Kitabı oku: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2», sayfa 8
CAPITOLO XXII
Congedo d'Ali Bey dal Pascià di Tripoli. – Partenza alla volta di Alessandria. – Errore del Capitano. – Arrivo sulle coste della Morea. – Isola Sapienza. – Continuazione della strada. – Mancanza di viveri. – Ritorno a Sapienza. – Modone.
In conseguenza delle mie disposizioni sì allestì per il mio tragitto ad Alessandria un grosso bastimento Turco, che sortì dal porto di Tripoli il 26 gennajo 1806, colle mie genti ed i miei equipaggi, mentre io mi stavo ancora a Tripoli con due domestici, aspettandovi gli ordini dei Pascià, che mi aveva fatto prevenire che desiderava abbracciarmi avanti ch'io partissi.
Perchè il tempo passava, ed il Pascià non mandava a cercarmi, incominciai ad essere inquieto, come pure i miei amici, perchè il bastimento trovavasi già due miglia al largo, bordeggiando per aspettarmi.
Finalmente alle dodici ore del mattino ebbi ordine dal Pascià di recarmi al suo palazzo.
Mi accolse colla maggiore cordialità, mi fece sedere presso di lui, e rinnovò in una lunga conversazione i primi tentativi per indurmi a restare a Tripoli. Alzossi in uno slancio di cuore, e stando in piedi innanzi a me, mi disse: Io sono tuo fratello; che vuoi tu? parla. Lo accertai della mia riconoscenza, ma stetti fermo per la partenza. Poco dopo scherzando meco, condussemi ad una finestra, di dove vedevasi il bastimento che bordeggiava verso l'orizzonte, e prese a dirmi: vedete, vedete come vi aspetta. Avendo il bastimento tirato un colpo di cannone, soggiunse: egli vi chiama. Presi allora la parola per dirgli: in nome di Dio, mio amico, lasciatemi partire. Ci abbracciammo colle lagrime agli occhi, e partii accompagnato dai miei amici, e da alcuni suoi cortigiani. Trovai preparate al porto le scialuppe del Pascià: miei amici imbarcaronsi meco ad un'ora dopo mezzogiorno, e mi accompagnarono fino al bastimento, ove li congedai. Immediatamente dopo, il vascello si diresse al N. E. con buon vento, e si perdette ben tosto di vista la terra.
Questo bastimento era grande ma cattivo veliero; ed il capitano la più gran bestia che si potesse trovare. Quand'egli non vedeva più la terra, non sapeva più dove si fosse, e non sapeva pur fare il più piccolo conto di stima. Fortunatamente il suo secondo incaricavasi di tutto, e non rimaneva a quest'imbecille altra incombenza che quella di bevere a dismisura, e di dormire.
Trovavansi a bordo molti passeggieri, cioè: due negozianti Marocchini, un ufficiale del Pascià di Tripoli, due o tre piccoli negozianti Tripolitani, uno scheriffo Marabotto detto Muley Hassen, che vantavasi di essere stato grande distruttore dei Francesi nella guerra d'Egitto; cinque in sei donne, e molti pellegrini che andavano alla Mecca, i quali erano tanto miserabili, che sembravano piuttosto avventurieri che cercassero di fare fortuna, che persone che andassero a soddisfare ai doveri della divozione.
L'aria del mare mi era così contraria che ogni tragitto ch'io facevo mi ruinava sempre più il temperamento: di modo che questa volta mi trovai estremamente male, avendo dovuto restare due giorni a letto. Il 29 potei alzarmi, ed avendo fatte alcune osservazioni astronomiche mi accorsi che in vece di tenere la strada d'Alessandria, ci eravamo alzati in maniera verso il N. che il bastimento stava per entrare nel mare Adriatico, sulla direzione di Corfù.
Prevenni il capitano dell'errore, ed egli fece cambiare direzione all'E. per cercare la costa della Morea, sulla quale giugnemmo dopo quattro giorni di calma. Si gettò l'ancora all'isola Sapienza in faccia a Modone.
Questo paese offre una spaventosa prospettiva; sembrando tutto squarciato da eruzioni vulcaniche. La base del terreno è un'argilla glutinosa assai tenace, ed il fondo del mare è della stessa specie di terra, per cui le ancore vi si attaccano con una straordinaria forza. Avevamo dato fondo a quaranta braccia dalla costa al N. dell'isola Sapienza, in venti e più braccia di acqua.
Si rimase cinque giorni all'ancora nella medesima posizione, e quantunque ammalato scesi un giorno a terra, e trovai che la latitudine settentrionale dell'isola in vicinanza al nostro ancoraggio era 36° 49′ 51″; ma la longitudine vuol essere meglio discussa. Osservai altresì la declinazione orientale dell'ago magnetico di 14° 27′ 0″, non rispondendo per altro della differenza di uno o due gradi, perchè la mia bussola sofferta aveva l'avaria d'un colpo di mare nel tragitto di Laraïsch.
L'isola della Sapienza può avere otto in dieci miglia di circonferenza: è formata di terra argillosa coperta di roccie calcaree; ed è tutta sparsa di piccole montagne e di colline. Mancante di ruscelli, di sorgenti, di pozzi, non ha che un poco d'acqua che si raccoglie quando piove in alcune cavità delle rupi; ma anche quest'acqua sempre malsana non conservasi in tempo d'estate. Veruna famiglia vi soggiorna stabilmente, e soltanto finchè vi si trova acqua vi si conducono alcune mandre di pecore e di capre, custodite da pastori greci vestiti di una specie di giubbone, e di un pajo di mutande di pelli dì montone non spogliate della sua lana. Sembrano sani e robusti, e nella ilarità del volto mostransi contenti della loro sorte: bella è la loro carnagione, ed il loro sguardo penetrante e vivo. Siccome non conoscono che il linguaggio del proprio paese, non potei legar con loro conversazione; ma parvemi che conservassero ancora un avanzo della politezza e della urbanità che formavano il carattere degli antichi Greci.
Da questa isoletta vedesi la città di Modone posta sul continente in riva al mare alla distanza di mezza lega al N. N. O. Vedesi pure a poca distanza dal continente un isolotto assai alto, sul quale i Russi avevano nell'ultima guerra piantata una batteria di ventiquattro cannoni per battere la città: io per altro non so persuadermi, che in uno spazio così limitato, comecchè opportunissimo all'oggetto, si potessero manovrare ventiquattro cannoni.
Noi restammo all'ancora; ed il capitano continuava a bevere largamente: in fine la mattina del sette febbrajo si spiegarono le vele con un vento d'O. Poco prima gli avevo indicata la direzione che doveva prendere per tenersi al largo dell'isola di Candia, e andare direttamente ad Alessandria. Promise di attenersi ai miei ricordi; ma egli aveva intenzione d'entrare nell'Arcipelago, e di dar fondo sotto qualsiasi pretesto nel porto di Canea, o di Candia. Perciò durante la notte mutò direzione all'E., ed in sul fare del giorno mi vidi in faccia alle isole di Cerigo e di Candia all'imboccatura dell'Arcipelago. Rimproverai al capitano un'operazione che doveva prolungar molto il nostro viaggio, del che scusossi, dicendo di non aver potuto fare altrimenti, e che non si poteva a meno di entrare nell'Arcipelago. In tale stato di cose ci sorprese una perfetta calma.
I molti capi e montagne della Morea coperte di neve, e le varie isole poste sull'ingresso dell'Arcipelago presentano una sorprendente veduta. Tutte le isole assai alte mi parvero composte della roccia medesima ond'è formata l'isola della Sapienza. Quella di Cerigo che domina l'ingresso dell'Arcipelago pare ben coltivata, e contiene molti villaggi. Trovavasi allora occupata dalle truppe Russe.
In sul cominciare della notte si levò un piccolo vento, che facendo temere al capitano l'avvicinamento della terra, volse la prora al mare, indi s'addormentò affatto ubriaco.
Il giorno dopo voleva entrare nell'Arcipelago; ma eravamo troppo lontani. Il vascello con piccoli venti, o contrariato dalle calme avanzava assai lentamente; ed essendo sopraggiunta la notte prima di arrivarvi, il capitano rinnovò la manovra del precedente giorno, lo stesso fece cinque giorni consecutivi: lo che non sarebbe accaduto, e noi saremmo entrati il secondo giorno nell'Arcipelago, se, vegliando una sola notte, avesse corso piccole bordate per tenersi nella sua posizione.
Un giorno si dubitò d'essere minacciati da un pirata; e si approntarono le armi, ma il pirata s'allontanò rispettando forse la portata del nostro bastimento, ed il ragguardevole numero di uomini da cui lo vedeva montato. Il labirinto delle isole dell'Arcipelago favorisce i progetti di questi assassini, che con deboli barche senza artiglieria, e con iscarsi equipaggi, ma ben armati e decisi, attaccano bastimenti assai considerabili: il nostro capitano ed il suo secondo avevano molti anni esercitato questo nobile mestiere. Allorchè un pirata s'impadronisce di un bastimento, annega d'ordinario tutto l'equipaggio, e chiunque si trova con esso, onde non si palesi il segreto; conduce poscia il bastimento in alcuno dei tanti porti deserti di cui abbonda questo mare, e colà si gode pacificamente la sua preda: lo che prova evidentemente che il governo Turco non è capace, o non si cura di distruggere tanta infamia.
Durante questa nojosa navigazione, eransi consumati quasi tutti i viveri e l'acqua: molti passeggieri non avevano più nulla da mangiare; ed eravamo tutti ridotti ad un ottavo di razione d'acqua.
In tale situazione i viaggiatori, ed i marinaj tanto più rattristati, in quanto che non sapevano vederne il fine, tenevano tutti rivolti gli occhi sopra di me: ma che potevo io fare con quell'imbecille di capitano, il quale in mezzo a tanta sciagura continuava ad ubbriacarsi e dormire?
Finalmente montai sul ponte, feci distribuire parte de' miei viveri, e somministrai denaro ad una quarantina di sventurati, onde potessero comperarsi i viveri da coloro che ne avevano. Riconfortata così alla meglio la gente; rimproverai acerbamente il capitano della sua condotta, che ci aveva ridotti in così trista situazione. Sentendo il suo torto e vergognandosi, voltò bordo al N. E., e facendo buona guardia tutta la notte, all'indomani 14 febbrajo rientrò in un piccolo porto dell'isola Sapienza, onde vettovagliarsi a Modone.
Questo piccolo porto, detto Porta-Longa è bello e ben chiuso con un isoletta alla imboccatura, ed un fondo eccellente: vi si può dar fondo fino a quaranta braccia dalla riva, ed ancora molto più vicino coi piccoli bastimenti. È capace di dodici o quindici vascelli di guerra che vi possono restare in tutta sicurezza in qualunque vento, perchè coperto da tutti i lati, e protetto da montagne.
La stessa sera entrò in Porta-Lunga un bastimento greco proveniente da Livorno.
La domenica 16 febbrajo io sbarcai a Modone piccola città sei in sette miglia lontana da Porta-Longa.
Tre grosse figure turche mi ricevettero alla dogana su la riva del mare, e mi colmarono di gentilezze, invitandomi a prendere il caffè, e mi offrirono una delle loro lunghe pipe che io rifiutai. Siccome nessuno di loro intendeva l'arabo, nè verun altro linguaggio da me conosciuto, non potei rispondere che con segni di riconoscenza alle lor gentilezze. Ci lasciammo reciprocamente soddisfatti, ed io entrai in città, ove mi era stata destinata una casa nella contrada principale.
La città di Modone può riguardarsi come una buona fortezza. Posseduta un tempo dagli Spagnuoli, poi dai Veneziani, fu successivamente fortificata da quelle due nazioni. E circondata da alte fortissime mura con torri provvedute di numerosa artiglieria, larghe fosse, controguardie, strade coperte, palificate, ec., ma ciò che in particolar modo difende i ponti levatoj e la porta di terraferma è un gran bastione fatto dai Veneziani, sulle di cui facce vedesi tuttavia il leone di San Marco. La città dalla banda di terraferma ha una sola porta, e due in sul mare. Vien detto che abbia inoltre un portello segreto che mette in campagna, e per il quale, mentre i Russi l'assediavano, i soldati turchi fecero una sortita, e batterono così aspramente gli assedianti, che furono obbligati a fuggire abbandonando tutta l'artiglieria, e gli altri effetti di campagna.
Non pertanto questa piazza ha il capitale difetto di essere dalla parte del N. dominata da una piccola altura, sulla quale può facilmente il nemico stabilire delle batterie in distanza di sole centocinquanta tese dal corpo della piazza, senza che questa vi si possa opporre, e di dove il nemico signoreggia una gran parte della strada coperta, e batte fino ai piedi della muraglia. Per ovviare a questo inconveniente, gli Spagnuoli fabbricarono un'altissima batteria nel corpo della piazza; e questa opera, benchè in parte danneggiata dal fuoco russo, esiste ancora in buono stato: ma in vece sarebbesi dovuto spianare il rialto esteriore, che pure non sembra cosa assai difficile. Imperciocchè finchè resta, le batterie che il nemico sarà sempre in libertà di stabilirvi, malgrado gli sforzi della piazza, riusciranno ben tosto a far tacere il fuoco degli assediati; ed in allora gli assedianti possono stabilirsi liberamente su la cresta della strada coperta, e battere in breccia.
Questa piazza è piena d'una immensa quantità d'artiglieria d'ogni calibro, d'ogni nazione, di tutte le età, ma questi pezzi sono tutti mal montati; la maggior parte senza carro, e posti soltanto in prospettiva.
Modone è abitato dai Turchi. Credo che possa contenere un migliajo di famiglie; e si vuole che abbia settecento soldati pagati dal Gran Signore. I pochi ch'io vidi mi parvero belli, bianchi, ben fatti, e sopra tutto ben equipaggiati, e ben vestiti. Le loro armi sono una piccola carabina, due pistole, ed il khanjear, ossia coltello. Vidi pochissimi cavalli, e questi ancora assai cattivi.
In tempo della mia dimora tutti gli uomini d'arme uscirono di città per dar la caccia ad una masnada di briganti che pochi giorni prima avevano sorpreso un villaggio, e scannati gli uomini, le donne, ed i fanciulli. Queste orribili scene sono sgraziatamente nella Morea assai frequenti; manifesto argomento della disorganizzazione del governo turco.
Modone circondato di alte mura, con strade anguste, e sucide sembrommi un soggiorno insalubre, perchè vi si respira un'aria inprigionata, ed infetta di cattivi odori. Ho inoltre osservato nella campagna che l'argilla forma un terreno pantanoso e disaggradevole, ed a questa cagione io attribuisco quell'apparenza di putrefazione che vedesi egualmente nei legumi e nelle frutta. Il pane molle, ed affatto nero rassomiglia perfettamente ad un pezzo di fango disseccato per metà; e la stessa disgustosa apparenza trovai perfino nella carne. Pure gli abitanti vi si conservano sani e con bei colori; vantaggi che potranno forse ascriversi alla molta quantità di vino che vi si beve: in proporzione più considerabile che in qualunque città d'Europa malgrado la proibizione della legge.
In città non sonovi fonti, ma soltanto pozzi, la di cui acqua non è bevibile, e quella che vi si beve vien portata dalle bestie da soma, e presa in un ruscello che scorre a breve distanza dalla città. Eranvi in altri tempi alcune fonti, ma ne furono minati i condotti.
Quasi tutte le muraglie sono fatte di pietre tagliate; le case sono pure di pietra, coperte di tegole all'usanza d'Europa, e le strade ben lastricate. Queste pietre sono di varie specie d'ardesia, di pietra calcarea, o di marmo grossolano. I palchi delle camere sono di legno. Le case hanno molte finestre verso strada fatte all'europea, e chiuse da griglie assai fitte. Alcune porte, ed alcuni archi che preludono qualche idea d'architettura sono tutte di stile greco, e nulla vi si vede che ricordi lo stile arabo.
In generale l'aspetto di questa città è trista assai. Il color cenericcio degli edificj, le tegole dello stesso colore, l'altezza delle mura, le sozzure che si lasciano nelle strade, il cattivo odore che n'esala continuamente, la cattiva qualità dei cibi, la scarsezza d'acqua buona, la povertà e la inazione assoluta degli abitanti che non hanno nè arti nè commercio, la reciproca loro diffidenza, le diverse loro sette sempre armate e sempre disposte a battersi, il cupo silenzio che domina la città, la pubblica ubriachezza, tutto concorre a dare a questa città l'aspetto di una dimora infernale: pure per le sue fortificazioni può risguardarsi come una piazza di second'ordine, come ancora per la sua posizione geografica, che è l'angolo S. O. della Morea, ed il passaggio dall'Arcipelago ai mari d'Europa. Ella ha pure nelle sue vicinanze eccellenti porti, che potrebbero renderla un emporio di commercio.
Trovai con una buona osservazione la latitudine settentrionale di Modone 36° 51′ 41″. Una cattiva osservazione precedente dava due minuti meno. La sua longitudine è quella dell'isola Sapienza che gli sta al S. Non mi fu possibile di osservarvi le distanze lunari.
Nel tempo del mio soggiorno la temperatura fu fredda, l'atmosfera quasi sempre coperta di nubi, e piovve spesse volte.
Sopra un isolotto distante poche tese dalla città vi è un castello, o torre ottagona, composta di tre piani gli uni su gli altri; ed il più basso è guernito di artiglieria. In questa torre abita il capitano del porto, e per passare dalla torre all'isola fu costruito una specie di molo.
Presso Porta a mare eravi anticamente un altro molo, di cui più non rimangono che le ruine.
Mal tenuto e meschino è il bagno pubblico. Sonovi molti caffè nei quali i Turchi sono continuamente occupati a bevere, a fumare, ed a giuocare a scacchi. Vedonsi nella strada principale diverse botteghe mal provvedute, e di cattivo aspetto.
L'unità monetaria che si usa a Modone, siccome in tutta la Turchia, è una piccolissima moneta d'argento, o di rame inargentato, che chiamasi para. Centoquaranta para equivalgono ad una piastra spagnuola.
Il Goeursch o piastra turca moneta della grandezza della piastra di Spagna vale quaranta para. È di rame con poca mistura d'argento.
Il Yuslìk dello stesso metallo vale cento para.
Il Mahboub del Cairo, moneta d'oro vale cent'ottanta para.
Il governatore di Modone la di cui autorità è sempre precaria, chiamavasi Mehemet Aga allora indisposto.
Il più influente abitante di Modone è certo Mustafà Schaoux, uomo ricco, che ha l'aspetto perfettamente di grossolano bandito. Esce sempre di casa armato di coltello e di pistole. Padrone del bagno pubblico, del grande caffè, e di tutte le biscazze della città e dell'isola Sapienza tiene l'Agà quasi confinato nel suo alloggio; ed il capitano del porto, che ugualmente lo teme, non osa d'entrare in città. Il gran caffè è un asilo sicuro per ogni delinquente. Dopo esservi entrato, non gli resta a temer nulla per conto della pubblica autorità finchè non sorte da quel sacro recinto.
Mustafà Schaoux proteggeva la pirateria nella sua isola. Era amico del mio capitano, e del suo secondo, che mi accompagnò dalla nave alla casa quando sbarcai. Poichè questi ebbe avvisato i doganieri che conducevami in una casa di Mustafà Schaoux, tutti chinarono il capo; mi si fecero singolari distinzioni, e fui spedito all'istante.
Pure questo Mustafà aveva di fresco sostenuta una guerra con una fazione sollevatasi contro la sua tirannia. Le ostilità durarono più mesi, i suoi partigiani assai numerosi eransi ritirati ne' suoi caffè e nelle sue case, di dove facevano fuoco sopra i nemici che uscivano dalle proprie abitazioni, ed osavano passeggiare per le strade. In fine trionfò e mantenne il suo dispotismo, che rinforzossi più che mai. Simili avvenimenti rinnovansi ad ogni istante nella maggior parte delle provincie sottomesse all'imperatore di Costantinopoli: onde non è difficile il prevedere che un tal'ordine di cose non può durare lungo tempo, e che quest'anarchia perpetua, queste parziali sommosse termineranno col distruggere l'impero de' Turchi.
Ho già detto ch'io ero alloggiato in una casa di Mustafà Schaoux. Suo fratello erasi incaricato de' miei affari, ed egli medesimo mi faceva continuamente la sua corte, ripetendo che Ali Bey era il primo uomo del mondo; volendo con ciò farmi sentire che la mia riconoscenza doveva essere proporzionata ai servigi, ed agli onori che mi rendeva.
Quest'uomo potente e feroce ha una figlia e due figli bevitori quanto il padre, ed egualmente grossolani e rossi; sicuro pegno della perpetuità di così nobile razza. La figlia dell'età di circa dodici anni venne tutta sola a recarmi la mia biancheria: entrando nella mia camera scoprissi intieramente il volto assai avvenente. Quando rientrò Mustafà gli chiesi perchè sua figlia avesse tanta libertà; mio caro Signore, mi rispose, noi non formiamo che una sola famiglia. Io mi mostrai grato alla distinzione che si compiaceva d'accordarmi.
Sul rovescio della collina che signoreggia la città è fabbricato il villaggio dei Greci, nel quale contansi a pena centocinquanta abitanti; e le loro case hanno l'apparenza dell'estrema miseria. Pure in questo luogo teneva la sua residenza il solo console straniero che trovavasi a Modone, quello di Ragusi. Era questi un uomo di gentili maniere; aveva seco un canonico, prefetto apostolico della Morea, personaggio istruito assai, e che nel suo lungo soggiorno di Roma aveva acquistata tutta la delicatezza dell'urbanità romana. Gli altri consoli Europei risiedono nella città di Corone distante un giorno di viaggio all'E. di Modone.
Tripolizza è la capitale della Morea in cui risiede il Pascià. Si pretende che la Morea racchiuda 88,000 Greci, e 18,000 Turchi. La popolazione Greca era in addietro infinitamente più numerosa; ma vessata di continuo orribilmente da' suoi brutali padroni, soffre ogn'anno una sensibile emigrazione. Continuando alcun poco ancora lo stesso ordine di cose, i Greci abbandoneranno affatto la terra de' loro padri. Se le virtù e le austerità de' costumi non salvarono la fiera Sparta dalla vergogna della schiavitù, quale mai nazione potrà lusingarsi d'esser libera!
La parte orientale della Morea forma un separato dipartimento, detto la Maïna, abitato da 30,000 abitanti. Questo dipartimento è sempre l'appanaggio del Capitan-Pascià della Porta Ottomana, che lo governa a suo capriccio, e ne percepisce tutte le rendite.