(Resta incerta, come intontita, girando un po' gli sguardi intorno. Indi, ricordando l'incarico datole da Antonio, lentissimamente apre la valigetta e ne toglie la biancheria.)
(seduto, evitando gli sguardi di Maddalena e cercando di parlare con voce calma) Guarda che nel baule ci devono essere quelle camìce e quel soprabito di cui t'ho parlato.
(inginocchiandosi presso il baule, lo apre.)
Ci sono?
Sì. (Prende la roba e, con garbo, la mette nella valigia.)
Ce l'hai tu la chiave del baule?
Io non ce l'ho.
Che ci stia dentro?
(guardando) No. Si sarà dispersa.
Si dovrà provvedere domani mattina.
(ancora intenta alla bisogna) A che ora dovremo imbarcarci?
Verso le undici sarà bene trovarci a bordo.
Non c'è proprio speranza che egli s'imbarchi con noi?
Da capo!..
No, no, sto zitta.
Antonio, non è uno strampalato.
No, certamente.
Ha il suo programma, e sa quello che fa e quello che vuole.
Chi lo nega?
E se si comincia a lavorare di fantasia, capirai!..
(cavando moltissime carte dal baule) Queste carte, ce le portiamo noi?
Mettile nella sua valigia. Sono disegni, statistiche, progetti… Gli potranno servire. C'entra tutto?
Sì: la biancheria è poca. (Nella valigia sgangherata e sporca ripone, accuratamente, le carte.) Fortuna che un mese passa presto!
E fossero anche due mesi!..
Ciò che mi spaventa è l'enorme lontananza.
Al giorno d'oggi, non ci sono più lontananze enormi. Il mondo è diventato così piccolo! Già, lo stesso contegno di lui dovrebbe bastare a darti animo.
L'America, del resto, era il suo sogno dorato.
E il tuo, no?
(che ha terminato di fare la valigia) Se non fosse per questa partenza a precipizio e per il pensiero di lasciare lui in Italia, io non saprei desiderare di meglio. (Rianimandosi) Ci pensate voi, papà Michele? Romperla col passato! Quasi rinascere! Ricominciare a costruirsi una vita con altre abitudini, con altre idee, con altre leggi, con un altro linguaggio!
(si sforza di sorridere.)
La lingua inglese, papà Michele, ve la insegno io. Petruccio e voi sarete i miei scolaretti!
E quello che verrà fuori…?
Che che! Quello lì lo faccio nascere addirittura americano, e non avrà tanti impicci!
(rientra, e resta presso l'uscio, ascoltando con profonda tristezza.)
(che ha le spalle volte all'uscio, non lo vede e continua a parlare con papà Michele:) Ve lo immaginate voi, papà Michele, questo americanino in fasce? (Batte le mani festosamente.)
Brava, brava, Maddalena! Allegra ti voglio!
E io vi accontenterò. Vedrete, vedrete che sarò anch'io arzilla come Antonio. Ma, in compenso, che cosa mi promettete, voi?
(cercando più che mai di nascondere la propria fisonomia, neanche lui si accorge di Antonio) Dimmelo tu.
Mi promettete che riusciremo davvero ad essere un po' felici?
Eh, figliuola mia, si farà del nostro meglio!
(avanzandosi e ripigliando il falso tono di allegria) E non lesinare tanto, chè l'avarizia è peccato mortale!
(andando a lui) E tu non mi prometti niente?
È fatta sì o no questa valigia, chiacchierona?
Sì, è fatta. E c'è anche il soprabito!
Quale?
(pigliandolo dalla valigia) Questo.
Oh, chi si rivede! Non era pegnorato?
(spolverandolo con le mani) Papà Michele lo mise in salvo.
E càpita giusto. Stanotte farà un po' freschino, in treno. Dammi, dammi, che me lo infilo.
Ti riscaldi troppo, adesso. Quando uscirai…
Eh, ma ci siamo.
Di già?
(prendendo il soprabito) Presto, presto! (E se lo infila.)
Che fretta!
Se credi che il treno faccia il comodo nostro…
Appena giunti, telegraferemo; ma dove?
A Napoli, fermo in posta.
(in un canto, ora piange silenziosamente.)
E tu scriverai sùbito…
Scriverò sùbito, s'intende. Indirizzerò le lettere a Luciano Fiorentini. Il babbo sa tutto, e ti dirà tutto.
(aggrappandosi al collo di lui) Abbracciami forte.
Sì, Maddalena, (abbracciandola energicamente) tanto forte da sentire come se nulla al mondo potesse distaccarci. E io l'ho sempre pensato, Maddalena, di non separarci mai, mai, fino alla morte; l'ho sempre voluto, e lo voglio ancora… perchè ti ho amata ogni giorno di più, sai, e, ogni giorno, ogni giorno, si è più stretta a te questa mia povera esistenza.
Sono la tua piccina?
Sì! la mia piccina, la mia piccina… (La bacia e la ribacia intensamente commosso. Poi, chiamando Michele:) E tu, vecchio? Vieni qua!..
(gli si accosta.)
(abbracciando Michele e Maddalena e tenendoseli serrati al petto) Così, così, tutti e tre insieme… Insieme anche da lontano, non è vero? Coraggiosamente, fedelmente insieme! (Le guance gli si rigano di qualche lagrima. Con uno sforzo supremo, si frena.) Oh oh, dimenticavo la multa! Ci facevo una bella figura! Animo! È tardi! Via, via, a grande velocità! (Si distacca e piglia il cappello.)
(di dentro) Babbo, non me lo dài un altro bacino?
(si ferma di botto) Eh… mi pare che abbia ragione, lui! Gli ho ordinato di non muoversi dal letto, e, difatti, non s'è mosso. Un altro bacino se lo merita. (Gridando) Un momento, galantuomo, un momento e sono da voi (a Michele.) Intanto, tu, vecchio, vammi a prendere una carrozza… altrimenti resto a terra. (Lo spinge fuori.)
(esce dal fondo.)
E io ti porto giù la valigia. (La prende.)
Bel pretesto per rubarmi qualche altro minuto in portineria!
(uscendo con la valigia) Attento, papà Michele, che c'è buio.
(all'uscio in fondo) Ohè! Una carrozza elegante ha da essere… Viaggio da principe, ormai, e me ne infischio!
(dalle scale) Ho capito, ho capito!
(resta finalmente solo, e il pianto lo vince. Gli occhi riboccano di lagrime, I singhiozzi gli rompono il petto. Appoggiando il dorso allo stipite della porta, si copre la faccia con le mani.)
Babbo, non vieni?
(dominandosi) Sì, Petruccio… Vengo, vengo. (Attraversa la camera, ed entra a destra.)
Una bettola a Borgo Loreto. Tavole bisunte, panche e seggiole rozze e sciancate. A una delle pareti affumicate si scorge appena il profilo d'un pulcinella beone ingenuamente disegnato con in mano una guastada di vino, e si distingue meglio il biancore della sua camicia abbondante. Accanto a lui, si scorgono anche i resti d'un don Nicola con il cappello a tre punte, con un colletto che ha la forma di due vele riunite e con la giubba a coda di rondine. È sera. Qualche lanternone polveroso illumina pallidamente l'interno della bettola. Ma una luce un po' più vivida si diffonde da lumi a petrolio che sono sul banco di vendita, il quale si stende parallelo alla parete destra. Su questo banco, sono cataste di piatti e bicchieri e forchette e coltelli e, a un capo di esso, si erge una grande spira di ferro tutta fornita di punteruoli verticali, che, ficcati nelle bocche delle vuote guastade di ogni dimensione, le tengono ritte con le pance in su. Una porta spalancata, in fondo, dà sulla strada, di tanto in tanto attraversata da popolani e da venditori ambulanti di frutta, di lumache, di lupini. Presso la porta, su certe scansie digradanti a mo' di scaletta, è la mostra di formaggi, di uova, di erbe mangerecce, di polpi, di aringhe. In un angolo, dietro il banco, un fornello con qualche pignatta. La volta del soffitto, nella penombra, par che pesi sull'aria malsana.
(Seduti presso una tavola piccola, Raffaele e Filomena cenano. In fondo, Larossa e Panunzio, a cavalcioni d'una panca, giuocano alla morra1. Il bettoliere è in faccende dietro il banco. Magliuolo è solo, accasciato, su una sedia. Il Moro, in piedi, lo contempla.)
Sette! Cinque! Otto! Sei!
Cinque! Quattro! Nove! Nove!
(che ha perduto, paga un gruzzolo di soldi.) Piglia. Un'altra mezza lira?
Ah, no. Aspetta.
(con gli occhi imbambolati, la testa penzolante sul petto, brontola una funebre cantilena:) Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…
(scrolla il capo, compassionevolmente.)
Don Pasqualino, scusate, portateci delle noci. Ma quelle di Sorrento, eh?
Sissignore.
(facendo la schizzinosa) Ma no, non c'è bisogno…
Con me, i complimenti ce li perdete.
Dieci! Quattro! Tre! Tre! Due!
Dieci! Otto! Sette! Sette! Tre!
(sguaiatamente ride perchè ha ancora vinto.) Ah! ah! ah!
(serve le noci.)
(a Pasquale:) E fateci questo conto.
Undici soldi i polpi, otto soldi la frittata e sono diciannove, quattro di formaggio e sono ventitre, quattordici di vino… e sono trentasette, quattro soldi di pane e noci e sarebbero quarantuno: fate giusto due lire.
(cava pomposamente di tasca il portafogli e vi cerca la moneta.)
Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…
(a Pasquale:) Mi dovreste cambiare una carta da venticinque.
Ma non c'è fretta… Vi pare!
Mi fate credito?
A voi?! Mi dispiace che è cosa da niente.
Voi siete un uomo che capite.
(piano, a Panunzio:) Credi a me, quella è la moglie del gobbo.
E lui?
È Raffaele il butterato, quel cocchiere di Porta Nolana che dà il danaro ad interesse.
Ah?
(a Magliuolo:) Volete che vi accompagni io a casa, don Saverio? Al vino non ci eravate abituato. Siete ubbriaco fradicio. Che ci state a fare, qui?
A casa non ci vado. C'è la morta con le candele!
Ma no, no, non c'è più, da una settimana non c'è più.
Lo lò, lollorò… (E resta immobile, come in un letargo.)
(Entrano due Ceffi misteriosi – e siedono presso una piccola tavola; – vi battono sopra col bastone per chiamare il bettoliere.)
(avvicinandosi ad essi) Comandate.
Un mazzo di carte e due quintini.
(esegue.)
(I due si dispongono a giocare alla scopa, interrogando il mazzo per sapere chi debba far carte.) – (Uno di essi getta a terra un mozzicone di sigaro.) – (Un monello scalzo e cencioso entra carponi, come uno scoiattolo, afferra il mozzicone, e scappa.)
Coraggio, Panunzio! La pace di tutto quello che mi hai vinto?
Ci sto.
(s'avvicina ai giuocatori della morra.)
Sette! Quattro!
Dieci! Nove!
Ah, maledetta la sorte! (E, con mal garbo, paga.)
(a Raffaele:) Lo sapete che di sera non ci posso venire. Domani mattina vi contento.
E se mi mancate?
Per quanto voglio bene ai figli miei, v'ho detto di venire e ci vengo!
(con cupidigia:) Che occhi assassini!
(piano, all'altro:) Guarda se quei quattro sono segnati nella lista dei perquisiti di ieri.
Sarebbero?
(pianissimo) Larossa Giuseppe, Panunzio Lorenzo, Stile Salvatore, soprannominato il Moro, e Magliuolo Saverio, già componenti della Cooperativa di quel tale Antonio Altieri e oggi operai dell'opificio Salviati.
(a Panunzio che lo invita e che lo stuzzica:) E dàgli! Non voglio giocare. Hai capito?
Ti sei fatto santo?
Eh! Può essere!..
(al 1º Ceffo, dopo aver consultato un taccuino:) Sì, tutti perquisiti ieri.
(più forte, prendendo il mazzo e mischiando) Dunque, facciamo doppia e tripla?
Doppia e tripla.
(entra con la pipa in bocca. Vedendo la moglie con Raffaele s'imbarazza e quasi vorrebbe svignarsela, fingendo di non averla vista.)
(con un poco di paura, a Raffaele:) Uh! Mio marito!..
E che fa? (a Martino, subito:) Qua, qua, amicone bello.
(ostentando sarcasmo) Prosit! (E si accosta.)
(a Panunzio e a Larossa:) Ora succede il finimondo!
Non succede niente. Il gobbo ci ha fatto il callo. (Accenna al capo.)
(a Martino:) Se venivate, un poco prima…
… Già, se venivi un poco prima…
Tu, a casa! (Piglia Filomena per un braccio e la costringe ad alzarsi.)
È stato lui che m'ha invitata…
(sempre tenendola) A casa!
Eh, mi fai male!
Le hai lasciate sole quelle cinque anime dannate?
Ho chiuso la porta con la chiave.
(spingendola fuori) A casa! A casa!
(svincolandosi, va via.)
(a Martino, con supremazia:) Mi pare che questa non sia la maniera di…
(sforzandosi di mostrarsi risentito) Di che?
(a Martino, come per evitare una baruffa:) È cosa di poco momento. Non vale la pena di andare in collera.
Intrigatevi dei guai vostri, voi!
(a Martino, continuando:) Insomma, donna Filomena stava con me, e… io vi ho voluto sempre bene…
(umile) Mi avete voluto sempre bene, e questo lo so… Invitate mia moglie a cena, e io… onore e piacere. Non dico che… ma… mi spiego? Qua sta il busillis… La gente sparla, e…
E lasciate che sparli. Quando la coscienza è pulita! (Offrendo) Un mezzo toscano?
Se me ne date uno intero, mi fate grazia.
(piano a Larossa e al Moro:) Lo vedete che si acconciano.
(dando a Martino un sigaro intero) Servito.
Gentilezza sempre. (Prende il sigaro e si allontana.)
(in dormiveglia) Lo lò, lollorò… Lo lò, lollorò…
(a Magliuolo, scuotendolo brutalmente:) Non cantate, che v'ho da parlare.
A me?
A voi.
(ricade nel letargo.)
(piano, al 1º:) Il gobbo non c'è nella lista dei perquisiti…
E non ci deve essere. Il gobbo è roba nostra: persona onesta.
(a Magliuolo:) Svegliatevi, don coso! La settimana è passata.
Ah?
È passata, è passata, se il calendario non sbaglia. Spicciamoci almeno con gl'interessi.
(brontolando) Ho fatto i funerali a mia moglie. Era vecchia, ma… cristallo puro!.. Funerali bellissimi! Non ho più niente.
Ma per bere ce li avete i danari?
Per bere, sì.
(con cortesia, a Raffaele:) Saverio Magliuolo è stato sempre puntuale.
Ora basta! Puntuale, mai più!
(a Raffaele:) Non gli date retta. Vedrete che domani…
(interrompendo con burbanza tranquillamente minacciosa) Be', ma si può sapere chi siete voi che ogni tanto vi incomodate per fatti che non vi riguardano?
(traendo a sè Raffaele) Va bene, non ci badate: non è gente per voi… (E gli si mette al braccio.)
(si gratta in testa in segno di prudenza e si scosta.)