvagio.

Il colonnello Caino premette il pulsante che si trovava sul suo cronometro.

“Come sono andato?” chiese Chris.

“Stai rallentando,” fu la risposta del colonnello, riportata con voce autoritaria e tonante.

“Ho fame,” rispose Chris, mettendosi le mani sui fianchi abbondanti. “Quando ci fermiamo per mangiare?”

Gli occhi azzurri del colonnello si socchiusero diventando due fessure. Aveva un’espressione furiosa.

“Hai il potere della materia oscura dentro di te, Christopher,” disse con tono severo. “Non dovresti avere bisogno di niente. Il potere che Madama Ossidiana ti ha donato è l’invidia di ogni soldato oscuro in tutto l’universo.”

Tra le fitte della fame, Chris provò un’ondata di orgoglio.

“Vieni qui,” disse il colonnello Caino facendogli segno di avvicinarsi.

Chris gli andò vicino con cautela, scivolando un poco sul terreno fangoso.

“Tendi i palmi delle mani,” disse il colonnello.

Chris obbedì.

“Sai che potere tieni in queste?” chiese il colonnello.

Chris annuì. “Posso spruzzare acido,” disse con orgoglio, ricordando come aveva distrutto i preziosi capolavori nella casa di Newton nell’Inghilterra del 1690.

“Puoi fare molto più di questo,” disse il colonnello.

Prese la mani di Chris dai polsi. La sua stretta era solida. Le sue dita erano come artigli, nerborute e lunghe, quasi inumane.

“Concentra la tua mente,” ordinò il colonnello. “Accedi ai tuoi poteri oscuri. Poi usa il potere per sciogliere il tessuto delle dimensioni.”

“Lei mi sta prendendo in giro,” mormorò Chris.

“Io non prendo in giro nessuno,” rispose il colonnello.

Chris era venuto a conoscenza del tessuto dimensionale quando Madama Ossidiana aveva convocato l’esercito oscuro perché li aiutasse nella loro ultima missione. Aveva usato un raffinato coltello per farlo. Ora Chris avrebbe dovuto farlo con le sue mani e basta?

Il colonnello lo stava fissando con intensità. Chris fece un respiro profondo e permise alla sua mente di trovare quel punto di meditazione dove la realtà iniziava a sfocarsi.

Ogni volta che raggiungeva i suoi poteri era piena eccitazione per sé, perché quando li trovava dentro di sé capiva ogni volta che erano cresciuti ancora. I suoi poteri erano come un’enorme e fumante roccia vulcanica, proprio al centro delle sue viscere. Anche dopo il brevissimo tempo in cui si era allenato insieme al colonnello, poteva sentire quanto più grandi fossero, quanto più desiderassero essere utilizzati. Era come se fossero qualcosa di estraneo a lui, un alieno che cresceva nel suo corpo, un qualcosa che gli dava il genere di potere che prima aveva solo potuto sognare.

Protese la sua concentrazione dentro di sé e iniziò a tirare fuori i suoi poteri dalle braccia. Sentì il calore che gli solleticava gli avambracci e poi i polsi, che il colonnello Caino stava ancora stringendo con forza. Poi lo sentì pervadergli i palmi delle mani, scaldandogli la pelle a una temperatura incandescente. Alla fine spinse in fuori, proiettando l’immagine che aveva creato nella propria mente del tessuto che si scioglieva e costringendola a diventare realtà.

Mentre lo faceva, notò che l’atmosfera attorno alle sue mani iniziava a cambiare, cominciando come a luccicare.

“Sta funzionando…” balbettò Chris.

Sollevò lo sguardo sul colonnello Caino. Sebbene il cappuccio dell’uomo gli tenesse il volto in ombra, Chris poteva dire dai suoi occhi che in quel momento stava sorridendo in modo diabolico.

Chris sentì il cuore che iniziava a battergli con forza nel petto.

“Ce la sto facendo,” disse, sentendo una forte esplosione di trionfo.

“Ora lascia andare,” ordinò il colonnello.

Chris lasciò cadere le mani. Dove i suoi palmi avevano toccato il tessuto della dimensione, ora c’erano due buchi bruciacchiati.

“Fantastico,” mormorò Chris.

“Ecco come accedi allo spazio nel tempo,” disse il colonnello. “Il vuoto. Il regno dove risiede l’esercito oscuro.” Allungò le mani e iniziò a premere tra loro i bordi anneriti delle bruciature, riattaccandoli. “Vedi ora quanto è prezioso il potere che contieni dentro di te?”

Chris annuì. “Sì.”

“Bene. Allora corri.”

Chris sentì un pizzicore al petto. Correre? Di nuovo?

Il momento di gentilezza da parte del colonnello Caino era svanito. La sua voce divenne nuovamente fredda e dura. “Ho detto corri.”

Chris non aveva intenzione di mettersi a discutere. Ripartì di corsa per fare un altro giro attorno al campo.

Questa volta quando sollevò lo sguardo verso la finestra del dormitorio, vide che Malcom non c’era più.

Quando svoltò l’angolo e scorse la silhouette del colonnello Caino in lontananza, si rese conto che il suo mentore non era più solo. C’era una seconda figura accanto a lui. Qualcuno di più piccolo. Chris si accorse che era uno studente.

Quando fu più vicino però capì tutto. Malcom, avendo visto il suo allenamento dalla finestra del dormitorio, ora era sceso al campo di gioco.

Chris serrò la mandibola. Non voleva che Malcom interagisse con il colonnello Caino. Il colonnello era il suo mentore!

Allungò ancora di più il passo, fino a che il dolore al fianco non divenne come un affilato coltello. I polmoni gli facevano male mentre lui si spingeva sempre di più.

Finalmente arrivò come un fulmine dal colonnello, frenando e riempiendo di fango i pantaloni di Malcom.

Il colonnello Caino parve sorpreso. Fermò il cronometro.

“Questo è stato il tuo giro più veloce, Christopher,” disse, con un pizzico di orgoglio nella voce. Guardò Malcom e poi di nuovo Chris. “Mi sa che un po’ di competizione farà bene a entrambi.”

Chris fece un grosso respiro, i polmoni che gli bruciavano.

“Competizione?” balbettò. “Cosa intende dire?”

Ma il colonnello Caino aveva chiaramente avuto un’idea. “Malcom mi stava raccontando della vostra ultima missione. Si è offerto volontario per accompagnarti nella prossima. Stavo per dire di no, ma ora che ho visto quanto più veloce puoi correre quando hai un avversario da battere, ho deciso di accettare la sua proposta.”

“No!” gridò Chris. L’ultima cosa che voleva era che Malcom lo privasse della sua gloria, rubandogli il posto sotto ai riflettori. “Sono l’unico di cui Madama Ossidiana si fidi. Malcom ha già fallito. È arrivato il mio turno di fare da capo.”

Ma il colonnello non stava ascoltando. Si era portato a bordo campo e lì aveva tirato fuori delle attrezzature da combattimento con la spada e dei guantoni da pugilato. Prese un paio di guanti rossi.

“Tieni,” disse, offrendoli a Chris. Poi ne porse un altro paio a Malcom. “Vediamo come ve la cavate in duello.”

Chris non ci poteva credere. Quello doveva essere il suo momento di gloria! Ora Malcom si era intromesso di forza. Quella stupida faina era stato per metà il problema durante l’ultima missione. Averlo con sé anche in questa era un’idea terribile! Doveva farlo fuori e ridurlo talmente male da impedire che avesse modo di venire con lui.

Lanciandogli un’occhiataccia, Chris si infilò i guanti. La pioggia fredda era battente, ma lui poteva a malapena sentirla adesso. Tutta la sua attenzione era su Malcom. Su come pestarlo a dovere.

Malcom si mise su i guantoni a sua volta e li sbatté tra loro in modo minaccioso. Sorrise in quel suo solito modo orribile e subdolo. Chris socchiuse gli occhi ancora di più.

“Fino al ko,” annunciò il colonnello Caino. “Via!”

Malcom non sprecò tempo. Si buttò contro Chris come se stesse aspettando quell’occasione da una vita.

Chris assunse la sua posa da difesa. Poteva usare lo slancio di Malcom contro di lui. Quel ragazzo era pieno di rabbia e non stava pensando. Tutto ciò che Chris doveva fare era lasciare che si stancasse da solo prima di assestare un buon colpo.

Malcom tirò un pugno e Chris sollevò le braccia, bloccando facilmente il colpo. Era stato un primo tentativo piuttosto approssimativo.

Malcom ci riprovò, tentando un gancio sinistro. Ma Chris lo aveva già anticipato. Parò di nuovo. Questa volta rispose con un pugno al lato sinistro, scoperto, di Malcom.

“Oof” sussultò Malcom barcollando.

Il fango era scivoloso e lo fece inciampare. Chris si rese subito conto di avere un’opportunità. Erano ore che si allenava nel fango scivoloso ed era più stabile sui piedi, ma Malcom no, ed era quindi a malapena capace di mantenere l’equilibrio.

Chris sapeva di dover cogliere quel momento, mentre le difese di Malcom erano abbassate.

Fece due grandi passi in avanti e si concentrò sulla spalla scoperta di Malcom, poi impegnò tutta la stazza e il peso del suo corpo nel tirare un pugno con la mano destra.

Ma Malcom si raddrizzò improvvisamente, e all’ultimo momento schivò il colpo. Invece di andare a segno sulla spalla, la mano di Chris passò oltre, portando con se tutto il suo corpo.

Barcollò. Aveva fatto un errore enorme. Un errore di calcolo.

Un improvviso e duro colpo calò contro il suo orecchio destro. Il dolore esplose lungo la mandibola, il collo e la guancia. Le orecchie iniziarono a fischiare.

Disorientato, Chris roteò su se stesso, tentando di vedere dove fosse Malcom. Ma il suo avversario doveva essere sfrecciato dietro di lui, perché Chris poté scorgere solo il campo fangoso e la pioggia battente.

Le gocce gli entravano negli occhi, e vedere divenne ancora più difficile. Poi sentì un altro colpo orribile alla nuca. Questo fu tanto forte da fargli battere i denti tra loro. Stelle nere gli volteggiavano davanti agli occhi.

Fece per scagliarsi in avanti, tentando disperatamente di trovare Malcom, di mandare a segno anche un solo colpo. Ma fallì. Stava continuando a fallire. La vergogna lo travolse.

Un terzo colpo andò a segno. Questo lo prese alla gola. Il dolore fu così orribile che Chris sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

Ansimando cadde in ginocchio nella terra melmosa. Poi crollò di lato, non più capace di sostenere il proprio corpo, ora sopraffatto da forti colpi di tosse. Andò a sbattere di faccia nel fango, e mentre cercava di respirare ne sentì il sapore.

I piedi di Malcom apparvero davanti ai suoi occhi. Sollevando lo sguardo sulla sua figura incorniciata dalle gocce di pioggia, vide quel suo sorriso diabolico.

Il colonnello Caino si portò in mezzo ai due e guardò Christopher dall’alto in basso.

“Sì,” disse annuendo. “Penso che sarete una buona squadra.”

CAPITOLO CINQUE

Oliver provò sul proprio corpo la strana sensazione del portale che lo trascinava avanti. Per quanti portali avesse già attraversato, non ci si sarebbe mai abituato. Era come se gli atomi gli venissero strappati di dosso e poi rimescolati.

Le luci viola lampeggianti del portale gli sfrecciavano accanto, accecandolo e aumentando il suo già notevole disagio. Sentiva la nausea che gli attorcigliava lo stomaco.

Oliver non poteva fare a meno di provare pena per i suoi compagni. Né Walter né Hazel avevano mai viaggiato attraverso un portale prima d’ora, e questo era particolarmente brutale, soprattutto considerando che non c’era garanzia che sarebbero riusciti ad arrivare dall’altra parte. Poteva solo pregare di essere in grado di condurli sani e salvi alla destinazione desiderata. Ma se le sue intenzioni non erano state abbastanza pure, sarebbero stati tutti espulsi nello spazio. Il pensiero era di per sé terribile anche solo da prendere in considerazione.

Dopo quelle che gli parvero delle ore, Oliver udì uno strano rumore di risucchio, come di acqua che scende attraverso lo scarico di un lavandino. Poi, con un piccolo botto, come di un palloncino che scoppia, tutte le luci lampeggianti e le sensazioni di trascinamento svanirono.

Oliver si sentì volare in aria, come catapultato. Atterrò con forza a terra e sbuffò per il dolore.

Tre decisi tonfi si susseguirono dietro di lui e Oliver capì che si trattava del rumore di ciascuno dei suoi amici che atterravano a loro volta.

Si guardò alle spalle. Sembravano tutti sbigottiti e scompigliati. La coda di cavallo di David si era sciolta durante il viaggio; lo chignon di Hazel era spettinato e storto. Ancora una volta, Walter era quello meno scosso. Balzò in piedi e agitò un pugno in aria.

“È stato meraviglioso!”

Oliver si mise rapidamente in piedi. “Shh!” disse, correndo verso Walter. “Non sappiamo dove siamo. Non attirare troppe attenzioni verso di noi!”

Raggiunse Walter insieme ad Hazel e David.

“Il che fa sorgere spontanea la domanda,” disse Hazel: “Dove siamo?”

Tutti si misero a guardarsi attorno. Erano circondati da una serie di edifici che sembravano trovarsi in diverse condizioni di sfacelo. Chiaramente erano stati un tempo delle chiese molto decorate e stravaganti, con gradini di pietra, alte colonne bianche e tetti a cupola, ma qualcosa le aveva devastate. Il tempo? La guerra? Era anche possibile che il materiale degli edifici fosse stato saccheggiato. Nel complesso, sembravano tutti prossimi al crollo.

Anche le strade erano luride. Bestiame selvatico girovagava in liberta, sporcando al proprio passaggio, mentre delle volpi sfrecciavano da una chiesa all’altra.

Oliver scrollò le spalle. “Da qualche parte in Europa. Ma dove e quando precisamente, non ne ho idea. Cerchiamo qualche indizio.”

Iniziarono a camminare per le strade. Non c’erano auto, ma un sacco di deiezioni di cavallo, il che li aiutò a restringere l’epoca a prima dell’invenzione dell’automobile. C’erano pochissime persone disseminate per quel posto, per lo più mendicanti, il che dava al luogo la parvenza di una città fantasma.

“Ho come l’impressione che la popolazione sia recentemente diminuita un sacco,” disse Hazel. “Sembrano esserci pochissime persone rispetto agli edifici.”

“Quindi ci troviamo forse in qualche vecchia città che per qualche motivo ha perso la sua popolazione,” suggerì Oliver. “Questo spiegherebbe perché gli edifici appaiano così derelitti.”

“Guardate lì!” disse Hazel indicando un’area rettangolare circondata da grossi edifici dall’aspetto importante. “Sembra un foro romano. Solo che è pieno di bestiame e bancarelle del mercato.” Sgranò gli occhi eccitata. “Penso che potremmo essere a Roma. Proprio all’apice del Rinascimento.”

“Del cosa?” chiese Walter.

“È il momento che in Europa segna la transizione dal Medio Evo alla modernità,” rispose con entusiasmo. “Dove arte e architettura, filosofia e commerci fiorirono. Sai, l’epoca delle scoperte.”

Walter fece una smorfia derisoria. “Sei davvero una secchiona.”

Ma Hazel era lanciatissima. Ignorò completamente Walter: era davvero esaltata. “Ecco perché tutti gli edifici stanno cadendo a pezzi. L’economia ha avuto un crollo nel quattordicesimo secolo, a causa di guerra e peste, come anche per la carestia causata da una piccola era glaciale. La popolazione è diminuita in misure pazzesche, fra il venticinque e il cinquanta percento.”

“Quindi dovemmo essere agli inizi del 1500,” rispose Oliver.

“Penso di sì,” disse Hazel annuendo.

Proprio allora un paio di donne passò vicino a loro chiacchierando. Oliver non capiva la loro lingua, ma David le stava ascoltando con attenzione, come se potesse comprenderle.

Oliver inarcò le sopracciglia guardandolo con aspettativa. “Beh? Le hai capite?”

David annuì lentamente. “Sì, so parlare diverse lingue. Forse è un altro motivo per cui il professor Ametisto mi ha mandato con voi.”

“E?” chiese Oliver. “Abbiamo ragione? Siamo in Italia?”

David annuì. “Siamo in Italia.”

Oliver non poté fare a meno di esclamare. “Italia!”

Anche Hazel sembrava del tutto esaltata per dove erano finiti. “Roma! Durante il Rinascimento!”

Walter ruotò su se stesso allungando la testa in su per poter ammirare le grandi chiese fatiscenti. “Sono contento che anche voi due siate così felici di dove siamo finiti. Sono contento che non siamo morti.”

“Quindi il portale ci ha portati nell’Italia del sedicesimo secolo” disse Hazel, sempre meravigliata, nonostante il tentativo di mettersi seriamente a pensare alla loro missione. “Come mai la cura per Esther dovrebbe trovarsi qui?”

Sentendo il nome di Esther, Oliver si sentì torcere lo stomaco. Non c’era tempo per starsene ad ammirare ciò che li circondava, meravigliandosi per essere arrivati nell’Italia del sedicesimo secolo, perché ogni secondo che passava era un secondo sprecato.

“Dobbiamo capire dove andare adesso,” disse frettolosamente.

Tirò fuori la sua bussola, ma con sua sorpresa, mentre la lancetta principale stava indicando una fiala – che sicuramente rappresentava la medicina – tutte le altre lancette più piccole indicavano a loro volta il medesimo simbolo. Non c’erano altri indizi.

Le spalle di Oliver si afflosciarono: si sentiva sconfitto.

“N-non sta funzionando,” balbettò disperato.

E adesso? Erano tornati nella Roma del Rinascimento senza nessuna idea di dove andare o di cosa fare! Ogni momento che passavano lì a tergiversare era un altro momento in cui Esther si avvicinava alla morte.

“Oh… Oliver…” disse David con voce allarmata.

Oliver staccò gli occhi dall’inutile bussola. Con sua sorpresa, c’era un giovane ragazzo che stava correndo verso di loro. Sembrava terribilmente preoccupato.

Oliver sentì il timore crescergli dentro. Chi era quel ragazzo e perché stava venendo dritto verso di loro con quell’espressione di pura ansia in volto?

Il giovane si fermò davanti a loro e si mise a parlare in rapido italiano. Oliver guardò impotente Hazel e Walter, che a loro volta non parevano avere più risorse rispetto a lui.

David si portò davanti a loro e annuì mentre il ragazzo parlava.

Quando il giovane dalla pelle olivastra ebbe finalmente finito, David si girò a guardare Oliver.

“È un indovino,” disse.

Oliver inarcò le sopracciglia. “Un indovino? E come ha fatto a trovarci?”

“Dice che quando abbiamo attivato il portale, quello ha mandato un segnale d’allarme alla sua scuola. Dice che dobbiamo seguirlo. È troppo pericoloso stare qui.”

“Ma perché?” chiese Hazel. “Cosa c’è di pericoloso nello starsene innocentemente per strada?”

“A parte il bestiame vagante e i mendicanti, intendi,” si intromise Walter.

David tradusse la domanda di Hazel al ragazzo, che scosse la testa diventando apparentemente sempre più esasperato. Parlava in maniera veloce ed esagerata, gesticolando in modo molto teatrale.

“Ebbene?” chiese Oliver, facendosi sempre più ansioso a ogni secondo che passava.

“Il segnale,” sussultò David, riportando il messaggio agli altri. Fissò gli occhi su Oliver, la sua espressione profondamente preoccupata. “Non ha inviato un allarme solo alla scuola. Il segnale può essere colto da qualsiasi indovino.”

Hazel sussultò. “Intendi dire che…”

“I malvagi,” disse David, completando la frase per lei. “Abbiamo inviato loro un segnale avvisandoli che siamo qui.”

Oliver sentì il calore abbandonargli il viso. Finalmente capiva perché il ragazzo italiano fosse così agitato. Avevano praticamente inviato un segnale a qualsiasi indovino malvagio dicendogli di venire lì ad aggrovigliare la storia!

“Veloci,” disse Oliver ai suoi amici. “Usciamo da qui.”

Hazel gli afferrò un braccio. “Sei sicuro che possiamo fidarci di questo ragazzo?”

“Ha corso un grosso rischio solo a venire qua fuori a prenderci,” disse Walter.

Ma Oliver non era così sicuro.

“David, puoi domandargli qualcosa di più su di lui? Scoprire se ci sia un qualche modo per provare ciò che ci sta raccontando?” gli chiese.

David si rigirò verso il ragazzo e gli chiese qualcosa in Italiano. “Si chiama Gianni,” riportò agli altri. “Dice di poter dare prova della sua affidabilità.”

Il ragazzo, Gianni, fece un passo avanti e tirò fuori dalla tasca una chiave di bronzo. La porse a Oliver, mettendogliela in mano.

Chiedendosi perché mai Gianni volesse che lui la avesse, Oliver, la fronte aggrottata, prese la chiave e la rigirò tra le mani. Poi comprese.

Sul retro dell’oggetto si trovava un simbolo familiare. Un anello con tre occhi a distanza regolare l’uno dall’altro. Il simbolo della Scuola degli Indovini.

Oliver sentì un sorriso che gli piegava le labbra. Quel simbolo lo faceva sentire a casa.

Lo mostrò agli altri. Walter annuì, soddisfatto, ma Hazel incrociò le braccia.

“Non sono ancora convinta,” disse

Il suo scetticismo ricordò a Oliver come lui si fosse sentito nei riguardi di David. Ma David aveva dato prova di se stesso al portale, e ora Oliver si fidava pienamente di lui. La sua guardia del corpo non li avrebbe condotti verso il pericolo.

“Se David dice che possiamo fidarci di Gianni, allora penso che possiamo farlo,” le disse.

Un’espressione di orgoglio illuminò il volto di Gianni. “Te lo prometto, Hazel. Gianni è esattamente chi dice di essere. Un indovino. Un amico mandato a prenderci.”

Hazel si morse un labbro, intenta a pensare, ma alla fine annuì. “Suppongo che statisticamente parlando abbiamo più probabilità di essere presi dagli indovini malvagi se ce ne stiamo qui che se andiamo con lui. Quindi seguiamolo.”

Walter ruotò gli occhi al cielo. “Figurarsi se Hazel non prendeva una decisione basandosi sulle statistiche!”

Guidati da Gianni, il ragazzo indovino della Roma rinascimentale, i quattro amici partirono di corsa.

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Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
09 eylül 2019
Hacim:
252 s. 5 illüstrasyon
ISBN:
9781094310480
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Serideki Üçüncü kitap "Oliver Blue e la Scuola degli Indovini"
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