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Kitabı oku: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1», sayfa 9

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CAPITOLO XII

Partenza da Fez. – Viaggio a Rabat. – Descrizione di questa città.

Avendo preventivamente fatta sortire dalla città la mia caravana, io sortii di casa mia a piedi il 27 febbrajo del 1804 accompagnato dai principali scheriffi, e dal venerabile Emkaddem Hadj Edris; ed attraversando la folla che mi circondava, ed ingombrava i cortili della mia casa, e le vicine strade, ci recammo alla moschea di Muley Edris, ove dopo aver recitata la preghiera, ci separammo colle lagrime agli occhi. Io montai a cavallo innanzi alla porta della moschea, e seguito soltanto da due domestici, da due soldati a cavallo, e da un domestico a piedi; attraversai lentamente la folla ch'era immensa, lo che diede tempo ai scheriffi, e ad altri considerabili personaggi di montare a cavallo, e di seguirmi. Questo corteggio mi seguì fino ad una lega fuori della città, ove assolutamente volli che si ritirassero; lo che si eseguì dopo nuovi reiterati abbracciamenti, e nuove lagrime.

Ero sortito da Fez ad un'ora dopo mezzo giorno, prendendo la strada di Mequinez, che poscia abbandonai per volgermi all'O. avvicinandomi alle montagne. Alle tre arrivai presso alcuni laghi d'acque salse da cui ricavasi molta quantità di sale. Moltissime truppe di anitre selvatiche coprivano quelle acque e specialmente presso le rive. Lasciate a sinistra queste lagune, e tenendo sempre la medesima direzione, alle quattro e mezzo la carovana si fermò sopra un'altura, presso ad un vasto dovar chiamato Elmogàfra.

Immense pianure si stendono al S. fino alle falde di lontanissime montagne. Il suolo è composto di una terra vegetale mista a molta arena. La vegetazione era così poco avanzata, che le erbe non avevano più di due pollici d'altezza, e non erano ancora in fiore.

Il tempo fu affatto coperto, e cadde pure interrottamente alcun poco di pioggia. Alle cinque e mezzo il termometro segnava 12° di Reaumur, e l'igrometro 64°. Il vento soffiava debolmente dall'O.

Nell'atto che s'alzavano le tende venne a visitarmi un santo imbecille.

Martedì 28

Alle due della mattina pioveva fortemente.

La carovana si mosse alle nove e mezzo. La direzione cambiava frequentemente per causa delle montagne; ma generalmente era verso l'O. N. O. A mezzogiorno, o poco dopo, giungemmo alla riva destra dell'Emkes, fiume abbastanza considerabile, che va al N. Dall'altro lato le montagne serrano di più la strada; e seguendo generalmente la medesima direzione, feci alto alle cinque ed un quarto.

Il paese da noi attraversato era coperto da basse montagne, ma verso le tre e mezzo vidi alla diritta una montagna alta e scoscesa non molto lontana dalla strada. Dietro le notizie avute, ha molta estensione ed è abitata dall'indomabile tribù di Beni-Omàr, che vive quasi affatto indipendente dal sovrano.

Fin presso al fiume il suolo è composto d'una terra vegetale assai arenosa, ed allora sterile a cagione della siccità. Dall'altro lato del fiume incomincia ad essere frammischiata d'argilla, e perciò la vegetazione era assai più rigogliosa, le seminazioni bellissime, le praterie ancor migliori, e sparse di fiori, specialmente di radiati e di vaghissimi ranuncoli.

È cosa notabile che molte di queste montagne sono unicamente formate di ciottoli rotolati, o di frantumi calcarei ammonticchiati, i più grossi de' quali hanno quattro a sei pollici di diametro; il tutto coperto da uno strato sottile di terra vegetale argillosa.

Il tempo fu costantemente nebbioso, fuorchè un istante prima del tramontare del sole. L'orizzonte si ricoperse ben tosto, ed alle otto ore pioveva. Alle sei ed un quarto il termometro segnava 13°, l'igrometro 98°, ed il barometro 27 pollici 4 linee, ciò che nello stato presente dell'atmosfera prova che la mia altezza sul livello del mare era minore di quella di Fez, benchè mi trovassi in mezzo alle montagne.

La mattina mentre passavamo in vicinanza d'un dovar due de' principali abitanti vennero in mezzo alla strada per chiedermi una preghiera. Fermai il cavallo, ed alzando le mani, soddisfeci al loro desiderio. Queste oneste persone non sapendo in qual modo attestarmi la loro riconoscenza mi baciarono più volte il ginocchio. La stessa domanda mi fu poi fatta in quasi tutti gli altri dovar posti lungo il cammino.

Mercoledì 29

La mattina pioveva dirottamente, ed il mio seguito non potè mettersi in cammino che alle dieci ore e tre quarti; volgendoci all'O. N. O., e montando sempre fino alle undici e mezzo in cui si cominciò a discendere. Alle tre e mezzo sboccando da una strettissima valle mi trovai all'improvviso fuori delle montagne, ed in faccia ad un vasto paese. Sceso sul piano continuai a camminare all'O. fino alle cinque e mezzo. Avendo allora attraversato la strada di Tanger, ed il fiume Ordom, feci alzar le tende sulla riva sinistra.

Il terreno di quella contrada è tutto argilloso, le montagne presentano roccie di marmo grossolano, e di argilla indurita a strati obbliqui, e qua e là confusi. La linea viene rotta da una roccia arenosa tenera coperta da un denso strato d'argilla, e talvolta della densità di quindici piedi.

Appena sceso sul piano trovai la vegetazione assai avanzata, alta l'erba dei prati, ed una straordinaria abbondanza di fiori variati che formavano un colpo d'occhio più bello e magnifico di quello, che presentino i giardini d'Europa.

I miei amici di Fez conoscevano il mio trasporto per le collezioni di storia naturale, e conoscevano le attrattive di questa inclinazione per un'anima che si commova alle bellezze della natura; ma i selvaggi che mi circondavano, non potevano comprenderlo. Io mi sarei guardato di fare sugli occhi loro ciò ch'essi biasimano negli Europei che viaggiano nelle loro contrade, vale a dire di dimostrare quell'amore per le ricerche, quell'ardore per le scienze, quello zelo d'ingrandirne la sfera colla scoperta di nuove cose. Questo gusto, questa liberalità d'opinione sono idee affatto straniere alla infingarda gravità che deve caratterizzare un Principe della mia santa religione, e questa maniera di pensare può riuscire dannosa, e quasi sempre avere tristi conseguenze. Mi vidi perciò costretto di sagrificare le mie inclinazioni ai pregiudizj delle persone che mi accompagnavano, e di rinunciare alla ricchezza d'un terreno, che mi offriva migliaja di piante: ne raccolsi soltanto una dozzina con una cert'aria di non curanza, che non poteva urtare la loro estrema ignoranza, e stupidità.17

Noi eravamo passati vicino a molti dovar, i più grandi de' quali composti d'una ventina di tende, e gli altri soltanto di cinque o sei. Nere sono le tende e collocate in giro: alcuni dovar avevano intorno una siepe di roveti, ed ogni tenda è lontana dieci in dodici passi dalle altre. I popoli che le abitano sono pastori, e le loro sostanze sono formate delle mandre che allevano; in tempo d'estate le conducono sulle alte montagne poste a levante, e nell'inverno le custodiscono nei luoghi piani. Quando s'avvicina la notte le fanno entrare nel circondario del dovar. Vidi più animali bovini assai, che pecore, e capre.

Lungo la strada molti Arabi sortivano dalle loro tende, e venivano sulla strada per complimentarmi, invitandomi alla loro casa: altri mi domandavano preghiere, pochissimi l'elemosina.

Feci disporre il mio accampamento presso certe cappelle ove sono i sepolcri dei santi, a cui non omisi di mandare le mie elemosine. In questo luogo si tiene mercato tutti i giovedì.

Tutto il giorno aveva continuato il cattivo tempo, ed alle nove della sera pioveva dirottamente. Spirò un vento d'O. fino al levar del sole; ed allora incominciò un vento d'E. Alle sei della sera il termometro segnava 16° 2, e l'igrometro 36°.

Giovedì primo Marzo

La mattina venne molta gente al mercato, che chiamasi di Sidi Càssem dal nome della cappella principale. Quando io partivo eranvi di già molte tende, e calcolando dalla folla che vedevo venire, supposi che tra venditori e compratori non vi dovevano essere meno di tre mille persone; lo che mi fu pure confermato dagli abitanti, che interpellai su quest'oggetto. In ogni mercato vendonsi grani, frutti e simili prodotti del paese; inoltre cavalli, buoi, pecore, capre, ed altri oggetti. Vi vengono gli abitanti di dovar assai lontani sì per vendere che per comprare. Vidi molte donne col volto scoperto, che sembraronmi non meno povere che brutte.

Il capo del santuario di Sidi Càssem mi mandò la mattina un regalo di aranci.

Partimmo alle otto e mezzo del mattino camminando all'O. S. O. con leggiero deviamento. Ad un'ora dopo mezzogiorno si attraversò il fiume Bet, che qui va dal S. S. O. al N. N. E. Mi fu detto che metteva foce in alcuni grandi laghi una giornata al di là di Rabat; e non si univa al fiume Sebou, come suppone la carta del sig. Chenier. Questo fiume che volge molte acque ha un corso assai rapido. Alle due meno un quarto fummo costretti di accampare per mettersi al coperto da una orribile burrasca.

Il paese attraversato questo giorno era quella vasta pianura veduta jeri, e terminata al S. dalle montagne costeggiate nel precedente giorno. Vidi pure un'altra linea di piccole montagne al N., ma a grandissima distanza: verso l'O. la pianura sembrava perdersi coll'orizzonte, ma verso il mezzodì essendo giunto ai confini dell'O., conobbi che questo vasto piano non era che una grande spianata assai elevata sul resto del continente all'O., di dove lo sguardo spaziava come da un elevato balcone. Si scese tra alcune montagne, le cui sommità sono più basse della spianata. M'accorsi allora, che le montagne che avevamo prima alla sinistra stendevansi considerabilmente al S. Al di là del fiume la strada segue l'andamento delle valli tra le colline. Il terreno dell'alto piano è argilloso, in appresso calcareo, arenoso, ed alquanto misto d'argilla.

Sull'eminenza la vegetazione era ritardata, ma la trovai molto avanzata nella parte più bassa, benchè tutte le piante fossero delle più piccole specie: i pruni ne formavano la principal quantità. Dopo Fez non aveva veduto un solo albero, ad eccezione di alcuni ne' giardini prossimi all'eremitaggio di Sidi Càssem. Sonovi pochissime terre lavorate; e non vi si vedono che uccelli di passaggio.

Trovammo varj dovar assai poveri, ed uno assai esteso. Era formato di molti cerchi di tende, ed ogni cerchio, attorniato da una siepe di pruni, conteneva, secondo che appariva, tutti i rami di una famiglia primitiva. Mi si disse che uno di questi cerchi apparteneva al ministro Salaoui. Ogni cerchio contiene da quattro fino a dodici tende fatte di peli di cammello, nere, e succide come gli abitanti, che sono di color di cuojo o giallastro, piccoli, e smilzi; hanno l'aria di diffidenza, e di malinconia propria dell'uomo che sente, che dovrebbe essere libero, e che non pertanto soggiace al più terribile despotismo.

Le donne di questo dovar sono alquanto più gaie, e mi parvero di un carattere dolce e sincero. Sono piccolissime; hanno il volto largo, gli occhi penetranti, ed il portamento meno disaggradevole che le donne delle città: quelle che io vidi sono più bruciate dal sole che gli uomini. Il loro abito consiste in un giubbone, e in un turbante, o fazzoletto sul capo. L'abito degli uomini ristringesi ad un semplice hhaïk; ed i più ricchi hanno pure un pajo di pantaloni, ed una camicia di lana, che portano sotto al hhaïk; ma d'ordinario hanno la testa nuda.

Questi abitanti dei dovar, e delle montagne sono dai mori conosciuti ed indicati col nome el Aàrab (Arabi) o el Bedàoui (Bedovini). La maggior parte sta sempre a cavallo col fucile, e colla spada, e rarissime volte accade che sortano dalla tenda senza sciabla, senza pugnale. Molti mi vennero all'incontro per baciarmi il ginocchio o la mano, quando loro la presentavo; altri mi chiesero la preghiera, ma nissuno l'elemosina. Io non vidi alcun individuo di colore che fosse grosso e grande, niuno che avesse l'apparenza, non dirò d'uomo ricco, ma di qualche agiatezza. Colui che possiede danaro lo tiene nascosto, e non lascia di vestirsi da misero.

Questa giornata fu orribile, e fummo costretti a fare alto prima d'arrivare al luogo fissato atteso il gagliardo vento, accompagnato da diretta pioggia. Vicino al nostro campo era un dovar, e quella gente mi disse, che a non molta distanza trovavansi dei lioni. Alle sei della sera il termometro segnava 12° 6, e l'igrometro 100°.

Alle undici ore continuava la pioggia; ed io trovai entro la mia tenda varj preziosi insetti ch'erano venuti per porsi al sicuro dal cattivo tempo. Un bellissimo rospo saltò sul mio scrittojo, guardandomi tranquillamente lungo tempo; io mi alzai per aprire la porta, ed il povero animale, quasi avesse indovinato quello ch'egli voleva, sortì all'istante.

Venerdì 2

Il tempo era così cattivo, che i miei domestici mi pregarono di restare; ma perchè avevo somma premura d'arrivare a Marocco, ordinai che si levassero le tende.

Alle dieci ore e mezzo del mattino ci rimettemmo in cammino, prendendo la direzione al S. O., ma bentosto si smarrì la strada facendo mille viziosi ravvolgimenti entro un grandissimo bosco di vincaja: e vi saremmo probabilmente rimasti più lungo tempo, se non avevamo la fortuna d'incontrare una guida. Il vento e la pioggia continui non mi permettevano d'osservare la bussola, ed il cielo era così coperto che non potevo assolutamente rimarcare un solo rombo; i ravvolgimenti del bosco m'avevano fatto perdere le traccie della stima, di maniera che più non conoscevo la posizione del campo, che stabilj in vicinanza d'un dovar alle quattro meno un quarto della sera.

Il paese è composto di vaste pianure rotte di tratto in tratto da qualche burroncello, o da strette valli assai profonde.

Il suolo è d'una terra vegetale leggerissima, con molta arena.

Un'ora dopo mezzodì si attraversò prima un bosco di grandi lentischi, poi un secondo di lecci, e di mandorli silvestri, che fiorivano allora.

Non vidi altro essere animato fuorchè una farfalla assai bella; stava sopra una foglia, e si lasciò prendere dolcemente.

Il tempo si rischiarò avanti sera, ed alle sei il termometro segnò 10° 8, l'igrometro 98°.

Trovavansi a poca distanza alcuni luoghi paludosi, ove una sorprendente quantità di rannocchi cantarono tutta la notte vigorosamente come in tempo d'estate.

Sabbato 3

Il giorno incominciò coll'acqua, e malgrado l'incostanza del tempo la mia carovana si pose in marcia alle dieci ore e mezzo, dirigendosi all'O. S. O., e continuando nella stessa direzione con poca varietà al S. O.

Alle due e tre quarti s'attraversò il piccolo fiume Filisto che in questo luogo scorre all'O. N. O.; ed alle quattr'ore feci spiegare le tende presso ad un dovar.

Il paese è formato di basse colline divise da larghe valli. Un'arena rossiccia mista con poca terra vegetale forma la natura del suolo.

La vegetazione era proporzionata alla stagione. Alle undici dal mattino entrammo in un bosco di altissimi lecci, di grandi ginestre, e di mandorli fioriti in tanta quantità, che dietro ciò che la terra produce spontaneamente, non v'ha dubbio che se gli uomini del cantone coltivassero questo ramo d'agricoltura e di commercio, potrebbero provvedere i mercati d'una parte dell'Europa; ed intanto malgrado queste ricchezze della natura quegli abitanti vanno quasi nudi, o coperti di cenci, e dormono sulla nuda terra, o al più sopra una stuoja..!! Giuriamo odio al governo dispotico, i di cui sudditi sono tanto infelici a dispetto di tutti i doni di cui gli fu la natura liberale! Questo bosco che si prolunga rasente la strada ci parve opportuno per alzarvi le nostre tende.

Il tempo fu costantemente coperto; di tratto in tratto pioveva, ed il freddo rendevasi sensibile. Queste circostanze davano al paese l'apparenza d'un cantone settentrionale della Francia o dell'Inghilterra, e non sembrava altrimenti una contrada dell'arsa Affrica.

Alle sei della sera il termometro marcava 10° e l'igrometro 100°, il cielo cominciava a rischiararsi, ed il vento veniva dall'O. Sarebbe stata per me cosa assai interessante l'osservazione dell'eclissi d'un satellite, ma le nubi non me lo permisero.

Domenica 4

Queste malaugurate pioggie continuarono tutta la notte e tutto il giorno; ma non pertanto ci posimo in viaggio alle sette e mezzo del mattino verso l'O. S. O. declinando alquanto al S. O. Alle due e mezzo dopo mezzogiorno giugnemmo presso le mura di Salè. Per timore di ritardare il viaggio non volli visitare questa città; e varcato il fiume, entrammo in Rabat posta sulla riva sinistra.

Il paese presenta da ogni lato vastissime pianure, il di cui terreno è fermato da un'arena rossa. Partito di buon ora, incontrai un bosco di lecci più piccoli, ma più fitti che quelli veduti il giorno avanti, fra i quali eranvi molti mandorli fioriti. Le altre piante non erano così abbondanti, e le poche che vi si vedevano incominciavano appena a dar segno di vegetazione. Finalmente a mezzogiorno si sortì dal bosco, ed allora scopersi una vasta estensione di coste sul grand'Oceano Atlantico.

Il tempo era malvagio: la pioggia cadeva a torrenti, e soffiava un gagliardo e continuo vento d'ouest.

La città di Salè mi parve piccola, e tutt'altro che ricca, mentre a Rabat si vedono alcuni edificj molto ben fatti. Convenne impiegare un'ora e mezzo nel passaggio del fiume dovendosi scaricare, e caricare i muli. Venticinque in trenta battelli posti sulle due rive servono al passaggio: ogni battello vien condotto da un solo uomo provveduto di due remi. Il fiume può avere trenta tese di larghezza nel luogo in cui si attraversa, e non è che circa 300 tese lontano dal lido. – Al di sopra del passaggio eranvi ancorati tre bastimenti musulmani, ed uno francese di 80 tonnellate.

Appena sbarcato a Rabat feci avvisare il governatore del mio arrivo, il quale mi spedì subito uno de' suoi ufficiali per complimentarmi, e dichiararmi esente dal pagamento del pedaggio sul fiume. Fui alloggiato nell'alcassaba, ossia castello, che ha una sorprendente veduta tanto dalla banda di terra, che da quella di mare. Poco dopo arrivato in castello, il governatore mi spedì un'abbondante provvisione di viveri e di foraggi, ciò che praticò ogni giorno finchè rimasi a Rabat.

I giorni 5 e 6 furono assai belli, onde potei determinare con osservazioni sicure la posizione di Rabat, a 34° 57′ 30″ di latitudine settentrionale, e di 8° 57′ 30″ di longitudine meridionale dall'osservatorio di Parigi.

Rimanemmo cinque giorni a Rabat per ristorarci dai patimenti sofferti per le pioggie, e per le cattive strade tanto dagli uomini che dalle bestie. Rendevasi pure necessaria la riparazione delle tende assai danneggiate, e nuove provvigioni per il viaggio.

Il ricevere e render visite occupò tutto il tempo della mia dimora. Il visir Sidi Mohamed Salaavi che trovavasi a Rabat mi regalò un bellissimo hhaïk.

Non altro rimane dell'antico splendore marittimo di questa città che qualche capitano appena capace di dirigere un grosso bastimento, di modo che volendo il sultano armare alcuni bastimenti di mediocre portata difficilmente troverebbe abbastanza uomini per governarli. Ma se le cognizioni marittime degli abitanti di Rabat devono servire a ripristinare l'antica pirateria, è desiderabile che non cerchino di occuparsene.

Le case sono meglio fabbricate, e promettono più che quelle delle altre città, ma l'interna loro distribuzione è la medesima. Siccome Rabat è posta sopra un'eminenza, le strade sono ripide, ed incomode. Sembra che questa città fosse destinata a diventare la capitale del celebre Jacob El-Mansour18; e perciò le sue mura guarnite di torri girano un immenso spazio occupato da bellissimi orti ben irrigati. Colà trovasi il sepolcro del Sultano Sidi Mohamed, padre dell'attuale Sultano, situato in una piccola cappella ch'io visitai. Il castello in cui io alloggiavo è posto all'estremità occidentale della città: nel punto più elevato avevo un grande terrazzo, di dove lo sguardo vagava sull'immensità dei mari, sul fiume, e sulla campagna. Sgraziatamente così ridente e deliziosa vista viene qua e là rattristata da considerabili rovine che attestano il decadimento della passata prosperità.

Nella parte orientale della città vedonsi tuttavia gli avanzi dell'antica Schella, che il sig. Schénier suppone essere stata la metropoli delle colonie cartaginesi. Leone chiama questa città Salla, e Marol Mansalla. Io avvertirò a questo proposito che in vicinanza di tutte le città verso il quarto di S. E. trovasi un luogo chiamato El Emsàlla destinato alla preghiera pasquale. Lascio che tutti interpretino a modo loro questa coincidenza di nomi. Schella è circondata da altissime mura, ed ai cristiani non è permesso d'entrarvi. Contiene i sepolcri di alcuni santi; e quello d'El-Mansour è collocato in una bella moschea assai frequentata. Quand'io vi andai per visitarla, era così piena di donne, che durai fatica per entrarvi. La scesa della montagna a piè della quale trovasi il tempio pare veramente fatta per incanto; vi si vedono molt'acque limpidissime precipitarsi fra roccie coperte di rose silvestri, d'aranci, di cedri, e di altre piante aromatiche, che spargono una deliziosa fragranza.

Sortendo dalla moschea feci un giro entro i giardini d'agrumi situati sulle sponde del fiume, che sono proprio un'immagine del giardino terrestre. Gli alberi quasi sempre coperti di fiori e di frutti, spargono un grato odore, ed offrono i più dilicati frutti: gli aranci sono così fitti, così grandi, così fronzuti che vi si passeggia sotto di bel mezzogiorno senza vedere il sole, e senza sentirne gli effetti. La sorpresa che mi fecero i giardini di Rabat fu tale, che io li preposi per ogni rispetto ai più famosi d'Europa, a fronte dell'estremo lusso dei cristiani. Dal centro di questi giardini io m'imbarcai per fare un giro sul fiume entro una scialuppa a molti remi diretta da un capitano di galea, che me l'aveva fatta preparare.

La città è difesa verso il mare da alcune batterie, ed il suo porto non è esposto che ai gagliardi venti d'ouest. A Rabat trovansi acqua e viveri assai buoni, e pane eccellente. Gli abitanti hanno molta vivacità, ed intelligenza, e sono più speculatori che nelle altre città. Vi si trovano alcune famiglie che si dicono discendere dagli Spagnuoli rifuggiati in Affrica a diverse epoche, per sottrarsi alle persecuzioni de' loro compatriotti. Sidi Matte Moreno appartenente ad una di queste famiglie è il solo letterato dell'impero che abbia alcune cognizioni astronomiche, antichissime, gli è vero, ma non pertanto fondate sopra buoni principj. Il suo eccellente carattere, il suo spirito, me lo fecero apprezzare assai: onde gli regalai un sestante, un orizzonte, ed alcune tavole astronomiche, delle quali gliene indicai l'uso.

17.Malgrado gli accennati ostacoli le collezioni di Ali Bey sono ricchissime. Ad ogni modo non bastavano a saziare la sua passione per la storia naturale. (N. dell'E.)
18.El mansour significa soltanto vittorioso. Gli Europei ne fecero un nome proprio, ch'essi pronunciano Almanzor. (N. dell'E.)
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
28 mayıs 2017
Hacim:
181 s. 2 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
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