Kitabı oku: «La Prima Caccia », sayfa 13
“La notte è giovane. Non rovinare la festa.”
Era sicura che l’amica non le avesse mai detto di andare al diavolo.
Poi, Harry si riprese. Disse: “Ehi, forse questo è importante. Che Riley Sweeney fosse lì, voglio dire. Sa, era in giro anche quando l’altra ragazza è stata uccisa. L’ho vista io, che stava di fronte alla porta della stanza della ragazza. In quel momento ho pensato: “Che cosa diavolo sta facendo lì?”. E’ una ragazza strana. Dovreste portare lei qui dentro e interrogarla, anziché perdere tempo con me.”
Walton si limitò a dire: “Continua.”
Harry rifletté per un momento e disse: “Abbiamo lasciato il bar e abbiamo cominciato a dirigerci a piedi verso il dormitorio. Quando siamo arrivati al campus, lei era appoggiata a me, e sapevo che era davvero interessata.”
Riley si chiese se fosse vero. Non sembrava improbabile. Ma Trudy aveva cominciato a sentirsi a disagio lungo la strada? Forse aveva provato ad allontanarsi da Harry Rampling?
Harry esitò.
Walton insisté: “E poi?”
Harry rispose: “Poi ho visto due dei miei amici in fondo alla strada, Eddie e Monty. Ci stavano guardando e sono stati molto scortesi per avermi visto con una bella ragazza. Sa, hanno fischiato e fatto gesti. Erano ubriachi e fuori controllo, e mi hanno davvero infastidito.”
“E poi che cos’hai fatto?” Walton chiese.
“Ho chiesto a Trudy di aspettarmi, mentre andavo a dirgliene quattro. Sono andato da loro e ho detto di piantarla. Poi, hanno cominciato a farmi ogni sorta di domanda, tipo se avessi intenzione di spingermi fino in fondo con lei, che cosa pensavo che sarebbe successo.”
Harry si curvò in avanti, guardando le sue mani ammanettate.
Infine continuò: “Perciò, direi che devo aver parlato con loro per un paio di minuti, e poi hanno cominciato di nuovo a ridere come idioti. Ho chiesto loro che cosa diavolo ci fosse di tanto divertente, e uno di loro, Eddie mi sembra, ha detto: “Sembra che sei stato scaricato, amico.””
Harry espresse il suo disappunto con un verso e proseguì: “Così mi sono girato, e infatti, Trudy se n’era andata.”
“Dov’era andata?” Walton chiese.
“Non ne ho idea” Harry rispose. “Forse dovrebbe chiederlo ad Eddie e Monty. L’hanno vista andare via senza dirmelo. Hanno provato a farmi sembrare un idiota, se sa che cosa intendo.”
Sta dicendo la verità? Riley si chiese.
Finora, non era riuscita a stabilirlo.
“E poi che cos’è successo?” Walton chiese ancora.
“Eddie e Monty si sono allontanati di nuovo e io ero … beh, ne avevo davvero abbastanza di tutti. Me ne sono andato in giro per il campus per un po’, finché non mi sono calmato. Poi, sono tornato nella mia stanza e mi sono messo a dormire.”
Walton stava guardando Harry con intenso interesse.
“E perciò non hai più rivisto Trudy?” domandò.
“No, poverina. Avrei dovuto andare a cercarla, assicurandomi che stesse bene.”
“Perché non l’hai fatto?” Walton chiese.
Harry alzò le spalle e rispose: “Soltanto perché ero arrabbiato con lei. Comunque, ora conosce l’intera storia, o la mia storia. Posso andare adesso?”
“Direi di no” Walton rispose, trascrivendo qualcosa sul taccuino.
Harry picchiò impaziente il piano del tavolo con le nocche.
“Quando, allora?” disse. “Perché questo è un vero spreco di tempo, per lei e per me. Voglio dire, la prego, mi dica che uscirò da qui oggi. Ho molto da studiare, e se comincio a fallire negli studi, mi butteranno fuori dalla squadra di football.”
Riley improvvisamente sentì un forte formicolio in tutto il corpo.
Era sicura di qualcosa, sebbene non sapesse ancora il perché.
Si voltò verso l’Agente Crivaro e disse…
“Dice la verità. Non ha ucciso Trudy.”
CAPITOLO VENTISEI
Riley e l’Agente Crivaro si fissarono per un lungo istante. Lasciò che le parole che aveva appena pronunciato fossero assorbite …
“Dice la verità. Non ha ucciso Trudy.”
Ora le sembrava palesemente chiaro, e si sentiva certa.
Crivaro non sembrò affatto sorpreso da tale affermazione.
“Perché lo pensi?” le chiese.
Riley strizzò gli occhi per riflettere.
Perché lo penso? si domandò.
Era solo una sensazione istintiva, naturalmente. Ma da dov’era venuta fuori?
Lei si voltò per guardare di nuovo la stanza in cui l’Agente Walton stava ancora interrogando Harry Rampling. La giovane cessò di prestare attenzione alle loro parole. Non le interessavano adesso.
Invece, ripensò a quando aveva trovato Trudy ed Harry insieme al tavolo del Covo del Centauro la sera prima.
Harry l’aveva intrattenuta con una storia della sua abilità atletica.
Trudy pendeva davvero da ogni sua parola …
… oppure no?
Non le importava davvero che cosa lui dicesse, Riley intuì.
Invece, Trudy aveva guardato con desiderio il bel viso e il fisico muscoloso di Harry, e aveva fantasticato e si era chiesta come si sarebbe conclusa la serata. Trudy aveva cercato qualcosa che potesse spazzare via le sue paure.
Ma questo che cosa suggeriva Riley?
Ripensò all’esperienza che aveva avuto nel dormitorio, quando l’Agente Crivaro l’aveva aiutata a penetrare nella mente del killer. Ricordò quel momento, in cui aveva immaginato Trudy aprire la loro stanza, per lasciare entrare il killer.
Ma perché la ragazza lo aveva fatto?
Riley aveva percepito che Trudy e il suo killer non erano grandi amici.
Ma doveva esserci un motivo.
Riley rivisse la scena quanto più nitidamente possibile.
Chiuse gli occhi e provò a spingersi un po’ più oltre.
L’uomo aveva parlato con Trudy …
Ora Riley comprese che l’amica si era dimostrata alquanto interessata a quello che lui le stava dicendo, così interessata che voleva che l’uomo entrasse, così che potessero sedersi e parlare.
Per questo, aveva aperto la porta e l’aveva invitato ad entrare.
Riley sentì il cervello mettersi in moto in nuovi e strani modi, e ricordò qualcosa che Harry aveva appena detto …
“I miei voti non sono così buoni, e, se comincio a fallire negli studi, mi butteranno fuori dalla squadra di football.”
Riley sentì il battito cardiaco accelerare, mentre la sua sensazione istintiva improvvisamente ebbe molto senso.
Si rivolse all’Agente Crivaro: “L’uomo che ha ucciso Trudy era interessante, intelligente. A lei piaceva ascoltarlo parlare, era affascinata da quello che aveva da dire.”
“E?” Crivaro disse.
Riley indicò il ragazzo nella sala degli interrogatori.
“Harry non è molto intelligente, ed è tutto tranne che affascinante. Infatti, è stupido e parla solo di sé. Conoscevo Trudy, e se Harry l’avesse accompagnata fino al dormitorio, lei si sarebbe quasi sicuramente annoiata prima che fossero arrivati a destinazione. Lui non è il tipo che lei avrebbe lasciato entrare nella sua stanza.”
Riley fissò Jake, che continuò a guardare nella sala degli interrogatori.
Mi crede? si chiese.
Sentiva di doverlo persuadere.
Gli disse: “Agente Crivaro, ne sono sicura. Non sopporto Harry Rampling. Ma essere un coglione egocentrico non fa di lui un killer.”
Crivaro si voltò per guardarla con un sogghigno.
Le disse: “Figliola, non hai idea di quanto sia vero.”
“Quindi mi crede?” Riley disse.
Crivaro rimase in silenzio per un momento.
Poi disse: “Anche il mio istinto è piuttosto buono, se posso dirlo. E non penso che questo insopportabile coglione abbia le caratteristiche di un assassino.”
Riley era piuttosto agitata ora. Riprese: “Dobbiamo dire al Capo Hintz che hanno preso il tipo sbagliato.”
Crivaro si massaggiò il mento e disse: “Oh, gliene parlerò io. Ma …”
“Ma cosa?” chiese Riley.
Crivaro scosse il capo.
“Hintz non mi darà retta, e nemmeno a te. E la verità è che non c’è una buona ragione per cui dovrebbe farlo. Sensazioni e intuito non sono prove. Io e te non abbiamo un solo straccio di prova per dimostrare la nostra tesi. Al momento, ci sono molti indizi che conducono al ragazzo lì dentro. Vero è che sono soltanto circostanziali, ma piuttosto persuasivi.”
Riley riusciva a stento a credere alle proprie orecchie.
“Ma non possono tenere Harry chiuso lì!” lei obiettò. “Non ha fatto nulla di male!”
Crivaro dette una pacca sulla spalla di Riley.
“Figliola, c’è qualcosa che dovresti sapere” le disse. “Questa capacità, che io e te abbiamo, questa capacità di entrare nella mente di un killer, non costituisce una scienza esatta. Ho ragione la maggior parte delle volte, ma sbaglio anche ogni tanto. E, nella migliore delle ipotesi, ciò che abbiamo è incompleto. Se continuerai a svolgere questo tipo di lavoro, ti sbaglierai prima o poi.”
Riley si limitò a guardarlo. Non sapeva che cosa dire.
Ora Crivaro la stava guardando con profonda preoccupazione.
“Sembri molto stanca, ragazza” le disse. “Hai avuto una giornata intensa, e temo di aver soltanto peggiorato le cose per te. Hai fatto più del necessario per ora, e non c’è motivo per cui tu debba continuare a restare qui. Devi davvero uscire da qui, e provare a riposare. Ma dove andrai?”
Riley si rese conto che era una buona domanda.
Il dormitorio non era disponibile e del resto non avrebbe voluto tornarci, neppure se fosse stato possibile. Si chiese se sarebbe mai riuscita a tornare all’interno dell’edifico, men che meno nella stanza che una volta condivideva con Trudy.
Ricordò una frase che il Dottor Zimmerman le aveva detto poco prima …
“Potresti venire a casa mia, solo per la notte. Ho una stanza per gli ospiti.”
Si chiese se fosse il caso di accettare quell’offerta.
In realtà, non sapeva come mettersi in contatto con lui al momento. E, anche se fosse riuscita a farlo, in qualche modo, si sarebbe sentita a disagio per essersi imposta.
Disse all’Agente Crivaro: “Non si preoccupi per me. Penserò a qualcosa.”
Esitò per un momento, poi aggiunse: “Solo … trovi chiunque sia stato, OK?”
Crivaro annuì, poi le diede un biglietto da visita.
“Qui c’è anche il numero del mio cercapersone” le disse. “Mettiti in contatto con me se … beh, per qualunque ragione.”
Riley ringraziò l’Agente Crivaro e andò in fondo al corridoio.
Proprio allora, ricordò il messaggio allarmato che Ryan aveva lasciato sulla segreteria telefonica …
“Ci sei? Stai bene? Sei al sicuro?”
Era sbagliato continuare a farlo preoccupare.
Devo chiamarlo, pensò.
Trovò il più vicino telefono a gettone e digitò il numero di Ryan.
Quando Ryan rispose, la sua voce tremò.
“Riley? Oh mio Dio! Sono così contento che tu abbia chiamato. Ero preoccupato da morire. Come stai? Stai bene?”
Riley si chiese come rispondere a quella domanda.
Sto bene?
Non proprio. Fu come se pensasse che non sarebbe mai più stata bene.
Ciò nonostante …
“Sto bene” rispose.
“Dove sei?”
“Alla stazione di polizia.”
Ryan sembrò confuso e agitato al contempo.
“Alla stazione di polizia? Perché?”
Riley esitò. Che cosa poteva dirgli di ciò che era accaduto e di che cosa aveva fatto? Lo comprendeva persino lei a malapena.
Poi, Ryan disse: “Riley, ti prego dimmi che non …”
Non completò la frase, ma Riley sapeva che cosa intendeva chiedere.
Sospettano di me?
“No, non sono una sospettata” rispose.
Ryan chiese: “Hanno qualcun altro in custodia?”
“Sì” fu la risposta.
Che altro c’era da dire in merito? Come poteva cominciare a spiegare i suoi dubbi su Harry Rampling, e anche quelli dell’Agente Crivaro?
Ryan chiese: “Ti trattengono per un motivo? Perché ne so abbastanza di legge, sai. Hai i tuoi diritti, a prescindere.”
“No, non mi stanno trattenendo” Riley chiarì. “Sono libera di andare. Ma …”
La voce le si bloccò, mentre pensava …
Ma non so dove andare.
Seguì un breve silenzio.
Poi Ryan disse: “Vengo a prenderti. Aspettami fuori alla stazione di polizia.”
“Ryan, non devi …”
Ryan interruppe: “Niente no. Sarò lì in pochi minuti.” Poi agganciò. Riley restò lì a reggere la cornetta; improvvisamente si sentiva sola, stanca, spaventata e triste. Alla fine, riagganciò, si diresse all’entrata dell’edificio e uscì.
La forte luce del sole giunse come uno shock per lei.
Per qualche ragione, le era sembrato che fosse notte, una notte profonda, buia e priva di stelle.
Ma oggi era una giornata primaverile, bella e allegra, con una gentile e fresca brezza e uccelli canterini.
Ancora una volta, pensò a quel vecchio cliché …
La vita va avanti.
Forse, era vero dopotutto.
Ma, in quel momento, Riley non riusciva a fare a meno di sentire che non avrebbe dovuto esserlo.
Ogni cosa dovrebbe semplicemente cessare di vivere, pensò. Almeno per un po’.
Ma non sarebbe successo, e migliaia di persone inconsapevoli e ignare stavano per godere di quella splendida giornata, senza percepire il male che si celava in essa.
Riley sedette sugli scalini della stazione di polizia e attese.
La sua mente sembrò addormentarsi. Non stava pensando proprio a nulla. Non sembrava esserci alcun motivo per riflettere. Pensare non avrebbe cambiato le cose. Pensare non avrebbe riportato Trudy in vita.
Ma l’assenza di pensiero fece passare i momenti lentamente.
Quando Ryan accostò al marciapiede nella sua Mustang, le sembrò che fosse passata un’eternità. Per qualche ragione, Riley non riusciva a rimettersi in piedi, e andare semplicemente verso l’auto. Invece, Ryan lasciò il motore acceso e uscì, per andare a raggiungerla. Le prese gentilmente il braccio e l’aiutò ad alzarsi in piedi, poi la guidò verso l’auto e l’aiutò ad entrarci.
Uno scomodo silenzio cadde, mentre Ryan guidava verso il suo appartamento.
Infine, lui disse: “Riley, ti prego, parlami. Dimmi …”
La sua voce si bloccò, e Riley si chiese …
Dirgli cosa?
Da dove poteva persino cominciare?
Aprì dunque la bocca per parlare, ma le uniche parole che le uscirono, furono: “Ryan … non posso dirti … tutto … proprio non posso …”
“TRANQUILLA” Ryan rispose.
Poco dopo, parcheggiarono davanti all’edificio in cui si trovava l’appartamento del ragazzo, e Ryan l’accompagnò lungo le scale che conducevano all’alloggio. Aprì la porta e la lasciò entrare. Non appena lei vide gli accoglienti e gradevoli interni, qualcosa sembrò rompersi dentro di sé.
L’angoscia che la stava attanagliando da ore ora esplose in tutto il suo corpo.
Singhiozzando, Riley Sweeney crollò tra le accoglienti braccia di Ryan Paige.
CAPITOLO VENTISETTE
Riley era seduta sul letto, e tra le mani aveva un bicchiere di bourbon, quando Ryan entrò nell’appartamento. Per un momento, si sentì confusa. Perché era tornato così presto?
Poi, comprese che era più tardi di quanto avesse pensato. La lezione mattutina di Ryan si era conclusa da molto ormai.
Non le venne in mente nulla da dire, quando lui chiuse la porta e restò a guardarla.
Riley sapeva di avere un aspetto terribile. Non era nemmeno ancora vestita. Indossava il pigiama che l’assistente del dormitorio le aveva procurato insieme ad alcuni oggetti essenziali, vestiti e materiali di studio.
Era nell’appartamento di Ryan da ben quattro giorni e notti ormai, e sapeva che non doveva essere stata una gioia starle vicino. Non aveva voluto parlare molto, di nulla. Lei e Ryan avevano fatto sesso un paio di volte, e Ryan era stato molto sensibile e attento, tanto quanto lo era stato la prima volta, ma Riley non se l’era goduta molto.
Si sentiva troppo insensibile per godere di qualcosa.
Certamente non era giusto per Ryan. Lui le piaceva ogni giorno sempre di più, ma trovava difficile esprimere i propri sentimenti.
Ryan sembrava particolarmente preoccupato del bicchiere che lei aveva in mano. La ragazza prese un altro sorso di bourbon, intanto.
“Non è neanche ora di pranzo” Ryan la rimproverò.
Riley guardò l’orologio alla parete.
“Non c’è problema, è l’una” lei rispose.
“Ma hai mangiato qualcosa per pranzo? Hai a malapena toccato la colazione stamattina. Non dovresti bere, Riley.”
Riley sospirò. Lui aveva ragione, naturalmente, e lei non aveva alcun diritto di discutere. Mise dunque il bicchiere sul tavolino di servizio.
Ryan si sedette accanto a lei sul letto.
Le chiese: “Quando è stata l’ultima volta che sei uscita dall’appartamento?”
“Non lo so rispose.
In realtà era sicura di non essere uscita dall’appartamento, da quando ci era arrivata il venerdì. Sapeva senz’altro che non aveva lasciato l’edificio.
Ryan disse: “Non sei andata a lezione ieri. Ci andrai oggi?”
“Non lo so” Riley rispose. “No. Penso di no.”
Cadde un silenzio tra loro.
Poi, Riley si protese verso di lui e gli strinse una mano. Aggiunse: “Non è un problema. Ti prego, non preoccuparti. I miei voti sono buoni. Saltare delle lezioni non mi farà male.”
Ryan le strinse la mano e disse: “Sì, Riley, ma quando …?”
Non terminò la frase.
Riley provò un pizzico di risentimento.
Lei disse: “Quando ne verrò fuori, questo vuoi dire?”
“Non volevo chiederti questo” Ryan rispose.
“Beh, perché no?” Riley replicò. “E’ una buona domanda, non è così? E non ne conosco la risposta. Quanto tempo ci vorrà prima che io superi il fatto di aver trovato il cadavere della mia migliore amica nella mia stanza del dormitorio?”
Aveva appena pronunciato quelle parole e subito non riuscì a credere di averle dette..
“Mi dispiace, Ryan. Non avrei dovuto dire …”
Ryan interruppe: “TRANQUILLA, Riley. Fa BENE sfogarsi. In realtà, vorrei che ti sfogassi molto di più.”
Fece un istante di pausa, poi aggiunse: “Puoi sfogarti con me quanto vuoi, lo sai. Mi sta BENE, davvero. Immagino …”
Si fermò per un istante.
“Direi che ci tengo già a te.”
Riley era stupita.
Proviamo sentimenti reciproci? si chiese.
Poi Ryan disse: “Ma devi capire che non puoi venirne fuori senza un aiuto professionale. Se non si tratta dei consulenti del campus … beh, qualcuno. Non posso farlo io.”
Fece poi un’altra pausa. Vedendo che Riley non parlava, il giovane aggiunse con tono leggermente amareggiato …
“Anche se volessi parlare con me, cosa che direi non vuoi fare.”
Ryan si alzò dal letto e disse: “Vado a prepararti qualcosa da mangiare, e non ti toglierò gli occhi di dosso finché non mangerai.”
Poi, prese il bourbon e disse: “Vado a buttarlo via.”
Riley quasi protestò, ma si disse rapidamente …
Litigare mi farà sembrare una vera alcolizzata.
Si augurava di non aver imboccato quella strada. Ma aveva bevuto molto del bourbon di Ryan, da quando era arrivata lì: quello era un fatto.
Riley lo osservò versare il bourbon nel lavandino e poi preparare dei panini a base di formaggio grigliato.
Riley non si mosse dal letto. Stava pensando a quello che lui le aveva appena detto …
Pensa che abbia bisogno di aiuto professionale.
Naturalmente, la cosa doveva essere sembrata perfettamente ovvia, almeno a lui.
Capì perché a lui sembrasse di sentirsi chiuso fuori. Non gli aveva raccontato molte cose. Gli aveva detto ben poco sul ritrovamento dei corpi di Rhea e Trudy e nulla delle ore passate dopo aver trovato Trudy. Nulla di quello che aveva fatto alla stazione di polizia.
Il ragazzo sapeva che sua madre era morta, ma non che fosse stata uccisa, men che meno che Riley ne fosse stata diretta testimone, quando era soltanto una bambina. Certamente non sapeva come le immagini del corpo insanguinato di sua madre continuassero a mescolarsi nella sua mente con quelle dei corpi di Rhea e ora di Trudy.
Talvolta, in quei giorni, sembrava che la sua immaginazione stesse annegando nel sangue.
Per quanto riguardava il richiedere un aiuto professionale, non poteva immaginare di confidarsi con un vecchio strizzacervelli qualunque. Forse poteva parlarne con il Dottor Zimmerman. O con l’Agente Crivaro. O persino con il Professor Hayman, che Riley ammirava tanto, e che l’aveva ispirata a specializzarsi in psicologia. Senz’altro avrebbero compreso. Eppure, per poter parlare con loro …
Soffocò un sospiro e pensò …
Dovrei scendere dal letto. E anche fuori da questo appartamento.
E, al momento, non sembrava affatto un’impresa facile.
Ricordò che per contattare l’Agente Crivaro avrebbe dovuto semplicemente fare una chiamata al cercapersone. Lo aveva raggiunto in quel modo un paio di volte. La prima volta era stato per dargli il numero di telefono di Ryan. La seconda il giorno prima, solo per aggiornarsi.
Le aveva detto che la polizia aveva lasciato andare Harry Rampling. I due ragazzi citati da Harry come alibi avevano fornito versioni conflittuali delle sue azioni quella sera, ma Crivaro immaginava che fosse dovuto al fatto che erano davvero ubriachi. In ogni caso, la polizia non disponeva di prove sufficienti per trattenere Harry.
Eppure, la polizia era ancora certa della colpevolezza di Harry, e lo avrebbe tenuto d’occhio. Riley ne era preoccupata. Per quanto ne sapeva, lei e l’Agente Crivaro erano gli unici che credevano che il killer fosse ancora a piede libero. La squadra di Quantico avrebbe dovuto andarsene, se il Capo Hintz avesse ritenuto il suo aiuto non più necessario.
Che cosa sarebbe successo in quel caso, se Crivaro e la sua squadra se ne fossero andati?
Ci sarebbero state altre vittime?
Ryan tornò sul letto, con i due panini al formaggio grigliato e due tazze di caffè. Si sedette di nuovo accanto a Riley. Improvvisamente, lei si sentì commossa dalla gentilezza e pazienza che le stava dimostrando.
E che cosa aveva ottenuto in cambio? Lei non stava portando nulla nella sua vita, tranne la sua tristezza.
Merita di meglio, pensò.
Lei esitò per un istante, poi disse: “Ryan, vorrei parlarti di alcune cose. Voglio dire… c’è qualcosa che dovresti sapere … di me.”
Ryan mise da parte il suo panino.
“Puoi dirmi tutto” la incoraggiò.
Tutto? Riley pensò. Immagino che scopriremo presto se è vero.
Iniziò da quello che le sembrava il principio: il brutale omicidio di sua madre nel negozio di caramelle, avvenuto quando Riley era molto piccola. Fu sorpresa di quanto parlasse tranquillamente dell’evento che l’aveva più perseguitata nella sua vita.
Ryan ascoltava con stupore.
“Mi spiace” lui disse. “Non ne avevo idea.”
Riley sospirò profondamente.
“C’è di più” continuò.
Provò a descrivere quell’assurda notte subito dopo l’omicidio di Rhea, la notte in cui era entrata per la prima volta nella mente dell’assassino e aveva percorso i suoi passi, percependo come avesse seguito la sua preda nel campus. Gli disse di essere stata in seguito nella stanza di Rhea, immaginando come il killer si fosse sentito a guardare il suo cadavere insanguinato.
Ryan non disse nulla, mentre lei spiegava come l’Agente Crivaro l’avesse guidata attraverso la più inquietante esperienza vissuta fino ad allora, descrivendo il suo terribile e vivido viaggio all’interno della psiche del killer, mentre incantava Trudy, affinché gli chiedesse di entrare nella sua stanza.
Ma quando parlò di quando era stata alla stazione di polizia, ad ascoltare l’interrogatorio, e si era sentita sicura che Harry Rampling non fosse il killer, lui intervenne.
“Riley, basta. E’ una cosa folle. Ti stai ascoltando? Devi assolutamente parlarne con qualcuno.”
La sua voce ora tremava per l’allarme.
“Mi stai dicendo che il tizio dell’FBI, Crivaro, ha giocato con la tua mente? Perché? Soltanto per divertimento?”
Ryan sembrava davvero arrabbiato ora. Riley avrebbe voluto fargli comprendere.
“No” lei disse. “Voleva il mio aiuto. Pensa che io abbia un talento unico. E lo pensa anche il Dottor Zimmerman.”
“Un talento per cosa?” Ryan disse. “Per empatizzare con i killer a sangue freddo?”
Riley quasi rispose …
“Esattamente.”
… ma decise di non dirlo ad alta voce.
Ryan si alzò dal letto e cominciò ad andare avanti e indietro.
“Riley, sei cieca per caso? Quello che ti ha fatto Crivaro è sbagliato. Ti ha sfruttato, puntando sulle tue debolezze. Dubito che sia persino legale. Devi sporgere un reclamo.”
Riley ora era davvero scioccata.
Sono stata sfruttata? si chiese. Quella possibilità non l’aveva sfiorata neanche per un secondo.
In effetti, lo avrebbe rifatto subito se l’Agente Crivaro glielo avesse chiesto.
Pensava che sarebbe stata disposta a tutto pur di catturare l’uomo responsabile della morte di Rhea e Trudy.
Era persino intenzionata a diventare il killer, almeno per un po’.
Che cosa dice questo di me? pensò.
Infine, chiese: “Ryan, che cosa ci facciamo qui?”
Non fu sorpresa quando lui non rispose. Era davvero una domanda enorme, di cui non avevano mai discusso durante i giorni che avevano trascorso insieme.
Poi gli disse: “Ryan, tu mi piaci davvero tanto.”
Ryan mise un braccio intorno a lei e la strinse a sé.
“Anche tu mi piaci davvero tanto” le rispose.
Riley si sottrasse gentilmente a quell’abbraccio.
“Non so perché ti piaccio” gli disse. “Non sono al meglio. In realtà, mi sento piuttosto come una fallita. E tu sei stato così carino con me …”
Poi si bloccò.
“Che cosa stai provando a dire?” Ryan chiese.
Riley non ne era sicura. Ma sapeva che si trattava qualcosa d’importante. E doveva dirla. Faticò a trovare le parole giuste.
“Sei un uomo intelligente, Ryan, e farai molta strada. Ma dimmi la verità. Al momento, sei preoccupato, non è vero? Ti stai chiedendo come farai a mantenere i voti alti con me intorno che ti distraggo, con me di cui prenderti cura. Senti di essere bloccato con me. Potresti … io potrei … rovinare tutto, tutto il tuo futuro.”
Ryan scosse il capo.
“Riley, questo non è …”
Riley interruppe: “E’ vero, e noi lo sappiamo entrambi.”
I due restarono in silenzio per un momento. Riley vide dalla sua espressione che aveva colto la verità.
Infine, Ryan disse balbettando: “Forse … sarebbe meglio … se tornassimo come prima… beh, temporaneamente.”
Riley non poté fare a meno di sentirsi ferita.
Che cosa si aspettava che dicesse?si chiese.
Provando a tenere la delusione fuori dalla sua voce, Riley disse: “Pensavo… che forse dovrei andare via ora.”
Un altro silenzio cadde tra loro.
Non si oppone, Riley comprese.
Infatti, sentiva che lui si stava deliberatamente distaccando da lei ora.
Era una capacità emotiva che non aveva mai notato in lui prima. Stranamente, non riusciva a non ammirarlo per questo. Immaginava che l’avrebbe aiutato a diventare un gran buon avvocato un giorno.
Poi, Ryan disse: “Ascolta, forse potremo riprovarci in seguito, quando avrai risolto tutta questa storia …”
Appena Ryan cessò di parlare, Riley si ritrovò a ricordare di nuovo quello che suo padre le aveva detto al telefono …
“Non sei tagliata per una vita normale. Non è nella tua natura.”
Adesso quelle parole la colpirono come un fulmine a ciel sereno.
Ha davvero ragione.
Papà ha ragione.
Lei disse a Ryan: “Sì, forse, più in là.”
Poi, si alzò dal letto.
Disse: “Devo vestirmi. Devo andare adesso.”
Ryan rimase con la bocca spalancata.
“Dove andrai a stare?” le chiese.
Riley non rispose alla domanda. La verità era che stava ancora lottando con quella stessa domanda.
Invece, disse: “Prima devo usare il tuo telefono.”
Prese il telefono e chiamò un taxi, chiedendo che andasse a prenderla all’indirizzo di Ryan, nel giro di dieci minuti.
Quando riagganciò, Ryan stava andando avanti e indietro.
“Riley, non c’è bisogno che tu prenda un taxi. Posso accompagnarti ovunque tu voglia andare.”
Riley l’ignorò, prese alcuni vestiti e si diresse verso il bagno. Fu vestita e pronta in pochi minuti. Raccolse le sue cose, poi uscì dal bagno e radunò quello che rimaneva.
Ryan sembrava davvero giù adesso.
“Riley, parlami per favore. Che cosa diavolo significa? Dove stai andando?”
Riley gli si avvicinò e gli diede un bacio davvero affettuoso, caloroso.
“Non preoccuparti per me” gli disse. “Restiamo in contatto.”
Senza aggiungere altro, uscì fuori dall’appartamento e lasciò l’edificio. Il taxi la stava già aspettando.
Quando entrò nei veicolo, il tassista chiese: “Dove andiamo?”
Riley esitò per un istante. Si sentiva stranamente stordita e spaventata, come se stesse per cadere da una scogliera.
Lei disse: “Mi porti al più vicino noleggio auto.”
“D’accordo” il tassista disse.
Attivò il tassametro e cominciò a guidare.
Riley si chiese se avesse perso la testa.
Forse è così, lei pensò.
O forse è qualcosa di gran lunga peggiore di questo.
La verità era che proprio non lo sapeva; era come se non riuscisse a comprendere proprio niente, né tantomeno di se stessa.
E, per quanto quel pensiero l’inorridisse, riusciva a pensare a una sola persona al mondo che avrebbe voluto davvero vedere.
Doveva fare visita a suo padre, immediatamente.