Kitabı oku: «Il frutto acerbo: Commedia in tre atti», sayfa 5
SCENA V
GUSTAVO, ERNESTO, poi NINO
Ernesto
(entrando dal fondo) Parli solo?
Gustavo
(affettando disinvoltura) Sì… parlo un po' solo… per passare il tempo.
Ernesto
E stai solo da quando sei venuto?
Gustavo
(con qualche reticenza)… Non hai incontrato nessuno di là?
Ernesto
Nessuno.
Gustavo
Neanche per le scale?
Ernesto
Per le scale?.. Ah sì! Ho incontrato il pedicure della marchesa zia. Ti sei trattenuto con lui?
Gustavo
Col pedicure?!
Ernesto
È una persona eminente. È stato decorato dal Sultano.
Gustavo
Io non conosco questo signore.
Ernesto
Sicchè, avrai avuto il famoso colloquio con mia moglie.
Gustavo
Tua moglie non si è ancora benignata.
Ernesto
È curioso.
Gustavo
Ed è alquanto più curioso che tu mi abbia lasciato in asso a casa tua nel momento in cui avresti dovuto starmi vicino.
Ernesto
Fammi la grazia di non aggiungere i tuoi rimproveri a tutti i miei guai di oggi. Questa per me è una giornata nera. Io t'ho lasciato in asso perchè mia moglie mi aveva ordinato, con misteriosa solennità, di condurre via a qualunque costo quel ragazzo che mi si è messo alle calcagna. Quale idea ella abbia avuta, io non l'ho capito, perchè già io non capisco più nulla. Ma tu sai che sono molto impressionabile. Mia moglie mi suggestiona. Quando tu sei giunto, io ero suggestionato, ero nervosissimo. E poi l'impossibilità di liberarmi da quel seccatore mi esasperava, (esasperandosi tuttora nel ricordarsene) mi faceva divenir matto, mi…
Nino
(entrando dal fondo, quasi correndo) Signor Ernesto, io sono qui.
Ernesto
(come per un pugno ricevuto alle spalle, si volta. – Breve pausa. – Frenandosi)… Mi pare, veramente, che ci eravamo salutati.
Nino
Sì, ci eravamo salutati, ma poi ho detto fra me e me: a quest'ora forse la signora Tilde si sarà sbrigata e io le potrò far leggere…
Ernesto e Nino
(insieme) La lettera della mamma.
Nino
Appunto.
Ernesto
Senonchè, lei, fra sè e sè… non l'ha imbroccata. Prima che mia moglie si sbrighi, ce ne vuole. E quindi, giovanotto mio, se lei, come vedo, alla lettura di questa benedetta lettera non è disposto a rinunziare, faccia una cosa.
Nino
Dica.
Ernesto
È giocatore di bigliardo lei?
Nino
Un pochino.
Ernesto
Be', si trattenga allora nella sala del bigliardo che è lì (indica la porta a sinistra) e faccia… molte partite.
Nino
Con lei?
Ernesto
Con sè stesso. È uno sport utile e dilettevole.
Nino
Va benissimo. Profitterò. (Andando dritto verso la porta opposta a quella indicata, cioè verso le stanze di Tilde) Da questa parte?
Ernesto
(afferrandolo pel dorso) No: da quest'altra parte. Dopo la biblioteca.
Nino
Prima c'è la biblioteca e poi…?
Ernesto
(spazientito, quasi spingendolo) E poi… c'è la sala del bigliardo!
Nino
Grazie. (Esce a sinistra.)
Ernesto
Io finirò col fargli uno sgarbo violento.
Gustavo
Ma chi è? Come ti è capitato addosso?
Ernesto
Sua madre, Donna Livia Lovigiani di Roma, ha avuto il gentile pensiero di affidarlo a mia moglie.
Gustavo
È il figlio di donna Livia? Lo conoscerò con piacere.
Ernesto
E io fin da ora faccio i più ardenti voti affinchè egli si attacchi a te come si è attaccato a me. Almeno faremo metà per uno.
Gustavo
Bada che è un bel giovanotto. Se donna Livia lo ha proprio affidato a tua moglie, non dolerti di averlo sempre sott'occhio.
Ernesto
Di che cosa vuoi che mi preoccupi?! È un fanciullo.
Gustavo
Ci sono anche degli enfants prodiges. A dodici anni, Beethoven improvvisava al cembalo.
Ernesto
Ma quello lì non è Beethoven, e mia moglie… non è un cembalo. È tale donna la Tilde da non permettere improvvisazioni a chicchessia!
Gustavo
Ciò mi rassicura per la Bice. Fra sorelle, certe tendenze sono contagiose.
Ernesto
Dunque (molto preoccupato e confidenziale), sei proprio deciso a tentare il matrimonio?
Gustavo
Lo sai. Perchè mi rivolgi questa domanda?
Ernesto
Perchè vorrei che tu ci riflettessi molto. Per me, capirai, sarebbe tanto di guadagnato se il tuo matrimonio con la mia cognatina andasse a vele gonfie. Io ne avrei un incoraggiamento. Mi rianimerei. Mi sentirei solidale con te. Amore di qua, amore di là, tu da una parte, io dall'altra, tutti innamorati, tutti allegri, tutti… sotto le armi! Ma, purtroppo, Gustavo mio, temo che ti accinga a fare anche tu il passo più lungo delle gambe.
Gustavo
Non ho più di questi timori, io. Il sospetto di dovermi ritirare dalla piazza l'ho avuto, non lo nego. Ma era una ipocondria del mio sistema nervoso. Gli è che ne avevo abbastanza d'un certo genere di donne e d'un certo genere d'amori. Ecco tutto. E, difatti, la freschezza genuina della fanciulla pura ed inconsciente mi ha convinto che io posso benissimo riaprire bottega.
Ernesto
(mettendogli una mano sulla spalla) Io ti consiglio sempre però di non vendere all'ingrosso.
Gustavo
(irritandosi) Dillo francamente che non hai voglia di appoggiarmi.
Ernesto
Con tutto il cuore ti appoggio e te ne ho detta la ragione. Purchè mia moglie non mi metta alla porta un'altra volta, io sarò qui, al tuo fianco. E «noi pugnerem da forti» come il basso e il baritono dei Puritani. Vuoi che vada a vedere se finalmente Tilde è tornata?
Gustavo
Te ne sarei gratissimo, perchè sto sulla corda da un'ora, e non ne posso più.
Ernesto
(energicamente) All'opra! (Va all'uscio a destra, e, nell'aprirlo, esclama:) È proprio lei che viene.
Gustavo
(vedendola venire, spalanca tanto d'occhi, e, prima che ella comparisca, spaventato, chiama:) Ernesto!
Ernesto
(corre a lui) Che hai?!
Gustavo
Sei sicuro che quella sia tua moglie?
Ernesto
Ma ti pare possibile ch'io non sappia com'è fatta mia moglie? Tu dài segni di follia!
SCENA VI
GUSTAVO, ERNESTO, TILDE, poi BICE
Tilde
(ha smesso l'abito da educanda; indossa una veste a strascico ed è pettinata come prima del travestimento. Si avanza con dignitosa affabilità.) Anzitutto, signor Franchesi, una stretta di mano: il saluto leale dell'ospitalità.
Gustavo
(guardandola fisamente, si accerta dell'identità. Suda freddo, e, porgendole la mano con una specie di ritegno, a stento riesce a emettere la voce) Signora…
Ernesto
(dietro di lui, pianissimo) Mi sembri un fanciullo, mi sembri!
Tilde
(stringendo la mano di Gustavo) Lei si sarà giustamente formalizzato del mio ritardo. Ma sa, in questi casi, c'è tanto da discutere. Su, dalla zia, si è discusso sinora con la Bice, che, in uno stato di ansietà, facile a comprendersi, ha insistito per assistere a questo colloquio.
Gustavo
(in un misto di rabbia compressa e di sbigottimento) Spero… che non glie l'avrà… che non glie lo avrà concesso.
Tilde
In verità, glie l'ho concesso per evitare ogni malinteso. Eccola qui.
Ernesto
(piano a Gustavo) Su! Su!.. Che è questo avvilimento?!
Bice
(entra dal fondo, trepidante) Buon giorno, signor Gustavo.
Gustavo
Buon giorno… signorina.
Ernesto
(a Tilde, ad alta voce) E a me… è concesso di restare?
Tilde
Ne hai il diritto. Sei un così valido avvocato del tuo amico! (Indicando una sedia) S'accomodi, signor Franchesi.
Gustavo
No… non serve.
Tilde
Come non serve? Ci accomodiamo tutti, se Dio vuole. Non è il caso d'aver fretta.
(Siedono Tilde e Bice.)
Ernesto
Non è il caso di aver fretta. Si tratta di assodare se possiamo essere felici.
Tilde
Assodiamolo.
Gustavo
Assodiamolo.
Ernesto
(calcandogli le mani sulle spalle lo fa sedere, sedendo anche lui.)
(Ora son tutti seduti: Gustavo quasi nel centro della camera. Gli altri tre intorno a lui. Ernesto gli è poco discosto.)
(Un silenzio.)
Tilde
(a Gustavo) La parola è a lei.
Gustavo
A me?
Tilde
Sì, a lei.
Gustavo
Io… non ho niente da aggiungere…
Tilde
A che cosa?
Gustavo
A quello che ho detto alla signorina.
Tilde
(cortesissimamente) Scusi, di quale signorina parla?
Gustavo
(rodendosi dentro) Di signorine, non ce n'è che una.
Tilde
In tutto il mondo?
Gustavo
(imponendosi la flemma necessaria) Per me, sì… non c'è che la signorina Bice.
Tilde
Alla Bice avrà detto naturalmente… d'esserne innamorato.
Gustavo
È chiaro.
Tilde
Ma, con la squisita raffinatezza che io indovino in lei, le avrà potuto dire delle cose anche più graziose, più speciali…
Ernesto
Oh! lui ne trova delle graziosissime. È delizioso con le donne!
Bice
Con le donne?!
Gustavo
(lanciandogli un'occhiata) Ernesto!
Ernesto
(subito, per rimediare) No: è delizioso con gli uomini.
Tilde
Non faccia della modestia, signor Franchesi. Accanto a una fanciulla, io so che lei è… un sireno. A me sembra di sentirlo ciò che lei ha detto alla Bice: (imitandolo un po') «Il suo aroma, signorina, mi turba… la sua ingenuità m'ipnotizza, i suoi piedini mi dànno alla testa…»
Ernesto
(interrompendo – a Gustavo) Ti dànno alla testa i piedini della Bice?!
Tilde
(continuando a imitar Gustavo) «Io dimentico per lei i miei impegni, io dimentico i miei doveri…»
Bice
No, questo non me l'ha mai detto!
Ernesto
(a Gustavo) Tu avevi dei doveri?!
Gustavo
(confondendosi) Ma niente affatto! Me ne regala gentilmente… non so perchè… la signorina tua moglie!
Ernesto
La signorina mia moglie?!
Tilde
Chiamandomi signorina, dopo nove anni di vita coniugale, lei offende crudelmente mio marito.
Ernesto
(a Gustavo) È proprio vero che mi offendi!
Gustavo
Dio buono… mi sono sbagliato. Andiamo avanti, adesso, signora, se non le dispiace.
Tilde
Quanto poi ai doveri che lei tiene a rinnegare, io, invece, loderei molto l'uomo che all'età sua credesse di avere per lo meno quello di non andare a cercar moglie negli educandati. Perchè, senta, è qui che casca l'asino.
Ernesto
È qui che casca l'asino.
Tilde
Lei mi chiede la mano di mia sorella Bice, a quel che pare.
Ernesto
A quel che pare.
Gustavo
(fa un lievissimo cenno con la testa.)
Tilde
La chiede o non la chiede?
Gustavo
La chiedo, sì, la chiedo.
Tilde
E non trova che la sua età sia un ostacolo?
Gustavo
No.
Tilde
Ecco, ecco, questo è il punto su cui non siamo d'accordo.
Ernesto
Questo è il punto.
Tilde
Ebbene… parliamone a lungo della sua età.
Gustavo
A lungo, poi, perchè?.. La cosa non è eccessivamente complicata.
Ernesto
(con zelo) Ne ha appena cinque meno di me. Io ne ho cinquantadue suonati; sicchè…
Gustavo
(con dissimulata rabbia) Il conto è bell'e fatto!
Tilde
E non è confortante. Io sono convinta che lei, benchè uomo di moltissimo spirito, quando vuole esercitare i suoi incontestabili fascini su qualche fanciulla, sente la necessità di imitare le donne…
Ernesto
(a Gustavo, accostandoglisi con la sedia) Tu imiti le donne?!
Tilde
(continuando) Sente cioè la necessità di calarsi un pochino gli anni.
Ernesto
(a Gustavo, accostandoglisi ancora di più) Ti cali gli anni?
Gustavo
Non mi seccare, tu.
Ernesto
Io non capisco! (A Gustavo, continuando ad accostarglisi) Hai nascosta alla Bice la tua vera età?!
Tilde
Se l'abbia nascosta alla Bice non so…
Ernesto
E allora a chi?
Gustavo
(a Ernesto) Fammi la grazia di non interloquire sempre!
Tilde
(a Gustavo) Lasci pure che mio marito la difenda.
Ernesto
(a Gustavo, urtando con la sua sedia in quella di lui) Ma sì, lascia che io ti difenda. Oltre che alla Bice, su quali ragazze hai esercitati i tuoi incontestabili fascini? Su nessuna. Tu sei una persona così delicata, così scrupolosa, che se avessi fatta la corte ad altre fanciulle le avresti sposate.
Tilde
Tutte quante?!
Ernesto
(a Tilde) Per modo di dire. Voglio intendere che l'unica fanciulla ch'egli abbia corteggiata è la Bice.
Bice
Me l'ha giurato!
Ernesto
Glie l'ha giurato.
Tilde
Sarebbe disposto il signor Gustavo a confermare il suo giuramento dinanzi a me?
Gustavo
(vorrebbe tergiversare, e non trova le parole) Ma veda, signora…
Bice
(segue il dibattito in preda alla più viva emozione.)
Ernesto
(a Gustavo) Io non t'ho mai visto così impacciato. Avevo in animo di patrocinare la tua causa, ma il tuo contegno avvilisce anche me. Io mi smonto facilmente, e quando non capisco, peggio di peggio. Vorrei sapere, se non altro, che cos'è che ti ha trasformato a tal punto.
Tilde
È evidente: la mia presenza.
Ernesto
(a Gustavo) Difatti, nello scorgere mia moglie, hai allibito, hai tremato. M'è parso che ti cogliesse un malanno. Hai perfino pronunciato delle parole sconcludenti.
Gustavo
(cercando un'intonazione di calma relativa)… Alla loro cortesia domanderei la sospensione di questa angosciosa seduta. (Si alza.)
Ernesto
Ah no! Abbi pazienza: io desidero che tu mi dica subito la ragione per cui davanti a mia moglie non ti riesce di ritrovare il calore che avevi addimostrato per questo matrimonio.
Tilde
Ma parli, parli. Se ha qualche cosa da rivelare, la riveli.
Bice
(agitatissima) Parli, signor Gustavo.
Gustavo
(comprimendosi) Via, mi permettano di prendere licenza.
(Si alzano tutti.)
Ernesto
(inquieto, irritato) Non è il momento di prendere licenza questo. Qui sotto c'è un mistero. Mia moglie ti sfida a fare una rivelazione. Non so se questo sia segno della sua tranquillità d'animo o della sua audacia. Io sono all'oscuro. È da te che aspetto la verità.
Tilde
(a Gustavo) Lei è troppo cavalleresco per tollerare che mio marito continui a ferirmi con le sue bizzarre supposizioni.
Gustavo
(fremendo) Ah! è la verità che si vuole da me? La verità tutta intera?.. (A Ernesto) Sì, io mi sono ostinato a tacerla sinora per non addolorare la signorina Bice, che non può vedere le cose nel loro vero aspetto, ma l'ho taciuta anche per deferenza verso tua moglie. Perchè, se il tranello che mi ha teso ha provata la mia balordaggine, non è poi di tal genere che una dama come lei se ne possa vantare!
Tilde
Lei mi attacca alla baionetta!?
Gustavo
(a Tilde) Corpo a corpo, come ha fatto lei.
Ernesto
Corpo a corpo?!
Gustavo
(a Ernesto, concitandosi) Mediante un pretesto di cui scioccamente non ho scorto l'artificio, quando ero solo in questo salotto, mi si è cacciata dinanzi un fac-simile di educanda.
Tilde
(seccamente) Dolores.
Ernesto
Una spagnuola?
Gustavo
Ma che spagnuola! Si chiamava Dolores come si sarebbe potuta chiamare Fifì, Mimì, Ninì, Lilì. Il nome non conta. Quello che conta è che costei mi ha tratto in una ragnatela invisibile con la più abile esperienza della seduzione femminile. Quello che conta è che, dopo tutto, questa educanda apocrifa, suscitando in me qualche vivacità galante e compiacendosi di qualche mia manifestazione imprudente, nell'insidioso giochetto ci ha rimesso del suo.
Tilde
(energicamente) No che non ci ha rimesso nulla!
Gustavo
(con forza) Ah sì, o signora. Una donna che si lascia stringere, sia pure per un istante, fra le braccia di un uomo che ha conosciuto da pochi minuti, perde nel breve contatto per lo meno quel tanto che egli ci guadagna.
Bice
(prorompendo) Ma dunque lei, signor Gustavo, non è che un mentitore?!
Gustavo
Un mentitore, no, perdinci!
Bice
Sì, mi ha mentito, mi ha ingannata… E il giorno in cui doveva chiedere la mia mano, ha stretto fra le braccia la signorina Dolores… proprio come voleva fare con me ieri sera.
Ernesto
(interrompendo – a Gustavo) Proprio come volevi fare con lei!!!
Bice
Tilde! Tilde! Mi sento morire!.. Sono morta! (Si abbandona fra le braccia di Tilde, piangendo.)
Ernesto
(a Gustavo) Lo vedi quello che fai? Fai morire la gente.
Tilde
No, piccina mia, no… non c'è da morire. Anzi, questa è la guarigione, è la salvezza. (Sorreggendola e conducendola amorosamente) Vieni, vieni… La tua Tilde ti spiegherà minutamente come sono andate le cose. Vedrai che sono andate molto bene; e vedrai che la signorina Dolores ti ha reso un gran servizio, come te l'avrebbe potuto rendere… una sorella.
(Escono a destra.)
Ernesto
(che ha ascoltato dappresso, e con acuta attenzione, ciò che Tilde ha detto a Bice, riflette, e quindi afferma:) Io… non ho capito perfettamente nulla! In conclusione, che c'è di vero in tutta questa faccenda?
Gustavo
(uscendo fuori dai gangheri) E dàgli ad annoiarmi, e dàgli a vessarmi, e dàgli a farmi dire tutto ciò che non vorrei. Ti ho raccontata la verità. Che altro pretendi da me?
Ernesto
(con violenta asprezza) Pretendo di sapere chi era la sedicente educanda, che ha avuta la spudoratezza di farsi abbracciare!
Tilde
(tornando dalla destra.) Presente!
Ernesto
(con tragico furore) Disgraziata! (Si frena. Pausa.) Sta bene!
(Un silenzio.)
Gustavo
(freddamente, a Tilde) È soddisfatta?
Tilde
(con pari freddezza) Io, sì. E lei?
Gustavo
(vorrebbe rispondere. Ingoia la risposta.) Riverisco, signora!
Tilde
Rrrriverisco!
Gustavo
(rabbiosamente) Addio, Ernesto.
Ernesto
(fra i denti) Addio!