Kitabı oku: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7», sayfa 9
La prudenza e fermezza di Teodorico si fece ugualmente conoscere in qualunque stato di fortuna ei si trovasse: o minacciasse Costantinopoli alla testa de' Goti fra loro confederati, o con un fedel drappello si ritirasse alle montagne e coste marittime dell'Epiro. Finalmente l'accidental morte del figlio di Triario350 tolse la bilancia, che i Romani erano tanto solleciti di mantenere fra' Goti: tutta la Nazione riconobbe la suprema potestà degli Amali, e la Corte Bizantina sottoscrisse un ignominioso ed oppressivo trattato351. Il Senato avea già dichiarato, che era necessario scegliere un partito fra i Goti, giacchè lo Stato non era capace di sostenere le forze riunite; per il minimo de' loro eserciti si richiedeva un sussidio di duemila libbre d'oro, con l'ampia paga di tredicimila uomini352; gl'Isauri, che guardavano non già l'Impero, ma l'Imperatore, oltre il privilegio della rapina, godevano un'annua pensione di cinquemila libbre. La sagacità di Teodorico ben presto conobbe, ch'ei si rendeva odioso ai Romani, e sospetto a' Barbari; gli venne all'orecchio il popolar mormorìo, che i suoi sudditi erano esposti nelle agghiacciate loro capanne ad intollerabili travagli, mentre il loro Re s'abbandonava al lusso della Grecia; e prevenne la disgustosa alternativa, o di resistere ai Goti come il campion di Zenone, o di condurli alla battaglia come nemico di esso. Teodorico, abbracciando un'impresa degna del suo coraggio e della sua ambizione, parlò all'Imperatore in questi termini. «Quantunque il vostro servo sia mantenuto nell'abbondanza dalla vostra liberalità, porgete graziosamente orecchio a' desiderj del mio cuore! L'Italia, che avete ereditato da' vostri Predecessori, e Roma stessa, la capitale e signora del Mondo, presentemente gemono sotto la violenza e l'oppressione del mercenario Odoacre. Lasciatemi andare con le nazionali mie truppe contro il Tiranno. Se io perirò, voi resterete libero da un dispendioso e molesto amico. Se poi col divino aiuto riescirò nell'impresa, governerò in vostro nome, ed a gloria vostra il Senato Romano, e quella parte di Repubblica, che mediante le vittoriose mie armi sarà liberata dalla schiavitù». Fu accettata la proposizione di Teodorico, ed era forse stata suggerita dalla Corte di Bizanzio. Ma sembra, che la forma della commissione, o dell'accordo s'esprimesse con una prudente ambiguità, che potesse poi spiegarsi secondo l'evento; e restò in dubbio, se il Conquistator dell'Italia dovesse regnare come Luogotenente, come Vassallo o come Alleato dell'Imperatore d'Oriente353.
La fama tanto del condottiero, quanto della guerra eccitò un ardore universale; s'accrebbero i Walamiri da sciami di Goti, ch'erano già impegnati al servizio dell'Impero, o stabiliti nelle Province di esso; ed ogni audace Barbaro, che aveva sentito parlare della ricchezza e beltà d'Italia, era impaziente di arrivare a possedere, per mezzo delle più pericolose avventure, oggetti così lusinghieri. Si dee risguardar la marcia di Teodorico come l'emigrazione d'un intiero Popolo; si trasportarono tutte le mogli ed i figli de' Goti, i vecchi lor genitori e gli effetti più preziosi che avessero; e possiam formarci qualche idea del grave bagaglio, che allora seguitò il campo, dalla perdita di duemila carri, che nella guerra dell'Epiro soffrirono in una sola azione. Traevano i Goti la lor sussistenza dai magazzini di grano, che si macinava dalle loro donne in certi mulini portatili; dal latte e dalla carne de' loro greggi ed armenti; dal casual prodotto della caccia; e dalle contribuzioni, che imponevano a tutti quelli che ardivano di contendere il passo, o di negar loro un amichevole aiuto. Nonostante queste precauzioni però si trovarono esposti al pericolo, e quasi alle angustie della fame, in una marcia di settecento miglia, intrapresa noi cuore d'un rigido inverno. Dopo la caduta della potenza Romana, la Dacia e la Pannonia non presentavano più il ricco prospetto di popolate Città, di campagne ben coltivate e di comode strade: si rinnovò il regno della barbarie e della desolazione, e le tribù de' Bulgari, de' Gepidi e de' Sarmati, che avevan occupato quella vacante Provincia, furon mosse dalla nativa loro fierezza o dalle sollecitudini d'Odoacre a resistere a' progressi del suo nemico. In molte oscure, sebben sanguinose battaglie, Teodorico pugnò e vinse, sintantochè superando alla fino coll'abile sua condotta e coraggiosa perseveranza ogni ostacolo, scese dalle alpi Giulie e spiegò le invincibili suo bandiere ne' confini d'Italia354.
Odoacre, non indegno rivale delle sue armi, aveva già occupato il vantaggioso e celebre posto del fiume Sonzio presso le rovine d'Aquileia, essendo alla testa d'un poderoso esercito, i Re355, o Capi del quale fra loro indipendenti sdegnavano i doveri della subordinazione e gl'indugi della prudenza. Appena Teodorico ebbe concesso un breve riposo e rinfresco alla stanca sua cavalleria, arditamente attaccò le fortificazioni del nemico; e gli Ostrogoti mostrarono maggiore ardore per acquistare le terre d'Italia, che i Mercenari per difenderle; ed il premio della prima vittoria fu il possesso della Provincia Veneta fino alle mura di Verona. Nelle vicinanze di quella città, sulle scoscese rive dell'Adige, gli si oppose un'altra armata di maggior numero, ed in coraggio non inferiore della prima; la battaglia fu più ostinata, ma l'evento ne fu sempre più decisivo; Odoacre fuggì a Ravenna, Teodorico avanzossi verso Milano, e le soggiogate truppe salutarono il loro conquistatore con alte acclamazioni di rispetto e di fedeltà. Ma la lor mancanza o di costanza o di fede tosto l'espose al più imminente pericolo; vari Conti Goti, che con la sua vanguardia s'erano temerariamente affidati ad un disertore furon traditi e distrutti vicino a Faenza mediante un doppio di lui tradimento; Odoacre di nuovo comparve come padrone della Campagna; e l'invasore, fortemente trincerato nel suo campo di Pavia, fu ridotto a sollecitare il soccorso d'una congiunta Nazione cioè de' Visigoti della Gallia. Nel corso di quest'Istoria potrà saziarsi abbondantemente il più vorace appetito di guerra, nè posso io molto dolermi, che gli oscuri ed imperfetti nostri materiali non mi somministrino una più estesa narrazione delle angustie d'Italia, e del fiero combattimento, che restò finalmente deciso dall'abilità, dall'esperienza e dal valore del Re de' Goti. Quando fu per principiar la battaglia di Verona, pertossi alla tenda di sua Madre356 e di sua sorella, e volle che in quel giorno, il più solenne della sua vita, l'adornassero con le ricche vesti ch'esse avevano lavorato con le proprie lor mani. «La nostra gloria, disse egli, è reciproca ed inseparabile. Il Mondo sa, che voi siete la madre di Teodorico, ed a me tocca a provare, che io sono il vero discendente di quegli Eroi dei quali vanto l'origine». La moglie o concubina di Teodemiro veniva inspirata da quello spirito delle matrone Germane, che stimavano l'onore de' loro figli molto più della lor sicurezza; e si racconta che in una disperata battaglia, mentre Teodorico medesimo era tratto via dal torrente d'una folla di fuggitivi, andò arditamente loro incontro all'ingresso del campo, e co' suoi generosi rimproveri gli spinse indietro contro le spade nemiche357.
Teodorico per diritto di conquista regnò dalle Alpi fino all'estremità della Calabria: gli Ambasciatori Vandali gli diedero l'isola della Sicilia come una legittima appendice del suo Regno; e fu accolto come liberatore di Roma dal Senato e dal Popolo, che aveva chiuso le porte in faccia all'usurpator che fuggiva358. La sola Ravenna, fortificata dall'arte e dalla natura, sostenne un assedio di quasi tre anni; e le audaci sortite d'Odoacre portarono la strage e il disagio nel campo Gotico. Finalmente quell'infelice Monarca, privo di provvisioni e senza speranza d'aiuto, cedè ai lamenti de' propri sudditi, ed a' clamori de' suoi soldati. Si maneggiò un trattato dal Vescovo di Ravenna; gli Ostrogoti furono ammessi nella Città, e sotto la sanzione di un giuramento, ambidue i Re acconsentirono a governare con uguale ed indivisa autorità le Province d'Italia. Può facilmente prevedersi l'evento di tale accordo. Concessi alcuni giorni alle apparenze della gioia e dell'amicizia, Odoacre in mezzo ad un solenne convito fu trucidato dalle proprie mani, o almeno per ordine del suo rivale. Si erano precedentemente prese le opportune, segrete ed efficaci disposizioni per uccidere nell'istesso momento e senz'alcuna resistenza tutti quanti gl'infedeli e rapaci mercenari; e Teodorico fu proclamato Re da' Goti, col tardo, ripugnante ed ambiguo consenso dell'Imperatore d'Oriente. Secondo le solite formalità s'imputò al soggiogato Tiranno il disegno d'una cospirazione; ma sufficientemente si prova la sua innocenza e la colpa del conquistatore359 dal vantaggioso Trattato, che la forza non avrebbe sinceramente accordato, nè la debolezza temerariamente rotto. Somministrar possono un'apologia più decente la gelosia del potere, ed i mali della discordia; e si può pronunziare una sentenza meno rigorosa contro un delitto, ch'era necessario per introdurre in Italia un principio di pubblica felicità. L'Autore vivente di questa felicità fu audacemente lodato in faccia da Oratori sacri e profani360; ma l'Istoria (che nel suo tempo era muta ed oscura) non ci ha lasciato alcun giusto quadro de' fatti, che potrebbero dimostrar le virtù di Teodorico, o de' difetti che le oscurarono361. Tuttavia sussiste un monumento della sua fama, vale a dire la raccolta delle Lettere pubbliche, composte da Cassiodoro in nome del Re, che ha ottenuto credito maggiore di quello, che intrinsecamente sembri meritare362. Esse presentano le formalità piuttosto che la sostanza del suo governo; ed in vano si cercherebbero i puri e spontanei sentimenti del Barbaro, in mezzo alla declamazione e dottrina di un Sofista, a' desiderj d'un Senator Romano, alle formule d'ufizio, ed alle dubbiose espressioni, che in ogni Corte ed in ogni occasione formano il linguaggio d'un discreto Ministro. Con maggior fiducia può appoggiarsi la riputazion di Teodorico sopra un Regno di trentatre anni visibilmente pacifico e prospero, sull'unanime stima de' suoi contemporanei, e sulla memoria della sua saviezza, giustizia ed umanità, non meno che del suo coraggio, che restò profondamente impresso nelle menti dei Goti, e degl'Italiani.
Il ripartimento delle terre d'Italia, delle quali Teodorico assegnò la terza parte a' suoi soldati, si cita onorevolmente come l'unica ingiustizia della sua vita. Ed anche quest'atto si può plausibilmente giustificare coll'esempio d'Odoacre, co' diritti di conquista, col vero interesse degl'Italiani, e col sacro dovere di far sussistere un intiero Popolo, che affidato alle sue promesse erasi trasferito in un lontano Paese363. I Goti sotto il Regno di Teodorico, e nel felice clima d'Italia, tosto s'aumentarono al segno di formare un formidabil esercito di dugentomila uomini364, e coll'aggiunta ordinaria delle donne e de' fanciulli si può calcolare a qual numero ascendessero tutte le loro famiglie. Si mascherò l'invasione del territorio di cui doveva già esser vacante una parte, col generoso, ma improprio, nome d'Ospitalità: questi malveduti Ospiti si dispersero irregolarmente per l'Italia e la porzione, che toccò ad ogni Barbaro, corrispondeva alla sua nascita ed al suo posto, al numero del suoi seguaci ed alla rustica ricchezza, che aveva in bestiame ed in ischiavi. Fu ammessa la distinzione fra il nobile ed il plebeo365; ma le terre di ogni uomo libero furono immuni dalle tasse, ed ei godeva l'inestimabil privilegio di non esser soggetto che alle leggi della sua Patria366. La moda o anche la comodità persuase ben presto i conquistatori ad assumer l'abito più elegante de' nativi d'Italia; ma essi persisterono tuttavia nell'uso della lor lingua materna; e fu applaudito il disprezzo, che avevano per le scuole latine, da Teodorico medesimo, che secondava i lor pregiudizi o piuttosto i suoi propri col dire, che un fanciullo assuefatto a tremare alla sferza del maestro, non avrebbe mai ardito di guardare una spada367. La miseria potè qualche volta muovere l'indigente Romano a prendere i feroci costumi che appoco appoco si lasciavano dal ricco e lussurioso Barbaro368: ma tali vicendevoli trasformazioni non eran punto promosse dalla politica d'un Monarca, che rendè perpetua la separazione fra gl'Italiani ed i Goti, riservando i primi alle arti della pace, ed i secondi agli esercizi della guerra. Per eseguire questo disegno ei procurò di proteggere gl'industriosi suoi sudditi, e di moderar la violenza senza snervare il valore dei suoi soldati, che dovevan servire alla pubblica difesa. Essi ritenevano le loro terre, e i benefizi come uno stipendio militare; al suono della tromba eran pronti a marciare sotto la condotta de' loro Ufiziali provinciali; e tutta l'Italia era distribuita in più quartieri d'un medesimo campo ben regolato. Si faceva la guardia del Palazzo e delle Frontiere per elezione o per turno; ed ogni straordinaria fatica veniva ricompensata da un accrescimento di paga, o da donativi arbitrari. Teodorico aveva persuaso i suoi bravi compagni che l'Impero si dee difendere con quelle medesime arti, con le quali s'acquista. Dietro il suo esempio essi procuravano di esser eccellenti nell'uso non solo della lancia e della spada, istromenti delle loro vittorie, ma anche delle armi da scagliare, ch'essi erano troppo inclinati a trascurare, ed i quotidiani esercizi, e le annue riviste della Cavalleria Gotica somministravano la viva immagine della guerra. Una ferma, quantunque blanda, disciplina li fece abituare alla modestia, all'ubbidienza, ed alla temperanza; ed i Goti impararono a risparmiare il Popolo, a rispettare le Leggi, a non trascurare i doveri della società civile, ed a disapprovare la barbara licenza del combattimento giudiciale e della vendetta privata369.
La vittoria di Teodorico aveva eccitato un generale allarme fra' Barbari dell'Occidente. Ma quando videro, ch'ei, soddisfatto della conquista, desiderava la pace, il terrore si mutò in rispetto, ed essi accettarono una potente mediazione, che fu costantemente diretta agli ottimi oggetti di conciliare le lor dissensioni, e d'incivilirne i costumi370. Gli Ambasciatori che giungevano a Ravenna dai più distanti paesi d'Europa, ammiravano la sua saviezza, cortesia e magnificenza371; e se accettava talvolta degli schiavi o delle armi, dei cavalli bianchi o de' rari animali, il dono d'un orologio solare, di un orologio ad acqua o di un istromento di musica dimostrava anche a' Principi della Gallia la superiore abilità ed industria degl'Italiani suoi sudditi. I domestici vincoli372, che contrasse per mezzo della moglie, di due figlie, di una sorella e di una nipote, unirono la famiglia di Teodorico con i Re dei Franchi, de' Borgognoni, de' Visigoti, de' Vandali, e de' Turingi; e contribuirono a mantener la buon'armonia, o almeno la bilancia della gran Repubblica dell'Occidente373. Egli è difficile seguitare nelle cupe foreste della Germania e della Polonia l'emigrazione degli Eruli, feroce Popolo, che sdegnava l'uso dell'armatura, e condannava le vedove ed i vecchi genitori a non sopravvivere alla perdita de' loro mariti o alla diminuzione delle lor forze374. Il Re pertanto di questi selvaggi guerrieri domandò l'amicizia di Teodorico, e secondo le barbare cerimonie d'una militare adozione375, fu innalzato al grado di suo figlio. Dalle rive del Baltico gli Estoni o Livoni portarono i loro doni d'ambra nativa376 a' piedi d'un Principe, di cui la fama gli aveva mossi a intraprendere un ignoto e pericoloso viaggio di mille cinquecento miglia. Ei mantenne una frequente ed amichevol corrispondenza col paese377, da cui la nazione Gotica trasse l'origine; gl'Italiani si cuoprivano co' ricchi zibellini378 di Svezia; ed uno de' Sovrani di essa, dopo una volontaria o forzata rinuncia, trovò un cortese rifugio nel palazzo di Ravenna. Questi aveva regnato sopra una delle tredici numerose Tribù, che coltivavano una piccola parte della grande Isola o Penisola della Scandinavia, a cui si è talvolta applicata l'incerta denominazione di Thule. Era quella settentrional regione abitata o almeno cognita fino al 68 grado di latitudine, dove gli abitatori del cerchio polare godono e perdono in ogni solstizio d'estate e d'inverno la continua presenza del sole per un ugual periodo di quaranta giorni379. La lunga notte dell'assenza, o morte di esso, era la trista stagione dell'angustia e dell'inquietudine, finattantochè i messaggieri mandati sulle cime delle montagne non annunciavano i primi raggi della luce che tornava, e proclamavano alle sottoposte pianure la festa della sua resurrezione380.
La vita di Teodorico presenta il raro e lodevole esempio d'un Barbaro, che pose la sua spada nel fodero in mezzo all'orgoglio della vittoria e nel vigor dell'età. Consacrò un regno di trentatre anni a' doveri del Governo civile, e le guerre, nelle quali talvolta si trovò impegnato, presto furono terminate mercè la condotta de' suoi Generali, la disciplina delle sue truppe, le armi de' suoi alleati, ed anche il terror del suo nome. Ridusse sotto un forte e regolar Governo le poco profittevoli regioni della Rezia, del Norico, della Dalmazia e della Pannonia, dalla sorgente del Danubio e dal territorio de' Bavari381 fino al piccolo regno formato da' Gepidi sulle rovine del Sirmio. Non poteva la sua prudenza sicuramente affidare il baloardo d'Italia a que' deboli e turbolenti vicini; e la sua giustizia potea pretender le terre, ch'essi opprimevano, o come una parte del proprio regno, o come un'eredità di suo padre. La grandezza però di un servo, a cui si dava il nome di perfido, perchè era fortunato, risvegliò la gelosia dell'Imperatore Anastasio e s'accese una guerra sulla frontiera della Dacia per la protezione che il Re Goto, nelle vicende delle cose umane, aveva accordato ad uno de' discendenti d'Attila. Sabiniano, generale illustre pel merito proprio e paterno, s'avanzò alla testa di diecimila Romani; e distribuì alle più feroci fra le Tribù de' Bulgari le provvisioni e le armi, che empievano una lunga serie di carri. Ma ne' campi di Margo l'esercito Orientale fu disfatto dalle inferiori forze de' Goti e degli Unni; restò irreparabilmente distrutto il fiore, ed anche la speranza delle armate romane; e tal era la temperanza, che Teodorico aveva ispirato alle vittoriose sue truppe, che non avendo il lor condottiere dato il segno del saccheggio, le ricche spoglie del nemico rimasero intatte ai lor piedi382. Esacerbata la Corte Bizantina da questa disgrazia, spedì dugento navi ed ottomila uomini a saccheggiare le coste marittime della Calabria e della Puglia; questi assalirono l'antica città di Taranto, interruppero il commercio e l'agricoltura d'un fertil paese, e se ne tornarono all'Ellesponto altieri della piratica loro vittoria sopra di un Popolo, ch'essi tuttavia pretendevano di risguardar come composto di Romani loro fratelli383. L'attività di Teodorico ne affrettò possibilmente la ritirata; l'Italia fu posta al coperto da una flotta di mille piccoli vascelli384, ch'ei fece costruire con incredibil prestezza, e la costante sua moderazione fu tosto premiata con una solida ed onorevole pace. Esso mantenne con forte mano la bilancia dell'Occidente, finattantochè non fu alla fine rovesciata dall'ambizione di Clodoveo; e quantunque non potesse assistere il suo temerario ed infelice congiunto, il re de' Visigoti, salvò i residui della sua famiglia e del suo Popolo e represse i Franchi in mezzo alla vittoriosa loro carriera. Io non voglio prolungare o ripetere385 la narrazione di questi militari avvenimenti, che sono i meno interessanti del regno di Teodorico; e mi contenterò d'aggiungere, ch'ei protesse gli Alemanni386; che severamente gastigò un'incursione de' Borgognoni, e che la conquista ch'ei fece d'Arles e di Marsiglia, gli aprì una libera comunicazione co' Visigoti, che lo rispettavano tanto come loro nazional protettore, quanto come tutore del piccolo figlio di Alarico, suo nipote. Con questo rispettabil carattere il Re d'Italia rinnovò la Prefettura Pretoriana delle Gallie, riformò alcuni abusi nel Governo civile della Spagna, ed accettò l'annuo tributo, e l'apparente sommissione del militar Governatore di quella, che saviamente ricusò d'affidare la sua persona al palazzo di Ravenna387. La sovranità Gotica s'era stabilita dalla Sicilia fino al Danubio, da Sirmio o Belgrado fino al Mare Atlantico; ed i Greci stessi hanno confessato, che Teodorico regnò sopra la più bella parte dell'Impero Occidentale388.
L'unione de' Goti e de' Romani avrebbe potuto fissar per de' secoli la passeggiera felicità dell'Italia, e la reciproca emulazione delle rispettive loro virtù avrebbe potuto appoco appoco formare un nuovo Popolo di sudditi liberi, e d'illuminati soldati, che avesse il primato fra le nazioni. Ma non era serbato pel regno di Teodorico il merito sublime di guidare o di secondare una rivoluzione di questa sorta: gli mancò il talento, o la comodità per esser legislatore389; e mentre fece godere a' Goti una rozza libertà, servilmente copiò le istruzioni, ed anche gli abusi del sistema politico formato da Costantino e da' suoi successori. Per un delicato riguardo agli spiranti pregiudizi di Roma, il Barbaro evitò il nome, la porpora ed il diadema degl'Imperatori; ma sotto il titolo ereditario di Re assunse tutta la sostanza e pienezza dell'imperial dignità390. Le sue espressioni verso il trono Orientale erano rispettose ed ambigue; celebrava in pomposo stile l'armonia delle due Repubbliche, applaudiva il suo governo, come la perfetta immagine d'un solo ed indiviso Impero, e pretendeva sopra i Re della Terra quella stessa preeminenza, ch'ei modestamente accordava alla persona o al posto d'Anastasio. Dichiaravasi ogni anno l'unione dell'Oriente coll'Occidente, mediante l'unanime scelta de' due Consoli; ma sembra che il Candidato italiano, ch'era nominato da Teodorico, ricevesse una formale conferma dal Sovrano di Costantinopoli391. Il palazzo gotico di Ravenna presentava l'immagine della Corte di Teodosio o di Valentiniano. Vi continuavano sempre ad agire da Ministri di Stato il Prefetto del Pretorio, il Prefetto di Roma, il Questore, il Maestro degli Ufizi co' Tesorieri pubblici e patrimoniali, le funzioni de' quali vengon dipinte con vistosi colori dalla rettorica di Cassiodoro. E la subornata amministrazione della giustizia e delle rendite era delegata a sette Consolari, e tre Correttori, ed a cinque Presidenti, che governavano le quindici Regioni d'Italia secondo i principj, e fino con le formalità della Giurisprudenza Romana392. La violenza de' Conquistatori veniva abbattuta o delusa dal lento artifizio de' processi giudiciali; ristringevasi agl'Italiani l'amministrazion civile co' suoi onori ed emolumenti; ed il Popolo conservò sempre il proprio abito e linguaggio, le sue leggi e costumanze, la sua personal libertà, e due terzi delle proprie terre. L'oggetto d'Augusto era stato quello di nasconder l'introduzione della Monarchia; e la politica di Teodorico fu di mascherare il regno d'un Barbaro393. Se i suoi sudditi talvolta si risvegliaron da questa piacevol visione di un Governo romano, trassero un conforto più sostanziale dal carattere di un Principe Goto, che aveva penetrazione per discernere, e fermezza per procurare il proprio ed il pubblico interesse. Teodorico amava le virtù ch'ei possedeva, ed i talenti de' quali mancava. Liberio fu promosso all'ufizio di Prefetto del Pretorio per l'incorrotta sua fedeltà nell'infelice causa d'Odoacre. I Ministri di Teodorico, Cassiodoro394 e Boezio, hanno fatto riflettere sopra il suo regno lo splendore del loro genio, e della loro dottrina. Cassiodoro però più prudente o più fortunato del suo collega conservò la propria riputazione senza perder la grazia reale; e dopo aver passato trent'anni fra gli onori del secolo, godè altrettanto tempo di riposo nella devota e studiosa solitudine di Squillace.
Era interesse e dovere del Re' Goto di coltivare, come protettore della Repubblica, l'affezione del Senato395 e del Popolo. I nobili di Roma erano lusingati dai sonori epiteti e dalle formali proteste di rispetto, che si sarebbero più giustamente applicate al merito ed all'autorità de' loro maggiori. Il Popolo godeva senza timore o pericolo i tre benefizi d'una Capitale, cioè il buon ordine, l'abbondanza, ed i pubblici divertimenti. La misura stessa del donativo396 dimostra una visibil diminuzione di esso: la Puglia, la Calabria e la Sicilia versavano ancora i loro tributi ne' granai di Roma; si distribuiva una porzione di pane e di companatico, agl'indigenti cittadini, e stimavasi onorevole qualunque ufizio, che fosse destinato alla cura della loro salute e felicità. I giuochi pubblici, di tal sorta che un ambasciator greco potea decentemente applaudirvi, presentavano una languida e debole copia della magnificenza de' Cesari: però la musica, la ginnastica e l'arte pantomimica non eran del tutto cadute in oblìo; le fiere dell'Affrica esercitavano tuttavia il coraggio e la destrezza de' cacciatori; e l'indulgente Goto o tollerava pazientemente, o dolcemente frenava le fazioni Azzurra e Verde, le contese delle quali empievano sì spesso il Circo di grida, ed anche di sangue397. Nel settimo anno del pacifico suo regno Teodorico visitò la vecchia capitale del Mondo; il Senato ed il Popolo in una solenne processione avanzossi a salutare il secondo Traiano, il nuovo Valentiniano, ed ei nobilmente sostenne questo carattere, assicurandoli d'un giusto e legittimo Governo398 in un discorso che non ebbe timore di pronunziare in pubblico e di fare incidere in una tavola di rame. In quest'augusta ceremonia Roma fece risplendere un ultimo raggio della decadente sua gloria: ed un Santo, che fu spettatore di quel pomposo spettacolo, potè solo sperare, nella pia sua fantasia, che fosse superato dal celeste splendore della nuova Gerusalemme399. Nella dimora, che vi fece di sei mesi, la fama, la persona, ed il cortese contegno del Re Goto eccitarono l'ammirazion de' Romani, ed ei contemplò con ugual curiosità e sorpresa i monumenti ch'erano restati dell'antica loro grandezza. Impresse le vestigia di un conquistatore sul colle del Campidoglio, e francamente confessò, che ogni giorno mirava con nuova maraviglia il Foro di Traiano e l'alta di lui colonna. Il teatro di Pompeo anche nella sua decadenza compariva quale una gran montagna artificialmente incavata, pulita ed ornata dall'industria umana; ed all'ingrosso calcolò, che vi volle un fiume d'oro per innalzare il colossale anfiteatro di Tito400. Per mezzo di quattordici acquedotti si spargevano acque pure e copiose in ogni parte della città, e fra queste l'acqua Claudia, che aveva la sorgente alla distanza di trentotto miglia nelle montagne Sabine, passava per un dolce, quantunque costante, declivio di solidi archi fino alla sommità del monte Aventino. Le lunghe e spaziose volte, costruite per servire alle Cloache pubbliche, sussistevano dopo dodici secoli nel pristino loro stato; e que' sotterranei canali si son preferiti a tutte le visibili maraviglie di Roma401. I Re Goti, accusati con tanta ingiustizia della rovina delle antichità, furon solleciti di conservare i monumenti della nazione che essi avevano soggiogata402. Emanarono degli editti reali per impedire gli abusi, la trascuratezza o le depredazioni de' cittadini medesimi; e per le riparazioni ordinarie delle mura e degli edifizi pubblici, si destinarono uno sperimentato Architetto, l'annua somma di dugento libbre d'oro, venticinquemila pezzi di materiali, ed il prodotto della dogana del Porto Lucrino. Una simil cura s'estese alle statue di metallo o di marmo, sì degli uomini, che degli animali. S'applaudiva da' Barbari allo spirito de' cavalli, che hanno dato al Quirinale un nome moderno403; furono diligentemente restaurati gli Elefanti di bronzo404 della Via sacra; la famosa vitella di Mirone ingannava il bestiame, quando passava pel Foro della Pace405; e fu creato un ufiziale apposta per difendere quelle opere delle arti, che Teodorico risguardava come l'ornamento più nobile del suo Regno.
Seguitando l'esempio degli ultimi Imperatori, Teodorico scelse la residenza di Ravenna, dove coltivava con le sue proprie mani un giardino406. Ogni volta ch'era minacciata la pace del suo regno (giacchè questo non fu mai invaso) da' Barbari, ei trasferiva la sua Corte a Verona407 sulla frontiera settentrionale, e la figura del suo Palazzo, che tuttavia esiste in una medaglia, rappresenta la più antica ed autentica forma d'architettura gotica. Queste due Capitali ugualmente che Pavia, Spoleto, Napoli e le altre città d'Italia, sotto il suo Regno acquistarono le utili e splendide decorazioni di chiese, di acquedotti, di bagni, di portici e di palazzi408. Ma la felicità del suddito con maggior verità si manifestava nell'attivo spettacolo del lavoro e del lusso, nel rapido aumento e nel godimento libero della ricchezza nazionale. Dalle ombre di Tivoli e di Preneste, i Senatori Romani tuttavia nell'inverno si ritiravano al temperato calore ed alle salubri fonti di Baia, e le loro ville, che s'avanzavano sopra solide moli nel Golfo di Napoli, godevano le varie vedute del cielo, della terra e dell'acqua. Dalla parte orientale dell'Adriatico, erasi formata una nuova Campania nella bella e fertil provincia dell'Istria, la quale comunicava col palazzo di Ravenna, mediante una facil navigazione di cento miglia. Le ricche produzioni della Lucania e delle contigue Province, si portavano alla Fonte Marcilia, dov'era una copiosa fiera ogni anno, consacrata al commercio, all'intemperanza ed alla superstizione. Nella solitudine di Como, che fu animata una volta dal dolce genio di Plinio, un trasparente bacino di sopra sessanta miglia in lunghezza tuttavia rifletteva le rurali dimore, che circondavano il margine del lago Lario, ed una triplice coltivazione di ulivi, di viti e di castagni cuopriva il piacevol pendìo delle colline409. All'ombra della pace risorse l'agricoltura, e si moltiplicarono i coltivatori mediante il riscatto degli schiavi410. Si scavavano con attenzione le miniere di ferro della Dalmazia, ed una d'oro nell'Abruzzo, e le paludi Pontine, come anche quelle di Spoleto, furono asciugate e coltivate da privati speculatori, il lontano premio de' quali dee dipendere dalla continuazione della pubblica prosperità411. Quando le stagioni eran meno propizie, le dubbiose precauzioni di fare de' magazzini di grano, di fissarne il prezzo e di proibirne l'esportazione, dimostravano almeno la buona volontà del Governo; ma la straordinaria abbondanza, che un industrioso Popolo ricavava da un terreno fecondo, era tale che alle volte una pinta di vino si vendeva in Italia per meno di tre farthings (tre quattrini) ed un sacco di grano per circa cinque scellini e sei soldi (o sia sette lire)412. Un paese che aveva tanti valutabili oggetti di commercio, attrasse ben tosto i mercanti da ogni parte, il lucroso traffico de' quali veniva incoraggiato o protetto dal genio liberale di Teodorico. Fu restaurata ed estesa la libera comunicazione delle Province per terra e per acqua; non si chiudevano mai nè di giorno nè di notte le porte delle Città; ed il detto comune, che una borsa d'oro lasciata in un campo era salva, esprimeva l'interna sicurezza degli abitanti.