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CAPITOLO XI
CONSIDERAZIONI SULL'AUMENTATA IRRIGAZIONE IN EGITTO E COSTUMANZE DEI CONTADINI
Si è già detto, che l'Egitto deve tutta la sua ricchezza all'opera fecondatrice dell'acqua del Nilo, che per mezzo di grandi e piccoli canali innumerevoli e per la mano dell'uomo s'irradia in ogni senso.
In tempi assai remoti il Nilo, non ritenuto dalle dighe, crescendo per le annuali pioggie equatoriali (Agosto e Settembre) allagava quasi tutta la sua vallata per circa tre mesi, lasciando, nel suo ritirarsi, uno strato considerevole di limo, entro il quale si gettavano i semi dei vari raccolti, che si volevano ottenere.
Siccome questo fenomeno della piena del Nilo non si avvera che una volta all'anno, così non si otteneva che un solo raccolto.
A grado a grado, in proporzione delle somme annualmente destinate dal Governo, vennero costruite delle grandi dighe aventi un'altezza media di metri quattro ed in tal modo si va limitando la parte di terreno inondabile, regolando in pari tempo l'irrigazione delle terre favorite dalle acque con numerosi canali artificiali.
Tutti questi terreni sono generalmente compresi sotto la denominazione di Séfi; il resto dei terreni non inondati, nè irrigati e per conseguenza incolti, si indicano col nome di Rod.
Come ben si può comprendere, per interessi umani, la parte Séfi va ogni giorno aumentando, mentre il Rod diminuisce; tanto più che nel Séfi si possono ottenere due ed anche tre raccolti, il che ne raddoppia il valore.
In media i terreni di buona qualità e ben custoditi rendono al proprietario sino al 35 % e questo col semplice affitto all'agricoltore (fellah) il quale poi ne ricava a sua volta un utile proprio.
Si comprende quindi quanto mai vantaggiosa sia la riduzione dei Rod in Séfi; ma al dire degli intelligenti agricoltori, è necessario abbandonare all'inondazione periodica del Nilo tutte le loro terre, almeno ogni dieci anni, e questo perchè il genere di prodotto agricolo, specialmente dell'alto Egitto, qual è la canna di zucchero, stanca moltissimo il terreno, in cui viene fatta la semina.
Si osservano tuttora considerevoli estensioni di terreni non coltivati, benchè inondabili, e ciò perchè la terra essendo troppo grassa da una efflorescenza di sali tale da rendere non possibile la coltivazione. Si potrebbe scongiurare questo grave inconveniente con frequenti inondazioni di questi terreni, che permetterebbero al sale di sciogliersi e venir coperto dalla melma depositata dall'acqua; come pure si potrebbe trasportarvi sopra terra magra di altre località.
Ma tutto questo richiederebbe una spesa non indifferente ed il proprietario non pensando al grande utile avvenire preferisce lasciare quel terreno incolto.
Come si vede, la terra non ha bisogno di aiuto dalla mano dell'uomo per fecondare i vari semi; essi vengono gettati nell'autunno e poi tutto è abbandonato all'opera della natura, la quale in tre mesi circa dà tutto il suo prodotto completamente maturo.
Il contadino non ha timori per l'avvenire del suo raccolto; non pericoli di tempesta, di siccità o di altro frangente; tutto è sicuro e la sola fatica si riduce nel seminare e nel raccogliere.
La canna di zucchero viene soltanto seminata nell'alto Egitto e per una tratta di 250 chilometri circa. Questa canna viene poi lavorata in numerose fabbriche appartenenti la maggior parte al governo egiziano; da queste fabbriche si ottiene soltanto lo zucchero greggio.
La canna dello zucchero viene seminata in canna appena raccolta; dai numerosi suoi nodi si sviluppano i nuovi fusti.
Attualmente sono in via di progetto la costruzione di grandi serbatoi per l'alto Egitto, per riunire all'epoca della piena una certa quantità di acqua e distribuirla poi nella magra nei vari canali irrigatori dei Séfi.
Questi serbatoi ultimati, sparirà ancora una gran parte dei terreni incolti (Rod) e da quanto si può sin d'ora prevedere mancheranno poi le braccia a lavorare le nuove terre, giacchè la parte araba (fellah) è già in deficienza al presente.
Oggidì la maggioranza dei proprietari possiede grandi estensioni di terreno ed in prima linea figura il governo egiziano. Vi sono proprietari che posseggono sino a dieci mila feddani (il feddano equivale a 42 are), costituenti una rendita annua minima di ottomila lire egiziane, corrispondenti a 208 mila lire italiane. Malgrado ciò la vita che conducono questi signori arabi è ancora assai primitiva; non vogliono servirsi del loro denaro, nè impiegarlo e tengono perfino trecento mila franchi in oro ammassati in casa, mentre il loro pasto quotidiano consiste ancora in pane arabo e fave.
I figli loro non ricevono educazione di sorta, specialmente morale, sostituendosi a questa le massime di loro religione piene di fanatismo e di fatalismo pernicioso.
Il contadino in Egitto, in apparenza così miserabile (il che ha indotto in errore altri scrittori che hanno trattato e che trattano delle condizioni dei contadini in Egitto) ha nulla da invidiare dello stato materiale dei nostri.
Il contadino egiziano (fellah) gode la vera libertà; non ha bisogni ricercati per il suo genere di vita; si fa la sua galabiá (veste lunga ed ampia) una volta all'anno per le feste del Ramadan (digiuno) che succedono immediatamente dopo la quaresima musulmana; vive in case costruite colle proprie mani (fango e paglia); una sola caldaia serve talvolta per il desco di più famiglie; il pane che lo nutrisce viene preparato una volta per settimana, limitandosi, se duro, a rammollirlo nell'acqua prima di mangiarlo; dalle terre che coltiva raccoglie grano, fave, cipolle; è quanto basta per avere il suo nutrimento; non beve vino vietandolo la sua religione, ed in quanto alla salute non conosce che il nascere ed il morire.
Nei bambini, la mortalità raggiunge i tre quinti; ma quelli che sopravvivono sono a tutta prova.
Le cure materne si limitano al semplice allattamento, poichè nel resto vengono abbandonati alla natura, la quale, assoggettandoli all'acqua, al sole ed a qualsiasi intemperie li alleva robustissimi; difficilmente si vede fra i contadini arabi un rachitico di qualsivoglia genere.
Il fellah nasce come natura vuole, e non è raro il caso che una donna partorisca sulla sponda di un canale e, lavato il neonato, torni alla sua casa, come nulla fosse avvenuto.
Il contadino (fellah) non paga tasse dirette; egli tiene sempre diversi capi di bestiame, pecore, capre, somari (bourik), cavalli e bufale; anzi da queste ultime ricava il latte pel burro e formaggio.
Il contadino si dà a piccole industrie, e le donne specialmente fabbricano colle foglie dei palmizi canestri e stuoie e col fango del Nilo rustici vasi comprese le famose gulle per mantenere fresca l'acqua. Il fellah vive tanto più felice e libero in quanto che non è capace di concepire un sentimento nobile ed elevato; il patriottismo è per lui cosa ignota.
Nella sua religione soltanto sembra trovare sfogo a tutta la sua capacità morale; fedele e cieco esecutore dei precetti del Corano tutto aspetta e tutto crede venga dal suo Dio.
Non havvi arabo, per miserabile che sia, al quale manchi la sigaretta fra le labbra, e quando vi domanda il baksciss (regalo) è per provvedersi di tabacco. In tutto il resto l'arabo si appoggia al passo del Corano, in cui è detto che Allah prima dello spuntar del sole ha già pensato al pane per ognuno e di questo, pare sia molto persuaso.
Fin dalla più tenera età, bambini di sesso diverso, vivono a contatto nella loro più semplice espressione, e si comprende come molti sensi morali e materiali vengano atrofizzati. Il contadino ha diverse mogli, e mentre fra gli arabi è difficilissimo il caso di figli non riconosciuti, pure fra i figliuoli di differenti mogli corre un odio continuo e feroce, causa di infinite baruffe in famiglia.
La donna araba è assai più attiva dell'uomo (s'intende fra i fellah) ed è cosa che desta meraviglia ed un senso quasi di disgusto il vedere per molti chilometri l'uomo marciare stoicamente sopra il bourik o sopra il cammello col solo carico dell'eterna sua sigaretta, mentre dietro di lui camminano faticosamente i suoi figli e le sue donne portanti quasi sempre pesi non piccoli sulla testa e di più qualche bambino sulle spalle.
Il culto dei morti è un sentimento presso i fellah allo stato molto primitivo, a giudicare almeno dal come vengono conservate le tombe nei cimiteri dei villaggi; non è raro il caso di vedere tombe sfasciate colle ossa sparse qua e là in preda a luridi cani, mentre fra le macerie si trova annidato qualche gufo e più spesso un grosso serpente.
È singolare come in mezzo a tanta ignoranza il contadino arabo si serva sempre dei quattro punti cardinali per indicare qualsiasi direzione od oggetto. Persino nell'interno di una cassa qualsiasi per domandare a qualcuno di estrarre un determinato oggetto egli accenna trovarsi ad oriente anzichè a mezzogiorno od a ponente.
Il vero tipo arabo è rappresentato dal beduino; in lui si trova la vera razza araba. Sono uomini dall'aspetto fiero ed imponente; anche le donne hanno una maggiore distinzione ed un profilo più aggraziato e più regolare che le donne arabe contadine. I beduini abitano sempre sotto la tenda e sono veri zingari; a seconda della pastura che trovano pei loro animali fissano la loro dimora provvisoria. I beduini del deserto possedono la più bella razza di cavalli arabi; cavalcano splendidamente ed è uno spettacolo che impressiona l'assistere ad una delle loro fantasie.
In mezzo a fuochi, a spari di fucile volteggiano, turbinano; agitando il proprio fucile al disopra della testa, emettendo grida di gioia altissime ed instancabili pare non debbano fermarsi mai, tanto si entusiasmano, incitandosi reciprocamente alla corsa.
CAPITOLO XII
STAMPERIA GOVERNATIVA DI BOULAC – STABILIMENTO PARVIS RAFFINERIA ZUCCHERI DI EL-HAVVANDIEH
Stamperia governativa di Boulac
La Stamperia di Boulac, villaggio sulla riva destra del Nilo e distante un chilometro dal Cairo, è destinata a provvedere ai bisogni di tutte le Amministrazioni dello Stato ed è stata fondata sotto il Vice-Reame di Mohamed-Alì-Bascià. A quell'epoca, come pure sotto Said Bascià, la principale produzione dello Stabilimento consisteva in libri arabi.
Said Bascià dispose della Stamperia col darla in regalo ad Abd-El-Rahman Bascià Ronchdy, il quale si associò Hussein Bascià Husny.
Il signor A. Mourès stampatore in Alessandria venne da essi chiamato per dare un maggiore sviluppo a quest'industria così poco progredita a quell'epoca in Egitto. Mercè le sue profonde conoscenze tecniche, diede una grande spinta alla Stamperia di Boulac, che rese bentosto al Governo utili servizi.
S. A. Ismail Bascià prevedendo i vantaggi di una stamperia del tutto governativa l'acquistò dai suoi proprietari e la pose sotto la direzione di Hussein Bascià Husny continuandone la direzione tecnica sotto il Mourès.
Nel 1885 il governo volendo ancora aumentare l'importanza dello Stabilimento fece eseguire un progetto di riorganizzazione dallo specialista Edmondo Bauget Bey fatto espressamente venire da Parigi, che trovasi tuttora direttore tecnico della Stamperia nazionale.
I servizi della Stamperia sono i seguenti:
Incisione dei ponzoni e delle matrici.
Fondita dei caratteri.
Stereotipia.
Composizione europea ed araba.
Stampe topografiche.
Incisione su pietre litografiche. Ripulitura, legatura, squadratura, trapanatura.
Fotografia, fototipia e foto-incisione.
Quest'ultimo apparecchio è di recente creazione.
Il personale si compone:
Di quattro capi-servizio europei; quattro capi-servizio indigeni; cinquantasei operai europei; duecentocinquanta operai indigeni.
Fra i 56 operai europei 38 sono italiani.
Dello Stabilimento Parvis
Il Cavaliere Giuseppe Parvis è uno dei nostri simpatici connazionali stabilito da 36 anni al Cairo, che onora il proprio paese, l'arte e l'industria speciale, cui sacrandosi, ne fu il creatore.
Il Parvis venne in Egitto non ancora trentenne, dopo avere lavorato per vari anni a Parigi come scultore ed intagliatore in uno dei migliori laboratori di oggetti artistici. Ma prima di recarsi a Parigi egli aveva già fatto il suo tirocinio a Torino, dove ebbe fra gli altri a compagno d'arte ed amico carissimo il Monteverde.
Giunto in Egitto, paese a lui sconosciuto, e senza alcuna risorsa di fortuna, il Parvis, senza punto scoraggiarsi, spiegò subito la sua attività in lavori svariati, in decorazioni di case e di palazzi e per Ismaïl Bascià Principe sfarzoso ed intelligente eseguì una quantità di lavori nelle ville e nei palagi costruiti in quell'epoca, come ad esempio in quelli di Ghesireh, di Abdin, del Teatro dell'Opera e pel giardino dell'Esbekieh. Non era ancora l'arte araba studiosamente applicata ai mobili, erano lavori diversi e disparati che procacciavano danari (filusse) al nostro artista.
Egli intanto s'innamorava delle bellezze dei monumenti arabi antichi e su di essi iniziò una serie di studi, raccogliendo nei suoi taccuini una quantità di note, di dettagli e di disegni che gli furono in seguito di grande giovamento.
A quell'epoca in Egitto non si conoscevano altri mobili che quelli importati dall'Europa.
La storia dell'arte araba dà pochi esemplari di mobilia; in tutte le epoche gli Arabi si sono sbizzarriti in decorazioni architettoniche, hanno coperti i loro interni con soffitti scolpiti e rabescati e con pareti a mosaici; i loro armadi erano mascherati da archi ed archetti che impiegavano pure per tutti i vani delle pareti.
I molli cuscini ed i numerosi tappeti completavano l'arredamento. Pochi erano gli oggetti veramente originali che si usavano pel servizio interno, eccezione fatta dei Kerti (tavolini bassi) e dei vassoi in ottone coi loro piedi pieghevoli, i cofani, le anfore, i vasi, oggetti questi che s'impiegano ancora oggigiorno.
La raccolta di studi del Parvis andò man mano aumentando, ed egli ebbe occasione favorevole di applicare le sue cognizioni pel mandato avuto dal defunto Khédive Ismaïl Bascià di provvedere tutti i mobili per l'arredo di case egiziane che dovevano poi figurare alla grande esposizione di Parigi nel 1867.
Ma per facilitare gli studi all'artista, Ismaïl Bascià gli diede un lascia-passare, mediante il quale potè penetrare nelle più belle moschee e copiarvi quanto vi era di buono.
L'Egitto in quella Esposizione internazionale fece una splendida figura ed al Parvis, pei suoi mobili, venne conferita la Medaglia d'oro.
Da questo punto cominciarono i suoi successi; da questo punto la sua nuova creazione di applicare nel modo più artistico ed elegante le decorazioni di stile arabo ai mobili ed agli oggetti della civiltà occidentale passò nelle mani dell'industria, in guisa che parlando ora di un mobile di stile arabo si dice correntemente un mobile del Parvis come si dice una lama di Damasco od un mosaico di Firenze.
Ora l'industria iniziata dal Parvis ha fatto grandi progressi e si è sviluppata al punto da doverne tenere calcolo nelle risorse del paese.
Numerosi allievi sono usciti dai laboratori del Capo-Scuola ed hanno aperti negozi; e quantunque imitatori non troppo felici sia per mancanza di idee inventive sia per deficienza di disegno e di correttezza di dettaglio e d'insieme, tuttavia hanno trovato campo di sviluppare un lucroso commercio.
Non una casa in Egitto che non possegga questo genere di mobili, non un touriste che lasci il Cairo senza fame acquisti; ma è debito dichiarare che il Parvis in quell'arte ha imitatori, non rivali.
Egli nei suoi mobili ha utilizzato le Musciarabieh specie di grata formata da piccoli fusi in legno uniti fra loro che gli arabi adoperano per le finestre delle loro abitazioni per occultarne l'interno; ha utilizzato quei motivi geometrici composti con piccoli fondi di legno incassati e rilegati da cornici con infinita varietà di disegni. Questi manufatti servivano come battenti di porte, decorazioni nelle moschee e costituiscono una delle curiosità più spiccate dell'arte da ebanista araba.
Oltre di questo il Parvis ha profuso nei suoi mobili i mosaici fatti con madreperla, avorio, ebano, legno di Campeggio e di altre qualità distinte; si è servito di nicchie a stalattite per comporre diversi generi di mobilio che ha resi eleganti copiando motivi di colonne antiche che sostengono archi ed archetti a mille forme. I rabeschi e gli ornamenti intagliati completano la decorazione, onde ne risulta un insieme elegante ed originale. Nei bronzi cesellati, nei vasi da cento forme il Parvis ha saputo riprodurre i migliori esemplari dell'arte antica e comporne dei nuovi; così pure ha imitati cofani niellati in argento ed in oro studiandone forme nuove collo stile delle diverse epoche.
In una parola credo epilogare tutto il lavoro intelligente del Parvis in quell'arte, cui si consacra da molti anni con amore, ripetendo che egli fu il creatore ed il perfezionatore di una industria applicata all'arte araba, la quale, vivendo ora di vita rigogliosa, procaccia il sostentamento ad un numero considerevole di artefici.
Raffineria dello zucchero nello Stabilimento di El-Hawandieh in Egitto
Nel 1881 si costituì una società anonima per azioni col capitale di otto milioni per la raffinatura dello zucchero sotto il nome di Raffineria di Egitto.
I lavori d'impianto vennero sospesi nel 1882 per causa della rivoluzione di Arabi-Bascià; ma poco dopo vennero ripresi ed ultimati nel 1883.
È d'uopo tuttavia confessare che sino a tutto il 1885 questo grande stabilimento ebbe una vita assai stentata e le azioni si ridussero alla metà del loro valore.
Al cominciare del 1886 il commendatore Felice Suarès prese le redini della Società, quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, e mutando il personale tanto della direzione tecnica, quanto di quella amministrativa si rialzarono ben presto le sorti della Società, che andò via via prosperando, al punto che nel 1893 il prezzo delle azioni oltrepassò la pari e fu possibile la trasformazione dello Stabilimento, aggiungendo all'industria della raffineria quella della fabbricazione dello zucchero estratto dalle canne. Per questo portando il capitale sociale da otto a quindici milioni si costruì una nuova e grandiosa fabbrica a fianco di quella già esistente, che venne essa stessa ampliata e perfezionata mediante l'introduzione dei sistemi più moderni. Lo Stabilimento dispone ora di una forza motrice di circa duemila cavalli a vapore; è tutto quanto rischiarato a luce elettrica, la quale serve pure di motore pel funzionamento delle pompe sul Nilo che somministrano all'usina l'acqua, la quale durante suo percorso viene filtrata.
Presentemente il personale della raffineria, è costituito dai seguenti impiegati di nazionalità diverse.
Il direttore tecnico superiore è francese.
Il personale della parte industriale si compone di tedeschi, francesi ed italiani.
Il personale meccanico per la maggior parte è italiano.
La Direzione amministrativa superiore è italiana.
Il personale dell'amministrazione è quasi totalmente italiano.
Oltre all'elemento europeo, che oltrepassa il centinaio, si impiegano nel lavoro normale di tutto l'anno circa 800 operai indigeni, e durante i sei mesi occupati in campagna pel lavoro delle canne da zucchero si raggiunge la cifra di 1500 operai al giorno.
I prodotti raffinati di questo stabilimento andarono man mano sostituendosi ai prodotti affini importati da Marsiglia e da Trieste, per modo che l'importazione al giorno d'oggi è ormai eliminata, ed anzi i prodotti della campagna sono ora copiosamente esportati per la via del Mar Rosso ed anche diretti a qualche porto del Mediterraneo.
Tutto il personale europeo ed il personale superiore indigeno sono alloggiati a spese della Società in abitazioni all'uso europeo. Case con giardini per il personale superiore e per gli altri Capi-Servizio; piccoli alloggi per gli operai con famiglia; stanze separate per gli impiegati ed operai non ammogliati.
Due gruppi di abitazioni esistono per gli operai indigeni, uno dei quali, l'antico, è costruito secondo le usanze locali, senza ordine, con canne spalmate di terra grassa; l'altro invece, il nuovo, è ordinato in file regolari, costruito con mattoni crudi imbiancati, a similitudine delle case operaie europee.
Oltre ai vasti magazzini pel deposito degli zuccheri greggi e raffinati ve ne sono altri spaziosi pel deposito degli articoli necessari alla fabbricazione, pezzi di ricambio per le macchine e di tutti quanti i generi che possano occorrere ad un grande stabilimento lontano da ogni centro industriale.
I laboratori principali sono in numero di sei:
Chimico – Meccanico – Di fonderia – Falegnami – Pittura – Fabbricazione di casse.
Vi esiste pure una farmacia con servizio speciale di farmacista, ed il servizio medico è disimpegnato, secondo le stagioni, e secondo le occorrenze o direttamente alla fabbrica stessa, o dal Cairo, servendosi del telefono.
Lo stabilimento è collegato con un tronco ferroviario a scartamento normale della lunghezza di circa 600 metri alla rete ferroviaria dello Stato; è anche collegato mediante una linea a scartamento ridotto al punto d'imbarco sulla riva sinistra del Nilo, da dove passando alla opposta sponda si raggiunge la linea ferroviaria di Hélouan, che ha frequentissimo traffico col Cairo.
La Compagnia possiede varie barche pel trasporto degli zuccheri e due rimorchiatori pel servizio delle canne, che giungono allo stabilimento per la via d'acqua, non che un battello a vapore per il personale superiore e per le occorrenze di servizio. La Raffineria di El-Hawandieh è ad una mezza ora circa di ferrovia dal Cairo.