Kitabı oku: «Terre spettrali», sayfa 2
Quella sensazione però svani appena uscì dalla stanza. Mentre si calmava, notò che Boo invece era entrato e che sembrava essere interessato a qualcosa. Qualsiasi cosa fosse, attirò la sua attenzione solo per breve tempo, poi anche lui si girò e tornò in corridoio.
Alla fine del corridoio si trovava una camera più grande che serviva da stanza dei giochi. C'erano un biliardo e un tirassegno per le freccette, ma entrambi erano coperti. Una piccola libreria accoglieva anche una vasta selezione di giochi da tavolo. Dall'aspetto della stanza, Marie ebbe la sensazione che venisse utilizzata raramente.
Il giro continuò di nuovo al piano terra, per proseguire in cucina e poi fuori sulla grande veranda posteriore, che sembrava l'unico ambiente moderno di tutta la casa. Il legno fresco era un chiaro indizio del fatto che era stata ristrutturata o riparata di recente. La veranda affacciava su un vasto terreno che, bisognava ammetterlo, in quel momento, bagnato dalla luce del tramonto, era assolutamente splendido: erano quelli i giardini che davano il nome al bed-and-breakfast. Certo, non si poteva paragonare alla vista sul mare di cui si godeva dalla veranda di June Manor, ma possedeva comunque il suo fascino quieto.
Lasciata la veranda, Marie tornò nel piccolo soggiorno. Riaccomodatasi sul divanetto che aveva già occupato poco prima, cercò di rilassarsi. In fondo, forse si trattava solo di una grande messinscena, o qualcosa del genere. Forse la signora Grace aveva sentito parlare di ciò che era accaduto a June Manor e le stava facendo uno scherzo elaborato.
Eppure, mentre il pomeriggio cedeva definitivamente il passo al crepuscolo e il cortile diventava sempre più buio, Marie avvertì che quelle erano soltanto speranze, nient'altro che pie illusioni. Persino Boo sembrava essersi un po' innervosito, man mano che si avvicinava la notte.
“Va tutto bene, Boo,” cercò di rincuorarlo. “E mi spiace averti trascinato in questa situ…”
Fu interrotta da un rumore sordo proveniente dalla cucina. Marie e Boo voltarono subito la testa. Le spalle di Marie si irrigidirono e la coda di Boo si rizzò, rimanendo immobile. Marie si accorse di essersi alzata in piedi. Sapeva cosa stava per accadere. Fece del suo meglio per evitarlo ma, prima ancora di rendersene conto, stava correndo verso la porta.
CAPITOLO TRE
Sfrecciò attraverso l'atrio precipitandosi fuori in veranda, poi di corsa scese giù per le scale. Alla fine si fermò, affannata, rendendosi conto che era da tanto tempo che non provava un così grande spavento. Era imbarazzante ma anche rigenerante, e in un certo senso le faceva quasi piacere. Poi si guardò attorno. Ai margini della veranda era ormai calato il buio. Proprio lì, in un remoto passato, forse un uomo si era impiccato.
Lentamente, e con molto imbarazzo, Marie si rincamminò verso la casa. Aveva il cuore ancora gonfio di paura, ma ricordava bene qual era la posta in palio. Ventimila cucuzze. E una reputazione… per così dire. In parole povere, c'era troppo in gioco. Per la prima volta quella sera, fu addirittura contenta che né la signora Grace né Brendan si trovassero lì.
Quando tornò in soggiorno, trovò Boo ad accoglierla. Con il cane al suo fianco, avanzò verso la cucina. Non dovette esaminarla troppo a lungo per constatare l'origine del rumore che l'aveva spaventata. C'era una saliera di cristallo proprio al centro del pavimento. Decisamente non si trovava lì quando lei e Boo avevano fatto il primo giro della casa. La piccola saliera non si era rotta, ma il coperchio si era staccato e del sale si era sparso sul pavimento. Boo avanzò piano verso il sale, lo annusò, poi girò la testa in una smorfia di disgusto.
“Credi che possa essere semplicemente caduta?” chiese Marie.
Ma era solo una pia illusione, perché lo spargipepe che faceva il paio con la saliera era invece ancora al suo posto sul piano cucina, ad almeno un metro di distanza.
Boo annusò ancora una volta il sale sparso per terra. Poi sollevò la testa per guardare la sua padroncina ed emise un guaito sommesso.
Marie rabbrividì e pensò: La penso proprio come te, amico.
***
Il buio calò su Bloom Gardens come una coperta scura sopra un materasso, anche se in quel caso non c'era proprio nulla di confortante. Marie non sapeva bene cosa dovesse fare, anche perché il vero protagonista era Boo. Quanto a lei, le storie che la signora Grace aveva raccontato quasi le avevano fatto venire voglia di scappare a gambe levate.
E l'episodio della saliera non aiutava affatto.
Oh mio Dio, ma cosa ci faccio qui?
Nella sua testa si materializzò un grafico a torta che provò a ignorare, ma in cui poteva visualizzare la risposta. Il novantotto per cento del grafico era colorato di verde: indicava i verdoni che le erano stati promessi. L'altro due per cento era invece colorato di giallo ed era accompagnato da questa legenda: Fare colpo su Brendan.
Ripensando a lui mentre si trovava ancora in cucina, Marie prese il telefono e scrisse un messaggio molto più breve di quanto avesse inizialmente in mente: Così… la signora Grace non resta qui. Lo sapevi????
Immaginò che dovesse essere impegnato con il convegno e che per un po' non avrebbe potuto risponderle, ma inviò il messaggino comunque.
O, perlomeno, provò a inviarlo. Il messaggio risultava sempre in corso d'invio, ma sembrava impossibile riuscire a spedirlo correttamente. Eppure c'era campo e…
Ma mentre Marie aveva gli occhi fissi sul cellulare, il segnale pieno si azzerò repentinamente. E la stessa cosa accadde alla batteria, che passò dal quarantacinque per cento a zero in cinque secondi netti. Fino a che il telefono non si spense del tutto.
“Che diavolo succede?”
Non aveva mai avuto un solo problema con quel telefono. Aveva meno di un anno e aveva sempre funzionato perfettamente. La sua mente dunque saltò subito alla (non tanto) logica conclusione: era colpa della casa. In qualche modo, la casa o le forze che la occupavano stavano sabotando il suo telefono.
Uscì dalla cucina, chiedendosi se per caso non fosse una zona senza segnale. Ma il telefono rimase morto anche in soggiorno, nello studio e in corridoio.
Percorrendo a passo lento la casa con Boo sempre al suo fianco, poté percepire immediatamente che qualcosa era cambiato lì dentro; dopo lo spegnimento del telefono, era diventato evidente. Non erano più lievi brividi di freddo che Marie sentiva adesso, ma era una specie di torpore che si stava impadronendo di lei. Inoltrandosi lungo i corridoi per controllare ogni camera, iniziò ad avere l'impressione che il pavimento fosse fatto di gomma rovente, e questo le rendeva difficile camminare.
Si aggrappò al pensiero di ciò che le aveva detto Brendan, che non l'avrebbe mai lasciata sola se avesse pensato che potesse essere in pericolo. Gli credeva, ma sapeva anche che la loro soglia di tolleranza nei confronti delle situazioni spaventose era piuttosto diversa.
Fece due giri della casa, senza sapere esattamente cosa stesse cercando. A ogni passo era sempre più terrorizzata, ma la parte di lei che continuava a considerarsi una smaliziata scettica era determinata a voler scoprire cosa di preciso in quella casa sembrasse così disturbante. Mentre camminava nell’edificio, le venne in mente che forse era tutta una gran perdita di tempo. Dopo tutto… non era lei ad avere poteri paranormali, lì dentro. Era Boo. E, per quanto ne sapeva, la sua performance a June Manor, quando si era scatenato contro gli spettri, avrebbe potuto essere semplicemente il frutto di una pura combinazione. Dunque, rendendosi conto di quanto fosse inutile la sua presenza Marie decise di tornare in soggiorno. Immaginò che poteva non essere una buona idea quella di mettersi a guardare la TV; non voleva disturbare i fantasmi, o come li si volesse chiamare, che occupavano la villa. Allo stesso tempo, però, non riusciva a sopportare il silenzio della casa.
Alla fine, scelse di accendere la TV e tenere il volume basso. Notò immediatamente che Boo sembrava inquieto. Rimaneva seduto accanto a lei solo per un attimo, poi si rimetteva sulle quattro zampe per fare un altro giro della casa. Continuò a comportarsi così per un'ora. Marie iniziò a guardare un altro episodio di The Good Place. Era una delle sue serie preferite ma, dato che era confusa e spaventata, non la stava trovando molto divertente né rassicurante.
Mezzanotte si stava avvicinando e, poiché dubitava che sarebbe stata in grado di dormire, immaginò che dovesse almeno sforzarsi di tenere la mente più concentrata possibile. Rimanere senza telefono e con il ronzio della televisione in sottofondo non era il miglior esercizio mentale, dunque pensò che avrebbe potuto dare un'occhiata ai libri della signora Grace. Era sul punto di alzarsi quando notò che Boo stava tornando nella stanza, dopo una delle sue avventure solitarie.
Camminò in tondo un paio di volte poi si accovacciò ai suoi piedi. A quanto pareva, per quella notte per lui bastava così, ed era pronto a dormire. Buona idea. Marie sentì gli occhi socchiudersi, lentamente… fino a che non fu del tutto addormentata.
Si svegliò di soprassalto più tardi, dopo aver sentito un rumore provenire da un punto indefinito della casa. Fu scioccata nello scoprire che si era assopita, e lo fu ancora di più quando lesse l'ora sull'orologio appoggiato sul tavolino: erano le 3:07.
Si rassettò, stropicciandosi gli occhi, e gettò uno sguardo sulla sinistra, da dove le era sembrato che provenisse il suono. Mentre scrutava il corridoio, lo sentì di nuovo. Veniva proprio da quella direzione, si accorse, ma dal piano di sopra.
Boo avanzò verso il corridoio poi si voltò verso di lei, come se volesse dirle: Okay, amica, è tempo di darsi da fare.
Marie si alzò e silenziosamente ringraziò il cane che era partito in avanscoperta. Accese le luci delle scale e seguì Boo. Mentre si avvicinava sempre di più all'oscuro corridoio del primo piano, fu pervasa dalla paura del buio che aveva quand'era bambina. Era impossibile dire quali orrori la aspettassero là sopra: bestie bavose pronte a farla a pezzi, demoni e spiriti emersi dalle viscere della terra, oppure…
Oppure nulla. Accese la luce del corridoio e lo trovò vuoto. Eppure il rumore non era cessato. Sembrava in costante movimento, come se qualcuno stesse spostando qualcosa di soffice, o ci si stesse sedendo sopra.
Proveniva dalla prima camera del corridoio, quella più vicina a lei e a Boo. La porta era aperta e per un breve frangente a Marie sembrò di intravedere qualcosa lì dentro. C'era un cigolio di materasso e un frusciare di lenzuola, quasi come se qualcuno stesse saltando sul letto. Rimase sulla soglia a dare un'occhiata e notò che le lenzuola erano spiegazzate, mentre la prima volta che aveva visitato la stanza erano perfettamente tirate. Sembrava proprio che qualcuno si fosse messo a saltare sul letto.
“Suppongo che sia quello amichevole,” affermò Marie.
Boo infilò la testa tra la gamba di Marie e lo stipite, per guardare dentro la stanza. Diede un'occhiata curiosa, inclinò la testa e iniziò a scodinzolare.
In quel preciso momento, si sentì un altro rumore da un altro punto della casa, probabilmente la cucina. I rumori anzi erano due, poi tre, ravvicinati. Era un suono facile da identificare: e del resto, Marie ne aveva già sentito uno uguale, il primo giorno che aveva trascorso per intero a June Manor. Erano passi… e sembravano piuttosto minacciosi, specie considerando che l'unica persona presente in casa, al momento, si trovava nel corridoio del primo piano.
“E immagino che questo sia l'altro,” concluse Marie.
All'improvviso, sebbene fosse sicura che i passi che aveva sentito provenissero dal piano di sotto, il rumore sembrò spostarsi proprio nel corridoio, a pochi metri di distanza da dove si trovavano lei e Boo. Il corridoio era diventato freddo e Marie ebbe la netta sensazione che non erano soli.
Boo rimase al suo fianco, immobile come una statua. Tutto il suo corpo nero si irrigidì, il naso puntato in avanti come se fosse un cane da caccia ben addestrato, la coda leggermente incurvata tra le gambe, anch'essa irrigidita come il resto del corpo. Con la gola iniziò a emettere un ringhio sommesso che aumentava di volume secondo dopo secondo. Fronteggiava il corridoio, annusando e piegando piano la testa avanti e indietro.
Rimase in quella posizione per circa dieci secondi, poi fece qualche passo lungo il corridoio. Lanciò un'occhiata in avanti poi, come se qualcuno gli avesse dato una pacca sulla schiena per incitarlo a lanciarsi alla caccia di qualcosa, si voltò e balzò dentro la stanza. Il suo ringhio divenne ancora più minaccioso. Marie non lo aveva mai sentito emettere un suono del genere e ne fu raggelata.
Boo si addentrò nella camera, premendo con furia le unghie contro il parquet. Marie cercò di dirsi che la folata di vento gelido che le aveva frustato il corpo era solo il frutto della sua immaginazione, ma sapeva che era una bugia.
Il cane iniziò ad abbaiare, ma non in modo giocoso o allegro. Erano delle abbaiate minacciose, dei segnali di avvertimento e pericolo. Marie avanzò di un passo verso l'ingresso poi si fermò, assicurandosi di tenersi a debita distanza e non interferire con quello che Boo stava facendo, di qualsiasi cosa si trattasse. Anche se non amava l'idea di dover stare dietro a un cane che sembrava essere in procinto di scacciare uno spirito malevolo, non le piaceva nemmeno l'idea di perdersi quello spettacolo spettrale.
L’abbaiare di Boo si trasformò poi in una serie di feroci latrati, come se stesse inveendo contro qualcuno. Adesso si teneva molto vicino alla parete di fondo, abbaiando con forza verso l'angolo, come se avesse intrappolato una sventurata preda. Ovviamente, in quell'angolo non c'era niente e nessuno, soltanto uno spazio vuoto.
Rivolgendosi stavolta verso il letto, Boo continuò ad abbaiare e guaire. Marie strabuzzò gli occhi, tentando di vedere contro cosa stesse abbaiando, ma senza risultato. Per un brevissimo istante, le sembrò di vedere le lenzuola muoversi, come se qualcuno fosse scivolato sul letto. Ma avrebbe anche potuto essere un inganno degli occhi, traditi dai movimenti improvvisi e frenetici di Boo.
Più o meno nello stesso momento, Marie sentì qualcosa di freddo premerle sul petto. Fu una sensazione impressionante, come essere immersa in una piscina gelida, ma durò pochissimo tempo. Indietreggiò d'un passo, barcollando e rantolando. Il respiro le si congelò nei polmoni, ma riuscì rapidamente a riprendere fiato. Boo corse verso di lei, poi si precipitò lungo il corridoio e giù per le scale.
Marie lo seguì e quando arrivò in fondo alle scale Boo aveva smesso di abbaiare. Il cane si era fermato a fissare l'atrio, in direzione del soggiorno. Lentamente, i suoi muscoli si distesero. Un guaito sommesso gli sfuggì dalla gola, non di tristezza o dolore, ma più che altro di confusione, o almeno così parve a Marie.
Il cane avanzò di qualche passo verso l'ingresso, infine si rilassò del tutto. Guaì un po', tornò trotterellando da Marie, e le si strofinò contro la gamba. Lei si chinò per fargli delle coccole, lo sguardo fisso verso il corridoio.
“Oh sì che sei un bravo ragazzo, Boo. Tutto a posto, bello?”
Lui scodinzolò per rispondere che sì, stava bene. Ripercorsero insieme il corridoio, attraversarono a passo lento la cucina, e raggiunsero infine il soggiorno. Poi Marie si diresse nuovamente verso le scale, e alzò lo sguardo verso il piano di sopra.
“Lo senti anche tu, amico?” chiese.
Boo si sedette, fissando anche lui in alto, oltre le scale. Era quasi tornato il solito Boo. A quanto pareva, anche lui lo sentiva.
Anche se, onestamente, non c'era davvero qualcosa da sentire… era più come non sentire niente. Marie si rese conto che quella sensazione opprimente che aveva percepito in casa, quella che a un certo punto le aveva reso difficile persino camminare, era come svanita.
“Penso tu ce l'abbia fatta,” si complimentò Marie con Boo. “Penso che se ne siano andati.”
E sentiva che era davvero così. Allo stesso tempo, però, una parte di lei era ancora inquieta. La sua mente cercava furiosamente di dare un senso a ciò a cui aveva appena assistito. Non si trattava soltanto di convincere la propria mente che ciò che aveva visto era davvero accaduto; ciò che era successo lì dentro avrebbe potuto rimettere radicalmente in discussione la sua visione del mondo. Esistevano forse cose fuori dall'ordine della natura, che l'essere umano non poteva vedere né controllare?
Due vibrazioni dentro la tasca la colsero di sorpresa. Si lasciò sfuggire un piccolo urlo, poi afferrò il telefono e vide che Brendan le aveva scritto due volte mentre il cellulare era spento. Il primo messaggio era arrivato alle 22:30, il secondo alle 0:12. Entrambi erano semplici e andavano dritti al punto: controllare come stesse Marie.
Ehi, ancora viva? diceva il primo.
Nel secondo c'era scritto invece: Sinceramente inizio a essere un po' preoccupato per te. Spero davvero che il tuo cane ti stia proteggendo.
Decise di non rispondere, dal momento che erano quasi le 3:30 di notte. Fissò invece il suo telefono, che adesso funzionava di nuovo come se prima non fosse accaduto nulla, poi piano si guardò intorno.
Aveva assistito al piccolo show di Boo. E, pochi secondi dopo, il suo telefono aveva ripreso a funzionare.
La casa sembrava diversa, meno opprimente, più luminosa, per così dire. Marie lasciò che quella sensazione le scivolasse addosso, poi guardò Boo avanzare verso il soggiorno, raggomitolarsi sul divano e sprofondare in un meritatissimo sonno.
CAPITOLO QUATTRO
Quando il mattino seguente, poco dopo le nove, Marie rientrò a June Manor, gli ospiti che aveva lasciato alle cure di Posey stavano scendendo le scale, pronti a fare il check-out. Fu molto lieta di notare che avevano l'aspetto contento e ben rilassato. Le ci volle un momento per riadattarsi al suo ruolo di proprietaria di bed-and-breakfast, dopo una notte perlopiù insonne trascorsa a osservare il proprio cane scacciare due fantasmi da una casa, ma fece comunque del suo meglio.
Quanto a Boo, trovò immediatamente il suo punto preferito sul pavimento del soggiorno e si sdraiò in tutta tranquillità. Sembrava molto stanco e contento di essere tornato a casa.
Posey stava già per accomodarsi dietro al banco della reception per provvedere alle operazioni di check-out dei clienti. Si trattava di una vecchia coppia di sposi che, volendo passare un po' di tempo lontano dalla città, aveva trascorso in spiaggia la maggior parte della giornata precedente.
“Com'è andata?” chiese Marie recuperando la loro chiave.
“Oh, è un posto adorabile,” disse la moglie. “E la vista sulla spiaggia al tramonto dalla veranda sul retro era straordinaria, proprio da cartolina.”
“E mi piace che questo posto non insegua la modernità a tutti i costi, che non tenti di copiare gli interni di tutte le riviste di design,” aggiunse il marito. “Mi sembra proprio il tipo di posto in cui a ogni angolo potrebbe trovarsi un passaggio segreto. Entrando in soggiorno, per un momento, mi è sembrato di essere a Hogwarts o qualcosa del genere.”
Era esattamente ciò che aveva bisogno di sentire. Non sapeva se fosse appropriato trovare così piacevoli complimenti di questo genere, ma pensò che in fondo andava bene così, visto anche quanto stava faticando June Manor a restare a galla.
“Mi fa così piacere sentirlo,” disse Marie. “Non esitate a raccomandarci ai vostri amici e familiari!”
“Lo faremo di certo,” rispose il marito, mentre insieme alla moglie si dirigeva verso l'uscita. “E lasceremo anche una bellissima recensione online.”
L'incoraggiamento datole dai clienti quasi riuscì a farle temporaneamente dimenticare la bizzarra scena di cui era stata testimone la notte prima. Era anche di buon augurio per il futuro. Una manciata di clienti soddisfatti in giro per lo stato oppure online potevano davvero fare una grande differenza.
Certo, quella speranza la faceva sentire molto meglio, ma non era facile dover accettare che la sua natura scettica stesse iniziando a vacillare a causa di tutto ciò che aveva visto. Per di più, ora doveva anche accettare il fatto che il suo cane era una specie di acchiappa-fantasmi a quattro zampe. Una parte di lei non poteva fare a meno di chiedersi se il suo cosiddetto talento non fosse, dopo tutto, miracoloso. Non aveva forse letto da qualche parte che gli animali, e i cani in particolare, possedevano un sesto senso per certe cose? C'erano cani e lupi che potevano percepire l'arrivo imminente di terremoti. C'erano gatti terapeutici che non solo riuscivano a capire quando qualcuno era malato, ma persino quando era prossimo a esalare l'ultimo respiro.
Dopo essere rientrata in casa per cercare di capire meglio quali fossero i programmi della giornata, Marie trovò Posey in piedi in soggiorno, che la aspettava. “E come è andata la tua notte?” le chiese.
“È stata… strana. Ma non è tanto quella la parola esatta. Non so nemmeno come spiegarlo. E davvero non ho voglia di parlarne. Onestamente, ho solo voglia di mangiare qualcosa per colazione. E magari di fare un pisolino, se riesco. Non si può certo dire che abbia dormito bene.”
“Beh, per la colazione, posso occuparmene io,” disse Posey. “Anzi, se mi segui in sala da pranzo…”
Anziché terminare la frase, si avviò in direzione della cucina, per poi proseguire verso la sala da pranzo. Marie la seguì, guardandosi intorno. Quella precedente era stata la prima notte, da quando si era trasferita, che non aveva dormito in casa. Sentì di aver bisogno di controllare ogni angolo, ogni anfratto, per assicurarsi che tutto fosse andato bene.
“Grazie mille per esserti occupata tu di tutto mentre ero via,” disse Marie.
“Di niente. Non ti sei persa nulla. Benjamin sistemerà la grondaia oggi, la pietra per le aiuole arriverà tra un paio di giorni e la casa è ancora in piedi.” Quando arrivarono nella sala da pranzo, Posey spalancò le braccia teatralmente. “Ecco qua! È tempo di mettere qualcosa sotto i denti, mia cara.”
In un primo momento, Marie rimase confusa. Sul tavolo c'era una dozzina di diverse leccornie da colazione, e una bella porzione di un dolce che aveva tutto l'aspetto e il profumo di una torta alla banana.
“Che cos'è tutto questo?” domandò Marie.
“Volevo provare qualche nuova specialità per la colazione. Immaginavo che non saresti stata d'accordo a farmi usare gli ospiti come cavie, quindi l'onore è tutto tuo. Vuoi accompagnare l'assaggio con del caffè?”
Marie sapeva che non avrebbe dovuto, perché avrebbe rovinato ogni possibilità di fare un pisolino. Ma poteva sentirne l'aroma provenire dalla cucina, e non poté rifiutarlo. “Sì, grazie.”
Si sedette, studiando la vasta gamma di dolci che Posey aveva preparato per lei. C'era quella che sembrava una brioche danese al formaggio, e una frittella con una salsa di colore rosso. Altri erano più difficili da identificare.
Posey arrivò con il caffè e si sedette di fronte a Marie. Immediatamente fece scivolare uno dei vassoi davanti all'amica. “Questo è uno dei miei scone mandorle e vaniglia,” disse tutta fiera. “Di tutto ciò che stai per assaggiare, forse è il mio preferito.”
Marie prese lo scone e lo addentò. Il suo sapore la fece letteralmente sciogliere. Si domandò però se tutto quel bendidio preparato da Posey non fosse sprecato. In fondo non c'erano ospiti in programma nei giorni successivi, e Marie non sapeva nemmeno se Posey avrebbe avuto in futuro l'occasione di cucinare di nuovo del cibo così delizioso per June Manor.
“Posey, ma è squisito!”
“È quello che pensavo anch'io,” affermò la cuoca, avvicinando un bicchiere d'acqua a Marie. “Adesso togliti il sapore di bocca e assaggia quest'altro,” la invitò, passandole un pasticcino cilindrico che sembrava farcito di ciliegie.
Marie lo addentò e, ancora una volta, le sembrò di sciogliersi sulla sedia. “Posey,” disse con la bocca piena di pane, crema e ciliegie. “È incredibile…”
Ed era solo l'inizio. Subito dopo arrivò la frittella con la salsa di lamponi, poi un muffin ripieno di crema al caffè. Marie avrebbe potuto sbafarsi ogni singolo vassoio che Posey aveva preparato, incurante delle flebili proteste del suo stomaco, ormai quasi al massimo della sua capacità.
Tuttavia, non ne ebbe la possibilità. Proprio mentre Posey le stava passando una grossa fetta di torta di banane e noci, il campanello della porta d'ingresso suonò e qualcuno entrò in casa. Nelle ultime settimane, quel suono riusciva a trasmetterle la stessa eccitazione che provava quando riceveva sul telefono il trillo di notifica di una nuova prenotazione ricevuta online. In genere si trattava soltanto di Posey o Benjamin, ma lei sperava sempre che potesse trattarsi di un altro potenziale cliente in cerca di una stanza dove pernottare.
“Torno subito,” disse Marie alzandosi dalla sedia, alquanto triste di dover lasciare tutta quell'abbondanza.
Attraversò il soggiorno e scorse un uomo in piedi accanto alla reception che aspettava paziente e si guardava intorno con attenzione. Fu lieta di vedere che l'uomo sorrideva. Avvicinandosi a lui, lo esaminò rapidamente. Era un uomo di mezza età, abbigliato in modo piuttosto elegante, con una camicia e un paio di pantaloni classici. Non sembrava però serioso, piuttosto il tipo d'uomo che si vestiva sempre così ed era a suo agio in quegli abiti.
“C'è sempre un odore così invitante qui?” chiese l'uomo.
“A volte,” rispose Marie. “La mia cuoca mi stava facendo assaggiare alcune sue nuove creazioni, è questo l'odore che sente.”
“Lei è fortunata.” Sfoderò un gran sorriso, poi fece un ampio cenno verso l'atrio. “Davvero un bellissimo posto.”
“Grazie. E stiamo lavorando per migliorarlo.”
“Ah, ottimo, buono a sapersi. Rende la mia visita ancora più pertinente.” Scosse la testa, come se si vergognasse di sé stesso, poi sospirò. “Mi scusi. Che fine hanno fatto le mie buone maniere? Signorina Fortune, il mio nome è Avery Decker.” Allungò la mano per una stretta e aggiunse: “E sono qui per chiederle un favore incredibile.”
“E di che favore si tratta?” domandò Marie, stringendogli la mano.
“Sono qui per acquistare la sua proprietà.”