Kitabı oku: «Ora e per sempre», sayfa 12
Emily scosse la testa, sentendosi improvvisamente nauseata. Non voleva crederci. Era per quello che non se lo ricordava? Perché vedere la sorella morta l’aveva traumatizzata così tanto da rimuovere tutto? E la sua mente, nel tentativo di riempire i vuoti, aveva trasformato il senso di colpa che aveva provato per aver svegliato il padre in un senso di colpa di altro tipo, in una responsabilità maggiore?
Non era stata la tempesta. Non era stata colpa sua. Aveva vissuto sotto una nube di colpa tutti questi anni senza alcuna ragione – solo perché aveva imparato dai suoi genitori a ignorare i problemi, a dimenticare le cose che non le piacevano del suo passato. A causa loro aveva represso il trauma di aver trovato Charlotte a galleggiare faccia in giù senza vita nella piscina ventotto anni prima, e la sua mente aveva cercato di riempire i vuoti, di spiegare l’assenza di Charlotte, scegliendo i ricordi che avevano più senso.
Davvero non era colpa sua.
Emily crollò in ginocchio a bordo piscina e pianse.
*
Fu l’abbaiare convulso di Mogsy a farle finalmente riprendere i sensi. Emily guardò su, non certa di quanto fosse rimasta seduta lì a lato della piscina a fissare il vuoto, ma quando si alzò e tornò nel granaio, il cielo che riusciva a vedere attraverso il buco del tetto era nero. Le stelle le strizzavano l’occhio e la luna era caliginosa. Fu allora che Emily capì che era oscurata dal fumo. Annusò e sentì odore di bruciato.
Con il cuore a mille, attraversò di corsa il granaio e uscì sul prato. Vide la casa davanti a sé e il fumo levarsi a ondate dalla finestra della cucina. Mogsy e i cuccioli abbaiavano da là dentro.
“Oddio, no,” urlò forte correndo attraverso il prato.
Arrivata alla porta della cucina, cercò di afferrare la maniglia quando un’improvvisa forza la spinse via. Inciampò e guardò su. Era Daniel, d’un tratto apparso dal nulla.
“Sei stato tu?” gridò, terrorizzata all’idea che avesse provocato un incendio per vendetta.
Daniel la fissò, inorridito dall’accusa. “Se apri la porta crei un risucchio di aria. La fiamme correranno verso l’ossigeno. Verso di te. Ti stavo salvando la vita!”
Emily aveva ancora troppa paura per sentirsi in colpa. Tutto ciò a cui poteva pensare erano casa sua che andava a fuoco e i cuccioli intrappolati dentro, l’acuto abbaiare che le faceva l’eco nelle orecchie. Attraverso la finestra della cucina vedeva le fiamme arancioni danzare verso l’alto.
“Che cosa facciamo?” gli urlò, afferrandosi i capelli dal panico, la mente vuota.
Daniel corse alla canna per innaffiare il prato appesa alla parete della casa. Ruotò la maniglia e l’acqua cominciò a zampillare fuori. Poi spaccò la finestra della porta della cucina con il gomito e si abbassò quando le fiamme vennero attirate dalla fonte di ossigeno, sporgendosi sopra di lui. Mise la canna attraverso la finestra e spense le fiamme.
“Vai alla rimessa,” gridò a Emily. “Chiama i pompieri.”
Emily non riusciva a credere che stesse accadendo. Le girava la testa, piena di confusione e terrore. Casa sua andava a fuoco. Dopo tutto il lavoro che ci avevano fatto, tutto quanto stava letteralmente bruciando.
Arrivò alla rimessa e aprì la porta. Afferrò il telefono e riuscì a malapena a digitare il 9-1-1.
“Fuoco!” urlò quando la chiamata venne connessa all’operatore delle emergenze. “West Street!”
Non appena trasmessa l’informazione tornò alla casa. Daniel non si vedeva da nessuna parte e la porta era spalancata. Emily capì che era entrato.
“Daniel!” gridò, il terrore aveva preso il sopravvento. “Dove sei?”
Solo allora Daniel emerse dal fumo, con in braccio il cesto con i cuccioli che uggiolavano, Mogsy che gli sfrecciava alle calcagna.
Emily cadde sulle ginocchia e prese i cuccioli in braccio, così sollevata che stessero bene. Erano macchiati di fuliggine. Afferrò Rain e gli tolse la cenere dagli occhi, poi fece lo stesso con gli altri. Mogsy le leccò la faccia e scodinzolò come se possedesse la capacità di comprendere la gravità della situazione.
Proprio allora Emily vide le luci lampeggianti riflesse sull’erba. Si voltò per vedere il camion dei vigili del fuoco correre ululando lungo la strada solitamente tranquilla. Arrivò dritto alla casa, poi i pompieri balzarono giù e passarono all’azione.
“C’è qualcuno all’interno della proprietà?” le chiese uno.
Scosse la testa e li guardò, sconvolta fino al silenzio, correre dentro alla cucina.
Daniel le si avvicinò esitante. Lei lo guardò, i suoi capelli pieni di cenere e i suoi vestiti coperti di fuliggine.
“Se avessi solo sistemato quella dannata porta,” disse.
Emily lasciò andare un mezzo singhiozzo che era anche una mezza risata. “Grazie per essere tornato,” disse piano.
Daniel si limitò ad annuire. Si voltarono verso la casa e guardarono silenziosamente mentre la nuvola di fumo si trasformava in niente più che una cresta sottile.
Qualche istante dopo, i pompieri riemersero. Il capo andò da Emily.
“Che cosa è accaduto?” gli chiese.
“Sembra che avesse un tostapane difettoso,” disse, tenendo in mano l’oggetto distrutto.
“Ci sono molti danni?” Si preparò alle notizie.
“Solo danni da fumo causati dallo scioglimento della plastica. Dovrà arieggiare il posto per un po’. Il fumo è tossico.”
Emily fu così sollevata dal sentire che la casa aveva subito solo danni minori dati dal fumo che gettò le braccia al collo del pompiere. “Grazie!” urlò. “Grazie davvero!”
“Faccio solo il mio lavoro, Emily,” rispose.
“Aspetti, lei conosce il mio nome?” chiese Emily, facendosi indietro.
“Per via di mio padre,” rispose il pompiere. “Le è molto affezionato.”
“Chi è suo padre?”
“Birk della pompa di benzina. Io sono Jason, il figlio maggiore. Sa, la prossima volta che dà una festa, mi inviti, okay? Non credo che papà si sia mai divertito tanto in tutta la sua vita come quella sera. Se è una padrona di casa così brava, voglio esserci anch’io.”
“Ti inviterò,” rispose Emily, un pochino sconvolta dagli eventi della serata, e dal modo in cui tutti conoscevano tutti in quella piccola cittadina.
Emily e Daniel si alzarono in piedi e guardarono il camion andarsene, poi entrarono per stimare i danni. Oltre alla puzza, a una macchia nera che correva lungo il muro e a un rettangolo fuso sul piano di lavoro, la cucina era a posto.
“Posso pagare per la finestra rotta,” disse Daniel.
“Non essere sciocco,” rispose Emily. “Mi stavi aiutando.”
“Era un fuocherello. Ho esagerato. Solo che non volevo che Mogsy e i cuccioli soffocassero col fumo.” Prese Mogsy e la grattò dietro alle orecchie e lei lo premiò leccandogli il naso.
“Hai fatto la cosa giusta,” aggiunse lei. “Gli incendi si possono diffondere in un attimo. Grazie alla canna dell’acqua che hai preso prima che accadesse.” Guardò Daniel, il suo capo chino e le spalle piegate. “Che cosa ti ha fatto tornare?” gli chiese.
Daniel si morse le labbra. “Non mi hai dato modo di spiegare. Volevo difendermi.”
Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, Emily glielo doveva. “Okay. Vai. Difenditi.”
Daniel prese una sedia e si sedette al tavolo della cucina. “Dashiel è il nome con cui sono nato,” cominciò. “Ma era anche il nome di mio padre. Per quello mi hanno chiamato così. Quindi l’ho cambiato legalmente quando me ne sono andato di casa perché non volevo diventare un fannullone alcolizzato come lui.”
Emily si mosse a disagio. Anche il suo, di padre, beveva spesso. Era un’altra cosa che lei e Daniel avevano in comune?
“Quella gente in città,” continuò Daniel. “Mi ricordano come Dashiel perché vogliono che sia cattivo. Vogliono che diventi lui. Che diventi cattivo.” Scosse la testa.
Emily si sentiva diventare piccola dall’imbarazzo, lì sulla sedia. “E le donne?”
Lui si strinse nelle spalle. “Abbiamo tutti relazioni passate, no? Non credo di averne avute più di quanto sarebbe normale per un giovane di questi giorni e della mia età. Quelle donne probabilmente sono sospettose perché non mi sono mai sposato, sai? Credono che sia un don Giovanni perché sono uscito con qualcuna, ho avuto qualche relazione lunga ma non mi sono mai sistemato. Non sono un monaco, Emily. Ho avuto degli amori passati. Ma credo che tu saresti più confusa se non li avessi avuti!”
“È vero,” disse, sentendosi anche più tormentata dal rimorso. “Scusami per essermi lasciata prendere da queste cose. Per essermi lasciata convincere che sei un cattivo ragazzo.”
“Adesso lo vedi che non lo sono? Che non sono il ragazzo che manda la gente all’ospedale? Che non può prendersi nessuna responsabilità e che è destinato a fallire? Che ti terrebbe in sospeso con le romanticherie per poi dar fuoco alla tua casa?”
Quando lo disse a voce alta, suonò un po’ assurdo. “Adesso lo vedo,” disse lei con voce timida.
“E tu LO SAI chi sono. Sono il ragazzo che se ne stava qui con te durante una tempesta a prendersi cura di un cucciolo affinché tornasse in salute. Che ti ha portato a un giardino di rose segreto in una calda giornata primaverile. Che ti ha comprato lo zucchero filato. Che ti ha baciato e ha fatto l’amore con te.”
Allungò la mano per stringergliela. Emily la guardò, il palmo aperto e invitante, poi fece scivolare la mano nella sua e intrecciò le dita con le sue.
“Non dimenticarti che sei anche il ragazzo che mi ha salvato da un forno infernale,” aggiunse.
Daniel sorrise e annuì. “Sì. Sono anche quel ragazzo. Un ragazzo che non vorrebbe mai farti soffrire.”
“Bene,” disse Emily. Si inclinò e lo baciò con tenerezza. “Perché quel ragazzo non mi dispiace proprio per niente.”
CAPITOLO DICIASSETTE
Quella notte, Emily e Daniel riaccesero la loro relazione, e anche se il dramma del giorno non fu affatto dimenticato tra le lenzuola del letto, il perdono arrivò sotto forma di carezze, i sentimenti cattivi vennero mandati via a suon di baci.
Quando arrivò il mattino, facendo splendere la luce brillante dell’estate attraverso le tende, si risvegliarono entrambi.
“Non credo che ti preparerò la colazione,” disse Daniel. “Ora che il tostapane è esploso.”
Emily gemette e lasciò ricadere la testa sul cuscino. “Ti prego, non ricordarmelo.”
“Dai,” disse Daniel. “Andiamo a fare colazione da Joe.” Saltò fuori dal letto e si mise i jeans, poi allungò la mano perché Emily la prendesse.
“Non possiamo dormire ancora un po’?” rispose Emily. “Abbiamo avuto una serata impegnativa, se te lo ricordi.”
Daniel scosse la testa. Sembrava decisamente troppo energico per il mattino presto. “Pensavo che volessi gestire un Bed and Breakfast,” esclamò. “Non te ne starai a perdere tanto tempo a letto quando avrai degli ospiti.”
“Ed ecco perché perderò tempo a letto adesso,” disse Emily.
Daniel la strappò dal letto, Emily gridava e rideva, e la mise sullo sgabello davanti alla cassettiera.
“Oh, sembra che adesso tu sia in piedi comunque,” disse Daniel con un sorriso sfacciato. “A questo punto puoi anche vestirti.”
Quando Emily fu vestita, Daniel la portò da Joe. Ordinarono entrambi caffè e waffle, poi si misero a fare due conti. Emily aveva sempre avuto terrore di rimanere senza soldi e se davvero decideva di dare inizio all’idea del Bed and Breakfast, doveva usare tutti i suoi risparmi. Le sue riserve per i tre mesi lì le avrebbe spese tutte. Se andava male, sarebbe rimasta senza niente. Guardare la lista di cose che doveva comprare era scoraggiante. Dalle cose costose fino al ridicolo come il restauro della finestra Tiffany nella sala da ballo, a quelle più economiche come sostituire il tostapane saltato per aria, Emily non era sicura di potercela fare.
Lasciò cadere la penna. “È troppo,” disse. “Costa troppo.”
Daniel allungò un braccio e prese in mano la penna. Fece una croce sull’oggetto meno costoso della lista, il tostapane.
“Perché l’hai fatto?” chiese Emily corrucciandosi.
“Perché dopo colazione andrò ai grandi magazzini e te ne comprerò uno nuovo,” disse.
“Non sei tenuto a farlo.”
“Hai ragione. Ma voglio farlo.”
“Daniel…” lo mise in guardia lei.
“Ho dei risparmi,” rispose. “E voglio aiutarti.”
“Ma dovrei vendere i pezzi di antiquariato prima che tu ti metta a fare sacrifici per me.”
“Vuoi farlo davvero?” chiese Daniel. “Vendere i tesori di tuo padre?”
Scosse la testa. “No. Il loro valore sentimentale è troppo alto.”
“Allora lascia che ti aiuti.” Le strinse la mano. “È solo un tostapane.”
Sapeva che Daniel non poteva essere troppo ricco. Anche se la rimessa era arredata con gusto, viveva lì senza pagare l’affitto da vent’anni. Non riceveva del denaro dal lavoro sulla sua terra e probabilmente faceva lavoretti di riparazione qui e là, giusto per la benzina e il cibo e la legna per il fuoco. Anche se la metteva a disagio sapere che Daniel avrebbe usato i soldi dei suoi risparmi, annuì.
“E non si può mai sapere,” disse Daniel. “La gente della città potrebbe aiutarti. Il mio amico George ha detto che sarebbe venuto a dare un’occhiata alla finestra Tiffany per vedere se poteva fare qualcosa per restaurarla.”
“Davvero?”
“Certo. Alla gente piace dare una mano. E le piacciono anche i soldi. Forse alcuni investiranno su di te.”
“Forse,” disse Emily. “Anche se non hanno nessuna ragione per farlo.”
Daniel si strinse nelle spalle. “Raj non aveva ragione di abbattere quell’albero per te ma l’ha fatto lo stesso. Ad alcune persone semplicemente piace aiutare.”
“Ma chi qui intorno ha quella quelle cifre?”
“Rico?” suggerì Daniel bevendo una sorsata del suo caffè. “Scommetto che è seduto su un gran mucchio di soldi.”
“Rico?” esclamò Emily. “Si ricorda a malapena come mi chiamo.” Sospirò, stanca e ansiosa. “Davvero, l’unica persona ricca è Trevor Mann. E sappiamo tutti cosa pensa di me.”
“Probabilmente molto molto peggio rispetto a quello che pensava prima grazie alla visita notturna dei pompieri.”
Emily gemette e Daniel le strinse il braccio per rassicurarla.
“Non ti mentirò, Emily,” disse. “Farlo sarebbe un grosso rischio. Ma sono qui per aiutarti, e scommetto che lo farà anche il resto della città. Fa’ quello che ritieni giusto, ma sappi che qualunque cosa deciderai non sarai sola.”
Emily sorrise, le dita gli accarezzavano delicate il braccio per tutta la lunghezza, rassicurata dalle sue parole.
“Se trovassi un po’ di soldi,” disse, “cosa sarebbe la prima cosa che faresti?”
Emily ci pensò a lungo. “Vorrei una reception diversa. Il foyer sembra così vuoto, al momento.”
“Ah sì?” disse Daniel. “Cosa ci metteresti, in un mondo ideale, se non ci fossero problemi di soldi?”
“Be’, ci vorrebbe un pezzo su misura in realtà,” disse Emily prendendo il telefono e mettendosi a cercare su Google e su eBay. “Qualcosa del genere!” disse mostrandogli lo schermo e il fantastico pezzo di Art Deco.
Daniel fischiò. “Carino davvero.”
“Già,” disse Emily. “E guarda il prezzo. Appena un migliaio di dollari fuori dal mio budget.” Poi alzò lo sguardo e fece un sorrisetto a Daniel. “Ma se non hai idee per il mio compleanno…” Rimise giù il telefono e sospirò. “Comunque sto correndo troppo. Non ho ancora il permesso.”
“Ho piena fiducia che otterrai il permesso,” disse Daniel. Poi si alzò all’improvviso, allontanando il piatto. “Andiamo,” disse.
“Dove?” chiese Emily.
“Da Rico. Vediamo se c’è qualcosa che magari vorresti comprare.”
Emily era riluttante a tornare da Rico, in parte perché la casa era più o meno finita, ma anche per la sgradevole esperienza che aveva avuto il giorno prima. Il pensiero di tornarci la innervosiva e non aveva voglia di rivivere il momento. Ma con Daniel che le teneva la mano, forse non sarebbe stato così male.
“Abbiamo appena guardato il mio budget! Non ho i soldi per comprare niente di bello!” contestò.
“Lo sai com’è fatto Rico. Potrebbe esserci qualche perla nascosta lì da qualche parte.”
“Ne dubito,” rispose Emily. Praticamente aveva passato al setaccio ogni millimetro di quel posto. Ma l’idea di fare spese con Daniel, di avvicinarsi di un passettino al suo sogno, era un’esperienza troppo divertente per perdersela. Emily decise allora che qualunque gossip le persone del luogo avrebbero fatto su di loro sarebbe stata capace di gestirlo. Guardò il blocchetto pieno di dati e cifre, poi lo chiuse di colpo.
“Andiamo,” disse.
*
“Ecco la mia coppia preferita,” disse Serena quando vide entrare al mercatino delle pulci Emily e Daniel. Era davvero stupenda quel giorno con un prendisole a fiori, come sempre multicolore. Li baciò a turno sulle guance. “Com’è il Bed and Breakfast?”
“Assolutamente fantastico,” disse Daniel cingendo Emily con un braccio. “Emily ha fatto un lavoro meraviglioso.”
Emily sorrise e Serena le strizzò l’occhio.
“Allora è finito?” chiese. “Quand’è l’inaugurazione? Darai un’altra delle tue feste? Quello stufato era buono da morire. Ooh, mi ha fatto venire in mente una cosa, puoi scrivermi la ricetta, devo mandarla a mia madre.”
“Hai parlato a tua madre del mio stufato?”
“Dico tutto a mia madre,” disse Serena alzando un sopracciglio.
Proprio allora da una delle stanze sul retro uscì Rico. Sembrava più debole del solito, le rughe sul suo viso erano più pronunciate.
“Salve, Rico,” disse Emily.
“Salve,” disse Rico stringendo la mano di Emily. “È un piacere conoscerla.”
“È Emily,” gli ricordò Serena. “Te la ricordi? Stiamo stati a cena a casa sua.”
“Ah,” disse Rico. “Sei la giovane donna del Bed and Breakfast, vero?”
“Be’, non ancora,” disse Emily sorridendo. “Ma spero di aprirne uno, sì.”
“Ho qualcosa per te,” disse Rico.
Emily, Daniel e Serena si scambiarono un’occhiata.
“Davvero?” disse Emily, confusa.
“Sì, sì, te l’ho tenuta da parte. Per di qua.” Rico zoppicò lungo il corridoio. “Venite.”
Stringendosi nelle spalle, Serena lo seguì, e Daniel ed Emily la tallonavano con espressione ugualmente sconcertata. Rico gli fece attraversare una porta rossa e li condusse in una grande stanza nera. C’erano molte lenzuola a coprire grossi pezzi di mobilio. Era inquietante, come un cimitero di mobili.
“Che succede?” sussurrò Emily all’orecchio di Serena, e il suo primo pensiero fu che Rico si fosse rimbambito del tutto.
“Boh,” rispose Serena. “Non sono mai stata qui.” Si stava guardando attorno, con gli occhi grandi e curiosi. “Che cos’è tutta questa roba, Rico?”
“Mmm?” disse il vecchio. “Oh, solo cose troppo grandi per il negozio e troppo speciali per essere vendute.” Arrivò a un lenzuolo impolverato che copriva qualcosa di grande e rettangolare. “Sì, eccola,” disse Rico parlando a se stesso. Si mise a spostare il pesante lenzuolo. Emily, Daniel e Serena entrarono in azione, presero gli angoli del lenzuolo per aiutarlo.
Togliendo il lenzuolo, cominciarono a vedere una lastra di marmo. Poi il lenzuolo scivolò via del tutto, rivelando una favolosa scrivania da reception in legno scuro con la superficie in marmo. Sembrava solida e robusta ed era esattamente quello che Emily stava cercando.
Emily sussultò e la guardò da cima a fondo, scoprendo che sull’altro lato c’era un divano di velluto rosso attaccato al pezzo, rendendo così la scrivania anche un luogo dove sedersi. Il design era unico e fantastico.
“È perfetta,” disse Emily.
“Si trovava nel grand foyer,” disse Rico.
“Quale grand foyer?” chiese Emily.
“Del Bed and Breakfast.”
Emily spalancò la bocca. “Del mio Bed and Breakfast? Era il pezzo originale?”
“Oh sì,” rispose Rico. “Tuo padre la adorava. Gli è dispiaciuto separarsene ma non c’era proprio abbastanza spazio nella casa. Inoltre, non voleva farle un’ingiustizia. Voleva che qualcuno la usasse per quello per cui era stata progettata. Quindi l’ha data a me quando ha preso la casa, sperando che avrei trovato un compratore.” Tamburellò con l’indice sul marmo. “Nessuno ha mostrato interesse.”
Sorprendeva sempre Emily sentire Rico parlare del passato. Sembrava avere ricordi cristallini di certi eventi, ma per altri non aveva nessuna memoria. Era stato un colpo di fortuna che si fosse ricordato di questa, e che la scrivania originale fosse esattamente del gusto di Emily.
Ma la sua euforia ebbe vita breve e l’umore le crollò. Qualcosa del genere sarebbe sicuramente costato più di quanto aveva.
“Quindi, quanto costa?” chiese preparandosi alla delusione.
Rico scosse la testa. “Niente. Voglio che la abbia tu.”
Emily sussultò. “Che la abbia io? Non posso. Deve costare così tanto!” Era sconvolta.
“Per favore,” insistette Rico. “Non sono stato capace di venderla in trentacinque anni. E il modo in cui il tuo viso si è illuminato quando l’ha vista mi ripaga a sufficienza. Voglio che la prenda tu.”
Sopraffatta dall’emozione, Emily gettò le braccia al collo di Rico e lo baciò sulla guancia. “Grazie, grazie, grazie. Non hai idea di quanto significhi per me. La prenderò ma è solo un prestito finché non avrò messo insieme abbastanza soldi da ripagarti, okay?”
Le diede un colpetto sulla mano. “Come vuoi. Sono solo contento di vederla andare in una casa amorevole.”







