Kitabı oku: «Altri Mondi. Il Trono Dell'Anima. Libro 1», sayfa 3
“Nemmeno questo m’interessa. Sono un’atea impenitente.”
E’ interessante e degno di nota che nel Continente Centrale da sempre non esisteva una religione di Stato. In tempi antichi la gente adorava le forze astratte della natura e venerava alcuni animali: gatti, lupi, volpi, corvi e falchi.
Nei Continenti Meridionali e Orientali invece le religioni abbondavano, ma non erano riuscite a radicare con successo nel Continente centrale. Nel Regno di Seltsam dominava il culto della Mente Cosmica Suprema, e al nord l’antica religione animista era ancora largamente praticata.
Ma quando, duecento anni prima, nel Regno dell'Occidente era apparso un uomo che si faceva chiamare Sovrano della Luce Svyatozar e che affermava di essere figlio della Dea della Terra e del dio del sole Hors, parecchia gente credette nella sua natura divina. Dopo tutto quel tempo era ancora vivo e, malgrado una fetta della popolazione dei Regni fosse dichiaratamente scettica ( molti erano convinti che ogni dieci anni l’Alleanza scegliesse dei sosia del primo Sovrano, in modo da far credere che egli fosse immortale) la sua apparizione aveva dato vita a vari culti e religioni, che in parte fecero presa anche sugli abitanti del Continente Centrale.
Nella Confederazione la gente credeva nella Dea della Terra e nel dio Hors, mentre nell’Alleanza dominava ciò che i media definirono “il culto del caos.” E la madre di Avril, notando quanto la gente finiva per diventare pazza e fanatica, aveva preferito non credere in niente e professarsi atea. Anche perché le religioni dei vari Continenti erano piene di strane regole e divieti.
Il padre di Avril, sebbene fosse un ingegnere militare e uno scettico incallito, credeva nella Mente Cosmica Suprema, come nel Regno di Seltsam.
La stessa Avril adorava la dea dell'amore e della bellezza, Geshtinanna, molto popolare in alcuni paesi del Continente Orientale. Ma c’era un motivo per cui Avril aveva scelto di adorare Geshtinanna e non altri: era convinta che la bellezza fosse il dono più importante della vita...
I timidi tentativi del padre di influenzare la mente della figlia non ebbero successo. La madre preferiva lasciarla stare: la figlia doveva scegliere da sola come vivere e in cosa credere.
Quindi, con l’aiuto della sua dea Geshtinanna, Avril sperava di diventare un giorno una modella affermata. In fondo era molto bella, come sua madre, perché negarlo?
... Quel giorno era cominciato come al solito. Avril fu destata nella sua stanza dal suono di una sveglia musicale rosa. Le cose definite di moda, se ci pensate, sono spesso costose e inutili. Ma per Avril l’estetica era tutto: dato che lei era bella, anche tutto ciò che la circondava doveva essere bello.
La ragazza si alzò con riluttanza e cominciò a prepararsi.
“Un altro giorno di scuola, un altro giorno di scuola.” canticchiava dolcemente, mentre si lavava la faccia nel bagno privato della sua camera.
Dopo essersi fatta la doccia, la ragazza indossò la sua uniforme scolastica viola, con i bordi in pizzo. Dopotutto, l’Istituto che frequentava era di prestigio, e rinomato in tutta Lutetia. Vi accedevano solo i ricchi e i figli di militari, di celebrità e perfino di politici. Insomma, la crema della società, visto che le tasse scolastiche erano davvero ingenti.
Ormai pronta, Avril scese a fare colazione (la sua era una casa di lusso, a tre piani). Era la madre a preparare la colazione per tutti. Il padre aveva spesso insistito che avevano abbastanza soldi per prendere una cameriera, ma lei ci teneva a fare tutto da sola. Aveva però ceduto alle insistenze del marito riguardo le pulizie di casa, e tre volte la settimana veniva una donna per le faccende pesanti. In più la famiglia aveva un giardiniere - autista, visto che la madre non guidava e Avril non aveva l’età per la patente.
Chiunque la conoscesse, considerava la madre di Avril una donna di vecchio stampo. Nell’Alleanza era una cosa impensabile non avere la patente e accollarsi le faccende domestiche. Ma il motto di Claire era:
“Ognuno sceglie la vita che vuole.”
... Ecco Avril che saluta sua madre:
“Buongiorno mamma.”
“Buongiorno, Avril! - sorrise la donna - Hai dormito bene?”
“Sì, grazie. E tu?”
“Bene.”
“Cosa c'è per colazione?”
“Omelette, caffè e pane tostato con miele.”
“Come? Ancora?” Avril alzò gli occhi al cielo, delusa. “Voglio un gelato!”
“Se mangi troppa roba zuccherata, ingrasserai. - rispose la mamma con tono paziente, mentre le preparava la colazione - E non diventerai mai una modella!”
“Anche la frittata e i toast ingrassano! - ribatté la ragazza - Ho letto su una rivista di una dieta basata solo su verdure e ortaggi, che si possono mangiare a volontà.”
“Infatti ci ho messo verdure e riso nel tuo cestino del pranzo per la scuola. Una dieta equilibrata è importante!” rispose Claire, con tono deciso.
“Oooh...” la ragazza si accigliò. Ma sapeva che la mamma non avrebbe mai ceduto alle sue provocazioni. “A proposito, dov'è papà?”
“E’ uscito presto, stamattina. Lo sai che in questo periodo ha un sacco di lavoro da sbrigare.”
Era vero. Negli ultimi tempo il padre di Avril lavorava come un matto.
“A volte mi chiedo se anche gli uomini della Confederazione lavorano tanto. E le donne fanno le casalinghe o lavorano anche loro?” cheise Avril pensierosa, mentre si sedeva per fare colazione.
“Sia i maschi che le femmine lavorano e si occupano della casa.” le rispose la mamma.
“Cosa? E come fanno ad avere il tempo per tutto?” esclamò la ragazza, stupita.
“E’ difficile, ma non impossibile. Comunque, è molto complicato.” annuì Claire.
“Mamma, e tu come lo sai?”
“Ho guardato un programma alla tv attraverso il Cryst-lens. Anche se noi dell’Alleanza non abbiamo contatti diretti con quelli della Confederazione e le frontiere sono blindate e sorvegliate, per fortuna c’è parecchia gente dei Continenti del Sud e dell'Est, e qualcuno anche dei Paesi del Continente del Nord, che si mantiene neutrale e spesso va all’estero per studiare. Così almeno possiamo sapere qualcosa sulla Confederazione.”
“Il Cryst-Lens? E trasmettono anche sfilate o programmi di moda?”
Avril sinceramente non capiva: cos'altro si poteva guardare alla tv? In fondo, la maggior parte dei programmi era una noia! Guardò pensierosa la lente di cristallo nella sala da pranzo.
La lente di cristallo era una sottile lastra di cristallo fatta di vetro di alta qualità o di cristallo di lacrime di luna, (Moon Tears) un materiale che più o meno era facilmente reperibile in tutti i continenti. Le lenti di cristallo Moon Tears erano di qualità superiore e nettamente costose. Quelle di vetro comune erano più a buon mercato. Sui bordi di tutte le lenti di cristallo erano state incise delle speciali formule magiche atte a ricevere il segnale televisivo. Il pulsante di accensione si trovava solitamente di lato, e attraverso un filo elettrico le lenti erano collegate all’Accumulatore Magico.
Sul retro, in un vano a parte, la lente di cristallo traeva energia da una piccola batteria ad energia magica. Il nome tecnico di questi congegni era Accumulatore Magico ad Energia Magica o Psichica, e un filo li metteva in comunicazione con il pulsante ON. Ma tutti li chiamavano semplicemente “Bricchette Magiche” o “Accumulatori di energia.”
Il modo più semplice per crearne una era di accumulare energia vitale da maghi o sacerdoti durante la preghiera o i riti magici. Un metodo molto diffuso nella Confederazione, e in molti paesi del Continente Meridionale e Orientale.
Più precisamente, i sacerdoti e le sacerdotesse del Continente meridionale e orientale controllavano il processo di raccolta dell'energia vitale dai novizi. E i novizi, a loro volta, pregavano in stanze speciali con formule magiche alle pareti. Le formule magiche concentravano lì la loro energia, che anticamente veniva raccolta in vasi di terracotta, e negli ultimi cento anni in contenitori di plastica, dov’erano incise altre formule magiche in grado di intrappolare l’energia al loro interno. In tal modo si otteneva una sorta di accumulatore, una bricchetta energetica primitiva.
Era un onore essere novizio in un tempio del Continente Orientale o Meridionale. Pagava bene, e i novizi godevano di numerosi privilegi.
Poi, dopo due o tre anni, la maggior parte dei novizi lasciava le mura dei propri templi. Quelli più dotati, senza distinzione di sesso, diventavano apprendisti di grandi maghi e un giorno ne avrebbero preso il posto.
Il motivo di tutto ciò era chiaro: era mentalmente debilitante fornire energia vitale per più di tre anni. Chi lo faceva, viveva poco.
Nella Confederazione abbondavano i templi della Dea della Terra e del dio del sole Hors. Ma le loro sacerdotesse erano speciali. Si credeva che fossero state benedette dagli dei stessi duecento anni prima, che le avevano dotate di una bellezza incredibile e unica. Tutte le ragazze, infatti, avevano capelli biondi e occhi dorati. In più godevano del dono dell’immortalità e della eterna giovinezza: quando compivano venticinque anni, grazie al soffio vitale illimitato che gli dei avevano donato loro, tornavano alle sembianze di bambine decenni.
A differenza di ciò che succedeva nei confronti del Sovrano della Luce, nessun Regno metteva in dubbio l'autenticità delle sacerdotesse della Confederazione, che erano ben centomila. Com’è possibile, infatti, trovare ogni quindici anni centomila bambine di dieci anni, per di più simili tra loro, bellissime e con gli occhi dorati? Il dorato è un colore eccezionalmente raro. E poi: dove nascondere ogni volta le centomila ragazze venticinquenni sostituite? Per di più così belle e inconfondibili?
Certo, i capelli potevano essere tinti, ma gli occhi? Non, era impossibile. Non c’era magia al mondo che poteva cambiare il colore degli occhi. E se mai avessero portato speciali lenti colorate, un acquisto quindicinale così spropositato avrebbe prima o poi allertato i media dei continenti settentrionale, meridionale e orientale, e già da molto tempo. E infine la notizia sarebbe arrivata alle orecchie dell’odiata Alleanza. Inoltre, le lenti colorate erano state inventate solo negli ultimi trent'anni. E le prove documentali che le sacerdotesse dagli occhi d'oro della Confederazione esistevano da duecento anni si sprecavano. La loro presenza destava timore e venerazione molto più di quella del Sovrano della Luce. Per fortuna, le sacerdotesse non si occupavano di questioni militari, e vivevano lontane dalle preoccupazioni terrene.
Tornando a noi, c’erano vari modi per creare le batterie magiche delle lenti di cristallo. Ad esempio, i contadini macellavano il bestiame in stanze speciali con formule magiche alle pareti che raccoglievano l'energia vitale degli animali. Questo metodo era noto fin dall'antichità e attivamente praticato nel Continente settentrionale. Ma l’energia animale non copriva il fabbisogno dell’intero Continente. Così, alla bisogna, era possibile acquistare all’estero i piccoli accumulatori.
Il secondo metodo, inventato mezzo secolo prima dall'Alleanza, era quello di raccogliere l'energia emotiva in eccesso nelle grandi città. Per questo erano stati installati dei grossi accumulatori speciali con incise delle formule magiche, in grado di “catturare” l’energia psichica extra della gente. Era un metodo abbastanza sicuro, innocuo, ma non si riusciva mai ad accumulare tanta energia. Inoltre gli accumulatori urbani costavano un sacco di soldi.
L'Alleanza ne aveva parecchi, ma poi finiva per acquistarli nei paesi del Continente Orientale e Meridionale. Anche il Regno di Seltsam aveva provato a produrne un certo numero, ma poi aveva optato per l’acquisto dai Continenti Orientali e Meridionali, oltre che dalla Confederazione.
Naturalmente, le persone usavano anche elettricità, gas e petrolio. Ma, ahimè, l'elettricità non poteva risolvere tutti i problemi dell'umanità. Grazie ad essa, l'illuminazione stradale, quella privata e alcune attrezzature funzionavano. Il gas veniva usato per le stufe e i fornelli ( anche se c’erano molte stufe ad accumulatore magico), mentre i treni a lunga percorrenza funzionavano con motori a carbone, così come la maggior parte delle fabbriche e industrie. Il petrolio era ancora fondamentale per la produzione della plastica. Alcune auto andavano a benzina, ma si pensava di sostituirle con qualcosa di più adatto.
Insomma, quasi tutti i veicoli, i sistemi e le attrezzature, e perfino i mezzi pubblici, funzionavano ormai con gli accumulatori a energia psichica. Pertanto, ce n’erano di tutti i tipi e dimensioni, a seconda di quanta ne dovessero contenere. Ce n’erano di specifici per le lenti Cryst e di volume e materiale omologato per le auto, che potevano essere sostituiti in apposite stazioni di servizio. I mezzi urbani avevano i propri, di misura standard, e così via. L'elenco potrebbe continuare all'infinito, perché gli accumulatori magici erano fondamentali per la vita di tutti i giorni.
Avril sapeva già queste cose. Ciò che la turbava non era certo il numero e l’utilizzo di queste pile. Ma le era giunta voce che in alcuni templi dei continenti orientale e meridionale le novizie, non riuscendo a trovare lavoro, erano costrette a rimanere nei templi, e molte vi morivano inspiegabilmente prima di raggiungere i trent’anni.
Avril aveva anche sentito dire che gli scarichi di petrolio, gas e carbone danneggiavano l'ambiente. Ma nemmeno questo le importava.
Forse sarebbe corretto dire: ad Avril non interessava nulla al di fuori di se stessa e della sua bellezza. Amava guardarsi allo specchio, era felice se riusciva a non ingrassare e quando poteva acquistare vestiti all’ultima moda o rossetti color ciliegia, che era il suo colore preferito.
Per lei, nulla era più eccitante che sentirsi bella e prendersi cura di sé. Tutto il resto era pura noia.
La voce della mamma la riscosse dai suoi pensieri:
“A proposito, cara figlia, ricordi che oggi in classe presenteranno i moduli di orientamento professionale, vero?”
“Certo che me lo ricordo! Scriverò che voglio fare la modella!” sorrise la ragazza.
“Se è questo che vuoi, allora Amen!” sospirò la donna.
Non voleva interferire con le scelte personali di sua figlia, ma a volte le dispiaceva che Avril non avesse altre ambizioni. Non riuscendo a resistere, aggiunse:
“Avril, hai voti alti in matematica, fisica, chimica, biologia e formule magiche di base! Conosci bene tutti i libri di magia della biblioteca di tuo padre da quando avevi dodici anni. Non credi di poter fare qualcosa di meglio, che la modella?”
“No, non credo proprio. - esclamò lei con decisione - Per me, la matematica, la fisica, la chimica, la biologia e le formule magiche sono così semplici e scontate che mi annoiano. Le conosco da che ero piccola. Per questo leggevo i libri di papà, perché speravo di trovare delle formule magiche per farmi i cosmetici da sola. Alcune le ho anche trovate, ma non ho mai avuto i materiali per usarle. I cosmetici naturali che si vendono oggi, senza siliconi e parabeni, non sono affatto alla moda! Così non mi resta che comprare ciò che mi piace con la paghetta settimanale che mi dà papà.”
Era vero. Malgrado non pensasse ad altro che alla sua bellezza, Avril era una ragazza intelligente e molto dotata nelle scienze esatte e nella magia. In un certo senso, era quasi un genio. Al punto che le scienze le sembravano troppo ovvie e l’annoiavano. Restava sempre molto sorpresa quando i suoi compagni di classe sembravano non capirle, e così non li stimava. Comunque, aveva proprio “il culto” della bellezza.
... Presto Avril finì di fare colazione. Prese la sua borsa rosa alla moda con i libri di testo e i suoi quaderni, salutò la mamma e uscì in cortile. Lì, il giardiniere - autista, il signor Claude, l’aspettava per accompagnarla a scuola.
La ragazza lo salutò educatamente. Era sempre gentile con il personale domestico e con le altre persone: dopotutto, una bella signora deve praticare le buone maniere!
Claude andò ad aprire il garage e ad avviare la macchina. Proprio in quel momento, Avril notò un gatto nero su uno dei vialetti del giardino. Era di taglia media, a pelo nero lungo e ben curato, occhi gialli e un buffo nasino rosa. Il gatto non aveva il collarino, ma non sembrava un randagio, perché era troppo ben curato.
“Da dove vieni, gattino? - Avril gli chiese con dolcezza, avvicinandosi al micio - Sei il gatto dei vicini? Mi sembrava che avessero un gatto grigio... Forse ne hanno preso un altro? Non credevo se lo potessero permettere! E come mai hai il naso rosa? Di solito i gatti neri hanno anche il naso nero...”
Era costoso avere animali domestici, nell'Alleanza. Per ogni animale domestico i proprietari pagavano tasse molto più alte che per una macchina nuova. Tasse che raddoppiavano ad ogni nuovo animaletto.
Tutto a causa dei problemi climatici. Per esempio: in periodi di siccità, l’acqua scarseggiava un po’ ovunque e la fornitura domestica veniva limitata. Ma anche gli animali hanno bisogno d’acqua. Quindi, i governanti dei paesi dell’Alleanza avevano deciso, già molti anni addietro, che un animale domestico doveva essere considerato un essere umano e pagare eguali tasse. In fondo, un cane o un gatto non sono animali da fattoria, non sono utili, e una persona può facilmente vivere senza averne uno. Esclusi i cani per i ciechi o gli animali utili, chi aveva un compagno peloso in casa doveva pagare per godere della loro compagnia, e molto.
La tassa sugli animali domestici era stata molto impopolare, all’epoca. La gente si era indignata alla frase: “Un animale da compagnia è qualcosa di cui chiunque può fare a meno.” Ci furono proteste in tutti i regni. La gente scese perfino in strada con degli striscioni su cui era scritto: “Gli animali domestici sono nostri amici!” Oppure “Gli animali domestici sono membri della famiglia!” e cose di questo tipo. Ma la tassa rimase, e nel tempo lievitò così tanto che ormai solo i ricchi potevano permettersi un amico peloso in famiglia. Anche per i criceti e i pesci rossi si pagavano tasse, sebbeno meno pesanti.
“Miao!” disse il gatto, facendosi di lato. Poi si fermò di botto e piazzò gli occhi in quelli di Avril.
“Che c’è? Vuoi dirmi qualcosa? - si sorprese la ragazza - Ti sei perso? Sei uscito di casa e non sai tornare? Ho sempre più il sospetto che sei il nuovo gatto dei vicini! Stupidi irresponsabili: potrebbero perderti!”
“Miao.” disse di nuovo il gatto.
“Va bene, ci penso io. - annuì la signorina Edelweiss -Ti metto sulla staccionata, così potrai tornare a casa.”
Provò a prendere la bestiola, ma quella scappò via.
“Dove vai?” gli gridò dietro la ragazza.
“Signorina Avril, se non si sbriga faremo tardi a scuola!” la chiamò il signor Claude.
“Lo so, ma c’è quel gatto che si è perso!” rispose lei.
“Oh! È vero! Sarà il nuovo gatto dei vicini?” disse l'uomo, sorpreso.
“Non lo so, ma sembra che non riesca a saltare il recinto.” sospirò Avril.
Poi si avvicinò di nuovo al gatto, che rimase immobile a guardarla.
“Voglio solo aiutarti! Perché scappi, stupido?” chiese dispiaciuta la ragazza, prendendo tra le braccia la palla di pelo.
Naturalmente, non si aspettava di sentire una risposta. Ma improvvisamente, il gatto, come se avesse capito ogni sua parola, alzò una zampa e indicò qualcosa. E un attimo dopo, Avril si rese conto con raccapriccio di trovarsi in mezzo alla nebbia.
“Che succede? - esclamò lei, sorpresa - Da dove viene questa nebbia improvvisa?”
La ragazza si guardò intorno, ma non vide nulla: tutto sembrava ricoperto da una coltre bianca.
“Mamma? Signor Claude? - chiamò Avril - Dove siete?”
Ma non ebbe risposta.
“Mamma? Signor Claude?” ripeté la ragazza, ormai visibilmente atterrita.
“Miao!” miagolò il gatto.
E di nuovo indicò qualcosa con la zampa. Avril guardò nella direzione indicata e di botto la nebbia si diradò, e lei si ritrovò in un luogo sconosciuto.
Avril rimase stupita al vedere che non si trovava più nel giardino di casa, ma in una sala con alte volte e muri di pietra di colore bianco - argento. Le colonne sostenevano le volte, e il soffitto era decorato con intricati disegni raffiguranti formule magiche che la ragazza non aveva mai visto prima. E di fronte a lei, al centro della sala, c'era un trono d'argento.
Era un semplice trono, senza alcun tipo di decorazioni. Molto essenziale.
“Dove sono?..” chiese sorpresa la ragazza.
All'improvviso una voce sembrò echeggiare dappertutto:
“Vi siete sbagliati! Lei non ha nulla a che fare con questo posto! Non dovrebbe stare qui!”
“Miao?” miagolò il gatto, sorpreso.
“E così, ti sei sbagliato! - ripeté la voce, che adesso sembrava provenire dal trono - Non vedi che lei non fa parte di quelli che sono destinati ad aiutare?”
“Miao!” esclamò il gatto, con tono di scusa.
E, come se comparisse dal nulla, un'ombra apparve sul trono, che prese le sembianze di un bambino di circa sette anni vestito di una semplice tunica bianca. Non era chiaro se fosse un maschio o una femmina. Ma non era una cosa importante. E’ che quel bambino era strano. Aveva un occhio marrone e l'altro blu. E anche la metà esatta dei suoi capelli era bionda, mentre l’altra era bruna.
“Vai, mia compenetrazione, mia compassione, e non commettere più errori. Non possiamo permettere a chi non è destinato di raggiungere il Trono dell’Anima.” disse il bambino.
“Miao.” concordò il gatto, e saltò giù dalle braccia di Avril, atterrando dolcemente accanto a lei.
“E tu - disse il ragazzo, rivolto ad Avril - torna indietro. Non dovresti essere qui.”
“Chi sei? E dove siamo? - chiese Avril, stupita - Cosa sono quelle formule magiche sul soffitto? Non le ho mai viste prima!”
“Hmm?.. Hai capito che sono formule magiche? - esclamò il bambino, con meraviglia - Forse il Gatto non ha sbagliato a portarti qui. Anche se non sei il tipo che cercava la mia Simpatia perché, a quanto pare, non nutri interesse per il mondo che ti circonda. Sarebbe bello se mostrassi un po' più di attenzione per quello che hai attorno. Se le formule del Trono dell'Anima possono risvegliare in te la curiosità, così sia... In ogni caso, è tempo che tu torni indietro. Ma non cancellerò questo ricordo dalla tua mente. Ricorda e rifletti. Prova a capire il segreto che nascondono quelle formule magiche!”
Il bambino sorrise e improvvisamente ogni cosa fu avvolta nuovamente dalla nebbia. Subito dopo, Avril si ritrovò nel giardino di casa sua.
“Oh? Che cosa è successo?” disse, scuotendo la testa per cercare di capire cosa era accaduto.
“Miao!” miagolò ancora il gatto.
Avril si voltò e vide al suo fianco lo stesso gatto nero di prima.
“Aspetta! Cosa è successo?” esclamò la ragazza cercando di raggiungere l’animale.
Ma - che sfortuna! - il gatto si mise a correre, balzò in un cespuglio e scomparve...
“Signorina Avril, faremo tardi!” ripeté Claude, come se non si fosse accorto di nulla.
“Ma…C’era la nebbia - e quel gatto…“ mormorò la ragazza, confusa.
“Gatto? Le è appena saltato di mano, signora Avril! Ed è scomparso tra i cespugli! Probabilmente è così, è il nuovo gatto dei vicini! O forse ha fatto una capatina qui dalla strada!” la rassicurò il giardiniere - autista. “Non ci badi, i gatti sono animali indipendenti! Quando ero piccolo, i miei genitori mi parlavano spesso degli animali domestici. Avevano due gatti e un cane, quando vivevano al villaggio! Ma poi, con quelle nuove tasse sugli animali da compagnia…Alla fine non se li sono più potuti permettere... I cani guida non pagano tante tasse, ma costano un sacco di soldi! Ormai, anche avere un randagio è diventato un lusso…anche se vivere senza cani e gatti è un vero peccato. In fondo, i gatti danno la caccia ai topi e i cani fanno la guardia…”
“I gatti danno la caccia ai topi? E tutti i cani, non solo quelli guida, fanno da guardia?” si stupì la ragazza.
Aveva saputo dell’esistenza degli animali domestici solo dalle sue lenti di cristallo, nei programmi tv; e talvolta ne aveva visto uno da vicino, magari di proprietà di qualche vicino ricco, come quello della porta accanto. La sua famiglia non poteva permettersi animali da compagnia, malgrado il padre avesse un ottimo stipendio come ingegnere militare. Ma quelle tasse sugli animali erano così alte che averne uno avrebbe inciso negativamente sul budget familiare.
Ogni tanto in tv davano dei programmi sugli animali da compagnia, mostrando i gatti come animali pigri e coccoloni, e i cani vezzosi e abbigliati con vari abitini. Avril non aveva mai visto un bastardone…o almeno non le sembrava. Gli animali da compagnia non giravano da soli per le strade, e ormai tutti i randagi erano scomparsi dalle strade cittadine, dopo che erano state istituite quelle tasse. Ad Avril non era mai interessato guardare le loro foto in biblioteca con delle lenti apposite, o approfondire l’argomento alla tv.
“Signor. Claude, e quella nebbia? - insistette Avril - In mezzo c’era un bambino!”
“La nebbia e un bambino? È un nuovo programma tv?” mormorò l’uomo, convinto che Avril stesse parlando tra sé.
“No, niente... credo di aver sognato ad occhi aperti..” si corresse subito la ragazza, quando si accorse che il signor Claude non si era accorto di nulla.
“Che strano! - pensò - Mi sono immaginata tutto? Ma il signor Claude il gatto lo ha visto...”
“Oh, signorina Avril! Mi sono distratto, perdoni! Dobbiamo correre a scuola! Si è fatto tardi!” esclamò l'autista-giardiniere, come tornando in sé.
“Sì, a scuola...” Avril mormorò, perplessa.
In un attimo era in macchina, col signor Claude che guidava come un pazzo verso la scuola. Ma Avril si sentiva turbata e, per la prima volta nella sua vita, anche incuriosita da quello che era successo. Sì, quello che aveva visto aveva risvegliato la sua curiosità.
“Devo assolutamente capire cosa mi è successo!” si ripromise, con decisione.
Avril non lo sapeva, ma gli avvenimenti di quella mattina avrebbero influenzato per sempre il suo futuro...
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