Kitabı oku: «Ora e per sempre», sayfa 13

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CAPITOLO DICIOTTO

“Sveglia,” le sussurrò Daniel all’orecchio.

Emily si svegliò del tutto e prese la tazza di caffè che le stava offrendo, poi notò che Daniel era vestito. “Dove vai?”

“Oggi ho delle cose da fare,” rispose.

Emily si guardò intorno e notò che il sole era appena sorto. “Delle cose? Quali cose?”

La guardò. “È un segreto. Ma non un segreto del tipo ‘non mi chiamo davvero Daniel’. Non devi preoccuparti, è come ti dico io.” Le posò un bacio sulla sommità della testa.

“Be’, rassicurante,” disse Emily sarcastica.

“Comunque,” disse Daniel, “ci vedremo lì.”

“Dove?” chiese Emily con gli occhi appannati.

Daniel alzò le sopracciglia. “Non dirmi che te ne sei dimenticata.”

“Oddio!” trasalì Emily. “L’assemblea cittadina. È oggi, vero?”

Daniel annuì. “Già. E credo che qualcuno abbia un appuntamento con Cynthia alle 7. Adesso sono le 6:45.”

Emily balzò in piedi. “Hai ragione. Oddio. Devo vestirmi.”

Nonostante fosse grata a Cynthia di essersi offerta di parlare di tutto ciò che riguarda un Bed and Breakfast, desiderava che la donna non avesse insistito tanto per un appuntamento di così primo mattino.

“Questo ti ha convinta,” disse Daniel ridendosela sotto ai baffi. Finì di bere il suo caffè, poi afferrò la giacca.

“Non ti dimenticare la riunione di stasera, okay?” disse Emily. “Alle 19 al municipio.”

Daniel fece un largo sorriso. “Ci sarò. Te lo prometto.”

*

Cynthia arrivò alla casa con i suoi due barboncini al seguito. Era vestita con un maxi vestito rosa fucsia, colore che stava malissimo con i suoi capelli rossi.

“’Giorno,” disse Emily, salutandola dalla porta.

“Ciao, tesoro,” disse Cynthia. Sembrava avere fretta mentre risaliva svelta la strada.

“Grazie per essere venuta,” aggiunse Emily quando la donna le arrivò un po’ più vicino. “Un po’ di caffè?”

“Oh, sì grazie,” disse Cynthia.

Emily la accompagnò in cucina e versò per entrambe una tazza di caffè ancora fumante. Nel frattempo, Mogsy era arrivato alla porta di vetro che separava la cucina dalla dispensa. Cynthia gli si avvicinò e la osservò attraverso il vetro.

“Non sapevo che avessi dei cuccioli!” urlò. “Oh, sono adorabili!”

“La madre era una randagia,” disse Emily. “Non mi ero accorta che fosse incinta finché all’improvviso non sono arrivati cinque cuccioli.”

“Gli hai già trovato una casa?” chiese Cynthia, facendogli le vocine attraverso il vetro.

“Non ancora,” rispose Emily. “Cioè, i cuccioli sono ancora troppo piccoli per lasciare la madre. E proprio non ci riesco a cacciarla via e lasciare che si arrangi. Quindi per il momento sono miei.”

“Be’, una volta svezzati sarò felice di prenderne uno. Jeremy ha passato i test d’ingresso alla St. Matthew e volevo fargli un regalo di congratulazioni.”

“Ne prenderesti uno?” chiese Emily, con sollievo. “Sarebbe fantastico.”

“Certo,” rispose Cynthia, strizzando un braccio a Emily. “Ci diamo una mano a vicenda in questa città. Vuoi che chieda in giro? Se qualcun altro ne vuole uno?”

“Sì, sarebbe meraviglioso, grazie,” rispose Emily.

Emily andò di là e diede da mangiare ai cani, poi le due donne si accomodarono al tavolo.

“Ora,” disse Cynthia, estraendo una spessa cartellina. “Mi sono presa la libertà di portarti alcuni moduli che dovrai compilare. Questo è per l’igiene.” Mise un foglio di carta blu davanti a Emily. Poi uno rosa. “Gas.” Alla fine ne posò uno giallo sul tavolo. “Acque di scarico e fognature.”

Emily guardò i moduli con trepidazione. Qualcosa nella loro ufficialità la faceva sentire tristemente impreparata.

Ma Cynthia non aveva finito. “Ho anche dei biglietti da visita qui per te. Nomi e numeri di gente davvero rispettabile. Faranno sì che ogni aspetto della casa rispetti gli standard. All’epoca li ho usati. Bravi ragazzi, davvero i migliori. Metterei la mia vita nelle loro mani.”

Emily afferrò i biglietti da visita e li infilò in tasca. “Altro?”

“Trevor ti renderà le cose difficili. Conosce i nomi di tutte le violazioni del codice note all’uomo. Assicurati di sapere quello che stai facendo per quanto riguarda la legge e la logistica e andrà tutto bene.”

Emily deglutì. Era più apprensiva che mai. “E qui penso che avrò proprio bisogno di fare un bel discorsetto di quelli che vengono dal cuore.”

“Oh, sta’ bene attenta,” esclamò Cynthia agitando una mano, con le unghie rosa brillante che sembravano artigli. “Il discorsetto farà il novanta percento di quello che ti serve. Solo non lasciare che Trevor ti scombullosi con il suo dieci percento.” Tamburellò con i fogli sulla tavola. “Impara quello che devi. Sii competente.”

Emily annuì. “Grazie, Cynthia. Apprezzo davvero che tu abbia trovato il tempo di parlarmi di tutte queste cose.”

“Non c’è problema, cara,” rispose Cynthia. “Ci diamo una mano a vicenda in questa città.” Si alzò e i barboncini balzarono su anche loro. “Ci vediamo dopo. Alle 19?”

“Vieni all’assemblea?” chiese Emily, sorpresa.

“Certo che ci vengo!” Diede una pacca sulla spalla a Emily. “Ci veniamo tutti.”

“Tutti?” chiese Emily nervosa.

“Tutti quelli a cui state a cuore tu e il tuo Bed and Breakfast,” rispose Cynthia. “Non ce la perderemmo per niente al mondo.”

Emily accompagnò Cynthia alla porta, provando un misto di gratitudine e apprensione. Che la gente della città volesse supportarla la faceva sentire bene. Ma averli lì a guardarla, e rischiare di rendersi ridicola davanti a loro, era una prospettiva che la terrorizzava.

*

Più tardi quella sera, Emily stava dando gli ultimi ritocchi al suo look quando sentì suonare il campanello. Si accigliò, confusa su chi potesse mai essere, e andò alla porta a controllare. Quando la aprì, rimase scioccata dalla persona che si trovava davanti.

“Amy?!” urlò Emily. “Oddio!”

Attirò l’amica a sé per abbracciarla. Amy la strinse.

“Entra,” disse Emily spalancando la porta. Diede un’occhiata veloce in alto, all’orologio. C’era ancora tempo di chiacchierare con Amy prima di andare all’assemblea cittadina.

“Uao,” disse Amy guardandosi intorno. “Questa casa è più grande di quanto mi aspettassi.”

“Sì, è gigantesca.”

Amy corrugò il naso e annusò. “È fumo? Sento odore di bruciato.”

“Oh, è una storia lunga,” disse Emily scuotendo una mano. Proprio allora i cuccioli si misero a uggiolare dalla dispensa.

“Hai un cane?” chiese Amy con tono sconvolto.

“Un cane e cinque cuccioli,” disse Emily. “Un’altra lunga storia.” Non poté fare a meno di guardare di nuovo l’orologio. “Allora, cosa fai qui, Ames?”

Amy si rabbuiò. “Cosa faccio qui? Sono qui per vedere la mia migliore amica che è sparita dai radar tre mesi fa. Voglio dire, dovrei essere io a chiederti cosa stai facendo tu qui. E come diavolo ha fatto il tuo weekend a diventare due settimane, e poi sei mesi. E senza contare il messaggio da parte tua che mi dice che stai pensando di aprire un’attività!”

Emily poté sentire una punta di disprezzo nella voce della sua amica. “Che cosa c’è di sbagliato nell’idea di avviare un’attività? Non credi che possa farcela?”

Amy alzò gli occhi al cielo. “Non volevo dire quello. Voglio solo dire che le cose sembrano correre quaggiù. Mi sembra che tu ti stia sistemando. Hai sei cuccioli!”

Emily scosse la testa, sentendosi un po’ esasperata, per non dire attaccata. “È una randagia con i suoi cuccioli. Non mi sto sistemando. Sto solo sperimentando. Provando a fare cose. Mi sto godendo la vita per una volta.”

Adesso fu Amy a sospirare. “E sono felice per te, davvero. Credo che sia fantastico che ti stia godendo la vita, te lo meriti sul serio dopo tutto quello che hai passato con Ben. Ma credo solo che potresti non averci pensato bene. Avviare un’attività non è facile.”

“Tu l’hai fatto,” le ricordò Emily.

Amy produceva a casa profumi da quando aveva finito il master e li vendeva on line. Le ci erano voluti dieci anni di notti in bianco e lavoro sette giorni su sette per fare abbastanza soldi da mantenersi, ma adesso gli affari stavano andando bene.

“Hai ragione,” disse Amy. “L’ho fatto. Ed è stato difficile.” Si strofinò le tempie. “Emily, se è davvero quello che vuoi fare, puoi almeno tornare un pochino a New York prima, pensarci bene e con attenzione? Mettere in piedi un progetto, parlare con la banca per un prestito, trovare un ragioniere che aiuti con i conti? Potrei insegnarti qualcosa io. E poi, se sei davvero certa di aver preso la decisione giusta, allora puoi sempre tornare qui.”

“So già di aver preso la decisione giusta,” disse Emily.

“Come?” urlò Amy. “Non hai nessuna esperienza! Potresti odiare letteralmente il lavoro! E poi cosa farai? Avresti sprecato tutti i tuoi soldi. Non avresti nulla da parte.”

“Lo sai, mi aspetto questa merda da mia madre, Amy, non da te.”

Amy sospirò profondamente. “È difficile supportarti quando mi hai tagliato fuori completamente dalla tua vita. Non voglio litigare con te, Emily. Sono venuta qui perché mi manchi. E sono preoccupata per te. Questa casa? Questa non sei tu. Non ti annoi qui? Non ti manca New York? Non ti manco io?”

A Emily fece male il cuore nel sentire lo sprezzo nella voce di Amy. Ma allo stesso tempo, l’orologio sul muro le diceva che il suo tempo stava volando. L’assemblea cittadina sarebbe cominciata a breve, un’assemblea che avrebbe determinato il suo futuro. Doveva esserci, e doveva essere calma.

“Scusa,” disse Amy laconica quando si accorse che lo sguardo di Emily continuava a correre all’orologio a muro. “Ti sto trattenendo?”

“No, certo che no,” disse Emily afferrando la mano di Amy. “È solo, possiamo parlarne più tardi? Ho molte cose per la testa e…”

“Che mi presentassi senza avvertirti non era mai stato un problema prima,” brontolò Amy.

“Amy,” la avvertì Emily. “Non puoi interrompere la mia vita, dirmi che sto sbagliando tutto, e aspettarti che io sia gentile. Sono felice di vederti, davvero. E puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. Ma adesso devo andare a un’assemblea cittadina.”

Amy alzò un sopracciglio. “Un’assemblea cittadina? Maledizione Emily, ascoltati! Le assemblee sono per i paesotti isolati e noiosi. Questa non sei tu.”

Emily perdette del tutto la pazienza. “No, ti sbagli. La ragazza che ero a New York? Quella non ero io. Quella era una cretina che seguiva Ben dappertutto come un cucciolo malato d’amore, che aspettava che lui le dicesse che era abbastanza giusta da sposarla. Non riconosco nemmeno la persona che ero. Non capisci: questa sono io. Dove sono adesso, chi sono adesso, è molto più giusto di quanto lo sia mai stato a New York. E se non ti piace, o non riesci come minimo ad appoggiarmi, allora la nostra amicizia è finita.”

Amy spalancò la bocca. Mai in tutti gli anni della loro amicizia avevano avuto un litigio del genere. Mai Emily aveva alzato la voce con la sua più vecchia e cara amica.

Amy si strinse forte al petto la borsa, poi ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Le dita si mossero con destrezza per tirarne fuori una e mettersela tra le labbra. “Divertiti alla tua assemblea, Emily.”

Uscì di casa e si diresse dove aveva parcheggiato la sua Benz, in fondo alla strada. Emily la guardò partire, con una sensazione di rimpianto che già le si agitava dentro.

Poi raggiunse la sua macchina, la accese, e partì alla volta del municipio, più determinata che mai.

CAPITOLO DICIANNOVE

Il municipio di Sunset Harbor era un formale ma caratteristico edificio in mattoni rossi. C’erano bassi alberi sul cortile e un’insegna vintage in legno fuori con delle lettere d’oro goffrate. Mentre Emily si affrettava su per le scale, quasi lasciando cadere la cartella di documenti nella fretta, poteva quasi percepire gli antenati della città che la guardavano.

Passò di slancio tra le doppie porte e corse alla reception, dove una donna le sorrise cordialmente.

“Salve, sono in ritardo per l’assemblea,” disse Emily frugando tra le carte in cerca della lettera che la informava della stanza in cui si sarebbe tenuta la riunione. “Non ricordo in quale stanza è. Si tratta della proprietà di West Street.”

“Lei deve essere la signora del Bed and Breakfast,” disse la receptionist con un sorriso d’intesa. “Ecco la targhetta con il suo nome. L’assemblea è stata spostata nella sala principale per l’alto livello di interesse suscitato. Appena oltre le doppie porte alla sua destra.”

“Grazie,” disse Emily appendendo la targhetta al vestito e chiedendosi cosa volesse dire “alto livello di interesse”.

Si avvicinò alle doppie porte che la donna le aveva indicato e le aprì. Rimase frastornata nel vedere quanto piena di gente fosse. Un numero enorme di paesani era venuto per la discussione. Notò i Patel, Joe del ristorante, i Bradshaw e Karen del negozio di alimentari. Evidentemente il fatto che la sua proprietà fosse o meno un Bed and Breakfast importava a molte più persone di quante lei ne avesse previste.

Le si sollevò il cuore quando notò Daniel proprio davanti. Era venuto. Questa volta non l’aveva delusa. Le teste si voltarono mentre correva davanti verso il suo posto accanto a lui. Lui le strinse il ginocchio e le fece l’occhiolino.

“Ce l’hai fatta,” disse.

Proprio allora Emily vide Trevor Mann nella fila accanto che la scrutava con un sopracciglio alzato e un sogghigno. Gli ritornò l’espressione fredda stringendo gli occhi.

Per fortuna aveva perso solo i primi cinque minuti dell’assemblea. Il sindaco stava finendo di presentare le persone del comitato e l’ordine del giorno.

“Quindi,” disse, indicando Emily e Trevor, “Vi cedo il posto. I vostri argomenti, prego.”

Trevor non sprecò un secondo. Balzò in piedi e si voltò verso il pubblico.

“Vivo nella proprietà dietro questa casa,” cominciò. “E sono assolutamente contrario al fatto che se ne faccia di nuovo un Bed and Breakfast. Abbiamo già un Bed and Breakfast in città, non ce n’è bisogno di un altro in una tranquilla strada residenziale come West Street. Sarebbe un grandissimo disturbo per la mia vita.”

“Be’,” disse Emily, con una piccola voce, “per essere tassativi, lei non vive nella proprietà. È la sua seconda casa, no?”

“Per essere tassativi,” sibilò Trevor, “nemmeno la sua è casa sua.”

“Touché,” biascicò Emily sottovoce, realizzando che Trevor Mann non si sarebbe lasciato sfuggire nulla, certa che avrebbe giocato sporco se ne avesse avuto bisogno.

Si restrinse sulla sedia, sopraffatta dalla situazione, ad ascoltarlo snocciolare statistiche sull’inquinamento acustico e sull’aumento dei rifiuti, sul mestiere turistico e sulla gente del posto che sarebbe stata allontanata dall’area a causa proprio di “questo tipo di cose.” Emily cercava sempre di parlare ma Trevor non gliene dava la possibilità. Cominciò a sentirsi un pesce, che non faceva che aprire e chiudere la bocca.

“Alla fin fine,” disse Trevor Mann, “qui abbiamo a che fare con una donna senza esperienza che non conosce nulla sulla gestione di un’attività. Per quanto mi riguarda non voglio che la terra dietro a casa mia venga usata per il suo vanitoso progettino.”

Si sedette trionfante, aspettandosi di sentire un applauso o dei suoni di apprezzamento. Invece si scontrò con un silenzio assordante.

“Ha intenzione di lasciare che la poverina parli, adesso?” disse la dottoressa Patel.

Un coro di “Hai ragione” si alzò dal pubblico. Fece felice Emily sapere che la gente della città stava dalla sua parte. Per la prima volta, sentì di aver dei veri amici qui, qualcosa di cui avrebbe avuto bisogno durante il litigio con Amy. Pensare ad Amy le fece venire le farfalle nello stomaco.

Si alzò in piedi, sapendo che ogni occhio della stanza era su di lei. Si schiarì la gola e cominciò.

“Innanzitutto, dovete tutti sapere quanto sono commossa nel sapere che siete venuti. Credo di non sbagliarmi se dico che non ero molto popolare appena arrivata qui. Ero guardinga e scettica. Ma questa città non mi ha dimostrato altro che amore, calore, generosità e amicizia. Grazie a voi, ho imparato ad amare questo posto, e ad amare tutti voi. Mi sento come quando venivo qui da bambina. Siete stati dei genitori per me, dei mentori, mi avete mostrato come diventare una donna. Non mi interessa diventare ricca. Voglio solo la possibilità di poter vivere in questa città, e di trovare un modo di mantenermi facendolo. Voglio la possibilità di sistemare la casa di mio padre, che per lui significava più di qualsiasi cosa al mondo. Non sono ancora pronta a lasciarla. E in più voglio la possibilità di restituire tutto alla comunità.”

Emily notò tutti i sorrisi incoraggianti nella stanza. Alcune persone addirittura si tamponavano gli occhi con i fazzoletti. Continuò a parlare.

“La casa di West Street apparteneva a mio padre. La maggior parte di voi lo conosceva. Io credo, dalle affezionate storie che mi avete raccontato, che fosse un membro caro alla comunità.” L’emozione minacciò di soffocarla. “Mio padre mi manca. Credo che manchi anche a voi. Restaurare casa sua è un modo per onorarlo. Trasformarla in un Bed and Breakfast è un modo per onorare la città che adorava. Tutto quello che chiedo è che mi sia data la possibilità di rendere orgoglioso lui, e voi.”

Tutto in una volta, la stanza esplose in un applauso. Emily si sentì piena di gioia per le persone che le erano accanto, per l’amore e la cura che le mostravano da quando aveva permesso loro di avvicinarsi a lei.

Prima che l’applauso avesse anche solo la possibilità di finire, Trevor Mann era di nuovo in piedi.

“Commovente davvero, signorina Mitchell,” disse. “E per quanto sia delizioso che lei voglia restituire tutto alla comunità, devo evidenziare ancora una volta quanto lei sia esageratamente non qualificata per ristrutturare una proprietà di quelle dimensioni, figurarsi gestire con successo un Bed and Breakfast.”

Ecco. La battaglia cominciava. Ed Emily era pronta.

“Contrariamente alle opinioni del signor Mann,” disse, “Non sono priva di esperienza. Ho lavorato alla proprietà per mesi e durante quel periodo l’ho completamente rivoltata.”

“Ah!” urlò il signor Mann. “La signorina ha fatto esplodere il tostapane proprio ieri!”

Emily ignorò i suoi tentativi di buttarla giù. “Ho anche ottenuto tutti i permessi necessari per i lavori che sono stati fatti, e i progetti per quelli che dovranno essere fatti per convertire la proprietà da una casa a un’attività.”

“Oh davvero?” Trevor sogghignò. “Mi sta dicendo che ha avuto i permessi per l’impianto idraulico e quello elettrico? Da degli esercenti autorizzati?”

“Sì, li ho ottenuti,” disse, tirando fuori i moduli che Cynthia le aveva dato.

“Be’, e il modulo HHE-200 per le acque di scarico?” disse Trevor, sempre più frustrato. “Quello l’ha compilato?”

Emily estrasse dalla cartella altri documenti di Cynthia. “Tre copie, come richiesto.”

Il viso di Trevor cominciava a diventare rosso. “E quel granaio danneggiato durante la tempesta? Non può lasciarlo così, è un pericolo. Ma se lo sistema, dovrà ottemperare all’ordinanza locale per l’uso del territorio.”

“Ne sono a conoscenza,” rispose Emily. “Questi sono i disegni di costruzione per gli edifici danneggiati. E prima che lo chieda, sì, ottemperano alle norme internazionali di fabbricazione del 2009. E,” continuò, alzando la voce per impedire a Trevor di interromperla, “Li ho fatti timbrare con il sigillo dell’ufficio dell’architetto di stato del Maine.”

Trevor la guardò furioso.

“Tutto questo è irrilevante,” scoppiò all’improvviso, ormai incapace di contenere la sua frustrazione. “Si sta dimenticando dell’elefante nella cristalleria. Questa casa è stata giudicata inabitabile anni fa. E la signorina non ha pagato le tasse passate. Vive qui illegalmente, e tecnicamente questa casa non è neanche più sua.”

La stanza si fece silenziosa mentre tutti gli occhi si rivolgevano al sindaco.

Il cuore di Emily le martellava in gola; questo era il momento della verità.

Alla fine, il sindaco si alzò e affrontò tutti. Cercava di nascondere un sorrisetto, ma fallendo miseramente.

“Credo che abbiamo tutti sentito abbastanza, non è vero?” disse. “La casa è stata dichiarata inabitabile perché è rimasta vuota per molti anni. Ma l’abbiamo vista tutti, e ora è molto più che abitabile… è meravigliosa.”

La folla lasciò andare un leggero urrà.

“E per quanto riguarda le tasse passate,” continuò, “Emily può pagarle col tempo. So che la nostra città preferirebbe avere un cittadino che finisca di pagarle, anche se in ritardo, piuttosto che non riscuoterne alcuna. Inoltre, le nuove tasse e il nuovo commercio che un Bed and Breakfast genererebbe sarebbero di molto maggiore beneficio alla città a lungo andare.”

Si voltò verso Emily e sorrise apertamente.

“Sono pronto ad accordare a Emily il permesso per convertire la casa in un Bed and Breakfast.”

Si sollevarono delle acclamazioni dal pubblico. A Emily mancò il fiato, a stento in grado di credere a cosa era appena accaduto. Trevor Mann tornò a sedersi al suo posto, in un silenzio sconvolto.

Le persone andarono verso Emily, le strinsero la mano, le baciarono la guancia, le diedero buffetti sulle spalle. Emily si mordeva il labbro inferiore, sopraffatta dall’emozione. Birk e suo figlio Jason, il pompiere che Emily aveva conosciuto, vennero a congratularsi. Raj Patel le ricordò dei polli che stava cercando di dare via.

“Se le serve aiuto con l’elettricità o le tubature, sono impaziente di salire a bordo,” le disse un uomo allungandole il suo biglietto da visita.

“Barry,” disse lei, leggendo il nome. “Grazie. La contatterò.”

Karen disse che se avesse utilizzato il suo negozio per tutte le sue spese le avrebbe fatto un accordo all’ingrosso. Emily era sopraffatta dalla generosità e dall’incoraggiamento di tutti.

“Quando apri il tuo Bed and Breakfast, mi ospiterai lì in quanto artista locale, vero?” disse Serena dando all’amica un grosso abbraccio.

Emily rispose con una risata.

Daniel attraversò la folla, poi con un rapido movimento la prese tra le braccia e se la tenne vicina. “Sono così orgoglioso di te.”

“Non riesco a crederci!” urlò Emily, lasciando cadere la testa indietro e ridendo mentre lui le faceva fare una piroetta. “Abbiamo avuto il permesso! Scommetto che non avevi pensato che sarei andata così lontano la prima volta che mi hai vista.”

Daniel scosse la testa. “A essere onesti, pensavo che avresti fatto qualcosa di ridicolo come lasciare acceso per sbaglio il gas e far saltare la casa. Ti ho aiutata solo per interesse personale,” aggiunse, scherzando.

“Ah, è così?” disse Emily inclinandosi verso di lui e dandogli un bacio dolce sulle labbra.

Daniel rispose al bacio con tenerezza. Emily respirò il suo profumo, pensando a quanto imprevedibile potesse davvero essere la vita. Non molto tempo prima stava baciando Ben, pensando che l’avrebbe sposato. Che stupida che era stata. Quanto diversi erano i baci di Daniel.

Quando lui la rimise giù, Emily lo guardò e gli prese la mano. Le parole di Amy le rimbombavano in testa, su quanto fosse in realtà difficile avviare un’attività. Che la maggior parte della gente falliva nel primo anno. “Adesso comincia la roba seria,” disse a Daniel. “Il progetto. L’investimento finanziario. È un grossissimo rischio.”

Daniel annuì. “Lo so. Ma perché prima non festeggiamo? Per goderci il momento.”

“Hai ragione,” disse, sorridendo. “Questa è una vittoria. Dovremmo festeggiare. Ma farai meglio a non bere troppo. Devi alzarti presto la mattina.”

Daniel si accigliò, confuso. “Sì? E perché?”

Emily gli diede un’occhiata. “Lo so dove sei sparito,” disse. “Il porticciolo.”

“Ah, quello,” disse Daniel, facendosi improvvisamente goffo. “E quindi?”

“Mi sono arrangiata con qualcuno per farti consegnare un nuovo motore per la barca.”

Gli occhi di Daniel si spalancarono dalla sorpresa. “Davvero? Ma non hai soldi!”

Sorrise. “Neanche tu quando mi hai comprato il tostapane ma l’hai fatto comunque, solo per tirarmi su quando le cose andavano male. Quindi ho voluto far qualcosa per te, per ringraziarti.”

Daniel sembrava elettrizzato, ed Emily seppe che il piccolo sacrificio finanziario era valso anche solo per l’espressione sul suo viso.

“Ottimo, questo vale il bar di Gordon!” disse Daniel.

Emily alzò un sopracciglio. “Davvero? Vuoi uscire in città? E tutti i ficcanaso e le loro chiacchiere?”

Daniel si limitò ad alzare le spalle. “Non mi interessano più. Tu sei la cosa importante per me.” Le diede un bacio sulla sommità della testa.

Emily gli cinse la vita con le braccia.

Mentre si voltavano per andarsene, Emily notò qualcuno in piedi sulla porta che li guardava. Era Amy. Emily si fermò e si preparò. Ma invece di iniziare un confronto, Amy fece vedere a Emily i pollici alzati. Poi le mandò un bacio e se ne andò.

“Chi era?” chiese Daniel.

Emily sorrise a se stessa. “Qualcuno del mio passato.”

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