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Kitabı oku: «Egitto», sayfa 8

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Seneca, Plinio, Solino, Ammiano, Marcellino non fanno che assodare queste stesse esagerazioni; e così si manipola la Storia! Forse in un tempo, ma assai remoto il Nilo non era quello che ora è. Forse un giorno esistevano vere cateratte, che ora sono scomparse; cadute di acqua imponenti e formidabili là dove ora il fiume non fa che superare un ostacolo.

L'isola di Philæ anticamente chiamavasi Phalek, da cui derivarono il nome greco Philai, in latino Philæ, che significa fine, cioè isola della fine, e questo perchè il viaggio dei pellegrini provenienti dall'Egitto aveva termine presso il santuario di Iside e presso la tomba di Osiride, che trovansi in Philæ.

L'isola ha la forma di Sandalo e misura soltanto due chilometri di periferia. Quanti splendidi monumenti e preziose reliquie in così stretto confine!

La più rinomata delle costruzioni, benchè di modeste dimensioni, che si ammira nell'isola è senza dubbio il padiglione, che fece costruire l'imperatore romano Tiberio, e che viene chiamato Kiosk, oppure il tetto di Faraone.

Esso campeggia in quell'atmosfera trasparente e da lontano rallegra l'occhio per la purezza delle sue linee.

Ma donde proviene l'incontrastato fascino dell'isola di Philæ? Forse per le sue costruzioni? Forse pel fresco verde che fa corona al suo lido? Forse per la limpida, dolce e fresca acqua del fiume che soavemente l'abbraccia? O finalmente per l'azzurro del suo cielo, la cui purezza e trasparenza in nessuna stagione dell'anno vengono offuscate?

Probabilmente lo si deve a tutto questo complesso di bello e di attraente… e come gli antichi e moderni taumaturghi dirò io pure: Bisogna vedere per credere!

Martedì 26 febbraio

Verso le tre pomeridiane partenza pel ritorno al Cairo, ove si arriva verso mezzogiorno del 6 marzo, avendo impiegato un mese preciso dal giorno della partenza.

Nel discendere il Nilo abbiamo consumati otto giorni, perchè si fecero alcune fermate in località di più modesta importanza, che non erano state da noi visitate nel rimontare il fiume.

CAPITOLO VIII

BARRAGGIO DEL NILO (BARRAGE) – POMPE DEL MEX
Del barraggio sul Nilo (Barrage)

Al principio di questo secolo Napoleone I aveva segnalata l'utilità di regolare la defluenza del volume d'acqua dei due rami del Nilo per mezzo di un'opera, che permettesse di gettare le acque eccedenti ora in un ramo, ora in un altro e raddoppiare in questo modo gli effetti dell'inondazione.

Nel 1833 a Mehemet-Alì, che aveva creati i grandi canali (Sefi) del Delta, trovando gravi difficoltà a mantenerli ad un livello abbastanza basso da permettere in tutto l'anno un sufficiente volume d'acqua, Linant Pascià propose di costruire una chiusa per ciascheduno dei rami del Nilo a 10 chilometri circa a valle dell'attuale sbarramento.

Questo progetto, per la cui esecuzione il Vicerè voleva impiegare le pietre delle Piramidi, non ebbe seguito.

Ma nel 1842 Mongel Bey, venuto in Egitto, propose a Mehemet-Alì la costruzione della chiusa attuale colla creazione di un sistema di fortificazioni intorno alla punta del Delta per premunirla da ogni attacco.

L'idea sedusse il Vicerè, che diede subito mano ai lavori.

La chiusa venne incominciata nel 1843. Il suo scopo era di potere mantenere le acque ad un'altezza di metri 4,50 e distribuire le acque necessarie al Basso Egitto per mezzo di tre grandi canali, la cui presa essendo a monte, potessero alimentare di acqua, l'uno per la regione ad Ovest del ramo di Rosetta, l'altro pel Delta propriamente detto (compreso fra i due rami del Nilo) ed il terzo per i terreni situati all'Est del ramo di Damietta.

È questa un'opera potente concepita con molto ardimento da Mongel Bey Ingegnere dei ponti e strade di Francia in un tempo in cui l'uso degli sbarramenti mobili era poco applicato e non si erano ancora progettate opere di tanta importanza nei delta dei grandi fiumi.

Disgraziatamente questo progetto nella sua esecuzione ha subìte tutte le vicissitudini alle quali un tempo erano sempre in questo paese soggette tutte le opere di grande lena; si cominciarono in principio i lavori con un'attività febbrile, poscia furono trascurati ed abbandonati e finalmente vennero utilizzati, prima ancora di essere compiuti.

Nel 1890 il barraggio, dopo essere stato restaurato, modificato ed ultimato sotto la direzione degli ingegneri inglesi al servizio del Governo egiziano, incominciò ad essere posto in uso regolare, senza mai però arrivare ad ottenere i m. 4,50 di profondità.

Al giorno d'oggi mediante il barraggio si ha una ritenuta d'acqua che non supera guari i m. 3,50 al momento delle acque più basse, ed è questo già uno splendido risultato.

Lo sbarramento costrutto nel punto stesso, in cui i due rami di Rosetta e di Damietta si distaccano l'uno dall'altro, si compone in realtà di due barraggi stabiliti ciascuno sopra uno dei rami, abbracciando fra loro una lingua di terra di metri circa di larghezza, che forma appunto l'estremità del Delta. Questo punto estremo del Delta è rivestito tutto all'intorno in modo da formare un molo circolare frammezzato dal gran canale di Menoufieh, destinato a bagnare le terre comprese fra i due rami del Nilo, prendendo le sue acque a monte degli sbarramenti.

Il barraggio del ramo di Rosetta è formato da 61 arcate di cinque metri d'apertura, separate da pile di due metri di spessore; a ciascuna delle sue estremità si trova una chiusa, l'una di 12 e l'altra di 15 metri di larghezza. La lunghezza totale dell'opera è di 465 metri.

Il barraggio del ramo di Damietta è identico a quello di Rosetta: esso aveva 10 archi in più; la sua lunghezza era quindi di 545 metri; ma negli ultimi lavori eseguiti si sono soppressi questi dieci archi, diventati inutili nello stato presente del fiume, e furono incorporati nel terrapieno della sponda sinistra, a cui si appoggia la costruzione.

La primitiva fondazione della grande opera si compone di un graticolato in cemento coperto da uno strato di mattoni, con catene in pietra da taglio; la larghezza totale del graticolato è di 34 metri sopra metri 3,50 di altezza con paratia per difesa, a monte ed a valle, di cinque metri di altezza. Comprendendo un altro graticolato più indietro pure in cemento di m. 1,50 di spessore medio e di 8 metri di larghezza, la totale larghezza del graticolato dello sbarramento si trovava ad essere di 45 metri.

Nel ramo di Damietta e nella massima parte del ramo di Rosetta il graticolato è fondato sul limo; ma nel mezzo del ramo di Rosetta, ove, al momento della costruzione, il letto del fiume era più basso, che la quota preveduta per la base del graticcio; si gettarono semplicemente, sopra per 70 metri di lunghezza, per eguagliare il terreno, grossi sassi collegati fra loro col cemento. Questo massiccio di pietre raggiunse perfino i 12 metri di altezza al disotto della costruzione in cemento.

Le pile che separano le aperture dello sbarramento hanno 2 metri di spessore, 15 metri di lunghezza e 10 di altezza; esse portano archi in pieno vôlto formando un ponte di 10 metri di larghezza fra le due testate.

All'opera furono sovrapposte di distanza in distanza piccole costruzioni d'architettura di fantasia, con merli che ricordavano le vicine fortificazioni e con torri molto slanciate. In tal modo ciascuna pila era cinta a valle da una piccola torre merlata, il cui effetto rompeva la monotonia delle grandi linee dello sbarramento; ma esse disparvero coi recenti restauri.

Il sistema di chiusura degli archi progettato nei primi tempi non venne applicato che al ramo di Rosetta. Esso si compone di porte in lamiera di forma cilindrica giranti attorno ad un arco orizzontale e munite di parecchi galleggianti destinati ad alleggerirle nell'acqua ed a facilitare in tal modo le manovre.

Alcune sconnettiture essendosi segnalate sin da principio in qualche arco dello sbarramento del ramo Damietta, l'intero sbarramento fu soltanto utilizzato, sino al 1884, quale semplice spartiacque del fiume fra i due rami. Durante la magra si chiudevano le porte del ramo di Rosetta e le acque rifluivano così nel canale (raiäh) Menoufieh e nel ramo di Damietta che, in tali condizioni, alimentava l'irrigazione del Delta propriamente detto mediante canali, la cui presa era situata a valle dello sbarramento.

Nel 1884 il signor Willcocks, allora incaricato della direzione dello sbarramento, cercò utilizzare quest'opera in un modo più completo, senza tuttavia far sopportare degli sforzi dannosi alla costruzione esistente. Per questo stabilì all'estremità a valle del graticcio e lungo lo sbarramento, una diga in pietre, la cui sommità di 2 metri di larghezza si trovava a metri 3,25 al disopra del livello dello stesso graticcio.

Dividendo in questo modo la caduta in due, potè, mediante questo sbarramento provvisorio di pietre, ottenere una fermata delle acque di un'altezza totale superiore ai due metri. Ma era questa una soluzione provvisoria.

Lavori definitivi di restauro furono intrapresi sotto la direzione del Colonnello Western nel 1890 ed il barraggio cominciò ad entrare in servizio regolare dopo il 1º ottobre 1890.

Questi lavori di riattamento molto importanti consistettero specialmente nella costruzione di uno strato di solido mattonato al disopra del graticcio. A questo strato, avente dai metri 0,75 ad 1,50 di altezza, a seconda delle condizioni più o meno buone delle già esistenti costruzioni, venne data una larghezza di 34 metri.

Questo graticcio si è protratto a monte ed a valle per mezzo di piattaforme in cemento di metri 1,25 di spessore; quello a monte termina con un filare di pali.

La larghezza totale del graticcio mattonato risulta quindi di metri 67. Macigni e linee di grossi blocchi mattonati difendono la valle del graticcio contro il rigurgito.

Due porte di ferro sovrapposte l'una all'altra scorrendo entro scanellature in fondita e manovrate da un robusto verricello scivolante sopra rotaie sulla parte superiore dell'opera chiudono ciascun arco.

La spesa di tutti questi lavori di riparazione ascese a 420 mila lire egiziane, pari a lire italiane 10 milioni e 920 mila.

L'opera così costrutta funziona regolarmente dopo il 1890 e mantiene a monte dell'opera una massa di metri 3,50 a 3,60 circa, durante le acque più basse.

Come già si è detto, lo sbarramento del Delta serve a distribuire le acque del Nilo nei tre grandi canali, che assicurano l'irrigazione delle terre a valle dello sbarramento.

Il canale situato all'Est del ramo Damietta non era stato eseguito al momento che si stava costruendo lo sbarramento; venne scavato durante i lavori di ristauro, e gli venne dato il nome di Raiäh (canale) Tewfikieh a ricordo del defunto Khédive Tewfik padre dell'attuale.

Contemporaneamente vennero migliorate le opere di presa d'acqua del Raiäh Menonfieh, o canale del centro e del Raiäh di Behera, o canale dell'Ovest.

Le pompe del Mex al lago Mareotis e loro scopo

La provincia di Behera ha per limiti: al Nord i laghi di Edka, di Aboukir e del Mareotis; al Sud una lunga striscia di terra che viene chiusa fra il ramo del Nilo di Rosetta da una parte ed il deserto libico dall'altra.

Il lago di Mareotis chiamato Birket-el-Mariut è un lago salmastro, che si estende verso il Sud della città di Alessandria ed è separato dal Mediterraneo al Nord-Ovest da una lingua di terra, che non supera il chilometro e mezzo di larghezza.

La sua lunghezza, nei tempi andati, era durante il periodo delle inondazioni di 42 chilometri e la sua larghezza di 22 chilometri; le sue sponde godevano fama di splendida coltivazione.

In tempi più moderni i canali, che alimentavano il lago, essendo stati abbandonati o trascurati, ne ridussero di molto la profondità e l'area, al punto che dal XVIII secolo il letto era diventato in gran parte una melma sabbiosa, e non fu che nel 1800, all'epoca dell'invasione francese e durante la guerra tra gli Inglesi ed i Francesi, che questo lago, asciutto per la maggior parte, (salvo nel periodo dell'inondazione) venne ridotto nuovamente a lago stagnante dalle truppe inglesi, che per uno scopo strategico, durante l'assedio di Alessandria, scavando un canale nella striscia di terra che lo separa dal lago Aboukir o Madiah, vi fecero penetrare l'acqua del mare. Questo canale fu in seguito chiuso dal grande Mohammed-Alì.

Le attuali dimensioni del lago sono di circa chilometri 49 per 46.

Per il fatto che durante le acque alte del Nilo il livello della superficie, del lago da tre metri sotto il livello del mare sale sino ad un metro, e questo nella stagione estiva, vengono così diminuiti di molto gli effetti nocivi, che il lago stagnante potrebbe portare alla salute pubblica.

La base dell'irrigazione del Behera, prima dell'introduzione del sistema di canalizzazione iniziato nel tempo di Mohammed-Alì (1837) consisteva nell'inondazione; ma è da notarsi che il limite del deserto alla parte occidentale del Behera era assai più all'Ovest di quello che lo sia oggigiorno. Le sabbie trasportate dal vento hanno occupata gradatamente una grande estensione di terreno altra volta coltivato e coltivabile e sono state di serio inciampo all'attuazione del nuovo sistema d'irrigazione.

In alcune località per arrestare il movimento lento, ma continuo delle sabbie si è dovuto ricorrere al piantamento di erbe selvatiche per parecchi chilometri verso il deserto; in tale guisa si è potuto specialmente riparare dalle sabbie il gran canale Raiäh. Questo canale che ha origine presso il barraggio (barrage) per mezzo dell'impianto di grandi pompe centrifughe (Farcot) fornisce l'acqua ad un altro canale, il Katatbeh, il quale a sua volta, per mezzo di altre pompe, trasmette l'acqua nel Canale il Mahmudieh, che è quello che alimenta la città di Alessandria.

Questi tre canali principali formano la base dell'irrigazione del Behera: da essi si dipartono innumerevoli ramificazioni, le quali si sono sempre più andate perfezionando, grazie specialmente ai numerosi lavori eseguiti sotto la direzione dell'ingegnere Forster.

In questi ultimi anni le acque del Nilo sono per mezzo dei canali stessi distribuite costantemente lungo il loro percorso, portando grandi benefizi alla coltivazione, la quale è per lo meno quintuplicata.

Per i molti canali d'irrigazione fu naturalmente necessario un gran numero di canali di scolo, per mezzo dei quali l'eccedenza delle acque d'irrigazione e tutte le acque di rifiuto si versano nel lago Mariout, daddove sono poi trasmesse in mare mediante pompe aspiranti.

Da ciò si rileva che questo lago trovandosi molto più basso del livello del mare ha concesso di affluirvi le acque da terreni lontani, i quali diversamente non sarebbero stati irrigabili per mancanza di un sufficiente dislivello, che avesse permesso alle acque di versarsi direttamente nel mare.

Il lago Mariout dunque ricevendo tutte le acque delle irrigazioni è la base dell'irrigazione stessa di questa provincia, nè di esso potrà farsi a meno, salvo nel caso molto desiderabile, in cui volendo bonificare questo lago, tutte le acque si convergessero in un collettore generale che, attraversando il lago stesso, andasse a finire alle pompe del Mex per essere elevate e gettate in mare.

Infatti oggigiorno esiste colà una installazione di pompe centrifughe (G. H. Gwyune) della Lake Aboukir Reclamation Compagnie.

Queste pompe in numero di due sono del diametro di 48 pollici pari ad 1 metro e 22 centimetri, installate a sifone; esse sono mosse da due macchine Compound ad alta pressione di 50 cavalli nominali che agiscono direttamente.

Ogni pompa può elevare metri cubi 3,666 di acqua per secondo ad un'altezza di metri 2,18. Dal che si vede che queste non hanno altro scopo che di mantenere la superficie del Mariout ad un livello costante.

La Società Lake Aboukir Reclamation ha avuto per oggetto di bonificare il lago Aboukir, che si trova a pochi chilometri discosto dal lago Mariout, ma ad un più alto livello. Si è cercato il modo di mettere in comunicazione i due laghi mediante canali ed opere d'arte.

La maggior quantità di acqua proveniente dal lago Aboukir è versata nel lago Mariout, come pure quella che nella stagione delle inondazioni provenne dalla aumentata irrigazione viene ad essere estratta dalle attuali pompe del Mex, che mantengono costante il livello del lago.

Queste pompe innalzano, come già si è detto, l'acqua ad un'altezza di metri 2,18 e la rigettano in un canale artificiale, lungo circa un chilometro, scavato nella roccia e nei fossi delle fortificazioni del Mex eseguite al tempo di Mohammed-Alì.

Il nuovo impianto di altre due pompe al Mex ha per iscopo non già di prosciugare completamente il lago, ma soltanto di abbassarne il livello di circa un altro metro, ciò che permetterà di dare alla coltivazione una grande estensione di terreno, ora allagato, e per conseguenza diminuire la superficie del lago.

Oltre a questo, l'irrigazione generale del Behera potrà avere uno sviluppo maggiore.

Queste nuove due pompe, oltre alle due già esistenti, vennero prese dalla grande installazione del Ratajbeh; esse sono costruite dalla Casa Farcot di Parigi. Sono ad asse verticale del diametro di metri 2,50; il tamburo ha il diametro di metri 6,90 e le ruote a paletta interna hanno un diametro di metri 3,80.

Agiscono per mezzo di motori della forza effettiva di 250 cavalli; la velocità è di 32 giri al minuto e può ciascuna pompa elevare metri cubi 6 di acqua per minuto secondo e ad un'altezza di metri 3.

L'acqua viene riversata nel canale stesso delle altre due pompe dell'Aboukir Compagnie, il quale è stato convenientemente allargato ed approfondito.

Questa installazione del Mex non ha nulla da invidiare alle più grandi idrofore impiantate all'estero.

La parte direttiva tecnica venne affidata al signor I. Hewat Ingegnere del 3º Circolo d'Irrigazione, e la parte meccanica all'Ingegnere I. Hewgill.

Quanto poi riguarda la costruzione delle murature ed opere d'arte occorrenti per l'insediamento di macchine così potenti venne data agli intraprenditori e costruttori signori Degiardè fratelli Giuseppe ed Augusto di Alessandria, molto favorevolmente conosciuti in paese per varie imprese di rilievo, che già mandarono a compimento.

CAPITOLO IX

CANALE DI SUEZ
Una visita al canale di Suez
20 Marzo 1895.
.....

A Ismaïlia, centro del canale, la stazione della ferrovia proveniente da Port Said è stazione di testa e per continuare verso Suez il treno è costretto a tornare indietro e ripassare davanti Nèfiche, dove la strada si biforca da un lato verso il Cairo e dall'altro verso Suez.

Nel 1882 un distaccamento dell'esercito di Araby aveva occupata e fortificata la posizione di Nèfiche, a minaccia di Ismaïlia; ma in seguito abbandonò quella posizione, in causa di una dimostrazione della flotta inglese ancorata nel lago Timsah, e si ritirò sopra Tel-el-Kèbir per fare il suo congiungimento col grosso dell'esercito di Araby proveniente dal Delta.

L'esercito inglese sotto gli ordini del Generale Wolscley occupò Nèfiche, senza colpo ferire, e poco dopo battè, come è noto, l'esercito egiziano a Tel-el-Kèbir.

Appunto vicino a Nèfiche si distaccano dal canale d'Ismaïlia i due rami, che portano l'acqua dolce a Port Said ed a Suez; la ferrovia fra Nèfiche e Suez accompagna quasi costantemente questo secondo ramo.

In generale il canale marittimo segue anche la stessa direzione, ma ad una maggiore distanza, dimodoche dalla ferrovia ben poco di esso è visibile.

Poco dopo di Nèfiche, noi giriamo attorno alla graziosa oasi di Bir-Abou-Ballah; fra gli alberi fitti, che la compongono, si distinguono varie essenze europee, resti di piantagioni fatte, trent'anni or sono, dalla Compagnia del Canale di Suez. Per alcuni istanti abbiamo l'illusione di costeggiare un bosco dei dintorni di Firenze, piuttostochè una oasi africana.

A qualche distanza da Bir-Abou-Ballah ci additano a sinistra Gebel-Mariam, il colle di Maria, dove, secondo la tradizione, la Vergine si riposò col bambino Gesù durante la fuga in Egitto; dopo vengono le colline di Toussoum, sulle quali apparisce l'albero di un semàforo, che accenna la vicinanza del canale marittimo occultato dalle stesse colline.

Un poco più distante la strada ferrata passa vicino alle rovine egiziane state scoperte durante la costruzione del canale, denominate il Serapeum; a fianco si scorgono le traccie del canale costruito dai Faraoni per unire il Nilo al Mar Rosso.

Queste traccie si vedono distintamente a sinistra ed al di là del canale di acqua dolce, per un lungo percorso.

Ad un tratto si presenta al nostro sguardo la bella distesa d'acqua dei laghi amari; è un vero mare interno, risultato dall'avere le acque del Mediterraneo e del Mar Rosso colmata una grande depressione naturale del terreno, che esisteva sul tracciato del canale marittimo.

Tre vapori sono in vista: due provenienti da Suez ed uno da Port-Said; per una buona mezz'ora noi li seguitiamo collo sguardo; dopo, il lago sparisce ed arriviamo alla stazione di Gèneffè situata ai piedi del monte, che porta lo stesso nome.

Nel lasciare la stazione, noi superiamo le colline di Chalouf; l'imponente montagna di Attaka si drizza davanti a noi.

Ai suoi piedi vi è il Mar Rosso, e Suez comincia ad apparire al termine della pianura; ecco intanto le prime case della città, che il nostro treno ben tosto raggiunge, percorrendo nella sua lunghezza tutto il lembo occidentale della città.

Nel costeggiare questo lato di caseggiati, noi vediamo per le strade una folla variata e pittoresca di Arabi, di Barberini, di Negri e vi notiamo pure frammisti parecchi Europei.

Dopo alcuni minuti di fermata alla stazione, il treno riparte attraversando una plaga lasciata scoperta dalla bassa marea ed arriviamo ben tosto al Terrapieno o Porto-Thewfik, che è la porta d'ingresso del canale nel Mar Rosso.

Come lo stesso suo nome lo indica, il Terrapieno altro non è che una elevazione di terreno formata mediante gli scavi del canale marittimo; è un vero isolotto artificiale riunito soltanto alla terraferma per mezzo dell'argine della ferrovia; è una piccola città europea abitata dagli impiegati del canale e dai rappresentanti dei consegnatari delle navi, ed in onore del passato Khédive, padre dell'attuale, le venne imposto il nome di Porto-Tewfick.

Discendiamo all'albergo della signora Bachet; buon albergo francese, dove troviamo un pranzo eccellente condito da schietta allegria.

Alla frutta ci viene preparata una gradita sorpresa. Un gran battello a vapore diretto alle Indie giunge da Port-Said; ci proponiamo di recarci a vederne più da vicino il suo passaggio.

Appena usciti, noi scorgiamo a tre chilometri circa a Nord un gran bagliore; è la luce elettrica del bastimento, che rischiara l'atmosfera; ma non possiamo vedere la luce diretta, pel motivo che, per arrivare a Port-Tewfik, il canale descrive una curva abbastanza pronunciata. Il bastimento avanza lentamente e di mano in mano che si avvicina, ripiega sempre più il suo disco elettrico; ad un tratto il fascio luminoso ci inonda di luce. Tutto rimane illuminato: il molo che costeggia il canale colle sue case e coi suoi alberi; il canale colle barche a vela che vi si trovano; è un colpo di vista magico.

Il grosso piroscafo si avvicina e passa davanti a noi rischiarato in tutti i suoi piani come una casa galleggiante; ci oltrepassa e ci lascia nella più profonda oscurità.

In questo momento il battello-pilota si stacca dal molo per portarsi a riprendere il pilota della compagnia, che trovasi a bordo di quel legno. Imbarchiamoci sul vaporino-pilota?

Il tempo era splendido, la notte calma, il cielo brillantemente costellato, il mare tranquillo; una passeggiatina in rada sarebbe un'escursione deliziosa.

Diamo la voce al battello pilota, che si arresta, ed eseguendo macchina indietro si accosta di bel nuovo al pontone; noi c'imbarchiamo; il battello-pilota avanza dietro al gran piroscafo nell'asse del canale, in mezzo alle boe luminose, che ne segnano i fianchi. Queste boe due a due si succedono, l'una dirimpetto all'altra, avendo fiamma rossa quella a destra e fiamma verde quella a sinistra del canale; oltrepassiamo le due ultime, che segnano il termine del canale e ci troviamo in piena rada.

Noi ci accostiamo al piroscafo Città di Vienna, che si arresta spegnendo il suo projettore elettrico e da quel punto appare come una grande massa nera, un mostro enorme scosso di quando in quando dal movimento prodotto da alcuni colpi della sua elica. Il pilota discende dal battello e s'imbarca sul nostro vaporino; a poco a poco noi ci allontaniamo e dopo un largo giro in rada ritorniamo verso il posto di imbarco, ripassando in mezzo alle stesse boe, sempre rischiarate.

È uno spettacolo veramente meraviglioso il passaggio di notte di un grande bastimento nel canale ed è un notevole perfezionamento per l'incremento del canale questo passaggio di nottetempo.

Il piroscafo «Città di Vienna» ha impiegate 17 ore e minuti 23 per transitare da Port-Said a Suez; alcuni battelli a vapore con circostanze favorevoli giungono perfino a superare il canale in 13 ore e 40 minuti; ora la media è di 19 ore e 53 minuti.

Nel 1885 la media del tempo impiegato per la traversata era di 43 ore!

Questo rimarchevole risultato si è ottenuto, da un lato per l'allargamento del canale e dall'altro lato mediante la possibilità della navigazione notturna.

Domattina vedremo, percorrendo il canale, i lavori dell'allargamento; questa sera ci rendiamo conto del funzionamento della navigazione notturna venendoci spiegato minutamente come questo servizio sia organizzato.

Esso abbraccia, come abbiamo veduto, due parti:

1º L'illuminazione del canale per mezzo di fuochi d'asse nei percorsi in linea diritta e di boe e di segnali luminosi nelle curve;

2º L'illuminazione dello stesso canale e degli argini mediaste il projettore elettrico che ogni nave, transitando di notte, deve impiantare sul suo davanti.

I fuochi di asse sono semplicemente rischiarati a petrolio, a guisa dei fari ordinari; le boe ed i segnali sono illuminati per mezzo dei gaz Pintsch (gaz che si ottiene mediante la distillazione degli olii gregi estratti dal petrolio e si chiama gaz Pintsch dal nome del suo inventore).

Boe e segnali portano alla loro sommità un becco a gaz, che brucia notte e giorno in una lanterna con lenti disposte a guisa di un piccolo apparecchio di faro.

Il gaz è contenuto nel ventre della boa o, quando si tratta di segnali, nel serbatojo in lamiera di ferro collocato a terra e comunicante col becco acceso mediante un tubo.

Il gaz Pintsch viene fabbricato nelle due usine, l'una a Port-Said e l'altra a Suez; viene trasportato lungo il canale in battelli serbatoi, ove esso è compresso ad elevata pressione, di modo che mettendo per mezzo di un tubo il battello serbatojo in comunicazione sia colla boa, sia col recipiente di lamiera dei segnali collocato a terra, la differenza di pressione è sufficiente per riempiere di gaz il ventre della boa od il serbatojo di latta.

Il gaz introdotto per tal modo nelle boe riesce ad una pressione di 6 chilogrammi, vale a dire a circa 6 atmosfere; un regolatore di pressione molto ingegnoso fa sì che il gaz arrivato al becco in accensione non ha più che una pressione minima quale si richiede per la regolarità della combustione; e questa provvista di gaz compresso permette che le boe possano rimanere in attività per lo spazio di due mesi.

Ottantaquattro sono fra boe e segnali i punti rischiarati col gaz Pintsch lungo il canale; sette sono i fari rischiarati collo stesso sistema e tredici i fuochi di asse a petrolio; in tutto 104 fuochi.

L'apparecchio elettrico che ogni battello, transitando di notte, è obbligato a collocare sulla sua fronte, si compone di una lampada elettrica e di uno specchio o projettore.

L'arco elettrico è prodotto dalla corrente alimentata da una macchinetta-dinamo tenuta in attività dallo stesso vapore somministrato dalle caldaje del battello.

La luce di quest'arco è raccolta dallo specchio che, concentrandola, la projetta orizzontalmente in avanti formando un fascio di raggi luminosi di 15 gradi di apertura angolare.

In seguito ad un trovato ingegnoso del signor Coullaut, Tenente di vascello della Marina francese e Controllore della navigazione del canale, il centro del fascio rimane oscuro sovra uno spazio angolare di cinque gradi, di modo che il proiettore spinge avanti non uno, ma due fasci di luce di cinque gradi di apertura ciascuno, l'uno a destra e l'altro a sinistra; ond'è che il battello rischiara i due argini del canale non che le boe che da ciascun lato limitano lo stesso canale; ma non ne illumina il centro; il che permette di meglio vedere i fuochi dell'asse, evitando al pilota l'inconveniente di essere abbagliato dalla luce elettrica delle navi, che procedono in senso inverso. Questo inconveniente era così grave dapprima, che incontrandosi nel canale due battelli, l'uno di essi era obbligato a spegnere la sua luce elettrica per lasciar passare l'altro.

Il transito di nottetempo fu esperimentato nel 1885, inaugurato nel 1887 e perfezionato, come si disse or ora, nel 1893, funzionando presentemente colla massima regolarità.

L'installazione di questo servizio è dovuta al signor Tillier, antico ufficiale della Marina francese, Capo-transito della Compagnia del canale.

Le navi delle grandi Compagnie sono generalmente munite di proiettore; quelle non provvedute possono procurarselo a nolo tanto a Suez quanto a Port-Said al prezzo di 8 o 10 lire sterline.

Nel giorno seguente di buon mattino, prima di ritornare ad Ismaïlia pel canale, abbiamo fatto un giro nella rada di Suez.

Questa rada limitata fra il deserto di Sinai a levante e la montagna dell'Attaka a ponente è veramente splendida, tanto più al mattino, in cui il sole riveste di tinte calde e luminose le montagne, il deserto, il mare.

Dopo la rada visitammo rapidamente il porto del Commercio costruito dal governo egiziano, denominato Port-Ibrahim. È un bacino bellissimo diviso per metà da un molo e provveduto di un raddobbo per la pulitura e per i restauri alle navi.

Disgraziatamente Port-Ibrahim è quasi sempre disoccupato, perchè i battelli transitano per Suez, senza fermarvisi; non havvi che qualche battello che pratica il cabottaggio del Mar Rosso; nella parte estrema del porto giacciono vecchi battelli a vapore disarmati appartenenti alla Compagnia Khédiviale.