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Kitabı oku: «Conferenze tenute a Firenze nel 1896», sayfa 5

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X

Parecchie riunioni furono tenute dalla Commissione in casa di Franklin a Passy, dove venivano condotti gli ammalati quando Franklin non stava bene.

Beniamino Franklin mandato in Francia come ambasciatore della repubblica degli Stati Uniti, era diventato una delle figure più caratteristiche di Parigi. Per breve tempo fu lui che dette il tono della moda.

Quando i signori ed i gentiluomini cominciarono a smettere gli abiti di seta e di velluto coi ricami e i vestiti gallonati, coi tacchi rossi e lo spadino, vennero di moda i vestiti di panno grosso, le scarpe spesso ed il bastono nodoso. Questo figurino si chiamava col nome di Franklin.30 Il celebre scopritore del parafulmine, che a coloro che gli domandavano notizie della rivoluzione in America, ripeteva bonariamente: ça ira ça ira, fece venir popolare questo motto che fu poi il ritornello terribile e come l'alleluja del sangue all'epoca della rivoluzione.31

Il pubblico parigino metteva un po' in canzonatura la mania di popolarità del celebre scienziato e uomo politico americano. Lo vediamo nella seguente strofa, che cantavasi nel 1783 sull'aria Changez-moi cette tête. Nella stessa canzone è tirato in ballo Mesmer e il suo collega Deslon.32

 
Nestor de l'Amérique,
Prise la voix publique
Du monde politique
Et du monde savant:
Mais dédaigne l'hommage
Dont le peuple volage,
Sans respect pour ton âge,
Tennuie à chaque instant.
Conserve bien ta tête,
Ta vénérable tête;
Conserve bien ta tête.
Mais sans la montrer tant.
Un tudesque empirique,
Au bout d'un doigt magique,
Fait naître la colique
Ou la chasse à l'instant.
Son Don Quichotte assure
Que la mort en murmure
 
 
Et cite mainte cure,
Dont il est seul garant:
Changez-moi ces deux têtes,
Ces magnétiques têtes.
Changez-moi ces deux têtes,
 

Têtes de charlatan.

XI

La parte più memorabile della relazione presentata al re Luigi XVI sul magnetismo, è quella nella quale venne confermata la potenza che un uomo può esercitare sugli altri, senza l'intermediario immediato e dimostrato di alcun agente fisico: e si stabilì che i gesti ed i segni i più semplici producono qualche volta degli effetti potenti sulle persone dotate di una grande eccitabilità nervosa. Un altro fatto importante messo in evidenza dalla Commissione, fu che le esperienze fatte col magnetismo sulle persone isolate, quando queste riuscivano, non davano mai una intensità di fenomeni così imponente come essi videro nella sala affollata quando molte persone stavano intorno al baquet aspettando che scoppiasse la crisi.

Permettete che io riferisca un passo di questo documento impareggiabile per la storia dell'ipnotismo.

“Attorno al baquet sta la folla degli ammalati. Le sensazioni sono comunicate e rese continuamente l'uno all'altro: i nervi alla lunga si affaticano con questo esercizio, si irritano; e la donna più sensibile dà per la prima il segnale. Allora le corde tese da per tutto al medesimo grado ed all'unisono si rispondono, e si moltiplicano le crisi: esse si rinforzano mutuamente, esse divengono violenti. Nel medesimo tempo gli uomini che sono testimoni di queste emozioni le subiscono essi stessi e le provano in proporzione della loro sensibilità nervosa, e quelli nei quali questa sensibilità è più grande e più mobile cadono in una vera crisi.

“Questa grande sensibilità è in parte naturale e in parte acquisita, e tanto negli uomini quanto nelle donne diviene abitudine. Provate una o più volte queste sensazioni, non si ha a fare più che svegliarne la ricordanza, e rimontare l'imaginazione al medesimo grado, per operare i medesimi effetti. E questo riesce sempre facile mettendo il soggetto nelle medesime circostanze. Allora non vi è più bisogno di curare l'ammalato in pubblico, basta far dei gesti colle dita, o toccare gli ipocondrii, o mettere la bacchetta dinanzi alla faccia; questi segni sono conosciuti.

“E neppure è necessario di impiegarli, basta che gli ammalati cogli occhi chiusi credano che questi segni si fanno sopra di loro, perchè si persuadano che sono magnetizzati; le idee si destano, le sensazioni si riproducono, l'imaginazione impiegando i mezzi soliti, e percorrendo le medesime vie, fa comparire i medesimi fenomeni.„

Oggi, dopo che è passato più di un secolo, non sapremmo dire nulla di meglio.

XII

Il dottore Deslon riconobbe davanti alla Commissione in casa di Franklin che l'imaginazione aveva la più grande parte negli effetti del magnetismo, e disse che questo nuovo agente forse non era altro che l'imaginazione stessa, la potenza della quale era altrettanto grande, quanto ora poco conosciuta. Deslon in un suo scritto disse: “Se la medicina dell'imaginazione è la miglioro, perchè non dobbiamo servircene?„33

La conclusione del rapporto fatto dalla Commissione al Re Luigi XVI fu questa:

“Toccamenti, imaginazione, imitazione, tali sono le cause vere degli effetti attribuiti a questo agente nuovo sotto il nome di magnetismo animale.

“Ma si deve credere che l'imaginazione sia la principale di queste tre cause del magnetismo. La pressione e i toccamenti servono di preparazione; è per i toccamenti che i nervi cominciano ad essere eccitati, l'imitazione comunica e diffonde le impressioni. Ma la imaginazione è quella potenza attiva e terribile che opera i grandi effetti che osserviamo. Questi effetti sorprendono tutto il mondo, mentre la causa loro rimane oscura ed occulta.„

Nessuno dei medici moderni saprebbe esprimere un giudizio sull'ipnotismo con maggior chiarezza e verità.

Invece della parola imaginazione si adopera adesso la parola suggestione, ma in fondo la cosa rimane la stessa. Anche oggi come allora sono le donne isteriche e gli uomini nervosi che presentano con maggiore facilità i fenomeni dell'ipnotismo, con effetti più intensi e più meravigliosi.

Dopo Mesmer il magnetismo trovò qualche applicazione nella medicina, perchè fu provato che per mezzo della imaginazione l'uomo può cadere in uno stato di sonno morboso chiamato ipnotismo nel quale è meno sensibile al dolore. Ma in che modo diminuisca la sensibilità nell'ipnotismo e come si estrinsechi la suggestione non si è ancora venuti in chiaro. Nè dobbiamo maravigliarcene troppo perchè anche del sonno naturale si ignora il meccanismo, e stiamo raccogliendo le prime pietre che serviranno a gettare le fondamenta per una fisiologia del sonno che forse si scriverà nel secolo venturo.

Oggi non vi è più chi cerchi la causa del sonno naturale fuori delle cause comuni alla vita: ma dei fenomeni più rari e più complessi che formano l'ipnotismo si cerca tuttora, e si cercherà sempre dai profani alla scienza, una causa fuori del naturale. Fino a che durerà l'ignoranza e il misticismo, dureranno pure le scienze occulte. Anche questo era già scritto nella relazione presentata al Re Luigi XXI:

L'homme saisit, quitte, reprend l'erreur qui le flatte. Il est des erreurs qui seront éternellement chers à l'humanité.

Questa relazione stampata in ventimila esemplari, fu mandata dal Governo in tutte le città della Francia.

Ma il pubblico non aveva capito il fondo scientifico della quistione, quella parte della fisiologia e della patologia del sistema nervoso; essa manterrà immortale il nome di Mesmer.

E nelle strade di Parigi si continuò a cantare la canzone sull'aria di Grégoire.34

 
Que le charlatan Mesmer,
Avec un autre frater,
Guérisse mainte femelle;
Qu'il en tourne la cervelle,
En les tâtant ne sais où,
C'est fou,
Très-fou,
Et je n'y crois pas du tout;
Mais je pense qu'il magnétise
Par la sottise.
 

XIII

Questo po' di schizzo non riproduce il vero se non vi do mio malgrado qualche pennellata un po' più scura.

Il magnetismo è scienza e filosofia ed è pure danaro. Il lato suo per così dire industriale è stato anzi quello che ha prevalso, perchè fino dal principio il magnetismo animale fu inventato collo scopo pratico di curare e guarire le malattie. Due sono i segni caratteristici della lotta che Mesmer sostenne a Vienna e Parigi.

Il primo è il disprezzo che egli affettatamente ostentava contro la scienza ufficiale.

Il secondo, la tendenza sua a sostituire le esperienze con delle dichiarazioni fatte dagli ammalati e dai medici per provare l'esistenza del magnetismo animale.

Non direi tutta la verità se tacessi che Mesmer era un po' ciarlatano.

La paura che egli aveva degli uomini di scienza fu tale che Mesmer rifiutò un'offerta cospicua fattagli da Maurepas in nome del Re. Luigi XVI offrì a Mesmer nientemeno che una pensione vitalizia di 20.000 lire l'anno, e 10.000 lire per l'alloggio, purchè tre uomini di scienza scelti dal Re potessero assistere alle sue esperienze. Mesmer rifiutò.35 Più tardi se ne pentì e chiese umilmente come ricompensa nazionale un grande castello nei dintorni di Parigi con tutto il territorio che vi era attorno. Avutone un rifiuto disse che abbandonava la Francia al flagello dei suoi mali e si recò ai bagni di Spa. Avendo saputo che il suo discepolo Deslon continuava le cure col magnetismo ritornò in fretta a Parigi. I suoi ammiratori festeggiarono con entusiasmo il ritorno del Maestro, e costituirono la Società dell'Armonia che aveva per scopo di sviluppare e diffondere la dottrina del magnetismo. Per far parte della Società dell'Armonia si dovevano pagare cento luigi. Ciò malgrado si trovarono subito trecento membri che regalarono a Mesmer 400.000 lire nette e lo proclamarono benefattore dell'umanità.36

Gli ammiratori di Mesmer erano talmente entusiasti del magnetismo che passavano alle vie di fatto contro coloro che lo negavano. Il celebre chimico Berthollet raccontò che alcuni i quali sostenevano Mesmer tentarono di strangolarlo in un angolo sotto i portici del Palais Royal, perchè gli era scappato detto innocentemente di avere assistito alle scene del magnetismo e che a lui parevano poco dimostrative.37

Mesmer faceva dei contratti coi suoi allievi per insegnare loro il magnetismo. Oltre i 300 membri della Società dell'Armonia, molti erano già andati prima a Parigi da molte città della Francia e anche dall'Italia.

Il dottor Grand-Champ di Lione pubblicò il suo diploma di adepte o allievo di Mesmer.

L'articolo 1.º di questa convenzione diceva:

Il sottoscritto non potrà fare alcun allievo, nè trasmettere direttamente o indirettamente a chiunque possa essere, nè tutte, nè la minima parte delle cognizioni relative sotto qualunque siasi punto di vista alla scoperta del magnetismo animale, senza il permesso segnato da Mesmer.

Art. 3.º – Non potrà senza il suo consenso espresso per iscritto fare delle cure in pubblico o raccogliere degli ammalati per curarli in comune col metodo del magnetismo, ma sarà a lui solo permesso di vedere e trattare privatamente dei malati in modo isolato.

Nella Società dell'Armonia non tardò a manifestarsi il malumore contro Mesmer, perchè egli teneva a bada i Soci, e non insegnava loro il segreto. Un motto celebre di Doppet che corse in un baleno per la bocca di tutti i parigini gettò il ridicolo sulla Società dell'Armonia e questa in breve si sfasciò. Ecco il tratto di spirito che ferì Mesmer in modo irreparabile: Ceux qui savent le secret en doutent plus que ceux qui l'ignorent.

XIV

Il 14 luglio 1789 cadde la Bastiglia e con essa finì pure la moda del magnetismo animale. Bailly, il celebre relatore contro Mesmer, che era già deputato di Parigi, fu improvvisamente nominato Maire di questa città.

Fu lui che andato a pregare il re Luigi XVI di farsi vedere a Parigi nel portargli le chiavi della città, pronunciò davanti al trono il motto celebre “che il popolo aveva riconquistato il suo re„.

Dopo due anni di sindacato,38 dopo che l'assemblea nazionale aveva deciso che il busto di Bailly fosse messo nella sala delle adunanze, chiamato a deporre come testimonio nel processo che si faceva alla regina Maria Antonietta, Bailly comprese subito che un uragano si addensava sopra il suo capo. Avrebbe potuto fuggire e scampar il grave pericolo, ma non volle.

Quando gli domandarono se conosceva l'accusata: oh sì che la conosco, rispose umilmente; e salutò con rispetto la regina. Dopo, protestò contro le accuse e le imputazioni odiose fatte contro di lei. In quell'istante cessò di essere testimonio agli occhi del tribunale e lo si trattò come un accusato.

La colpa che gli attribuivano era di aver aiutato la fuga della famiglia reale da Parigi.

Bailly che fu prima l'idolo del popolo, abbandonato da tutti, fu con voto unanime condannato alla decapitazione.

Era presente a questo processo come testimonio quel Coffinal tristamente famoso che un anno dopo condannava a morte Lavoisier, il creatore della chimica moderna, pronunciando contro di lui, che era innocente, e senza aspettare che potesse difendersi, le parole terribili: La république n'a pas besoin de savans.39

Mai non erasi veduta una folla tanto feroce e così abbietta quanto e come quella che aveva nelle mani il potere della Francia. Beugnot racconta che quando Bailly, il venerabile sindaco di Parigi, fu consegnato alla Conciergierie nelle mani dei gendarmi, questi se lo sballottavano l'uno all'altro dicendo: ecco Bailly, – prendilo il tuo Bailly, – e ridevano come cannibali e gli davano dogli spintoni quasi a farlo cadere perchè il grande filosofo si conservava pacato.

La ghigliottina fu alzata su di un mucchio di immondizie. A mezzogiorno del 12 novembre 1793 Bailly salito sul carro fatale, fu condotto al Campo di Marte. Mentre aspettava che si mettesse in ordine la ghigliottina, un insolente gli disse per scherno: Tu trembles, Bailly.Mon ami, j'ai froid, rispose con dolcezza la vittima, e furono le sue ultime parole.

La tradizione racconta che Mesmer incontrò per l'ultima volta Bailly sul carro che lo conduceva al Campo di Marte. Aveva le mani legate dietro la schiena e la plebe di Parigi lo insultava per la strada. Mesmer ebbe il coraggio di levarsi il cappello e di salutarlo rispettosamente.

Salutiamo anche noi la memoria di Mesmer. Il suo nome sarà ricordato sempre fino a che vi saranno dei neuropatici, degli isterici, delle persone nelle quali ad un cenno può venire sospesa la volontà e la coscienza, benchè abbiano l'aspetto di essere sane.

Se è vero come credono molti che va lentamente accumulandosi nella nostra razza la degenerazione del sistema nervoso – il nome di Mesmer sarà più venerato nei secoli futuri.

L'alcoolismo, l'abuso degli eccitanti, il desiderio di sensazioni sempre più forti, lo strapazzo del cervello, la trascuranza della educazione fisica, preparano colla eredità patologica nuove generazioni, nelle quali sarà maggiore il numero di quelli che passano facilmente dalla veglia in uno stato di sonnambulismo improvviso.

Ma questi saranno sempre una minoranza minima, e nel suo complesso la nostra razza diventerà più savia e più robusta.

Se la lotta per l'esistenza sarà più accanita, se saranno più disastrosi gli effetti dell'esaurimento e più micidiali lo battaglie del pensiero, si accrescerà la falange dei meno atti, dei neurastenici, dei degenerati, di quelli che cadranno sopraffatti dalla fatica, esaltati dalla debolezza, come i soldati che un grande esercito lascia indietro nelle marcie forzato sulla strada trionfale della vittoria.

Per questi, e per tutti gli altri che non avranno coltura, Mesmer rimarrà un idolo od un taumaturgo.

NAPOLEONE

CONFERENZA
DI
Anton Giulio Barrili

I

La notte dopo il 12 aprile del 1796, un giovane comandante d'esercito, passata la Bormida con una vanguardia di ottomila Francesi, veniva ragionando in certa sua forma tra imperiosa e familiare con uno di quei valligiani, tolto poc'anzi per guida fino alla gola di Plodio. Tra l'altro ch'egli disse, queste parole rimasero scolpite nella mente dell'ascoltatore, preso di molta ammirazione e già disposto a gran fede: “Ci sono in Italia duecentomila poltroni; ma io li impiegherò.„ Parlava facilmente italiano, il generale francese, perchè era nato italiano di terra e di stirpe; parlava volentieri italiano in quell'ora, perchè, girate appena le Alpi sul primo nodo dell'Appennino, amava trarne il buon augurio con suoi fratelli di sangue, sperati amici e cooperatori di vittoria. Diceva ancora di non esser venuto a guerreggiare i popoli, ma i re, nemici dei popoli; non l'Italia schiava, ma l'Austria, tiranna in casa altrui, secondo il mal uso degli stranieri, sempre calati sulla bella penisola, come in campo aperto alle loro contese di primato europeo.

Duecentomila poltroni da impiegare! A non vederci altro che tanti infingardi, contenti dell'ozio a cui si sentivano condannati, i poltroni d'Italia erano certamente di più. Ma egli, giunto tra noi a capo di trentaseimila combattenti, egli che più tardi, nel colmo della potenza sua, non doveva averne più di cinquecentomila, nè mai, di tal numero, oltre i due terzi raccolti sotto la mano, poteva bene restringersi allora in quei modesti confini, e non chiedere all'Italia, sua madre, più di duecentomila soldati. Era già molto, e per il tempo e per l'uomo. Ancora egli non aveva fatto altro che vincere, dodici ore innanzi, sulle alture di Montenotte; e Montenotte non doveva essere una giornata decisiva se non dopo i felici combattimenti di Dego e di Millesimo. Pure, sceso da quelle vette onde non era spazzato intieramente il nemico, e dal ponte di Càrcare conducendo all'ostacolo di Cosseria la divisione Augereau, egli si sentiva già tutto compreso del suo alto destino. Un colpo di fortuna lo aveva innalzato a Tolone; un altro gli aveva fruttato il favore del Direttorio, per le nozze con la vedova Beauharnais, amica della Tallien, la bella onnipotente del giorno. Il caso è uno stupendo artefice di eventi; ma a patto che dove passa l'occasione, sua frettolosa figliuola, si trovi in agguato chi sappia afferrarla pel ciuffo. E molti aspettano, che non la vedranno passare; alcuni l'acciuffano, che non sapranno tenerla. Audaci, ma senza il valore che giustifichi l'audacia: e meglio per essi che non fossero usciti dalla oscurità; tanto è vergogna aver tentato e non vinto.

Non così egli, venuto alla sua ora in quell'esercito d'Italia che da quattro anni facendo pochi fatti romoreggiava sempre intorno ai confini. A Nizza, trovò laceri e scalzi, senza cavalli, senza vettovaglie, trentaseimila Francesi; nè egli portava più che duemila luigi con sè. Averne quattro per testa, fu gala a giovani generali, ch'egli doveva far poi marescialli, principi e duchi, caricandoli d'oro, di feudi, perfin di corone. Ai soldati nulla; ma prometteva un paradiso terrestre, disteso sotto i loro occhi nella gran valle del Po, passando, già s'intendeva, sui ventiduemila piemontesi del Colli e sui trentaseimila Austriaci del Beaulieu. L'obbedirono; e passarono ancora sui sessantamila del Wurmser, poscia sui sessantamila dell'Alvinzy, vincendo dal Tanaro al Tagliamento, dissipando tutte le resistenze, suscitando repubbliche, abbattendo principati, o ricevendoli in alleanza, che era principio di soggezione. A questo vincitore, che non in tre mesi, come aveva promesso nel partir da Parigi, ma in due era giunto a Milano, e in dieci aveva cacciata l'Austria dalla penisola italiana, mandando alla Repubblica francese il primo tributo ch'ella avesse ancor ricevuto di milioni e d'opere d'arte; a questo vincitore, costretto a perder gente in ogni vittoria, non si spedivano aiuti se non di poche migliaia d'uomini, non si consentiva il chiesto collegamento dell'esercito del Reno: ond'egli, a non arrisicare il guadagnato, e tuttavia con audaci mosse sulle Alpi Noriche minacciando di correr su Vienna, costrinse il nemico ai patti preliminari di Leoben; e il 17 ottobre 1797, a Campoformio, con larghezza inaudita, all'Austria vinta in quindici giornate campali e in più di sessanta fazioni minori, cedeva lo Stato Veneto, dai confini della Dalmazia alla linea dell'Adige. Il 9 dicembre era a Parigi, per rientrare nella vita privata. Già troppo grande, e troppo fortunato, lo mandarono presto in Egitto, per colpir l'Inghilterra sulla via delle Indie, o piuttosto per disfarsi di lui. Fu sorte che non gli lesinassero gente, nè sussidii navali. Ebbe quarantamila combattenti, tredici vascelli di linea, a cui potè unirne due veneti da sessantaquattro cannoni, sei fregate pur venete, e otto francesi, settantadue legni minori e quattrocento trasporti, con diecimila marinai. Così, mentre la Francia rimasta senza di lui si disponeva a perdere quanto aveva per lui guadagnato di qua dalle Alpi, egli andava a vincere, come Cesare, in Egitto, e con la molteplice operosità del velocissimo ingegno ordinava quella famosa spedizione scientifica, onde ancora il suo nome è collegato al rifiorire degli studi orientali. Se l'armata del Brueys vinceva ad Aboukir, com'egli alle Piramidi e al monte Tabor, qual mutamento nel mondo! Segno che l'occasione era passata anche laggiù, lungo le foci del Nilo; e l'ammiraglio non ebbe, come il generale, la virtù di afferrarla.

Perduto il buon punto sul mare, tornava inutile, o quasi, proseguir l'impresa per terra. Risoluto il ritorno dopo le tristi nuove del continente (e fu altra fortuna che l'ammiraglio nemico gli mandasse, quasi a scherno, i pubblici fogli), trafugatosi per prodigio alla crociera inglese, giunto inaspettato a Parigi, fatto il colpo del 18 brumale contro l'Assemblea dei Cinquecento, non più servitore ma arbitro e console, lascia ai due colleghi del triumvirato il governo, e con arditezza di concepimento non altrimenti superata che dalla celerità dell'atto, si difila dalle Alpi a capo di sessantamila combattenti, piomba su Milano, si volge su Marengo, e in un colpo fulmineo restaura le sorti della guerra. A quel colpo l'Italia inferiore, come la superiore, si costituisce tutta in repubbliche. Troppe, e fu errore, ond'egli pure partecipò; scusabile, nondimeno, poichè non era stabilmente il padrone. Quando lo fu, come primo console, poi come imperatore, non vide opportuno nè maturo il consiglio di uno Stato solo dalle Alpi alla Sicilia; aspettava un'altra occasione, la preparava: frattanto l'Italia dava a lui ben più di duecentomila spoltroniti, per le sue guerre d'Austria, di Germania e di Russia. E questa Italia mostrò di sentire tutta la grandezza dell'eroe, che in Francia non aveva destato estri di poeti inneggianti, nè meditazioni di cospiranti intelletti. Il Genio del Cristianesimo e il Concordato con Roma furono due opere affini; ma i loro autori non s'intesero, e il visconte di Chateaubriand, ingegno e stile mirabilmente adatto a magnificare, rimase malcontento, si trasse in disparte. Quanto alla signora di Stael, la dotta Corinna non diede altro all'Impero se non un libro avverso, l'Allemagne, glorificazione del genio d'un popolo nemico. Ed egli, che amava i vasti concepimenti dell'epica, vedendo già un altro Omero in quello smilzo Ossian del Macpherson, rimpolpato e rimpannucciato dall'arte del Cesarotti, egli che amava i forti contrasti della tragedia e volentieri avrebbe fatto principe dell'Impero il Corneille, se l'autore del Cinna si fosse degnato di nascere un secolo e mezzo più tardi, non ebbe un grande artista della parola che celebrasse le sue grandi imprese e i suoi vasti disegni. Il suo prosatore Fontanes tesseva discorsi accademicamente laudatorii, ma gli guastava i concetti universitarii, per vantarsene poscia ai ritornati Borboni. Più fortunato di qua dalle Alpi, ebbe dal Monti il Prometeo e il Bardo della Selva Nera, classiche e romantiche costruzioni di un ingegno poderoso, ma non condotte a termine; e forse avrebbe meritato assai più di rimanere in tronco la senile Pronea tra le stanche mani del traduttore e ricreatore di Ossian. Abbondavano, è vero, da noi le cantate cortigiane; ma non fu di cortigiano il panegirico di Pietro Giordani, o fu di tale che intese nel potentissimo uomo l'altissimo spirito, e perchè lo intese, e come lo intese, non dubitò di esaltarlo. Ugo Foscolo volle e non volle; sentiva il grand'uomo, ma ricordava Campoformio: e chi, riconducendosi col pensiero a quel tempo e ai giudizi d'allora, vorrebbe dargliene biasimo? Serviva intanto colla spada; restò in forse colla penna; ad ogni modo, irrigidendo davanti al re dei re i nervi della sua prosa, solo assai tardi uscì nelle mal celate ostilità dell'Ajace. Taccio dei minori, che il favore del trono accomunava allora, ed anche preponeva ai maggiori, come il Paradisi e il Lamberti. Se gl'ingegni italiani non fecero di più, pensiamo che si dolevano non avesse fatto anch'egli di più per la fortuna d'Italia, dond'era così lietamente incominciata la sua.

30.Taine, I. 212.
31.Ed. et Jul. de Goncourt, Histoire de la société française pendant la révolution, pag. 58.
32.Ibidem, pag. 137.
33.Deslon, Observations sur le magnétisme animal, pagina 46 e 47.
34.Choix des Mémoires secrets pour servir à l'Histoire de la République des Lettres depuis l'année 1762 jusque 1785, pag. 265.
35.F. Arago, Notices biographiques. œuvres complètes. Tome II, Bailly, pag. 291.
36.Lettre de M. le Marquis de Puysegur, membre de la Société de l'Harmonie, à M. Bergasse, 24 juin 1784, Paris.
37.Arago, Opera citata, pag. 290.
38.Morand, Le magnétisme animal. Paris, 1889, pag. 40.
39.E. Grimaux, La mort de Lavoisier. Revue des deux Mondes, 15 février 1887, pag. 884.
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