Kitabı oku: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7», sayfa 11
CAPITOLO XL
Innalzamento di Giustino il Vecchio. Regno di Giustiniano. I. L'Imperatrice Teodora. II. Fazioni del Circo e sedizioni di Costantinopoli. III. Commercio e Manifatture di seta. IV. Finanze e Tributi. V. Edifizi di Giustiniano. Chiesa di S. Sofia. Fortificazione e Frontiere dell'Impero d'Oriente. Abolizione delle scuole d'Atene e del Consolato di Roma.
L'Imperator Giustiniano era nato447 presso le rovine di Sardica (ch'è la moderna Sofia) d'una oscura stirpe448 di Barbari449, che abitavano un inculto e desolato Paese, a cui si son dati successivamente i nomi di Dardania, di Dacia e di Bulgaria. Ne fu preparato l'innalzamento dal fortunato coraggio di Giustino suo zio, che insieme con due altri contadini del medesimo villaggio abbandonò, per seguire la professione delle armi, la più vantaggiosa occupazione degli agricoltori o de' pastori450. A piedi, e con una scarsa provvision di biscotto nelle loro sacche, i tre giovani preser la strada di Costantinopoli, e furon tosto arruolati, per la loro forza e statura, fra le guardie dell'Imperator Leone. Sotto i seguenti due Regni acquistò il fortunato villano ricchezze ed onori; e l'aver esso evitato alcuni pericoli, che minacciaron la vita, venne in seguito attribuito all'Angelo Custode, che veglia sul destino de' Re. Il lungo e lodevole suo servizio nelle guerre Isaurica e Persiana non avrebbe tolto all'oblivione il nome di Giustino; ma può giustificar gli avanzamenti militari, che a grado a grado nel corso di cinquant'anni egli ottenne, vale a dire i posti di Tribuno, di Console e di Generale, la dignità di Senatore, ed il comando delle guardie, che ad esso come a loro capo ubbidivano, allorchè seguì l'importante crisi della remozione dell'Imperatore Anastasio dal Mondo. Furono esclusi dal trono i potenti di lui congiunti, ch'egli aveva innalzato ed arricchito; e l'Eunuco Amanzio, che regnava nel Palazzo, aveva segretamente risoluto di porre il diadema sul capo del più ossequioso fra le sue creature. A tale oggetto affidossi un liberal donativo per comprare il suffragio delle guardie, in mano del loro Comandante.
Ma Giustino perfidamente adoprò questi gravi argomenti a favor di se stesso; e siccome non ardì presentarsi alcun competitore, fu vestito della porpora il contadino della Dacia, per l'unanime consenso dei soldati, che lo riconobbero valoroso e moderato; del Clero e del Popolo, che lo credeva ortodosso; e dei Provinciali, che cederono con una cieca ed implicita sommissione al volere della Capitale. Giustino il Vecchio, così nominato per distinguerlo da un altro Imperatore della medesima Famiglia e dell'istesso nome, salì sul trono di Bisanzio all'età di sessant'otto anni; e se si fosse lasciato operare a suo talento, ad ogni istante d'un Regno di nove anni, avrebbe dovuto manifestare a' suoi sudditi l'improprietà della loro elezione. La sua ignoranza era simile a quella di Teodorico, ed è osservabile, che in un secolo non affatto privo di cognizioni, due Monarchi contemporanei non avevano mai appreso neppur l'alfabeto. Ma il genio di Giustino era molto inferiore a quello del Re Goto: l'esperienza di soldato non l'aveva renduto capace del governo d'un Impero; e quantunque fosse personalmente valoroso, la coscienza della propria debolezza veniva naturalmente accompagnata da dubbi, diffidenze e timori politici. Gli affari però ministeriali dello Stato erano diligentemente e fedelmente trattati dal Questore Proclo451; ed il vecchio Imperatore adottò i talenti e l'ambizione di Giustiniano suo nipote, giovane intraprendente, che lo Zio avea tratto dalla rustica solitudine della Dacia, ed allevato in Costantinopoli, com'erede de' privati suoi beni, e finalmente anche dell'Impero Orientale.
Defraudato che fu l'Eunuco Amanzio del suo danaro, fu necessario privarlo anche della vita. Facilmente ciò si eseguì mediante l'accusa d'una vera o finta cospirazione, e, come per un'aggiunta di delitto, i Giudici furono informati, ch'egli era segretamente addetto all'eresia Manichea452. Amanzio fu decapitato, tre de' suoi compagni, ch'erano i primi domestici del Palazzo, furon puniti con la morte, o coll'esilio; e l'infelice lor candidato per la porpora, fu cacciato in una profonda carcere, oppresso di pietre, ed ignominiosamente gettato senza sepoltura nel mare. Di maggior difficoltà e pericolo fu la rovina di Vitaliano. Questo Capitano Goto erasi fatto popolare mediante la guerra civile, ch'esso arditamente sostenne contro Anastasio per la difesa della Fede Ortodossa, e dopo aver concluso un vantaggioso trattato, ei tuttavia si trovava nelle vicinanze di Costantinopoli alla testa d'una vittoriosa e formidabile armata di Barbari. Sulla fragile sicurezza de' giuramenti, si lasciò indurre ad abbandonar quella vantaggiosa situazione, ed a fidare la sua persona alle mura d'una Città, di cui gli abitanti, specialmente quelli della fazione Azzurra, erano stati ad arte irritati contro di lui con la rimembranza fino delle sue pie ostilità. L'Imperatore ed il suo nipote l'abbracciarono come un fedele e degno campione della Chiesa e dello Stato; e graziosamente decorarono il loro favorito co' titoli di Console e di Generale; ma nel settimo mese del suo Consolato, Vitaliano fu trucidato con diciassette ferite alla mensa reale453; e Giustiniano, che n'ereditò le spoglie, fu accusato come l'assassino di un fratello spirituale, a cui aveva di fresco impegnato la sua fede nella partecipazione de' Misteri Cristiani454. Dopo la caduta del suo rivale fu questi promosso, senz'alcun merito di servizio militare, alla carica di Comandante Generale degli eserciti orientali, ch'ei doveva condurre in campo contro il pubblico nemico. Ma, cercando la fama, Giustiniano avrebbe potuto perdere il dominio che aveva sopra l'età e debolezza dello Zio; ed invece di procurarsi per mezzo de' trofei, Sciti o Persiani, l'applauso dei suoi Nazionali455, il prudente guerriero ne sollecitava il favore nelle Chiese, nel Circo, e nel Senato di Costantinopoli. I Cattolici erano attaccati al nipote di Giustino, che in mezzo, all'eresie Nestoriana ed Eutichiana calcava l'angusto sentiero dell'inflessibile ed intollerante ortodossia456. Ne' primi giorni del nuovo Regno ei preparò e rimunerò l'entusiasmo popolare contro la memoria del defunto Imperatore. Dopo uno scisma di 34 anni, riconciliò l'altiero ed irritato spirito del Pontefice romano, e fece spargere fra' Latini una favorevole voce del pio suo rispetto per la Sede apostolica. Le Sedi Orientali riempite furono di Vescovi cattolici, addetti al suo partito; guadagnò con la sua liberalità il Clero ed i Monachi, e fu ammaestrato il Popolo a pregare pel futuro loro Sovrano, speranza e colonna della vera Religione. La magnificenza di Giustiniano si vide nella più splendida pompa de' pubblici spettacoli, oggetto agli occhi della moltitudine non meno sacro ed importante, che il Simbolo di Nicea o di Calcedonia: la spesa del suo Consolato fu valutata dugento ottant'ottomila monete d'oro; comparirono sull'anfiteatro nell'istesso tempo venti Leoni e trenta Leopardi; e fu rilasciata come un dono straordinario ai Cocchieri vittoriosi del Circo una serie numerosa di Cavalli co' ricchi lor fornimenti. Mentre cercava di piacere al Popolo di Costantinopoli, e riceveva i dispacci degli stranieri Monarchi, il nipote di Giustino con gran premura coltivava l'amicizia del Senato. Pareva, che questo venerabile nome desse diritto a' suoi Membri di dichiarare il sentimento della Nazione, e di regolare la successione al trono Imperiale: il debole Anastasio aveva lasciato degenerare il vigore del Governo nella forma o sostanza d'un Aristocrazia; e gli Ufiziali della Milizia, che avevano ottenuto il posto di Senatori, erano seguitati dalle domestiche loro guardie; truppa di Veterani, le armi o le acclamazioni de' quali potevano in un momento di tumulto disporre del diadema di Oriente. Si profusero i tesori dello Stato per comprare i voti de' Senatori, e fu comunicato all'Imperatore l'unanime lor desiderio, che si compiacesse d'adottar Giustiniano per suo Collega. Ma questa domanda, che troppo chiaramente gli rammentava il suo prossimo fine, non piacque al sospettoso carattere di un vecchio Monarca, desideroso di ritener la potenza, ch'era incapace d'esercitare; e Giustino tenendo con ambe le mani la porpora, avvisò di preferire, giacchè stimavasi un'elezione sì vantaggiosa, qualche Candidato più vecchio. Nonostante questo rimprovero, il Senato volle decorar Giustiniano col reale epiteto di Nobilissimo; e ne fu ratificato il decreto dall'affetto, o dal timore dello Zio. Dopo qualche tempo il languore sì di mente che di corpo, a cui si ridusse per una incurabil ferita nella coscia, gli rendè indispensabile l'aiuto d'un Custode. Chiamò dunque il Patriarca ed i Senatori; ed alla loro presenza pose il diadema solennemente sul capo del suo nipote, che fu condotto dal Palazzo al Circo, e salutato con alti e lieti applausi dal Popolo. La vita di Giustino si prolungò per circa quattro mesi, ma dal momento di questa ceremonia, ei fu considerato come morto quanto all'Impero, che riconobbe Giustiniano nel quarantesimo quinto anno della sua età per legittimo Sovrano d'Oriente457.
Giustiniano, dal suo innalzamento al trono fino alla morte, governò l'Impero romano per trent'otto anni, sette mesi, e tredici giorni. Gli avvenimenti del suo Regno, che eccitano la curiosa nostr'attenzione pel numero, e per la varietà ed importanza loro, sono diligentemente riferiti dal Segretario di Belisario, Retore che l'eloquenza promosse al grado di Senatore e di Prefetto di Costantinopoli. Procopio458, seguitando le vicende del coraggio o della servitù, del favore o della disgrazia, successivamente compose l'istoria, il panegirico, e la satira de' suoi tempi. Gli otto libri delle guerre Persiana, Vandalica e Gotica459, che son continuati ne' cinque libri d'Agatia, meritano d'essere da noi stimati, come una laboriosa e felice imitazione degli scrittori Attici, o almeno Asiatici dell'antica Grecia. I fatti, ch'ei narra, son tratti dalla propria personale esperienza, e dalla libera conversazione d'un soldato, d'un ministro, e d'un viaggiatore; il suo stile continuamente aspira, e spesse volte giunge al merito d'esser forte ed elegante; le sue riflessioni, specialmente ne' discorsi, che troppo frequentemente v'inserisce, contengono un ricco fondo di cognizioni politiche; ed eccitato l'Istorico dalla generosa ambizione d'istruire e dilettar la posterità, sembra che sdegni i pregiudizi popolari e l'adulazione delle Corti. Gli scritti di Procopio460 erano letti ed applauditi da' suoi contemporanei461; ma sebbene ei gli ponesse rispettosamente a' piedi del trono, l'orgoglio di Giustiniano doveva esser punto dalle lodi d'un Eroe, che sempre ecclissa la gloria del suo inattivo Sovrano. L'intima sublime cognizione dell'indipendenza fu vinta dalle speranze e da' timori della schiavitù; ed il Segretario di Belisario si procurò il perdono ed il premio ne' sei libri degl'Imperiali Edifizi. Aveva egli scelto con accortezza un soggetto di apparente splendore, in cui potesse altamente celebrare il genio, la magnificenza e la pietà d'un Principe, che riguardato e come Conquistatore e come Legislatore, avea sorpassato le puerili virtù di Temistocle e di Ciro462. La mancanza d'incontro potè indurre l'adulatore ad una segreta vendetta; ed il primo barlume di favore potè di nuovo tentarlo a sospendere ed a sopprimere un libello463, nel quale il Ciro romano si trasforma in un odioso e dispregevol tiranno, e tanto l'Imperatore quanto la sua consorte Teodora vengono seriamente rappresentati come due demonj, che avevan presa la figura umana per la distruzione dell'uman genere464. Tal vile incostanza dee senza dubbio macchiar la riputazione di Procopio, e diminuirne il credito: pure dopo aver lasciato svaporare il veleno della sua malignità, il rimanente degli Aneddoti, ed anche i fatti più vergognosi, alcuni de' quali sono leggiermente accennati nella sua pubblica Storia, si confermano dall'intrinseca loro evidenza, o dagli autentici documenti di quel tempo465. Con questi diversi materiali m'accingo adesso a descrivere il Regno di Giustiniano, che merita ben d'occupare un vasto spazio. Il presente Capitolo esporrà l'innalzamento ed il carattere di Teodora, le fazioni del Circo, e la pacifica amministrazione del Sovrano d'Oriente. Ne' tre Capitoli seguenti riferirò le guerre di Giustiniano, che terminarono la conquista dell'Affrica e dell'Italia; e verrò seguitando le vittorie di Belisario e di Narsete, senza dissimulare la vanità de' loro trionfi, o l'ostil valore degli Eroi Persiani e Gotici. Ed il seguito di questo volume (fino al cap. 47) conterrà la Giurisprudenza e Teologia dell'Imperatore; le controversie e le Sette, che tuttora dividono la Chiesa Orientale; e la riforma delle Leggi romane, che tuttavia son obbedite o rispettate dalle Nazioni della moderna Europa.
I. Il primo atto di Giustiniano, nell'esercizio della suprema Potestà, fu quello di dividerla con la donna ch'egli amava, con la famosa Teodora466, di cui non si può applaudire lo straordinario innalzamento come un trionfo di femminile virtù. Nel tempo che regnava Anastasio fu affidata la cura delle fiere, mantenute dalla fazion Verde in Costantinopoli, ad Acacio, nativo dell'isola di Cipro, che dal suo impiego ebbe il soprannome di Maestro degli Orsi. Quest'onorevole ufizio dopo la sua morte fu conferito ad un altro candidato, nonostante la diligenza della sua Vedova, che si era già provvista d'un marito, e d'un successore all'impiego del primo. Acacio aveva lasciato tre figlie, Comitone467, Teodora ed Anastasia, la maggiore delle quali non aveva allora più di sette anni. In occasione d'una solenne festa, queste abbandonate orfane furon mandate dall'afflitta e sdegnata lor madre in aria di supplichevoli in mezzo al teatro: la fazion Verde le ricevè con disprezzo, l'Azzurra con compassione; e questa differenza, che restò profondamente impressa nella mente di Teodora, influì lungo tempo dopo nell'amministrazion dell'Impero. Le tre sorelle, a misura che crebbero in età ed in bellezza, furono l'una dopo l'altra abbandonate a' pubblici e privati piaceri del Popolo bizantino; e Teodora, dopo aver seguitato Comitone sul teatro in abito di schiava con uno sgabello in capo, fu lasciata finalmente far uso senz'alcuna dipendenza de' propri talenti. Essa nè ballava, nè cantava, nè suonava il flauto; la sua perizia ristringevasi all'arte pantomimica; era eccellente nei caratteri buffi, ed ogni volta che la Comica gonfiava le guance, e con un tuono e gesto ridicolo si doleva degli schiaffi che l'erano dati, risuonava tutto il teatro di Costantinopoli di risa e di applausi. La beltà di Teodora468 fu l'oggetto de' più lusinghevoli encomi, e la sorgente del più squisito diletto. Le fattezze di essa erano delicate e regolari; la carnagione, quantunque un poco pallida, era d'un color naturale; la vivacità de' suoi occhi esprimeva in un istante ogni sensazione; i facili suoi movimenti mostravano le grazie d'una piccola ma elegante figura; e potè o l'amore, o l'adulazione vantare, che la pittura e la poesia non eran capaci di rappresentare l'impareggiabil'eccellenza della sua forma. Ma questa fu degradata dalla facilità, con cui s'espose all'occhio del pubblico, e si prostituì ai licenziosi desiderj. Le venali sue grazie furono abbandonate ad una promiscua folla di cittadini e di stranieri d'ogni ceto e d'ogni professione: il fortunato amante, a cui era stata promessa una notte di godimenti, fu spesse volte cacciato fuori del suo letto da un più forte o più ricco favorito; e quando essa passava per le strade, se n'evitava l'incontro da tutti quelli, che bramavano di fuggir lo scandalo, o la tentazione. Il satirico Istorico non arrossì469 di descrivere le nude scene, che Teodora non si vergognò di rappresentare nel teatro470. Dopo aver esaurite le arti del piacer sensuale471, con la massima ingratitudine si doleva della parsimonia della Natura472; ma bisogna velare nell'oscurità d'una lingua dotta i lamenti, i piaceri e gli artifizi di essa. Dopo d'essere stata per qualche tempo il principale oggetto del piacere e del disprezzo della Capitale, condiscese ad andar via con Ecebolo, nativo di Tiro che aveva ottenuto il Governo della Pentapoli affricana. Ma quest'unione fu fragile e passeggiera; Ecebolo scacciò ben presto una dispendiosa ed infedel concubina; si ridusse essa in Alessandria ad un'estrema miseria; e nel laborioso di lei ritorno a Costantinopoli, ogni Città dell'Oriente ammirò e godè la bella Cipriotta, il cui merito pareva che provasse la sua discendenza dall'Isola particolare di Venere. Il moltiplice commercio di Teodora e le sue detestabili precauzioni la preservarono dal pericolo, ch'essa temeva; ciò non ostante una volta, ed una volta sola, divenne madre. Il fanciullo fu trasportato ed educato in Arabia da suo padre, che, giunto a morte, gli fece sapere, che egli era figlio di un'Imperatrice. Pieno di ambiziose speranze, il Giovine subito corse senz'alcun sospetto al Palazzo di Costantinopoli, e fu ammesso alla presenza di sua madre. Siccome però ei non fu mai più veduto, neppure dopo la morte di Teodora, le viene meritamente imputato d'aver estinto con la vita di lui un segreto così offensivo per l'imperial sua virtù.
Nel più abbietto stato di fortuna e di riputazione, in cui si trovava Teodora, una certa visione, mentre essa o dormiva o farneticava, le aveva annunziata la piacevole sicurezza di esser destinata a divenire sposa di un potente Monarca. Consapevole della sua vicina grandezza, dalla Paflagonia tornò a Costantinopoli: assunse, da brava attrice, un carattere più decente; supplì alla sua povertà mediante la lodevole industria di filar la lana; ed affettò una vita casta e solitaria in una piccola casa, ch'essa di poi convertì in magnifico Tempio473. La sua bellezza, assistita dall'arte o dal caso, tosto attrasse, vinse e fissò il Patrizio Giustiniano, che già regnava con assoluto dominio sotto il nome del suo Zio. Essa procurò forse d'innalzare il valore d'un dono, che aveva tante volte prodigalizzato a' più vili dell'uman genere; forse infiammò a principio con modeste dilazioni, e finalmente con sensuali attrattive, i desiderj d'un amante, che per natura o per devozione s'era assuefatto a lunghe vigilie, e ad una parca dieta. Passati i suoi primi trasporti, essa conservò l'istesso ascendente sopra il suo spirito, mediante il merito più solido del giudizio e dell'intelligenza. Giustiniano si compiacque di nobilitare ed arricchire l'oggetto del suo amore: si profondevano al piè di lei i tesori dell'Oriente; ed il nipote di Giustino si determinò, forse per scrupolo di coscienza, a dare alla sua concubina il sacro e legittimo carattere di moglie. Ma le Leggi di Roma espressamente proibivano il matrimonio di un Senatore con qualunque donna, che fosse disonorata da servile origine o da professione teatrale. L'Imperatrice Lupicina o Eufemia, donna barbara e di rozzi costumi, ma d'irreprensibil virtù, ricusò d'accettar per nipote una prostituta: ed anche Vigilanza, superstiziosa madre di Giustiniano, quantunque conoscesse il talento e la beltà di Teodora, era nella più seria apprensione, che la leggierezza e l'arroganza di quell'artificiosa druda corrompesse la pietà e la felicità dei suo figlio. L'inflessibil costanza di Giustiniano però tolse di mezzo tutti questi ostacoli. Egli aspettò pazientemente la morte dell'Imperatrice; non curò le lacrime di sua madre, che presto cadde sotto il peso della sua afflizione; e fu promulgata in nome dell'Imperator Giustino una legge, che aboliva la rigida Giurisprudenza dell'antichità. Si aprì (secondo quest'Editto) la strada ad un glorioso pentimento per quelle infelici che avevan prostituito le loro persone sul teatro, e venne loro permesso di contrarre una legittima unione co' più illustri de' Romani474. A questa indulgenza tosto succederono le nozze solenni di Giustiniano e di Teodora; crebbe a grado a grado la dignità di questa insieme con quella del suo amante; ed appena Giustino ebbe investito il nipote della porpora, il Patriarca di Costantinopoli pose il diadema sul capo dell'Imperatore e dell'Imperatrice d'Oriente. Ma i soliti onori, che la severità de' costumi romani aveva accordato alle mogli de' Principi, non potevano soddisfare nè l'ambizione di Teodora, nè la tenerezza di Giustiniano. Ei la collocò sul trono, come un'eguale ed indipendente Collega nella sovranità dell'Impero, e s'impose a' Governatori delle Province un giuramento di fedeltà in nome di Giustiniano insieme e di Teodora475. Cadeva il Mondo Orientale prostrato avanti al genio ed alla fortuna della figlia d'Acacio. Quella prostituta, che in presenza d'innumerabili spettatori aveva macchiato il teatro di Costantinopoli, adoravasi come Regina nella stessa Città da' gravi Magistrati, da' Vescovi Ortodossi, da' Generali vittoriosi, e da' soggiogati Monarchi476.
Quelli che credono, che la mancanza di castità faccia totalmente depravare lo spirito delle donne, prestarono volentieri orecchio a tutte le invettive della privata invidia, o del risentimento popolare, che ha dissimulato le virtù di Teodora, ne ha esagerato i vizi, ed ha rigorosamente condannato le venali o volontarie colpe della giovine meretrice. Per causa o di vergogna o di disprezzo, ella spesso evitava il servile omaggio della moltitudine, fuggiva l'odiosa luce della Capitale, e passava la maggior parte dell'anno ne' Palazzi e Giardini, piacevolmente situati sulle coste marittime della Propontide e del Bosforo. Il privato suo tempo era consacrato alla prudente non meno che grata cura della sua bellezza; al lusso del bagno e della tavola, ed al lungo sonno della sera e della mattina. I segreti suoi appartamenti erano occupati dalle donne e dagli eunuchi, che essa favoriva e secondava nelle loro passioni e interessi, a spese della giustizia; i più illustri personaggi poi dello Stato restavano in folla in un'oscura e soffocante anticamera, e quando alla fine, dopo un tedioso indugio, venivano ammessi a baciare i piedi a Teodora, trovavano in quella, secondo che le suggeriva l'umore, o la tacita arroganza d'un'Imperatrice o la capricciosa leggierezza d'una commediante. La sua rapace avarizia nell'accumulare immensi tesori, potrebbe scusarsi dall'apprensione della morte di suo marito, che poteva non lasciare alternativa fra la rovina ed il trono; ed il timore ugualmente che l'ambizione poterono esacerbare Teodora contro due Generali, che nel tempo d'una malattia dell'Imperatore avevano imprudentemente dichiarato, ch'essi non eran disposti ad acquietarsi alla scelta della Capitale. Ma la taccia di crudeltà, così ripugnante anche ai suoi vizi più molli, ha impresso un'indelebile macchia sulla memoria di Teodora. Le numerose, di lei spie osservavano e riferivan con diligenza qualunque azione, parola o sguardo ingiurioso alla reale loro poltrona. Chiunque veniva da esse accusato, era posto nelle particolari di lei prigioni477 inaccessibili alle ricerche della giustizia, e correva la fama, che vi si usassero i tormenti della fustigazione o delle verghe in presenza d'una tiranna insensibile alle voci delle preghiere o della compassione478. Alcune di queste infelici vittime perirono in profonde malsane prigioni, mentre ad altro si permetteva, dopo la perdita delle membra, della ragione, o delle facoltà loro, di comparire nel Mondo, come vivi monumenti della sua vendetta, che per ordinario estendevasi a' figli di coloro, ch'essa aveva preso in sospetto o ingiuriato. Quel Senatore o Vescovo, di cui Teodora pronunziato aveva la morte o l'esilio, era consegnato ad un fedel suo messaggio, di cui ravvivavasi la diligenza con la minaccia pronunciata dalla sua bocca, che «se avesse mancato nell'esecuzione de' suoi ordini, giurava per quello che vive in eterno, di farlo scorticare479.»
Se la fede di Teodora non fosse stata infetta d'eresia, l'esemplare sua devozione l'avrebbe potuta purgare, nell'opinione dei suoi contemporanei, dai vizi d'orgoglio, di avarizia e di crudeltà. Se però essa influì a calmare l'intollerante furore dell'Imperatore, il presente secolo accorderà qualche merito, alla sua religione, e molta indulgenza agli speculativi suoi errori480. Fu inserito il nome di Teodora con uguale onore in tutte le pie e caritatevoli fondazioni di Giustiniano, e può attribuirsi la più benefica istituzione del suo Regno alla simpatia dell'Imperatrice verso le sue meno fortunate sorelle, ch'erano state sedotte o costrette ad abbracciar la prostituzione. Un Palazzo, che era sulla parte Asiatica del Bosforo, fu convertito in un comodo e spazioso Monastero, e fu assegnato un generoso mantenimento a cinquecento donne che si erano raccolte dalle strade e da' postriboli di Costantinopoli. In questo sicuro e santo ritiro, venivano esse condannate ad una perpetua clausura, e la disperazione di alcune, che si gettarono in mare, si perdeva nella gratitudine delle penitenti, ch'erano state salvate dalla colpa e dalla miseria mediante la generosa loro benefattrice481. Giustiniano medesimo celebra la prudenza di Teodora; e le sue Leggi si attribuiscono ai savi consigli della sua rispettabilissima moglie, ch'egli dice d'aver ricevuto come un dono della divinità482. Si manifestò il suo coraggio in mezzo al tumulto del Popolo, ed a terrori della Corte. Una prova della sua castità, dopo che unissi a Giustiniano è il silenzio degl'implacabili di lei nemici; e quantunque la figlia d Acacio potesse esser sazia d'amore si dee non ostante far qualche applauso alla fermezza del suo spirito, che potè sacrificare il piacere e l'abitudine, al più forte sentimento del dovere o dell'interesse. I desiderj e le preghiere di Teodora non poterono mai ottenere la grazia di un figlio legittimo, e seppellì una bambina, unica prole del suo matrimonio483. Ciò non ostante il suo dominio fu durevole ed assoluto; si conservò essa, o coll'arte o col merito, l'affetto di Giustiniano; e le apparenti lor dissensioni riusciron sempre fatali a' Cortigiani, che le credetter sincere. Se n'era forse indebolita la salute per la dissolutezza della gioventù; ma essa fu sempre delicata, e fu consigliata da' Medici a far uso de' Bagni caldi Pitj. Fu accompagnata l'Imperatrice in questo viaggio dal Prefetto del Pretorio, dal gran Tesoriere, da più Conti e Patrizi, e da uno splendido seguito di quattromila serventi: risarcite furono le pubbliche strade; si eresse un palazzo per riceverla; e nel passar che fece per la Bitinia distribuì generose limosine alle Chiese, a' Monasteri ed agli Spedali, affinchè implorassero dal Cielo il ristabilimento della sua salute484. Finalmente l'anno ventesimo quarto del suo matrimonio e ventesimo secondo del suo Regno fu consumata da un cancro485; e ne fu pianta l'irreparabile perdita dal marito, che in luogo d'una teatral prostituta avrebbe potuto scegliere la più pura e la più nobil donzella d'Oriente486.
II. Possiamo osservare una differenza essenziale fra i giuochi dell'antichità: i più nobili presso i Greci erano attori, e presso i Romani semplici spettatori. Era lo stadio Olimpico aperto all'opulenza, al merito, ed all'ambizione; e se i Candidati erano in grado di contare sulla loro personal perizia ed attività, seguir potevano le traccie di Diomede e di Menelao, guidando i propri loro cavalli nella rapida corsa487. Si lasciavan partire nel medesimo istante dieci, venti, quaranta cocchi; una corona di foglie era il premio del vincitore, e se ne celebrava la fama, insieme con quella della sua famiglia, e della sua Patria in canzoni liriche, più durevoli de' monumenti di bronzo e di marmo. Ma un Senatore, o anche un puro Cittadino consapevole della sua dignità, si sarebbe vergognato d'esporre la sua persona o i suoi cavalli nel Circo di Roma. Si rappresentavano i giuochi a spese della Repubblica, de' Magistrati, o degl'Imperatori, e se ne abbandonavan le redini a mani servili; e se i profitti d'un favorito cocchiere talvolta superavano quelli d'un Avvocato, ciò dee riguardarsi come l'effetto di una popolare stravaganza, e come il più alto sforzo d'una ignobile professione. Il corso, nella sua prima origine, consisteva nella semplice contesa di due cocchi, i direttori de' quali si distinguevano con livree bianche e rosse; in seguito vi furono aggiunti due altri colori, cioè il verde e l'azzurro: e siccome si replicavano le corse venticinque volte, così cento cocchi contribuivano in un giorno alla pompa del Circo. Ben presto le quattro fazioni furono stabilite legittimamente, e si trasse una misteriosa origine dei capricciosi loro colori dalle varie apparenze della Natura nelle quattro stagioni dell'anno, vale a dire dall'infuocato sirio dell'estate, dalle nevi dell'inverno, dalle cupe ombre dell'autunno, e dalla piacevol verzura della primavera488. Un altra interpretazione preferiva gli elementi alle stagioni, e supponevasi, che la contesa del Verde e dell'Azzurro rappresentasse il conflitto della terra e del mare. Le respettive loro vittorie annunziavano o un'abbondante raccolta o una prospera navigazione, e la gara che quindi nasceva fra gli agricoltori ed i marinari, era un poco meno assurda che quel cieco ardore del Popolo Romano, che sacrificava le proprie vite e sostanze al colore, che ciascun avea scelto. I più savi Principi sdegnarono e tollerarono tal follìa; ma si videro scritti i nomi di Caligola, di Nerone, di Vitellio, di Vero, di Commodo, di Caracalla, e d'Elagabalo nelle fazioni Verde o Azzurra del Circo; essi ne frequentavano le stalle, applaudivano a quelli, che le favorivano, ne punivano gli antagonisti, e meritavano la stima della plebaglia, mediante la naturale o affettata imitazione de' loro costumi. Continuarono le sanguinose e tumultuarie contese a disturbar le pubbliche feste fino all'ultima età degli spettatori di Roma; e Teodorico, per un motivo di giustizia o d'affezione, interpose la sua autorità per proteggere i Verdi contro la violenza d'un Console e Patrizio, ch'era fortemente appassionato per la fazione Azzurra del Circo489.
Ho udito a dire che un dotto prelato, che or più non vive, era vago di citar questo passo nelle brigate.
Et lassata viris, necdum satiata, recessit.
Ella desiderava un quarto altare su cui potesse offrire libazione al Dio d'amore.
Senza il critico telescopio di Warburton, io non avrei mai ravvisato in questa general pittura del vizio trionfante, alcuna personale allusione a Teodora.