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Kitabı oku: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4», sayfa 6

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A. D. 351

Ma quel suddito, che ha ridotto il suo Principe alla necessità di dissimulare, non può mai sperare un sincero e durevol perdono; e la tragica morte di Costante ben presto privò Atanasio di un potente e liberal protettore. La guerra civile fra l'assassino e l'unico superstite fratello di Costante, che afflisse l'Impero più di tre anni, assicurò un intervallo di riposo alla Chiesa Cattolica; e ciascheduna delle contendenti due parti desiderava di conciliarsi l'amicizia d'un Vescovo, che poteva col peso dalla personale sua autorità determinar le fluttuanti risoluzioni d'una importante Provincia. Egli diede udienza agli ambasciatori del Tiranno, con cui fu dopo accusato di avere tenuta una segreta corrispondenza250, e l'Imperatore Costanzo più volte assicurò il suo carissimo padre, il Reverendissimo Atanasio, che nonostante i maliziosi romori, che si facevan girare attorno dai comuni loro nemici, aveva egli ereditato i sentimenti ugualmente che il trono del suo defunto fratello251. La gratitudine e l'umanità avrebbero disposto il Primate dell'Egitto a deplorare l'acerbo fato di Costante e ad abborrire il delitto di Magnenzio; ma vedendo egli chiaramente che le apprensioni di Costanzo erano l'unica sua salvaguardia, ciò potè forse un poco diminuire il fervor delle sue preghiere pel buon successo della giusta causa. Non si meditava più la rovina di Atanasio dall'oscura malizia di pochi spigolistri od iracondi Vescovi, che abusassero dell'autorità d'un credulo Principe, ma il Monarca medesimo dichiarò la risoluzione, che aveva sì lungamente nascosta, di vendicare i privati suoi torti252: ed il primo inverno dopo la sua vittoria, che egli passò in Arles, fu impiegato contro un nemico per esso più odioso, che il soggiogato tiranno della Gallia.

A. D. 353-355

Se l'Imperatore avesse capricciosamente determinata la morte del più sublime e virtuoso cittadino della Repubblica, si sarebbe eseguito, senza esitare, dai ministri dell'aperta violenza o della speciosa ingiustizia il crudele comando. La cautela, la dilazione, la difficoltà, con cui egli procedè nel condannare e punire un Vescovo popolare, manifestò al Mondo, che i privilegi della Chiesa avevan già fatto risorgere nel governo Romano un sentimento d'ordine e di libertà. La sentenza, pronunziata nel Concilio di Tiro e soscritta da un gran numero di Vescovi Orientali, non si era mai espressamente rivocata; e siccome Atanasio era stato una volta deposto dall'Episcopal dignità per giudizio dei suoi confratelli, ogni successivo atto poteva considerarsi come irregolare ed eziandio colpevole. Ma la memoria del costante ed efficace aiuto, che il Primate dell'Egitto avea tratto dall'attaccamento della Chiesa Occidentale, impegnò Costanzo a sospendere l'esecuzione della sentenza, finattantochè non fossero in essa concorsi anche i Vescovi Latini. Si consumarono due anni in Ecclesiastiche negoziazioni; e fu solennemente discussa l'importante causa fra l'Imperatore ed uno dei suoi sudditi, prima nel Sinodo di Arles, e poi nel gran Concilio di Milano253, ch'era composto di più di trecento Vescovi. Si cercò appoco appoco di sovvertire la loro integrità con gli argomenti degli Arriani, con la destrezza degli Eunuchi, e con le pressanti sollecitazioni di un Principe, che soddisfaceva la sua vendetta a spese della sua dignità, e pubblicava le proprie passioni mentre influiva su quelle del Clero. Si adoperò con successo la corruzione, che è il più infallibil sintomo della libertà costituzionale; si offerirono, e si accettarono onori, doni ed immunità, come prezzo d'un voto Episcopale254; e fu artificiosamente rappresentata la condanna del Primate Alessandrino, come l'unico mezzo che restituir potesse la pace e l'unione alla Chiesa Cattolica. Gli amici però d'Atanasio non abbandonarono il lor Capo o la loro causa. Tanto nelle pubbliche dispute quanto nelle conferenze private coll'Imperatore, essi con uno spirito virile, che dalla santità del loro carattere si rendeva meno pericoloso, sostennero l'obbligo eterno di giustizia e di religione. Dichiararono, che nè la speranza del suo favore, nè il timore della sua disgrazia gli avrebbe potuti mai indurre ad unirsi nella condanna d'un innocente, lontano, e rispettabil fratello255. Affermavano con apparente ragione, che gl'illegittimi ed antiquati decreti del Concilio di Tiro erano stati già da lungo tempo tacitamente aboliti dagli editti Imperiali, dall'onorevol ristabilimento dell'Arcivescovo d'Alessandria, e dal silenzio o dalla ritrattazione dei suoi più clamorosi avversarj. Adducevano ch'erasi attestata la sua innocenza dai concordi Vescovi dell'Egitto, e ch'era stata riconosciuta ne' Concilj di Roma e di Sardica256 dall'imparziale giudizio della Chiesa Latina. Deploravan la dura condizion d'Atanasio, che dopo d'aver per tanti anni goduto la propria Sede, la riputazione, e l'apparente confidenza del suo Sovrano, fosse di nuovo chiamato a confutare le più insussistenti e stravaganti accuse. Il loro linguaggio era specioso, ed onorata la loro condotta; ma in questa lunga ed ostinata contesa, che attirava gli occhi di tutto l'Impero sopra d'un solo Vescovo, le fazioni Ecclesiastiche eran pronte a sacrificare la verità e la giustizia al più interessante oggetto di difendere o di deporre l'intrepido campione della fede Nicena. Gli Arriani sempre stimaron prudente consiglio quello di mascherare con ambigue parole i veri lor sentimenti e disegni: ma i Vescovi Ortodossi, armati dal favore del Popolo e da' decreti d'un Concilio generale, in ogni occasione, e specialmente a Milano, insisterono che i loro avversari purgasser se stessi dal sospetto di eresia, prima di pretendere d'attaccar la condotta del grande Atanasio257.

A. D. 355

Ma la voce della ragione (se pur la ragione era veramente dalla parte d'Atanasio) fu soppressa dai clamori d'un fazioso e venale partito; e non si sciolsero i Concilj d'Arles e di Milano, finattantochè l'Arcivescovo di Alessandria non fu solennemente condannato e deposto dal giudizio della Chiesa Occidentale non meno che dell'Orientale. A' Vescovi, che opposti s'erano alla sentenza, fu richiesta di sottoscriverla, e di unirsi con religiosa comunione a' sospetti Capi della parte contraria. Fu mandata, per mezzo de' nunzi pubblici, una formola di consenso a' Vescovi assenti; e tutti quelli che ricusarono di sottometter la privata loro opinione alla pubblica ed inspirata sapienza dei Concilj d'Arles e di Milano, furono immediatamente banditi dall'Imperatore, che affettava d'eseguire i decreti della Chiesa Cattolica. Fra que' Prelati, che conducevan l'onorevol drappello dei confessori e degli esuli, meritan d'essere particolarmente distinti Liberio di Roma, Osio di Cordova, Paolino di Treveri, Dionisio di Milano, Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari, ed Ilario di Poitiers. L'eminente posto di Liberio, che governava la Capital dell'Impero, ed il merito personale e la lunga esperienza del venerabile Osio, che si rispettava come il favorito del Gran Costantino ed il padre della fede Nicena, ponevano questi due Prelati alla testa della Chiesa Latina, ed il loro esempio di sommissione e di resistenza si sarebbe probabilmente imitato dalla turba de' Vescovi. Ma i replicati sforzi dell'Imperatore per sedurre o per intimorire i Vescovi di Roma e di Cordova riuscirono per qualche tempo inefficaci. Lo Spagnuolo si dichiarò pronto a soffrire sotto Costanzo, come sessant'anni avanti aveva sofferto sotto Massimiano suo avo. Il Romano sostenne in presenza del Principe l'innocenza d'Atanasio e la propria sua libertà. Quando fu mandato in esilio a Berea nella Tracia, rimandò indietro una grossa somma, che gli era stata offerta per le spese del viaggio; ed insultò la Corte di Milano con l'orgogliosa riflessione, che l'Imperatore ed i suoi Eunuchi potevano aver bisogno di quell'oro per pagare i loro soldati, ed i loro Vescovi258. Lo fermezza però di Liberio e d'Osio finalmente fu superata da' travagli dell'esilio e del confino. Il Pontefice Romano comprò il suo ritorno a prezzo di alcune ree condiscendenze, e dopo espiò con opportuna penitenza la propria colpa. S'impiegarono la persuasione e la violenza per estorcere la ripugnante soscrizione del decrepito Vescovo di Cordova, di cui s'opprimeva la forza, e di cui erano probabilmente indebolite le facoltà dal peso di cent'anni; e l'insolente trionfo degli Arriani provocò alcuni della parte ortodossa a trattare con inumano rigore il carattere, o piuttosto la memoria di un infelice vecchio, agli antichi servigi del quale tanto doveva il Cristianesimo stesso259.

La caduta di Liberio e d'Osio diede un più splendido lustro alla fermezza di que' Vescovi, che si mantennero aderenti con incorrotta fedeltà alla causa di Atanasio e della verità religiosa. L'ingegnosa malizia dei loro nemici gli aveva privati del benefizio de' vicendevoli conforti ed avvisi, avea separato quegl'illustri esuli in distanti province, e scelto a bella posta i luoghi più inospiti d'un grand'Impero260. Contuttocciò essi tosto provarono, che i deserti della Libia, e le più selvagge regioni della Cappadocia erano meno incomode, che la dimora in quelle città, dove un Vescovo Arriano poteva saziare senza ritegno la squisita malignità dell'odio teologico261. Essi però traevan motivo di consolarsi dalla coscienza della propria rettitudine e indipendenza; dall'applauso, dalle lettere, dalle visite, e dalle liberali elemosine dei loro aderenti262; e dalla soddisfazione che spesso avevano di vedere le interne divisioni dei nemici della fede Nicena. Tal era il minuto e capriccioso gusto dell'Imperator Costanzo, e sì facilmente egli offendevasi per la più tenue deviazione dal suo immaginario sistema di verità Cristiana, che perseguitava con ugual zelo quelli che sostenevano la consustanzialità, quelli che difendevan la simil sostanza, e quelli che negavan la somiglianza del Figlio di Dio. Potevano per avventura trovarsi nel medesimo luogo tre Vescovi deposti e banditi per quelle contrarie opinioni; e secondo la diversità del loro pensare potevan compatire, o insultare il cieco entusiasmo de' loro avversari, i presenti patimenti dei quali non dovevano mai venir compensati dalla futura felicità.

A. D. 356

La disgrazia e l'esilio de' Vescovi ortodossi dell'Occidente furono come tanti passi per preparar la rovina d'Atanasio medesimo263. Eran ventisei mesi da che la Corte Imperiale con le più insidiose arti segretamente procurava di allontanarlo dalla città di Alessandria, e di togliergli quei comodi, che davano luogo alla sua popolare liberalità. Ma quando il Primate dell'Egitto, abbandonato e proscritto dalla Chiesa Latina, restò privo d'ogni straniero soccorso, Costanzo mandò due suoi segretari con la verbal commissione d'annunziare, e d'eseguir l'ordine del suo esilio. Siccome pubblicamente si conveniva da ogni parte della giustizia della sentenza, l'unico motivo, che potè ritener Costanzo dal dare a' suoi messi il mandato in iscritto, non può attribuirsi che al dubbio che egli avea dell'evento, e ad una cognizione del pericolo, a cui poteva esporre la seconda Città e la più fertil provincia dell'Impero, se il popolo avesse persistito nella risoluzione di difendere a forza d'arme l'innocenza del proprio Padre spirituale. Tal estrema cautela somministrò ad Atanasio uno specioso pretesto di rispettosamente porre in dubbio la verità di un comando, che ei non potea conciliare nè coll'equità, nè con le precedenti dichiarazioni del grazioso suo Principe. La potestà civile dell'Egitto non si trovò capace di persuadere o di costringere il Primate ad abbandonar l'Episcopale sua sede; e fu costretta a concludere un trattato coi popolari Capi d'Alessandria, in cui fu stipulato che si sospendessero tutte le processure ed ostilità, finchè non si fosse più distintamente saputa la volontà dell'Imperatore. Con tale apparente moderazione i Cattolici furono artificiosamente indotti ad una falsa e fatal sicurezza; mentre le legioni dell'Egitto Superiore, e della Libia si avanzavano per segreti ordini, e con precipitose marce ad assediare, o piuttosto a sorprendere una Capitale, abituata alla sedizione ed accesa da religioso zelo264. La situazione d'Alessandria fra il mare ed il lago Mareotide, facilitò l'avvicinamento e lo sbarco delle truppe, che furono introdotte nel cuore della città, prima che alcuno potesse prendere veruna efficace risoluzione o di chiuder le porte, o d'occupare i posti di difesa importanti. Alla mezza notte, ventitre giorni dopo la soscrizione del trattato, Siriano, Duce dell'Egitto, alla testa di cinquemila soldati armati e pronti all'assalto, inaspettatamente investì la Chiesa di S. Teonas, dove l'Arcivescovo con una parte del Clero e del Popolo celebrava gli uffizi notturni. Le porte del sacro edifizio cederono all'impeto dell'attacco, il quale fu accompagnato da ogni più orrida circostanza di tumulto e di strage; ma siccome i corpi degli uccisi ed i frammenti delle armi dei soldati restarono il dì seguente come una indubitata prova in mano dei Cattolici, così può risguardarsi l'intrapresa di Siriano piuttosto come una vantaggiosa irruzione, che come un'assoluta conquista. Le altre Chiese della città profanate furono con simili oltraggi: e per lo spazio almeno di quattro mesi Alessandria fu esposta agl'insulti d'un licenzioso esercito, stimolato dagli Ecclesiastici di un'ostile fazione. Furono uccisi molti Fedeli, che meritar potrebbero il nome di martiri, se non si fossero provocate nè vendicate le loro morti; si trattarono con crudele ignominia e Vescovi e Preti; furono spogliate nude delle sacre Vergini, battute, e violate; le case di ricchi cittadini furono poste a sacco; e sotto la maschera di religioso zelo, impunemente, ed eziandio con applauso si soddisfecero l'incontinenza, l'avarizia, ed il privato rancore. I Pagani d'Alessandria, che formavan sempre un copioso e malcontento partito, furono facilmente persuasi ad abbandonare un Vescovo, che essi temevano insieme e stimavano. La speranza di alcuni particolari favori, ed il timore di restare involti nelle generali pene di ribellione gl'impegnarono a prometter la loro assistenza al famoso Giorgio di Cappadocia, destinato successor d'Atanasio. L'usurpatore, dopo d'essere stato consacrato da un Sinodo Arriano, fu posto sulla Sede Episcopale dalle armi di Sebastiano, che era stato dichiarato Conte d'Egitto per eseguire quell'importante disegno. Il tiranno Giorgio, nell'uso del potere, non meno di quel che aveva fatto nell'acquisto di esso, trascurò le leggi della religione, dell'umanità e della giustizia; e le medesime scene di violenza e di scandalo, che si erano rappresentate nella Capitale, ripetute furono in più di novanta città Episcopali dell'Egitto. Incoraggiato dal successo, Costanzo avventurossi ad approvare la condotta dei suoi ministri. Con una pubblica e patetica lettera l'Imperatore si congratula della liberazione d'Alessandria da un popolare tiranno, che ingannava i suoi ciechi devoti colla magia della sua eloquenza; si diffonde sulle virtù e la pietà del Reverendissimo Giorgio, nuovo Vescovo; ed aspira, come avvocato e benefattore della città, a sorpassare la fama d'Alessandro medesimo. Ma solennemente dichiara la sua inalterabile risoluzione di perseguitare col ferro e col fuoco i sediziosi aderenti dell'empio Atanasio, che fuggendo dalla giustizia ha confessato il proprio delitto, e si è sottratto all'ignominiosa morte, che tante volte avea meritato265.

Atanasio era in fatti sfuggito al più imminente pericolo; e le avventure di quest'uomo straordinario meritano e fissano la nostra attenzione. In quella memorabile notte, in cui la Chiesa di S. Teonas fu investita dalle truppe di Siriano, l'Arcivescovo, assiso sulla sua cattedra, aspettava con tranquilla ed intrepida dignità l'avvicinarsi della sua morte. Mentre interrompevasi la pubblica devozione dallo strepito della rabbia e dalle grida del terrore, esso animava quella tremante adunanza ad esprimere la sua religiosa fiducia col cantare un Salmo di David, che celebra il trionfo del Dio d'Israello sul superbo ed empio tiranno dell'Egitto. Furono finalmente forzate le porte; fu scaricato un nuvolo di dardi fra il popolo; i soldati andavan correndo colle spade nude pel Santuario; ed i sacri lumi, che ardevano intorno all'altare266, facean riflettere il terribile splendore delle loro armature. Atanasio rigettò sempre la pietosa importunità de' Preti e dei Monaci, attaccati alla sua persona, e nobilmente ricusò di abbandonare l'Episcopale suo posto, finchè non ebbe posta in sicuro la ritirata di tutta la congregazione. L'oscurità ed il tumulto della notte favoriron la fuga dell'Arcivescovo; e quantunque fosse egli oppresso dagli ondeggiamenti d'un'agitata moltitudine, quantunque fosse gettato a terra, e lasciatovi privo di moto e di sensi, ricuperò sempre l'indomito suo coraggio, ed eluse l'ardente ricerca dei soldati, ai quali si diceva dalle Arriane lor guide, che il capo d'Atanasio sarebbe stato il dono più accetto, che avesser potuto fare all'Imperatore. In quel momento il Primate dell'Egitto disparve dagli occhi dei suoi nemici, e rimase più di sei anni celato in un'impenetrabile oscurità267.

A. D. 336-362

Il dispotico potere dell'implacabile suo nemico prendeva tutta l'estensione del Mondo Romano; e l'inasprito Monarca avea procurato, con una pressantissima lettera ai Principi Cristiani dell'Etiopia, di scacciare Atanasio anche dalle più remote e distanti regioni della terra. Furono gli uni dopo gli altri impiegati i Conti, i Prefetti, i Tribuni, e gl'interi eserciti per cercare un Vescovo fuggitivo; dagli editti Imperiali si eccitò la vigilanza della civile e militar potestà; furono promessi larghi premj a chiunque presentasse Atanasio o vivo o morto; e si minacciaron le pene più rigorose a coloro, che avessero ardito di proteggere il pubblico nemico268. Ma i deserti della Tebaide in quel tempo eran popolati da una razza di fieri ma sottomessi fanatici, che preferivano i comandi del loro Abbate alle leggi del Sovrano. I numerosi discepoli di Antonio e di Pacomio riceverono il fuggitivo Primate come lor padre, ammirarono la pazienza e la umiltà, con la quale s'uniformava ai loro più rigorosi esercizi, raccoglievano tutte le parole che gli cadevan di bocca, come genuine effusioni d'un'inspirata sapienza; ed erano persuasi che le preghiere, i digiuni, e le vigilie loro fossero meno meritorie dello zelo che dimostravano, e dei pericoli che affrontavano in difesa della verità e dell'innocenza269. I Monasteri dell'Egitto eran situati in luoghi solitari e deserti, sulla cima delle montagne o nelle isole del Nilo; ed il sacro corno o la trombetta di Tabenna era il ben noto segno, che faceva riunir più migliaia di robusti e risoluti Monaci, i quali erano stati per la maggior parte villani dell'addiacente campagna. Quando la forza militare giungeva ad invader gli oscuri loro ritiri, non essendo possibile di resistere, tacitamente piegavano il collo all'esecutore; e sostenevano il proprio nazionale carattere, che i tormenti non potevano mai strappar di bocca ad un Egizio la confessione d'un segreto, ch'egli avesse risoluto di non rivelare270. L'Arcivescovo d'Alessandria, per la salute del quale sacrificavano ardentemente le loro vite, perdevasi in mezzo ad una moltitudine ben disciplinata e uniforme; ed all'avvicinarsi del pericolo le officiose lor mani speditamente lo facevan passare da un nascondiglio in un altro, finchè egli giunse a quei formidabili deserti, che la tenebrosa e credula natura della superstizione avea popolato di demonj, e di mostri selvaggi. Il ritiro d'Atanasio, che non finì se non con la vita di Costanzo, fu consumato per la massima parte in compagnia de' Monaci, che fedelmente gli servivano di guardie, di segretari, e di messi; ma l'importanza di mantenere una più intima connessione col partito cattolico lo tentava, qualora diminuiva la diligenza della persecuzione, ad uscir dal deserto, ad introdursi in Alessandria, e ad affidar la propria persona alla discrezione de' suoi aderenti ed amici. Le sue diverse avventure potrebber somministrare il soggetto d'un romanzo molto piacevole. Una volta fu esso nascosto in una cisterna vota, dalla quale appena era uscito, che fu palesato da una schiava271; ed una volta fu celato in un asilo anche più straordinario, in casa cioè d'una Vergine di venti anni, celebre in tutta la città per la sua rara bellezza. Sull'ora di mezza notte, com'ella raccontava molti anni dopo, fa sorpresa dalla comparsa dell'Arcivescovo in un negligente abbigliamento, ed avanzandosi esso con veloci passi la scongiurò a dargli un ricovero, che da una celeste visione gli era stato ordinato di cercare sotto l'ospitale suo tetto. La pietosa fanciulla ricevè e custodì il sacro deposito, che era stato affidato alla prudenza ed al coraggio di essa. Senza comunicare il segreto ad alcuno, subito condusse Atanasio nella più segreta sua camera, ed invigilò alla sicurezza di lui con la tenerezza d'un amica, e coll'assiduità d'una serva. Finattanto che il pericolo continuò, essa lo fornì regolarmente di libri e di provvisioni, lavavagli i piedi, l'assisteva nelle sue corrispondenze, e destramente celava a qualunque occhio sospetto questa famigliare, e solitaria conversazione fra un Santo, il cui carattere esigeva la più irreprensibile castità, ed una femmina, le cui grazie potevano eccitare i movimenti più pericolosi272. Nei sei anni di persecuzione e d'esilio, Atanasio replicò le sue visite alla bella e fedele amica; e l'espressa dichiarazione, che egli vide i Concilj di Rimini e di Seleucia273, ci obbliga a credere, che ei fosse occultamente presente al tempo e nel luogo della loro convocazione. Il vantaggio di trattare personalmente co' suoi amici, d'osservar le divisioni degli avversari, e di profittarne, potrebbe giustificare in un prudente politico sì ardita e pericolosa impresa; ed Alessandria, mediante il commercio e la navigazione, avea relazioni con ogni porto del Mediterraneo. Dal fondo dell'inaccessibile suo ritiro, l'intrepido Primate faceva una continua guerra offensiva contro il protettor degli Arriani; e gli opportuni suoi scritti, che diligentemente si portavano in giro, e con avidità si leggevano, contribuivano ad unire e ad animare la parte Ortodossa. Nelle sue pubbliche apologie, che indirizzò all'Imperatore medesimo, alle volte affettava di lodar la moderazione; ma nel tempo stesso rappresentava Costanzo, nelle sue segrete e veementi invettive, come un debole e malvagio Principe, come il carnefice della sua famiglia, il tiranno della Repubblica, e l'anticristo della Chiesa. Nel colmo della sua prosperità, quel vittorioso Monarca, che avea gastigato la temerità di Gallo, e soppresso la ribellione di Silvano, che aveva tolto il diadema di capo a Vetranione, e vinto in campagna le legioni di Magnenzio, ricevè da mano invisibile una ferita, che egli non potè mai nè medicare, nè vendicare; ed il figlio di Costantino fra' Principi Cristiani fu il primo, che provò la forza di quei principj, che nelle cause di religione posson resistere ai più violenti sforzi del potere civile274.

La persecuzione d'Atanasio, e di tanti rispettabili Vescovi, che soffrirono per la verità delle loro opinioni, o almeno per l'integrità della loro coscienza, diede un giusto motivo di sdegno e di malcontento a tutti i Cristiani, eccettuati quelli ch'erano ciecamente addetti alla fazione Arriana. I Popoli si dolevano della perdita dei lor fedeli Pastori, l'esilio dei quali era per ordinario accompagnato dall'intrusione d'uno straniero275 nella cattedra Episcopale; e facevano alti lamenti, che si violasse il diritto d'elezione, e che fosser condannati a ubbidire ad un mercenario usurpatore, di cui era incognita la persona, ed erano sospetti i principj. I Cattolici procuravano di provare al Mondo, che essi non erano involti nella colpa ed eresia dell'Ecclesiastico lor direttore, significando pubblicamente il loro dissenso, o del tutto separandosi dalla comunione di lui. Il primo di questi metodi fu inventato in Antiochia, e praticato con tal successo, che tosto si sparse pel Mondo Cristiano. La Dossologia, o quel sacro Inno, che celebra la gloria della Trinità, è suscettibile di alcune assai minute, ma importanti riflessioni; e si può esprimere la sostanza d'un Simbolo Ortodosso ovvero Eretico mediante la differenza d'una particella disgiuntiva, o copulativa. S'introdussero le alternative risposte, ed una più regolar Salmodia276 nelle pubbliche preci da Flaviano e da Diodoro, devoti ed operosi laici, ch'erano attaccati alla fede Nicena. Sotto la loro condotta, venne uno sciame di Monaci dal vicino deserto, furon collocate nella Cattedrale di Antiochia varie truppe di ben disciplinati cantori, fu trionfalmente cantato da un pieno coro di voci, Gloria al Padre, ED al Figlio, ED allo Spirito Santo277, ed i Cattolici, con la purità della loro dottrina, insultarono l'Arriano Prelato, che usurpato aveva la cattedra del venerabile Eustazio. Il medesimo zelo che aveva inspirato il lor canto, indusse i membri più scrupolosi del partito ortodosso a formare separate assemblee, che si governaron dai Preti, finattantochè la morte dell'esiliato lor Vescovo non permise l'elezione e consacrazione d'un nuovo Episcopale Pastore278. Le rivoluzioni della Corte moltiplicavano il numero dei pretendenti; e spesso la medesima città, sotto il regno di Costanzo, veniva contrastata fra due, tre o anche quattro Vescovi, ciascheduno dei quali esercitava la spirituale giurisdizione su' propri respettivi seguaci, ed alternativamente perdeva o ricuperava il temporal possesso della Chiesa. L'abuso del Cristianesimo introdusse nel governo Romano nuove cause di tirannia e di sedizione; i vincoli della civil società si spezzarono dal furore di religiose fazioni: e l'oscuro cittadino, che avrebbe potuto sopravviver tranquillamente all'elevazione ed alla caduta di più Imperatori, s'immaginava e provava di fatto, che la propria vita, e le sue sostanze eran congiunte con gl'interessi d'un popolare Ecclesiastico. L'esempio delle due Capitali, Roma e Costantinopoli, può servire a rappresentare lo stato dell'Impero e l'indole del genere umano sotto il regno dei figli di Costantino.

I. Insino a che il Romano Pontefice mantenne il suo posto ed i suoi principj, egli fu guardato dal tenero attaccamento d'un gran Popolo; e potea rigettare con disprezzo le preghiere, le minacce e le offerte di un Principe eretico. Quando gli Eunuchi ebber segretamente determinato l'esilio di Liberio, il ben fondato timor d'un tumulto gl'impegnò ad usar le maggiori cautele nell'eseguir la sentenza. Fu investita da ogni parte la Capitale, e fu comandato al Prefetto di impadronirsi della persona del Vescovo o mediante qualche stratagemma o coll'aperta forza. L'ordine venne eseguito; e Liberio fu colla massima difficoltà precipitosamente di mezza notte involato alla vista del Popolo Romano, avanti che la costernazione di questo si convertisse in furore. Tostochè si seppe il suo esilio nella Tracia, fu convocata una generale assemblea, ed il Clero di Roma obbligossi con un pubblico e solenne giuramento a non abbandonar mai il proprio Vescovo, ed a non riconoscer l'usurpatore Felice, che per la forza degli Eunuchi era stato eletto irregolarmente, e consacrato dentro le mura d'un palazzo profano. Dopo due anni sussisteva tuttavia intera ed incorrotta la pietosa lor ostinazione, e quando Costanzo visitò Roma, fu assalito dalle importune sollecitazioni di un popolo, che aveva conservato, come un ultimo residuo dell'antica sua libertà, il diritto di trattare il proprio Sovrano con famigliare insolenza. Le mogli di molti Senatori e dei più onorevoli cittadini, dopo d'aver pressato i loro mariti ad intercedere in favor di Liberio, risolvettero di prendere sopra di se medesime un assunto, che nelle loro mani sarebbe stato meno pericoloso, e potea riuscire con miglior successo. L'Imperatore ricevè con gentilezza questa deputazione di donne, la ricchezza e dignità delle quali appariva nella magnificenza dei loro abiti ed ornamenti; ammirò la loro inflessibile risoluzione di seguitare il loro amato Pastore nei più distanti paesi della terra; e acconsentì che i due Vescovi, Liberio e Felice, governassero in pace le respettive loro congregazioni. Ma le idee di tolleranza erano sì opposte alla pratica, ed anche ai sentimenti di quei tempi, che quando fu letta pubblicamente nel circo di Roma la risposta di Costanzo, fu rigettato con riso e disprezzo un progetto così ragionevole. L'ardente veemenza, che animava una volta gli spettatori nel decisivo momento d'una corsa di cavalli, allora dirigevasi ad un oggetto diverso; ed il circo risuonava delle grida di migliaia di persone, che replicatamente esclamavano «Un solo Dio, un solo Cristo, un solo Vescovo». Lo zelo del popolo Romano nella causa di Liberio non si ristrinse alle sole parole; e la pericolosa e sanguinosa sedizione, che si eccitò poco dopo la partenza di Costanzo, determinò questo Principe ad accettare la sommissione dell'esiliato Prelato, ed a restituirgli il non diviso possesso della Capitale. Dopo qualche vana resistenza, il suo rivale fu espulso dalla città per la permissione dell'Imperatore, e per la forza dell'opposta fazione; furono crudelmente trucidati gli aderenti di Felice nelle strade, nelle pubbliche piazze, ne' bagni, e sin nelle Chiese; ed al ritorno di un Vescovo Cristiano l'aspetto di Roma rinnovò l'orrida immagine delle stragi di Mario e delle proscrizioni di Silla279.

II. Nonostante il rapido accrescimento dei Cristiani sotto il regno della famiglia Flavia, Roma, Alessandria, e le altre maggiori città dell'Impero contenevano sempre una forte e potente fazione d'Infedeli, che invidiavano la prosperità, e mettevano in ridicolo anche nei loro teatri le teologiche dispute della Chiesa. La sola Costantinopoli godeva il vantaggio d'esser nata ed allevata in seno alla fede. La Capitale dell Oriente non s'avea mai contaminata col culto degl'idoli; e tutto il corpo del Popolo s'era profondamente imbevuto de' sentimenti, delle virtù e delle passioni, che distinguevano i Cristiani di quel tempo dal rimanente degli uomini. Dopo la morte d'Alessandro, si disputò la Sede Episcopale fra Paolo e Macedonio. Atteso lo zelo e l'abilità loro, ambedue meritavano l'eminente posto, al quale aspiravano; e se il carattere morale di Macedonio era meno soggetto ad eccezioni, il suo competitore aveva il vantaggio d'un'elezione anteriore e d'una più ortodossa dottrina. Il suo stabile attaccamento al Simbolo Niceno, che ha dato a Paolo un posto nel calendario fra' Santi ed i Martiri, l'espose allo sdegno degli Arriani. Fu egli nello spazio di quattordici anni scacciato per cinque volte dalla sua sede, nella quale venne più spesso ristabilito dalla violenza del Popolo, che dalla permissione del Principe; e la potestà di Macedonio non potè assicurarsi che mediante la morte del suo rivale. L'infelice Paolo fu strascinato in catene dagli arenosi deserti della Mesopotamia nei più orridi luoghi del Monte Tauro280, posto in un'oscura e stretta prigione, lasciato per sei giorni senza cibo, e finalmente strangolato per ordine di Filippo, uno de' principali ministri dell'Imperator Costanzo281. Il primo sangue, che macchiò la nuova Capitale, fu sparso in quest'Ecclesiastica contesa; e molte persone restarono uccise da ambe le parti nelle furiose ed ostinate sedizioni del Popolo. Era stata data ad Ermogene, Generale di cavalleria, la commissione di fare eseguire per forza la sentenza d'esilio contro Paolo; ma tal esecuzione riuscì fatale a lui stesso. I Cattolici si sollevarono in difesa del loro Vescovo: fu distrutto il palazzo d'Ermogene; il primo Uffizial militare dell'Impero fu strascinato per li piedi lungo le strade di Costantinopoli, e poscia che fu spirato, ne fu esposto il cadavere ad insulti indecenti282. Il destino d'Ermogene ammaestrò Filippo, Prefetto del Pretorio, a diportarsi con più cautela in simigliante occasione. Richiese ne' termini più gentili ed onorevoli un abboccamento con Paolo nei bagni di Zeusippo, che avevano una segreta comunicazione col palazzo e col mare. Un vascello, ch'era pronto allo scalo del giardino, immediatamente fece vela, e mentre il popolo ancora ignorava il tentato sacrilegio, il Vescovo era già imbarcato per Tessalonica. Ad un tratto si videro con meraviglia e con isdegno spalancate le porte del palazzo, e l'usurpatore Macedonio assiso accanto al Prefetto sopra un alto carro, circondato da truppe di guardie con le spade sguainate. La militar processione avanzavasi verso la Cattedrale; tanto gli Arriani quanto i Cattolici corser precipitosamente ad occupar quel posto importante; e tremila cento cinquanta persone perderono la vita nella confusion del tumulto. Macedonio, ch'era sostenuto da una forza regolata, ottenne una decisiva vittoria; ma fu disturbato il suo regno da clamori e da sedizioni; e quelle cause, che sembravano le meno connesse col soggetto della disputa, furon sufficienti a nutrire, e ad accender la fiamma della discordia civile. Poichè la cappella, in cui s'era depositato il corpo del gran Costantino, minacciava rovina, il Vescovo trasportò quelle venerabili reliquie nella Chiesa di S. Acacio. Questo prudente, ed anche pietoso provvedimento fu rappresentato come una maliziosa profanazione da tutto il partito che aderiva alla dottrina dell'Homoousion. Immediatamente le fazioni corsero alle armi, si serviron del luogo sacro come di campo di battaglia, ed ha notato uno degl'Istorici Ecclesiastici come un fatto reale, non come una figura rettorica, che il pozzo, situato avanti alla Chiesa, non essendo capace di più contenerne, allagò con un fiume di sangue i portici e le corti adiacenti. Qualunque Scrittore attribuisse tali tumulti unicamente ad un principio di religione, dimostrerebbe d'avere una ben imperfetta cognizione della natura umana; bisogna però confessare, che il motivo, che traviava la sincerità dello zelo, ed il pretesto, che mascherava la licenza della passione, sopprimevano quei rimorsi che in altre occasioni sarebber succeduti al furore dei Cristiani di Costantinopoli283.

250.Atanasio (Tom. I. pag. 677-678.) difende la sua innocenza con patetiche querele, con solenni asserzioni, e con ispeciosi argomenti. Egli conviene che erano state finte delle lettere in suo nome, ma domanda che siano esaminati i suoi segretarj e quelli del Tiranno, per conoscer se quelle lettere fossero state scritte dai primi, o dagli altri ricevute.
251.Atanasio Tom. I. p. 825-844.
252.Atanas. Tom, I. p. 861. Teodoreto l. II. c. 16. L'Imperatore si protestò, che egli desiderava più di sottomettere Atanasio, di quel che avesse bramato di vincer Magnenzio o Silvano.
253.Gli affari del Concilio di Milano son tanto imperfettamente ed erroneamente riferiti dai Greci Autori, che ci deve riuscir grato il supplemento di alcune lettere d'Eusebio, che il Baronio ha estratte dagli archivi della Chiesa di Vercelli, e di un'antica vita di Dionisio di Milano, pubblicata dal Bollando. Ved. Baron. An. 355. e Tillemont T. VII. p. 1415.
254.Gli onori, i presenti, i conviti, che sedussero tanti Vescovi, vengono con indegnazione mentovati da quelli che troppo eran puri o troppo superbi per non accettarli. «Noi combattiamo (dice Ilario di Poitiers) contro l'anticristo Costanzo, che invece di battere il dorso, solletica il ventre» qui non dorsa coedit, sed ventrem palpat. Hilar. contr. Constant. c. 5. p. 1240.
255.Si dice qualche cosa di tale opposizione da Ammiano (XV. 7.) che aveva una cognizione molto oscura o superficiale dell'Istoria Ecclesiastica: Liberius… perseveranter renitebatur, nec visum hominem nec auditum damnare nefas ultimum saepe exclamans, aperte scilicet recalcitrans Imperatoris arbitrio. Id enim ille Athanasio semper infestus etc.
256.Più propriamente però dalla parte ortodossa del Concilio Sardicense. Se i Vescovi di ambe le parti avessero secondo le regole reso i voti, la differenza sarebbe stata da 94 a 76. Il Tillemont (vedi Tom. VIII. pag. 1147. 1158.) giustamente si maraviglia che sì piccola superiorità procedesse con tanto vigore contro gli avversarj, il Capo dei quali immediatamente fu deposto.
257.Sulpic. Sever. in Hist. Sacr. l. II p. 412.
258.Ammiano XV. 5. fa menzione dell'esilio di Liberio. Vedi Teodoreto l. II. c. 16. Atanas. T. I. p. 834. 837. Ilar. Fragm. I.
259.Si è compilata la vita d'Osio dal Tillemont (T. VII. p. 524-561), che ne' termini più stravaganti a principio ammira, e quindi condanna il Vescovo di Cordova. Fra le querele d'Atanasio e d'Ilario intorno alla sua caduta, può distinguersi la prudenza del primo dal cieco e sfrenato zelo del secondo.
260.I Confessori dell'Occidente furono rilegati ne' deserti dell'Arabia o della Tebaide, e successivamente nelle solitudini del Monte Tauro, nelle parti più deserte della Frigia, che erano occupate dagli empi Montanisti ec. Quando l'eretico Aezio era troppo favorevolmente trattato a Mopsuestia nella Cilicia, gli fu cangiato, per consiglio d'Acacio, l'esilio, trasferendolo ad Amblada, luogo abitato da' Selvaggi, ed infestato dalla guerra e dalla peste. Filostor. l. V. c. 2.
261.Vedasi il crudel trattamento e la strana ostinazione d'Eusebio, nelle sue proprie lettere pubblicate dal Baronio an. 356. n. 92-102.
262.Ceterum exules satis constat totius orbis studiis celebratos, pecuniasque eis in sumptum affatim congestas, legationibus quoque eos plebis catholica ex omnibus fere Provinciis frequentatos. Sulp. Sev. Hist. Sacr. p. 414. Atanas. T. I. p. 836. 840.
263.Posson trovarsi ampi materiali per l'istoria di questa terza persecuzione d'Atanasio nelle proprie sue opere. Vedasi particolarmente la sua molto bella Apologia a Costanzo T. I. p. 673, la prima Apologia per la sua fuga p. 701, la sua lunga lettera a' Solitarj p. 808, e la protesta originale del popolo d'Alessandria contro le violenze commesse da Siriano p. 866. Sozomeno (l. IV. c. 9.) ha inserito nella sua narrazione due o tre luminose ed importanti circostanze.
264.Atanasio aveva ultimamente mandato per Antonio e per alcuni dei suoi principali Monaci. Essi discesero dalla loro montagna, annunziarono agli Alessandrini la santità d'Atanasio, ed onorevolmente furono accompagnati dall'Arcivescovo fino alle porte della città. Atan. T. II. p. 491, 492. Vedi anche Ruffino III. 164. Vit. Patr. p. 524.
265.Atanasio Tom. I. p. 694. Nel tempo che l'Imperatore o gli Arriani suoi segretari esprimono il loro sdegno, manifestano i timori e la stima che hanno d'Atanasio.
266.Tali minute circostanze son curiose per esser letteralmente trascritte dalla protesta, che tre giorni dopo fu pubblicamente presentata da' Cattolici d'Alessandria. Vedi Atanasio T. I. p. 867.
267.I Giansenisti hanno spesse volte paragonato Arnaldo con Atanasio, e si son diffusi con piacere sulla fede e sullo zelo, sul merito o sull'esilio di quei due celebri Dottori. Questo coperto paralello vien molto destramente maneggiato dall'Abbate della Bleterie. Vie de Jov. T. I. p. 130.
268.Hinc jam toto orbe profugus Athanasius, nec ullus ei tutus ad latendum supererat locus. Tribuni, Praefecti, Comites, exercitus quoque ad pervestigandum eum moventur edictis Imperialibus; praemia delatoribus proponuntur, si quis eum vivum, si id minus, caput certe Athanasii detulisset. Ruffino l. I. c. 16.
269.Gregor. Nazianz. Tom. I. Orat XXI. p. 584-385. Vedi Tillemont Mem. Eccl. Tom. VII. p. 176, 410, 820-880.
270.Et nulla tormentorum vis inveniri adhuc potuit, quae obdurato illius tractus latroni invito elicere potuit, ut nomen proprium dicat. Ammiano, XXII. 16 e Vales. Iv.
271.Ruffino l. I. c. 18. Sozomeno l. IV. c. 10. Questa e la seguente storia diverranno impossibili, se voglia supporsi che Atanasio continuasse ad abitar sempre nell'asilo che accidentalmente aveva preso.
272.Palladio (Hist. Lausiac. c. 136 in vit. Patr. p. 776) che è l'originale autore di quest'aneddoto, aveva trattato con la fanciulla medesima, che nella sua vecchiezza rammentavasi ancora con piacere d'una sì pia ed onorevole conversazione. Io non posso ammettere la delicatezza del Baronio, del Valesio, del Tillemont, che quasi rigettano un racconto, sì indegno (com'essi credono) della gravità dell'Istoria Ecclesiastica.
273.Atanasio Tom. I. p. 869. Io convengo col Tillemont (Tom. VIII. p. 1197), che le sue espressioni indicano una personale, sebbene forse occulta visita ai Sinodi.
274.La lettera d'Atanasio ai Monaci è piena di rimproveri, che il Pubblico dee riconoscere per veri; (Vol. I, p. 834. 856), ed in ossequio dei suoi lettori vi ha introdotto i confronti di Faraone, di Acab, di Baldassarre ec. L'ardire d'Ilario fu meno pericoloso, se pubblicò la sua invettiva nella Gallia dopo la rivolta di Giuliano; ma Lucifero mandò i suoi libelli a Costanzo, e quasi acquistò il premio del martirio. Vedi Tillemont T. VII. p. 905.
275.Atanasio (Tom. I. p. 811) si duole in generale di questa pratica, di cui dà in seguito un esempio (p. 861) nella pretesa elezione di Felice. Tre Eunuchi rappresentavano il Popolo Romano, e tre Prelati che seguivan la Corte, fecero le funzioni dei Vescovi delle Province Suburbicarie.
276.Il Tomassino (Disc. Eccl. Tom. I. lib. II. c. 72, 73. p. 966-984) ha raccolto molti curiosi fatti sopra l'origine ed il progresso del canto nella Chiesa, tanto d'Oriente che di Occidente.
277.Filostorg. lib. III. c. 13. Gottofredo ha esaminato questo punto con singolar esattezza p. 147 ec. Vi eran tre formule eterodosse, cioè «Al Padre per il Figlio, e nello Spirito Santo», «Al Padre ed al Figlio nello Spirito Santo» e «Al Padre nel Figlio, e Spirito Santo».
278.Dopo l'esilio d'Eustazio sotto il regno di Costantino, il rigido partito degli Ortodossi formò una divisione che in Seguito degenerò in scisma, e durò più d'ottant'anni. Vedi Tillemont Mem. Eccles. Tom. VII. p. 35-54, 1137-1158. Tom. VIII. p. 573, 632, 1313-1332. In molte Chiese però gli Arriani, e gli Homoousiani, che aveano rinunziato alla comunione fra loro, continuaron per qualche tempo ad unirsi nelle preghiere. Filostorg. c. 14.
279.Intorno a questa ecclesiastica rivoluzione di Roma vedi Ammiano XV. 7. Atanas. Tom. I. p. 35. q. VI. Sozomeno lib. IV. c. 15. Teodoreto lib. II. c. 17. Sulp. Sev. Hist. Sacr. lib. II. p. 412. Girol. Chron. Marcellin. et Faustin. libell. p. 3. 4. Tillemont Memoir. Eccl. Tom. IV. p. 336.
280.Cucuso fu l'ultimo Teatro della sua vita e de' suoi travagli. La situazione di quella solitaria città ne' confini della Cappadocia, della Cilicia, e dell'Armenia Minore ha prodotto qualche geografica perplessità; ma siam condotti al suo vero posto dal corso della strada Romana, che va da Cesarea ad Anazarbo. Vedi Cellar. Geograph. Tom. II. p. 213. Wesseling ad itiner. p. 179-703.
281.Atanasio (Tom. I. p. 703, 813, 814) asserisce ne' termini più positivi, che Paolo fu ucciso e ne appella non solo alla pubblica fama, ma anche alla non sospetta testimonianza di Filagrio, uno dei persecutori Arriani. Pure conviene, che gli Eretici attribuivano a malattia la morte del Vescovo di Costantinopoli. Atanasio vien servilmente copiato da Socrate l. II. c. 6; ma Sozomeno che dimostra un'indole più ingenua, pretende (l. IV. c. 2) d'insinuare un prudente dubbio.
282.Ammiano XIV. 10. rimette il lettore al racconto che fa egli stesso di questo tragico avvenimento. Ma non abbiamo più quella parte della sua storia.
283.Vedi Socrate lib. II c. 6, 7, 12, 13, 15, 16, 26, 27, 38, e Sozomeno lib. III. 3, 4, 7, 9, lib. IV. c. 11, 21. Gli Atti di S. Paolo di Costantinopoli, dei quali Fozio ha fatto un estratto (Biblioth. p. 1419, 1430) non sono che una semplice copia di quest'Istorici; ma un Greco moderno, che potè scriver la vita d'un Santo, senz'aggiungervi favole o miracoli, ha diritto di esigere qualche lode.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
28 eylül 2017
Hacim:
430 s. 1 illüstrasyon
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