Kitabı oku: «La Prima Caccia », sayfa 4

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CAPITOLO SEI

Il lunedì mattina, Riley si scoprì profondamente a disagio, mentre occupava il suo posto a lezione di psicologia avanzata.

Dopotutto, si trattava della prima lezione dopo l’omicidio di Rhea, avvenuto quattro giorni prima.

Era anche la materia che stava cercando di studiare, prima che lei e le amiche andassero al Covo del Centauro.

C’erano pochi studenti presenti, quel giorno; molti infatti lì a Lanton non si sentivano pronti a tornare. Trudy era presente, ma Riley sapeva che anche la compagna di stanza si sentiva a disagio e non riusciva a gestire questa fretta di tornare alla “normalità”. Gli altri studenti erano tutti insolitamente tranquilli, mentre occupavano i propri posti.

Vedere il Professor Brant Hayman entrare in aula, mise Riley un po’ più a suo agio. Era giovane e piuttosto attraente, in un senso accademico, nel suo completo a coste. Ricordò Trudy dire a Rhea …

“A Riley piace impressionare il Professor Hayman. Ha un debole per lui.”

Riley si sentì in imbarazzo al ricordo.

Certamente non voleva credere di avere un “debole” per l’insegnante.

Era solo che aveva iniziato a studiare con lui quando era ancora una matricola. All’epoca, lui non era ancora un professore, ma un semplice assistente laureato. Lei aveva pensato che fosse un meraviglioso insegnante: istruttivo, entusiasta e talvolta divertente.

Oggi, l’espressione del Dottor Hayman era seria. Appoggiò la valigetta sulla scrivania e guardò gli studenti. Riley intuì che sarebbe andato dritto al punto.

Esordì: “Bene, c’è un elefante in quest’aula. Tutti sappiamo che cos’è. Dobbiamo cambiare l’aria. Dobbiamo discuterne apertamente.”

Riley trattenne il fiato. Era sicura che non le sarebbe piaciuto quello che sarebbe accaduto.

Poi Hayman disse …

“Qualcuno di voi conosceva Rhea Thorson? Non come conoscenza superficiale, non come qualcuno con cui vi incrociate qualche volta al campus. Beh, voglio dire, molto bene. Come amica.”

Riley sollevò la mano con cautela, così come Trudy. Nessun altro nell’aula lo fece.

Hayman allora chiese: “Che cosa state provando voi due da quando è stata uccisa?”

Riley si fece piccola.

Dopotutto, era la stessa domanda che aveva sentito fare da quei giornalisti a Cassie e Gina venerdì. Riley era riuscita ad evitare quei giornalisti, ma avrebbe dovuto rispondere a quella domanda adesso?

Si rammentò che questa era una lezione di psicologia. Erano lì per affrontare quel genere di domande.

Eppure Riley si chiese …

Da dove comincio?

Fu sollevata quando Trudy parlò.

“In colpa. Avrei potuto impedire che accadesse. Ero con lei al Covo del Centauro prima che accadesse. Non mi sono neanche accorta di quando se n’è andata. Se solo fossi andata con lei a casa …”

La voce di Trudy s’interruppe. Riley trovò il coraggio di parlare.

“Provo lo stesso” disse. “Sono andata a sedermi per conto mio, quando siamo andate tutte al Covo, e non ho prestato attenzione a Rhea. Forse se io avessi …”

Riley fece una pausa, poi aggiunse: “Anch’io mi sento in colpa. E anche altro. Egoista, immagino. Perché volevo stare da sola.”

Il Dottor Hayman annuì. Con un sorriso comprensivo, disse: “Dunque nessuna di voi ha accompagnato Rhea a casa.”

Dopo una pausa, aggiunse: “Un peccato di omissione.”

La frase sconvolse un po’ Riley.

Sembrava un termine inadatto per indicare il fallimento di Riley e Trudy. Sembrava troppo gentile, neppure abbastanza tragico: non pareva una questione di vita e di morte.

Ma, naturalmente, era vero, per quanto le riguardava.

Hayman si guardò intorno, rivolgendo lo sguardo al resto della classe.

“E voi altri? Avete mai fatto, o avete fallito, nello stesso genere di situazione? Avete mai, diciamo, lasciato che un’amica camminasse da sola di notte, quando avreste dovuto accompagnarla a casa? O forse avete omesso di fare qualcosa che sarebbe stato importante per la sicurezza di qualcuno? Ignorato una situazione che avrebbe potuto causare del male o persino la morte?”

Un mormorio confuso si sollevò tra gli studenti.

Riley comprese che si trattava davvero di una domanda difficile.

Dopotutto, se Rhea non fosse stata uccisa, né Riley né Trudy avrebbero riflettuto attentamente sul “peccato di omissione.”

Se ne sarebbero completamente dimenticate.

Non la sorprendeva il fatto che almeno alcuni studenti trovassero difficile ricordare, in un senso o nell’altro. E la verità era che la stessa Riley non riusciva a ricordarlo. C’erano state altre volte in cui era stata negligente mettendo a repentaglio la sicurezza altrui?

Avrebbe potuto essere responsabile per le morti di altri, se non fosse stato per la sua assoluta sciocca fortuna?

Dopo alcuni istanti, diverse mani riluttanti si alzarono.

A quel punto Hayman chiese: “E voi altri? Quanti di voi non riescono a ricordare?”

Quasi tutto il resto degli studenti alzò le mani.

Hayman annuì e disse: “OK, allora. La maggior parte di voi potrebbe aver commesso lo stesso errore, una volta o l’altra. Perciò, quanti di voi si sentono in colpa per il modo in cui hanno agito o per quello che avreste probabilmente dovuto fare ma non avete fatto?”

Ci fu un mormorio più confuso, e persino alcuni sussulti.

“Cosa?” Hayman chiese. “Nessuno di voi? Perché no?”

Una ragazza sollevò la mano e balbettò: “Beh … era diverso perché… suppongo perché … nessuno è stato ucciso, immagino.”

Ci fu un mormorio generale di assenso.

Riley notò che un altro uomo era entrato nell’aula. Si trattava del Dottor Dexter Zimmerman, il direttore del Dipartimento di Psicologia. Zimmerman sembrava essere stato fuori dall’aula, ad ascoltare la discussione.

Lei aveva avuto una lezione con lui due semestri prima: Psicologia Sociale. Era un uomo più anziano, rugoso ma di aspetto gentile. Riley sapeva che il Dottor Hayman lo considerava un mentore, quasi lo idolatrava, in realtà. Ma erano anche molti studenti a farlo.

Ciò che Riley provava nei confronti del Professor Zimmerman era un insieme di sentimenti misti. Era stato un insegnante motivante, ma, in qualche modo, non si rapportava a lui nel modo in cui la maggior parte degli studenti faceva. Non era sicura del perché.

Hayman spiegò alla classe: “Ho chiesto al Dottor Zimmerman di passare a prendere parte alla discussione di oggi. Dovrebbe essere davvero in grado di aiutarci. E’ decisamente l’uomo più perspicace che abbia mai conosciuto in vita mia.”

Zimmerman arrossì e abbozzò un sorriso.

Hayman gli chiese: “Dunque, che cosa ne pensa di quanto ha appena sentito dai miei studenti?”

Zimmerman inclinò la testa e rifletté per un momento.

Poi disse: “Beh, a quanto pare alcuni dei suoi studenti sembrano credere che ci sia una sorta di differenza morale in atto qui. Se si omette di aiutare qualcuno, che poi finisce ferito o ucciso, è sbagliato; ma va tutto bene, se non ci sono brutte conseguenze. Ma io non vedo la distinzione. I comportamenti sono identici. Le conseguenze diverse non cambiano il fatto che i comportamenti siano giusti o sbagliati.”

Un silenzio cadde sull’aula, mentre il pensiero di Zimmerman veniva assimilato.

Hayman chiese all’anziano professore: “Ciò significa che tutti qui dovrebbero struggersi per il senso di colpa insieme a Riley e Trudy?”

Zimmerman alzò le spalle.

“Forse semplicemente l’opposto. Il senso di colpa è utile? Riporterà in vita quella giovane donna? Forse ci sono emozioni più appropriate che tutti dovremmo provare al momento.”

Zimmerman si fermò di fronte alla scrivania e fissò gli studenti.

“Ditemi, quelli di voi che non erano amici di Rhea. Che cosa provate verso le sue due amiche, Riley e Trudy?”

L’aula divenne silenziosa per un momento.

Poi, Riley fu sorpresa al sentire alcuni singhiozzi rompere la quiete nell’aula.

Una ragazza sbottò con voce strozzata: “Oh, mi dispiace davvero tanto per loro.”

Un’altra aggiunse: “Riley e Trudy, vorrei che non vi sentiste in colpa. Non dovreste. Ciò che è successo a Rhea è già abbastanza terribile. Non riesco proprio ad immaginare il dolore che state provando adesso.”

Altri studenti fecero sentire il loro assenso.

Zimmerman rivolse alla classe un sorriso di comprensione.

Disse: “Immagino che a molti di voi sia noto che la mia materia è patologia criminale. Il lavoro della mia vita consiste nel provare a comprendere la mente dei criminali. E, negli ultimi tre giorni, ho cercato di trovare il senso di questo crimine. Al momento, sono davvero sicuro di una cosa. E’ stato un movente personale. Il killer conosceva Rhea e la voleva morta.”

Ancora una volta, Riley faticò a comprendere l’incomprensibile …

Qualcuno odiava abbastanza Rhea da ucciderla?

Poi Zimmerman aggiunse: “Per quanto sembri orribile, posso assicurarvi una cosa. Non ucciderà di nuovo. Rhea era il suo bersaglio, nessun altro. E sono certo che la polizia lo troverà presto.”

Infine, si appoggiò al bordo della scrivania e continuò: “Posso dirvi ancora una cosa: ovunque si trovi adesso il killer, qualunque cosa stia facendo, non prova quello che tutti voi sembrate provare. E’ incapace di empatia per la sofferenza altrui ed ancor meno può provare la vera empatia che percepisco in questa aula.”

Trascrisse le parole “comprensione” ed “empatia” sulla grande lavagna.

Chiese: “Qualcuno vuole rammentami la differenza tra queste due parole?”

Riley fu un po’ sorpresa dal fatto che Trudy avesse alzato la mano.

Trudy disse: “La comprensione è quando ci importa dei sentimenti altrui. L’empatia è quando in realtà condividiamo i sentimenti altrui.”

Zimmerman annuì e trascrisse le definizioni di Trudy.

“Esatto” disse. “Quindi, suggerisco, che tutti noi mettiamo da parte il senso di colpa. Concentriamoci invece sulla nostra capacità empatica. Ci separa dai mostri più terribili del mondo. E’ preziosa, soprattutto in un momento come questo.”

Hayman sembrò soddisfatto dalle osservazioni di Zimmerman.

Disse: “Se a tutti sta BENE, penso che interromperemo qui la lezione di oggi. E’ stata alquanto intensa, ma spero che sia stata utile. Ricordate però, state tutti elaborando dei sentimenti piuttosto forti ora, persino voi che non eravate amici di Rhea. Non aspettatevi che dolore, shock e orrore svaniscano tanto presto. Lasciate che seguano il loro corso. Fanno parte del processo di guarigione. E non temete di rivolgervi ai consiglieri scolastici, se necessario. O parlatene tra di voi. O a me e al Dottor Zimmerman.”

Quando gli studenti si alzarono per lasciare l’aula, Zimmerman gridò …

“Uscendo, date a Riley e Trudy un abbraccio. Potrebbe essere loro utile.”

Per la prima volta da quando era cominciata la lezione, Riley si sentì infastidita.

Che cosa gli fa pensare che abbia bisogno di un abbraccio?

La verità era che gli abbracci erano le ultime cose che lei voleva al momento.

Improvvisamente, ricordò che questa era la cosa che non aveva apprezzato del Dottor Zimmerman quando aveva seguito una lezione con lui. Era troppo affettuoso per i suoi gusti, ed era sdolcinato in tante cose. Gli piaceva dire agli studenti di scambiarsi abbracci.

Il che sembrava un po’ strano per uno psicologo specializzato in patologia criminale.

Sembrava anche strano per un uomo così empatico.

Dopotutto, come poteva sapere se lei e Trudy desideravano o meno essere abbracciate? Non si era nemmeno preoccupato di chiedere.

Quanto è empatico?

Riley non riuscì a fare a meno di pensare che l’uomo fosse falso nel profondo.

Ciò nonostante, restò lì stoicamente, mentre riceveva un abbraccio dopo l’altro. Alcune studentesse erano in lacrime. Notò che a Trudy non era sgradita questa attenzione. Infatti, continuava a sorridere tra le sue stesse lacrime dopo ogni abbraccio.

Forse sono solo io, Riley pensò.

C’era qualcosa di sbagliato in lei?

Forse non provava gli stessi sentimenti delle altre persone.

Non trascorse molto tempo e tutti gli abbracci terminarono. La maggior parte degli studenti aveva lasciato l’aula, inclusi Trudy e il Dottor Zimmerman.

Riley fu contenta di avere un momento da sola con il Dottor Hayman. Lo raggiunse e disse: “La ringrazio per aver parlato di colpa e responsabilità. Ne avevo davvero bisogno.”

L’uomo le sorrise e disse: “Mi fa piacere di essere d’aiuto. So che dev’essere molto dura per te.”

Riley abbassò la testa per un momento, raccogliendo il coraggio per dire qualcosa che davvero voleva dire.

Finalmente, disse: “Dottor Hayman, probabilmente non ricorda, ma ero alla sua Introduzione al corso di Psicologia al primo anno.”

“Ricordo” disse.

Riley deglutì il suo nervosismo e aggiunse: “Ecco, avrei sempre voluto dirglielo … lei mi ha davvero ispirato a specializzarmi in psicologia.”

Hayman sembrò un po’ stupito ora.

“Wow” esclamò. “E’ davvero bello sentirlo. Grazie.”

Restarono a guardarsi per un imbarazzante momento. Riley sperava di non essersi resa ridicola.

Infine, Hayman disse: “Ascolta, ti ho notata a lezione, quello che scrivi, le domande che poni, le idee che condividi con tutti. Hai una buona mente. E sento che … hai delle domande su quello che è successo alla tua amica, che la maggior parte degli altri ragazzi non ha neanche in mente, forse non vuoi neanche pensarci.”

Riley deglutì ancora. L’uomo aveva ragione, naturalmente, quasi misteriosamente ragione.

Ora questa è empatia, pensò.

Ritornò con la mente alla notte dell’omicidio, quando era rimasta fuori dalla stanza di Rhea e aveva desiderato di entrare: in quel momento aveva sentito che avrebbe potuto scoprire qualcosa d’importante, se ci fosse riuscita.

Ma quel momento se n’era andato. Quando Riley era finalmente riuscita a varcare quella soglia, la stanza era stata ripulita, come se nulla fosse accaduto al suo interno.

Lei disse lentamente …

“Voglio davvero capire … perché. Voglio davvero sapere …”

Poi, la sua voce scemò. Osava dire ad Hayman o a chiunque altro la verità?

Che voleva comprendere la mente dell’uomo che aveva ucciso la sua amica?

Che voleva quasi empatizzare con lui?

Tirò un sospiro di sollievo, quando Hayman annuì, sembrando comprendere.

“So come ti senti” disse. “Anch’io mi sentivo allo stesso modo.”

Aprì un cassetto della scrivania, prese un libro e glielo porse.

“Prendi questo in prestito” disse. “E’ perfetto per cominciare.”

Il titolo del libro era Menti Oscure: La Personalità Omicida Rivelata.

Riley rimase sorpresa al vedere che l’autore era il Dottor Dexter Zimmerman in persona.

Hayman disse: “Quell’uomo è un genio. Non riusciresti ad immaginare neppure un frammento di quello che svela in questo libro. Devi semplicemente leggerlo. Potrebbe cambiarti la vita. Di certo ha cambiato la mia.”

Riley si sentì commossa dal gesto di Hayman.

“Grazie” rispose dolcemente.

“Non devi ringraziarmi” Hayman replicò con un sorriso.

Riley lasciò l’aula e a passo svelto uscì dall’edificio, diretta alla biblioteca, entusiasta di sedersi a leggere il libro.

Al contempo però, provava un po’ di apprensione.

“Potrebbe cambiarti la vita” Hayman le aveva detto.

Ma in meglio o in peggio?

CAPITOLO SETTE

Nella biblioteca universitaria, Riley sedette ad una scrivania, in una piccola sezione. Mise il libro sul tavolo, e rilesse il titolo: Menti Oscure: La Personalità Omicida Rivelata del Dottor Dexter Zimmerman.

Non era sicura del perché, ma era contenta di aver scelto di aver scelto di iniziare la lettura lì piuttosto che nella sua stanza del dormitorio. Forse non voleva semplicemente essere interrotta, o non desiderava essere interrogata su che cosa stesse leggendo e perché.

O forse si trattava di altro.

Toccò la copertina e provò una strana sensazione …

Paura?

No, non poteva essere questo.

Perché avrebbe dovuto temere un libro?

Ciò nonostante, si sentiva in ansia, come se stesse per commettere qualcosa di proibito.

Aprì il libro, e gli occhi le caddero sulla prima frase …

Molto prima di commettere un omicidio, il killer ha il potenziale per commettere quell’omicidio.

Mentre leggeva le spiegazioni di quell’affermazione dell’autore, si sentì trascinata in un mondo oscuro e terribile: era un mondo sconosciuto, ma si sentiva misteriosamente incuriosita dalla voglia di esplorare e provare a comprendere.

Sfogliando le pagine, conobbe un mostro assassino dopo l’altro.

Incontrò Ted Kaczynski, soprannominato “Unabomber,” che aveva usato gli esplosivi per uccidere tre persone e ferirne ventitré.

E poi, c’era John Wayne Gacy, che amava vestirsi da pagliaccio ed intrattenere i bambini alle feste e agli eventi di beneficenza. Era apprezzato e rispettato nella sua comunità, persino mentre aveva segretamente stuprato e assassinato ben trentatré ragazzi e giovani uomini, nascondendo molti dei loro corpi nel sottotetto della propria casa.

Riley era particolarmente affascinata da Ted Bundy, che alla fine aveva confessato trenta omicidi, sebbene ce ne fossero stati probabilmente molti altri. Bello e carismatico, si avvicinava alle future vittime, nei luoghi pubblici e ne otteneva facilmente la fiducia. Si descriveva come “il figlio di puttana più freddo che incontrerete mai”. Ma le donne che aveva ucciso non avevano mai riconosciuto la sua crudeltà, finché non era stato troppo tardi.

Il libro conteneva molte informazioni su quegli assassini. Bundy e Gacy erano notevolmente intelligenti, e Kaczynski era stato un bambino prodigio. Sia Bundy sia Gacy erano stati cresciuti da uomini crudeli e violenti, ed avevano patito brutali abusi sessuali durante l’adolescenza.

Ma Riley si chiese che cosa li avesse trasformati in mostri. Molte persone venivano traumatizzate durante l’infanzia e non per questo giungevano all’omicidio.

Sfogliò il testo del Dottor Zimmerman in cerca di risposte.

Secondo la sua dichiarazione, i criminali omicidi distinguevano il bene dal male, ed erano anche consapevoli delle possibili conseguenze delle loro azioni. Ma erano straordinariamente capaci di spegnere tale consapevolezza, per poter commettere i propri crimini.

Zimmerman aveva scritto ciò che aveva detto in classe: i killer erano incapaci di provare empatia. Ma erano eccellenti impostori e riuscivano a fingere empatia e altri sentimenti comuni, rendendosi difficili da individuare, e spesso gradevoli e affascinanti.

Nonostante questo, talvolta c’erano dei segnali visibili. Per esempio, un sociopatico era spesso una persona che amava il potere e il controllo. Si aspettava di riuscire ad ottenere risultati grandiosi ed irrealistici senza compiere dei grandi sforzi, sebbene il successo fosse il suo unico obiettivo. Avrebbe utilizzato ogni mezzo per raggiungere tali scopi e non considerava nulla vietato, per quanto criminale e crudele. Generalmente biasimava gli altri per i suoi fallimenti, e mentiva facilmente e frequentemente …

La mente di Riley fu assalita dall’enorme quantità di informazioni e conclusioni di Zimmerman.

Ma, mentre leggeva, continuava a pensare alla prima frase nel libro …

Molto prima di commettere un omicidio, il killer ha il potenziale per commettere quell’omicidio.

Sebbene gli omicidi si differenziassero in vari modi, Zimmermann sembrava sostenere che esistesse un tipo di persona destinata ad uccidere.

Riley si chiese: perché tali persone non venivano individuate e poi fermate ancor prima di cominciare?

Riley era ansiosa di proseguire con la lettura e scoprire se Zimmerman avesse delle risposte per quella domanda. Ma, dando un’occhiata al proprio orologio, si rese conto che era trascorso molto tempo da quando era caduta vittima dell’incantesimo del libro. Ora doveva andare, altrimenti avrebbe tardato alla prossima lezione.

Lasciò la biblioteca ed attraversò il campus, stringendo il libro del Dottor Zimmerman mentre camminava. A circa metà tragitto, non riuscì a resistere, lo riaprì e riprese a leggere mentre proseguiva.

Poi sentì una voce maschile dire …

“Ehi, sta’ attenta!”

Riley si fermò e sollevò lo sguardo dal libro.

Ryan Paige era sul marciapiede proprio di fronte a lei e le sorrideva.

Sembrava molto divertito dalla distrazione di Riley.

Le disse: “Accidenti, dev’essere quel libro che stai leggendo. Sei quasi finita contro di me. Posso dare un’occhiata?”

Ora profondamente imbarazzata, Riley gli porse il libro.

“Sono colpito” Ryan disse, sfogliando alcune pagine. “Dexter Zimmerman è un vero genio. Il diritto penale non è il mio obiettivo, ma ho seguito un paio di lezioni con lui tempo fa, e mi ha davvero colpito. Ho letto alcuni dei suoi libri, ma non questo. E’ bello come immagino che sia?”

Riley annuì semplicemente.

Il sorriso di Ryan svanì.

Il giovane disse: “E’ terribile quello che è successo a quella ragazza giovedì sera. La conoscevi?”

Riley annuì ancora e disse: “Io e Rhea eravamo nello stesso dormitorio, Gettier Hall.”

Ryan sembrò scioccato.

“Wow, mi dispiace tanto. Dev’essere stato tremendo per te.”

Per un istante, Riley ripensò all’urlo che l’aveva svegliata quell’orribile notte, quando aveva visto Heather crollare nauseata nel corridoio, il sangue sul pavimento della stanza del dormitorio, gli occhi spalancati e la gola squarciata di Rhea …

Rabbrividì e pensò …

Lui non ne ha idea.

Ryan scosse il capo e disse: “Tutto il campus è agitato da quando è successo. E’ persino arrivata la polizia da me quella notte, mi ha svegliato e mi ha fatto ogni genere di domanda. Riesci a crederci?”

Riley si fece piccola.

Naturalmente, non aveva difficoltà a crederci. Dopotutto, era stata lei a fornire alla polizia il nome di Ryan.

Avrebbe dovuto ammetterlo? Avrebbe dovuto scusarsi?

Mentre stava provando a decidere, Ryan alzò le spalle e disse: “Beh, immagino che debbano aver parlato con molti ragazzi. So che era al Covo del Centauro quella notte, e naturalmente c’ero anch’io. Stavano facendo il loro lavoro. Lo capisco. E senz’altro spero che prendano il bastardo che ha fatto questo. Ad ogni modo, ciò che è successo a me non è molto importante, non se paragonato a come tu devi sentirti. Come ho detto, mi dispiace davvero tanto.”

“Ti ringrazio” Riley disse, guardando il suo orologio.

Odiava essere brusca con lui. Infatti, aveva sperato di imbattersi di nuovo in quel bel ragazzo. Ma, al momento, avrebbe tardato a lezione, e inoltre, in qualche modo, non era dell’umore adatto neanche per godere della compagnia di Ryan.

Ryan le restituì il libro, come se comprendesse. Poi, strappò un pezzo di carta da un taccuino e ci trascrisse sopra qualcosa.

Un po’ timidamente, le disse: “Ecco, spero che non sembri fuori luogo, ma … pensavo soltanto di darti il mio numero di telefono. Forse, ti piacerebbe parlare qualche volta. O no. Decidi tu.”

Porgendole il pezzetto di carta e aggiunse: “Ci ho scritto sopra anche il mio nome, in caso lo dimenticassi.”

“Ryan Paige” Riley rispose. “Non l’ho dimenticato.” Poi gli dettò il suo numero di telefono. Temeva che potesse sembrare brusco dettare il suo numero anziché scriverglielo. In verità era contenta all’idea di poterlo rivedere. Trovava solo difficile comportarsi amichevolmente con qualcuno di nuovo al momento.

“Grazie” concluse, mettendosi il foglietto in tasca. “Ci vediamo più tardi.”

Riley passò dinnanzi a Ryan per poi dirigersi in aula.

Sentì Ryan gridarle: “Lo spero.”

*

Mentre il resto della giornata scolastica passava, Riley lesse stralci del libro di Zimmerman, ogni volta che ne aveva occasione. Per tutta la giornata, non riuscì a fare a meno di domandarsi se il killer di Rhea potesse essere come Bundy, un uomo affascinante che era riuscito ad ottenere la fiducia di Rhea.

Ricordò le parole dette dal Dottor Zimmerman in classe quella mattina …

“Il killer conosceva Rhea e la voleva morta.”

E, a differenza di Bundy, il killer di Rhea aveva finito. Non avrebbe cercato altre vittime.

Almeno secondo il Dottor Zimmerman.

Sembrava così sicuro, Riley pensò.

Si domandò come potesse esserne così certo.

Più tardi quella sera, Riley e Trudy erano nella loro stanza del dormitorio a studiare insieme in silenzio. A poco a poco, Riley cominciò a sentirsi irrequieta ed impaziente. Ma non sapeva il perché.

Infine, si alzò dalla sua scrivania, indossò la giacca, e si diresse verso la porta.

Trudy sollevò lo sguardo dai compiti e chiese: “Dove stai andando?”

“Non lo so” Riley rispose. “Esco solo per un po’.”

“Da sola?” Trudy chiese.

“Sì.”

Trudy chiuse il libro e guardò Riley ansiosamente.

“Sei sicura che sia una buona idea?” le chiese. “Forse dovrei venire con te. O forse dovresti chiamare il servizio di accompagnamento del campus.”

Riley si sentì sorprendentemente impaziente.

“Trudy, questo è ridicolo” disse. “Voglio soltanto fare una passeggiata. Non possiamo vivere così, temendo sempre che qualcosa di orribile possa accadere. La vide deve andare avanti.”

Riley rimase stupita dalla rudezza delle sue stesse parole. E vide dall’espressione di Trudy che aveva ferito i suoi sentimenti.

Provando a parlare con maggior gentilezza, Riley aggiunse: “E comunque, non è molto tardi. Non starò fuori a lungo. Sarò al sicuro. Lo prometto.”

Trudy non rispose. Aprì silenziosamente il suo libro e riprese la lettura.

Riley sospirò ed uscì nel corridoio. Restò lì per alcuni istanti a chiedersi …

Dove voglio andare?

Che cosa voglio fare?

Lentamente, giunse ad una vaga realizzazione …

Voglio tornare indietro.

Voleva sapere com’era avvenuta la morte di Rhea.

Yaş sınırı:
16+
Litres'teki yayın tarihi:
10 ekim 2019
Hacim:
261 s. 3 illüstrasyon
ISBN:
9781640294325
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