Kitabı oku: «I minatori dell' Alaska», sayfa 2
III – CODA SCREZIATA
I due cow-boys, lasciato il carro, salirono sui due mustani, spinsero il bestiame, che s’era già sparso per la prateria, verso l’accampamento, affinché qualche capo non venisse assalito dai lupi, poi ripartirono al galoppo in direzione del bosco, volendo accertarsi sulla sorte dei compagni dello scotennato. Bastarono quindici minuti a quei veloci cavalli per trasportare i loro cavalieri presso il carro, che giaceva ancora allo stesso posto, il che indicava come gli indiani non fossero più tornati. I due cow-boy; batterono le erbe per un largo tratto sperando di trovare qualche altro ferito, e non vedendone alcuno, si cacciarono sotto il bosco formato da macchie di querce nere, di amelanci del Canada, di pioppi e di ontani. S’arrestarono un momento sul margine, per timore di cadere in qualche imboscata, poi rassicurati dal profondo silenzio, si spinsero lentamente innanzi, con gli occhi vigili, e le dita sul grilletto dei fucili. Si erano appena inoltrati di trenta o quaranta passi, quando scopersero le tracce della lotta. Dapprima fu il cadavere di un indiano, il cui viso era stato già divorato dai lupi della prateria, poi alcune casse sventrate, quindi delle lance spezzate, poi un cavallo morto.
– Si sono battuti anche nel bosco, – disse Bennie, che guardava attentamente a destra e a manca. – Temo però che i lupi abbiano completato l’opera degli indiani.
– Cerchiamo, – disse Back. – Talvolta i lupi non osano gettarsi su un uomo ferito.
– È vero, però non sento alcuna chiamata.
– Se provassimo a chiamare noi?…
– Sarebbe forse un’imprudenza. Chi mi assicura che non vi sia qualche indiano nascosto?…
– Lo credi?…
– Lo sospetto. Ehm!…
– Che cos’hai?…
– Il cadavere di un uomo bianco.
– Dove?…
– Presso quel cespuglio di rose canine.
Back era prontamente balzato di sella e si era avvicinato rapidamente al cadavere scoperto dal canadese. Era un uomo ancora giovane, grosso, robusto. Giaceva addossato al cespuglio di rose, con le mani raggrinzate attorno al viso. Come il suo compagno salvato dai cow-boys, era stato scotennato, e per di più aveva ricevuto due colpi di lancia in pieno petto e una palla di fucile in viso.
– Morto?… – chiese Bennie.
– Freddo – rispose Back. – Di questo povero corpo gli indiani hanno fatto un vero macello.
– Rimonta in sella e andiamo a cercare gli altri.
– E lo lasceremo ai lupi?…
– Se avremo tempo, torneremo a sotterrarlo, tuttavia temo di non poterlo sottrarre ai lupi.
– E perché, Bennie?…
– Hai dimenticato il ragazzo?…
– Quello che gli indiani hanno fatto prigioniero?…
– Sì, Back.
– Vuoi salvarlo?…
– Almeno tentare. Suvvia, in sella; ne riparleremo più tardi.
Back s’affrettò a obbedire, e i due cow-boys ripresero la triste esplorazione, cacciandosi in mezzo ai boschi. Venti passi più avanti fu scoperto un altro indiano morto, poi due altri cavalli, e un po’ più oltre, presso un gruppo di rododendri rossi, trovarono i due altri compagni dello scotennato. Uno era stato semidivorato dai lupi, l’altro non ancora, ma entrambi avevano lasciate le loro capigliature nelle mani degli indiani e avevano ricevuto delle ferite mortali, prodotte dai tomahawk, le formidabili scuri dei guerrieri rossi dell’America settentrionale. I due cow-boys, ormai certi della triste sorte toccata ai compagni dello scotennato, stavano per ritornare nella prateria, quando udirono echeggiare un grido che pareva come il lamento di un bambino.
– Che cos’è questo?… – chiese Back, stupito.
– Pare il grido dell’uccello beffatore, – disse il canadese – potrebbe anche essere un segnale.
– Di chi?…
– Aspetta un po’, amico, e intanto non abbandonare il fucile.
Il canadese si rizzò sulle staffe e guardò attentamente fra gli alberi.
Dopo una lunga osservazione, riuscì a scorgere un uccello dalle penne grige con le zampe lunghe e nere.
– C’è fra i rami di quella quercia nera un uccello beffatore, un volatile che si diverte a imitare tutti i canti degli uccelli e anche i suoni che sente, ma mi è sembrato che quel lamento venisse da terra.
– Che cosa vuoi dire?…
– Uhm!… Non lo so nemmeno io. Ehi!… Corna di bisonte!…
– Che cos’hai, Bennie?…
– Non vedi agitarsi impercettibilmente i rami di quel cespuglio di sommacchi?…
– Sì, vedo oscillare le foglie.
– C’è laggiù qualcuno che cerca di andarsene, senza il nostro permesso. Imbraccia il fucile e non muoverti.
– Tengo la canna tesa verso quei cespugli.
Il canadese era sceso di sella. Si fermò qualche istante, poi si distese al suolo, appoggiando un orecchio contro terra. Stette in ascolto qualche minuto, poi, quando s’alzò, il suo volto, di solito così calmo, dimostrava qualche inquietudine.
– Back – mormorò. – Non abbandonare il mio cavallo e stai pronto a tutto. Qualcuno striscia laggiù.
Il canadese, rotto a tutte le astuzie, pratico della prateria e dei boschi, non doveva essersi ingannato. Il suo udito acuto di vecchio cacciatore, aveva raccolto il rumore leggero prodotto da un corpo strisciante sul terreno. Tenendosi curvo, per essere più pronto ad evitare qualche improvvisa scarica, non ignorando che un certo numero di indiani possedevano eccellenti armi da fuoco a ripetizione, si diresse silenziosamente verso la macchia di sommacchi. Back, sempre in sella, lo seguiva attentamente con lo sguardo, tenendo il fucile puntato. Giunto presso i primi cespugli, il canadese si gettò a terra, mettendosi a strisciare lungo i margini, con infinite precauzioni, per non tradire la sua presenza, poi d’un tratto si rizzò puntando il fucile in mezzo alla macchia.
– Arrenditi, briccone, o ti caccio una palla nel cranio!… – gridò.
A quell’intimazione, pronunziata con tono minaccioso, un uomo era sorto improvvisamente fra le piante, dicendo, con voce perfettamente tranquilla:
– Mio fratello, il viso pallido non conosce dunque più suo fratello Coda Screziata?…
Colui che così aveva parlato, era un indiano di bella statura, come lo sono in generale tutti quelli appartenenti alla numerosa tribù dei Corvi, chiamata anche dei Paunch, ossia Grandi Ventri, che dalle montagne della Columbia signoreggiavano fino al Peace e al lago Athabasca e anche più a settentrione, contendendo il primato alle tribù bellicose dei Piedi Neri e degli Indiani Serpenti. Era alto, con un ampio torace, una muscolatura asciutta e poderosa, gli zigomi del volto sporgenti, tatuati di rosso, il naso un po’ convesso, la bocca grande, con labbra sottili e gli occhi neri, infossati, dal taglio piuttosto piccolo. Non aveva peli sul volto, avendo gli indiani delle due Americhe l’abitudine di strapparseli con grande cura; in compenso sfoggiava una lunga capigliatura rigida e nera, che contrastava stranamente con la tinta color rame del volto. Bennie aveva gettato sull’indiano un rapido sguardo, per vedere di quali armi disponeva, ma non gliene vide alcuna, nè in mano, nè indosso. Il Corvo aveva sostenuto quell’esame senza fare un gesto, conservando quell’aria grave, maestosa, particolare agli uomini della sua tribù.
– Ah!… – esclamò Bennie, affettando un vero stupore. – Come mai trovo nascosto qui mio fratello Coda Screziata?… Era molto tempo che non lo vedevo, e lo credevo sul sentiero di guerra con Nube Rossa per vendicare le ingiurie dei Piedi Neri.
– Intatti è molto tempo che non vedo mio fratello il viso pallido, – rispose l’indiano. – L’ho veduto l’ultima volta nella stagione delle foglie pendenti.
– È vero, – disse Bennie, senza però abbassare il fucile. – Mio fratello Coda Screziata cercava forse qui le tracce dei Piedi Neri?…
– No, l’ikkischota non ha ancora radunato la tribù.
– Che cosa cercava dunque qui mio fratello?…
– Aspettava i tacchini selvatici. A giorni dobbiamo celebrare la danza dei bisonti, e mio fratello sa che
quest’anno la grossa selvaggina è mancata.
– Credevo che seguisse invece il sentiero di guerra, – disse Bennie, con ironia.
– E perché mio fratello viso pallido credeva ciò?…
– Perché ho visto dei cadaveri nella prateria, e non lontano di qui.
L’indiano guardò il cow-boy con occhi che lampeggiavano, però quel lampo si spense subito, e riprese, senza abbandonare la calma:
– Mio fratello viso pallido ha veduto dei cadaveri?… Allora bisogna che mi affretti a tornare alla mia tribù per avvertire Nube Rossa. La Grande Madre dei bianchi vuole che si rispettino i suoi sudditi e noi vendicheremo coloro che sono stati uccisi.
– Conoscete chi sono stati gli assalitori?…
– Saranno stati i Piedi Neri. Bennie aveva risposto con una risata. L’indiano lo guardò con occhi foschi, poi, incrociando le braccia sull’ampio petto, disse, in tono ironico:
– Mio fratello è allegro?… Si vede che nel suo carro ha ancora una bella provvista d’acqua di fuoco.
– No. – rispose Bennie. – Il fratello bianco non ne ha più da gran tempo, e stamane non ha bevuto che dell’acqua. Ride perché lo credi troppo ingenuo.
– Che vuoi dire?…
– Che tuo fratello il viso pallido conosce gli indiani che hanno scotennato i proprietari del carro che si trova sul margine del bosco.
– Hugh! – fece l’indiano, senza perdere la calma. – Allora mio fratello me lo dica!
– Certo.
– Chi sono dunque?
– I Grandi Ventri.
– Ah!… Cane! – urlò l’indiano, facendo atto di abbassarsi per raccogliere qualcosa che teneva nascosto fra i cespugli. Bennie che stava in guardia, s’era lanciato rapidamente in avanti e puntandogli il fucile sul petto, gli aveva gridato con tono minaccioso:
– Fermati o t’uccido!…
L’indiano, comprendendo che la sua vita era in pericolo, si era raddrizzato, e incrociando le braccia aveva risposto con la solita calma.
– È la guerra che il fratello bianco desidera?… Non sa dunque che Coda Screziata è un guerriero rispettato dalla sua tribù, e che là sua morte verrebbe vendicata?…
– Lo so, – rispose il cow-boy, – e non è la guerra con i Grandi Ventri che io desidero, nè ho alcuna intenzione di uccidere mio fratello rosso. Solo voglio che mi segua al campo e rimanga in ostaggio fino a che avrò visto Nube Rossa e avrò parlato a lui.
– Io, prigioniero?…
– Sì, mio caro, e ti avverto che, se ti ostinassi a non seguirmi, sarei costretto a cacciarti in corpo la palla del mio fucile.
– E che cosa vuoi fare di me, mio fratello?…
– Assolutamente nulla. Mangerà alla mia tavola, fumerà quanto tabacco vorrà, berrà quel po’ di whisky che ancora possiedo e niente altro. Mi hai capito?… Ospite mio o una palla nel cuore.
– E quando potrò ritornare presso la mia tribù?
– Molto presto, se Nube Rossa sarà ragionevole.
– Potrò portare con me le mie armi?…
– Mio fratello le lasci dove si trovano; le riprenderà quando non sarà più mio ospite. Il whisky può giocargli qualche brutto tiro e in un momento di malumore potrebbe indurlo a strapparmi la capigliatura, mentre io tengo ai miei capelli considerato che, nella prateria, le parrucche non spuntano sulle cime dei buffalo-grass. Suvvia, abbiamo chiacchierato abbastanza, per ora. Mio fratello l’uomo rosso venga a pranzare con noi. Dopo tutto, un bel pezzo di sanguinaccio di bisonte vale molto più di una palla nello stomaco.
L’indiano lo guardò in silenzio per alcuni istanti con due occhi animati da una cupa fiamma che tradiva l’intenso desiderio di sbarazzarsi del fratello bianco, poi fece col capo un cenno affermativo, dicendo brevemente:
– Sia.
– Ecco che Coda Screziata diventa ragionevole – disse Bennie, ridendo. – Lascia i cespugli e cammina davanti ai nostri cavalli: noi faremo da scorta d’onore.
Il Corvo, quantunque a malincuore, obbedì senza più osare di abbassarsi per raccogliere le armi, che aveva lasciate cadere fra i cespugli. Bennie lo seguì senza disarmare il fucile, salì sul suo mustano e il piccolo drappello lasciò il bosco, inoltrandosi nella prateria, in mezzo alla quale giganteggiava il carro monumentale, circondato dai buoi e dai cavalli, che pascolavano.
L’indiano marciava col passo allungato abituale ai pellirosse, i quali, se sono i più abili cavalieri, sono anche i camminatori più instancabili del continente americano, essendo capaci di attraversare distanze di cento chilometri in una sola notte. Coda Screziata non dava segno d’inquietudine, nè di paura, però i suoi occhi scrutavano con particolare attenzione le erbe, e, fingendo di volgere distrattamente il capo, non perdeva di vista una sola mossa dei due cavalieri, pronto ad approfittare della più piccola distrazione per prendere il largo. Bennie, però, non era uomo da lasciargli scampo. Se l’indiano lo spiava anche lui non staccava gli occhi dal prigioniero e non abbandonava il fucile; per di più Back, da vero messicano, aveva sciolta una lunga corda di pelle intrecciata, terminante in un anello di ferro, il lazo adoperato per prendere i cavalli selvaggi e i buoi, che poteva servire benissimo anche contro il Corvo, se questi avesse avuto l’intenzione di fuggire Quando giunsero presso il carro udirono lo scotennato domandare con voce ancora fioca:
– Siete voi, amici?…
Coda Screziata si era bruscamente arrestato, guardando i due cow-boys.
– Chi avete in compagnia?… – chiese.
– Una tua conoscenza, – rispose Bennie, sorridendo.
– Un viso pallido?…
– Sì.
– Che io conosco?…
– Lo credo.
Bennie era disceso dal cavallo, dopo aver fatto cenno a Back di vegliare sull’indiano, ed era salito sul carro. Lo scotennato, vedendolo, si era alzato, sforzandosi di sorridergli. Cercò aprire le labbra per parlare, ma il cow-boy lo prevenne dicendogli:
– Vi comprendo. Non abbiate timore; il ragazzo sarà presto salvato.
– L’avete visto?…
– No, però prima che il sole tramonti avrò visto Nube Rossa.
– E ve lo cederà?
– Lo spero, se gli premerà salvare la pelle di Coda Screziata. Abbiamo fatto una buona presa che vale il ragazzo
– Ah!
– Lasciate fare a me, amico. Noi lo salveremo, ve lo prometto.
– Temo che lo uccidano prima che voi vi rechiate da Nube Rossa.
– Se si fosse trattato di un uomo, non avrei dato a quest’ora una pipata di tabacco per la sua pelle; ma si tratta fortunatamente di un ragazzo, e gli indiani hanno la buona abitudine di adottarli, anziché di ucciderli. Riposate tranquillo, e se avete bisogno di qualche cosa chiamatemi.
– Grazie, – rispose lo scotennato, adagiandosi di nuovo.
– Soffrite ancora molto?
– Oh… sì, molto.
– Vi credo, ma guarirete, non dubitate.
Il cow-boy gli mise a fianco una fiasca d’acqua, mescolata con un po’ di whisky, gli fece cenno di non muoversi e ridiscese dal carro.
IV – ATTRAVERSO LA PRATERIA
Quando Bennie ebbe raggiunti i cavalli, trovò Coda Screziata seduto a terra, con le gambe ripiegate in modo da far gravare tutto il peso del corpo sui talloni, mentre Back stava accendendo il fuoco dentro una piccola buca scavata in un pezzo di terreno già accuratamente privato delle erbe, per evitare uno di quegli spaventosi incendi, così frequenti in quelle immense praterie, che sono causa di veri disastri, distruggendo non solo enormi quantità di selvaggina, ma anche buoi e cavalli, e talvolta intere tribù di indiani, o convogli di emigranti. Bennie, visto che l’indiano era tranquillo, come se si fosse rassegnato alla sua sorte, s’affrettò ad aiutare il compagno a preparare la colazione, tanto più che l’aria mattutina gli aveva stuzzicato l’appetito. Allestì rapidamente le così dette flat-jacks, specie di focacce che s’impastano al momento e si cucinano dentro una buca scavata nel suolo, fece friggere alcuni pezzi di prosciutto salato e pose sui carboni alcuni sanguinacci di prateria, specie di salami formati con intestini grassi di bue, o di bisonte e riempiti di carne tritata e di sangue.
Quando tutto fu pronto, i due cow-boys si sedettero di fronte all’indiano, invitandolo a mangiare le tiepide focacce esalanti quel profumo delizioso particolare del pane caldo, il prosciutto e gli appetitosi sanguinacci accuratamente rosolati. Coda Screziata non si fece pregare. Mai forse in vita sua aveva nuotato in tanta abbondanza, essendo oggi, i poveri guerrieri della prateria, quasi sempre in lotta con la fame, a causa della scarsità di selvaggina, e soprattutto a causa della quasi totale sparizione delle immense mandrie di bisonti. Quantunque si crucciasse di trovarsi prigioniero, fece molto onore al pasto e baciò più volte, con molta espansione, una bottiglia di whisky che Bennie aveva preso nel carro. Il vecchio scorridore, che era diventato di una amabilità straordinaria, si era guardato bene dal moderare l’entusiasmo dell’indiano per quella bottiglia, anzi avendone portate con sè un paio di dozzine, per distrarsi durante le noiose guardie notturne, era andato a prenderne una seconda. Non contento, aveva avuto perfino la cortesia di offrire al guerriero rosso una pipa e del tabacco, non perché sperasse con ciò di ubriacarlo, essendo gli indiani abituati a fumare un tabacco fortissimo che usano spruzzare con acquavite, ma per eccitarlo a bere di più. Coda Screziata ne approfittò. Fumava come un turco e beveva come un vero selvaggio, ingoiando delle sorsate da far stupire un lupo di mare. La prima bottiglia era già stata vuotata e stava per scolare animosamente la seconda. Quel whisky, davvero eccellente, aveva sciolto la sua lingua, e da taciturno era diventato di una loquacità prodigiosa, narrando le sue gesta, i combattimenti ai quali aveva assistito, le tremende lotte impegnate coi Piedi Neri, i nemici secolari dei Corvi e delle Tribù delle Teste Piatte, e le torture atroci fatte subire ai prigionieri di guerra. Udendolo parlare dell›attacco notturno contro il drappello degli emigranti, Bennie lo aveva bruscamente interrotto, chiedendogli a bruciapelo:
– Sono stati uccisi tutti quei poveri diavoli?…
– Tutti meno uno, – aveva risposto l’indiano.
– E perché ne avete risparmiato uno?…
– Perché era un ragazzo incapace di difendersi.
– Lo avete forse serbato per il palo del supplizio?…
– No, era troppo giovane per sopportare dignitosamente le torture del palo.
– Allora ne avrete fatto uno schiavo.
– Sì, lo schiavo della Nube Rossa. Se sarà un valoroso, un giorno potrà venire promosso guerriero. Dei volti pallidi, rapiti giovani e cresciuti fra gli indiani, sono diventati dei capi valorosi.
– Lo so, – disse Bennie. – Ne ho conosciuto qualcuno nel Canada. Dunque tu credi che sia ancora vivo? ,
– Lo era stamane.
– Ha avuto delle ferite?…
– Nessuna.
– Nube Rossa terrà molto al suo nuovo schiavo?
– È probabile.
– E tu credi che non lo scambierebbe contro uno dei suoi guerrieri?…
– Non lo so.
– È lontano il campo di Nube Rossa?
– Si trova ora sulle rive occidentali del lago.
– Ha molti guerrieri con sè?…
– Cento e più. Aspettano in quel luogo l’arrivo dei bisonti che devono scendere dal nord.
– Ah!… Sono a caccia!
– Sì.
– E che cosa faceva Coda Screziata nel bosco, così lontano dalla sua tribù.
– Ero stato incaricato di sorvegliare…
– Continua, – disse Bennie, vedendo l’indiano esitare.
– Non ricordo più nulla – rispose il guerriero rosso, con aria imbarazzata.
– Allora mio fratello beva un altro sorso d’acqua di fuoco, – disse il cow-boy. – Si rischiarirà la mente.
Il pellirossa afferrò avidamente la bottiglia e bevette a lungo.
L’aveva appena staccata dalle labbra, che cadde bruscamente all’indietro per rimanere lungo disteso e perfettamente immobile, come se fosse stato colto da una sincope.
– Altro che rischiarare la memoria!… – esclamò Back. – Gliel’hai annebbiata del tutto.
– È quello che volevo, – rispose Bennie, ridendo. – Ora possiamo agire liberamente, senza temere che questo ubriacone ci dia noie o che, durante la nostra assenza, accoppi il ferito. Amico Back, ne so abbastanza ormai e ti dico che qui non spira aria buona nemmeno per noi. Coda Screziata sorvegliava noi per sorprenderci, te lo dice il vecchio scorridore della prateria.
– Ah!… Nube Rossa spera di farci la pelle!… Bah… È dura la nostra e, in caso disperato, si prenderà quella del nostro bestiame, ma non di certo le nostre capigliature.
– Prendi il lazo. Back e lega per bene questo ubriaco.
– Sarebbe inutile, Bennie. Non aprirà gli occhi prima di ventiquattro ore.
– È vero, tuttavia è meglio non fidarsi di questi diavoli d’uomini. Lega, e a doppi nodi, gambe e braccia, mentre io vado ad avvertire lo scotennato di ciò che stiamo per fare.
Il ferito, udendo Bennie risalire sul carro, nonostante gli acuti dolori che doveva ancora provare, si era nuovamente sollevato. Forse il suo istinto gli aveva fatto capire che l’uomo veniva a salutarlo per poi recarsi a salvare il giovane prigioniero.
– Voi state per lasciarmi è vero?… – disse, scorgendo il cow-boy.
– Sì, avete indovinato. Io vado da Nube Rossa.
Un lampo di gioia brillò negli occhi dello scotennato.
– Voi siete troppo buono, – mormorò. – Come potrò sdebitarmi di tanta amicizia?
– Eh!… Signore, nella prateria c’è l’abitudine di soccorrersi l’un l’altro. Tutti i visi pallidi diventano fratelli.
Il ferito lo guardò per alcuni istanti in silenzio, poi disse lentamente, come parlando fra sè:
– Sì, c’è il paese dell’oro.
– Che cosa dite, signore? – chiese il cow-boy, che era stato colpito da quelle parole, che risvegliavano in lui l’antica passione del minatore. – Voi parlate d’oro?…
– Sì, – rispose il ferito.
– Corna di bisonte!… Ecco una parola che mi solletica gli orecchi. Conoscete per caso qualche paese dove abbonda il prezioso minerale?…
– Silenzio, ora, – mormorò lo scotennato. – Ne parleremo più tardi. Forse vi preme di partire.
– È vero, perché il campo di Nube Rossa non è vicino.
– Quando tornerete?
– Questa sera, poiché non mi fido dell’ospitalità dei pellirosse.
– Mi lasciate solo?…
– Ne avevo intenzione, ma ora ho cambiato idea. Se qualche indiano si accorgesse che io e Back ci siamo allontanati, potrebbe approfittare della nostra assenza per uccidervi, e per liberare Coda Screziata, e, perduto l’ostaggio, sarebbe perduta anche la speranza di salvare il giovane. Addio, vi lascio il mio compagno. Siate tranquillo e sperate nel buon esito del mio tentativo.
– Grazie, – rispose lo scotennato.
Quando Bennie ridiscese, il messicano aveva già sellato i cavalli, appendendo agli arcioni alcuni sacchetti contenenti un po’ di provviste. Il cow-boy con un gesto trattenne il compagno, mentre questi stava per salire in sella.
– No, Back, – gli disse. – Noi stavamo per commettere una grossa bestialità partendo tutti e due.
– E perché?… – chiese il messicano.
– Corna di bisonte!… Credi tu che Coda Screziata fosse solo?… Io temo invece che si trovasse in compagnia di altri, i quali, più fortunati, avranno potuto prendere il largo senza farsi scorgere da noi.
– È vero, Bennie.
– Se i compagni di Coda Screziata ci spiassero?…
– Vedendoci partire, correrebbero qui a liberare l’indiano.
– Vedi bene che è necessario che tu resti. Hai paura di rimanere solo?…
– Non rimarrò precisamente solo, perché c’è anche il ferito e mi pare un tipo d’uomo capace di aiutarmi nel caso di un assalto.
– È vero.
– Sei tu invece che hai molto da temere.
– Back!… Non mi lascerò prendere, te lo assicuro. Il mio mustano fila come una locomotiva, e non si lascerà raggiungere dai mustani indiani. Io vado. Se scorgi qualcosa di sospetto barricati nel carro, e non risparmiare le munizioni; d’altronde, fra dodici o quindici ore spero di essere di ritorno.
– Addio, Bennie, e sii prudente. Il cow-boy, da uomo che sa quanto può costare un accidente, anche il più insignificante, esaminò accuratamente le cinghie della sella e le briglie, poi la carabina, le munizioni, quindi balzò agilmente in sella, facendo a Back un gesto d’addio. Il mustano, appena sentì allentare le briglia, partì al galoppo, lanciandosi sulla verde pianura che si stendeva, a perdita di vista, verso ovest, con delle leggere ondulazioni e pochi gruppi di piante.
Bennie, dopo aver messo il fucile davanti alla sella, si cacciò in bocca un grosso pezzo di tabacco, guardò se in una delle fondine ci fosse la rivoltella, arma preziosa in un combattimento corpo a corpo, poi osservò attentamente la prateria, scrutando specialmente le alte erbe, sotto le quali poteva nascondersi qualche nemico.
– Tutto va bene finora – mormorò, soddisfatto da quell’esame. – Se il diavolo non ci mette la coda, fra quattro o cinque ore fumerò il calumet nel wigwam di Nube Rossa.
Si piegò sulla sella e guardò indietro. In mezzo al verde smeraldo della pianura, spiccava nettamente il carro gigantesco con la sua bianca tela, che il sole illuminava in pieno. Attorno, dispersi a gruppi, pascolavano i buoi e i cavalli, e nel mezzo, ritto sulle staffe del suo mustano morello, si distingueva Back, il quale pareva seguisse attentamente con lo sguardo l’amico che s’allontanava.
– Alla grazia di Dio, – mormorò Bennie. – Se lascerò la capigliatura nelle mani dei Grandi Ventri, vorrà dire che sarà giunta l’ora di andarmene.
Il cavallo galoppava sempre. Quel focoso destriere, dai garretti d’acciaio, dallo slancio impetuoso, balzava agilmente sopra le grasse e alte erbe, con la criniera e la lunga coda al vento, come se fosse ritornato libero. A tratti volgeva il capo verso il cavaliere, come per vedere se era soddisfatto di quel rapido galoppo, o per reclamare qualche carezza che non si faceva attendere, poi riprendeva nuovo slancio, facendo udire un breve nitrito. La prateria non accennava a cambiare. Il terreno saliva e scendeva, sempre dolcemente, a larghe ondulazioni, coperto da erba alta e copiosa. Bennie guardava ogni cosa attentamente, pur continuando a masticare beatamente il suo tabacco. Da esperto cavaliere non abbandonava un solo istante le briglie, temendo sempre qualche sorpresa e di tratto in tratto si rizzava sulle staffe per abbracciare un maggiore orizzonte. La prateria pareva tranquilla, ma il cow-boy non si fidava di quella calma. Conosceva troppo bene l’astuzia degli indiani per abbandonarsi a una completa sicurezza. Galoppava da un’ora, mantenendo una linea rigorosamente diritta verso il nord-ovest, quando scorse, agli estremi limiti della prateria, una linea grigio-verdastra che pareva tagliasse buona parte dell’orizzonte.
– Benissimo – mormorò. – Fra venti minuti toccherò le sponde occidentali del lago.
Guardò il sole per orizzontarsi, senza essere costretto a levare la bussola che teneva in un taschino della sua camicia di flanella, poi lanciò il mustano verso quella linea oscura che doveva essere formata da qualche bosco, dicendo:
– Su, Caribou, allunga il trotto. La via è ancora lunga.
Il mustano, ripreso un istante di respirò, partì di nuovo, filando sulla prateria come un lampo. Pareva fosse veramente instancabile poiché non accennava a rallentare, quantunque avesse già percorso d’un solo tratto più di quindici chilometri. Venti minuti dopo, come il cow-boy aveva previsto, il bosco era raggiunto. Si componeva di macchie di cedri, di pinocchi, che producono pigne grossissime, lunghe un buon piede, a forma di cono e che contengono gran numero di mandorle eccellenti; di gruppi di alberi del romice, carichi di fiori bianchi, colmi di una piccola provvista d’acqua, e di salici. Bennie arrestò il cavallo, tese gli orecchi ascoltando per parecchi minuti, poi rassicurato dal silenzio che regnava in quel luogo, si inoltrò nel bosco, attraversandolo di galoppo. Giunto al margine opposto si trovò di fronte a una vasta distesa d’acqua, che si allargava verso nord, scintillando sotto i raggi del sole. Quell’ampio bacino era il Piccolo lago degli Schiavi, da non confondersi col Grande lago omonimo che si trova molto più a settentrione, al di là del 160° di latitudine, nel territorio degli Indiani Denè. Quantunque sia uno dei meno vasti, è sempre considerevole, misurando oltre cento chilometri di lunghezza su venticinque o trenta di larghezza. Formato da scoli naturali, si scarica nel fiume Athabasca, a cui è unito da una specie di canale navigabile per i canotti indiani. Bennie, dopo aver guardato attentamente le rive, balzò a terra per accordare al cavallo un po’ di riposo e, per occupare il tempo, si mise a frugare le macchie facendo raccolta di lamponi e di mortelle. Non ritenendo di fare cattivi incontri, non aveva avuto la precauzione di staccare il fucile dall’arcione, contando d’altronde di non allontanarsi che di pochi passi. Si era cacciato in mezzo a un fitto gruppo di cespugli dove aveva scorto numerosi lamponi, quando tutto a un tratto udì dinanzi a sè un sordo grugnito, e vide apparire fra i rami una grossa testa nera con un muso lungo, aguzzo, armato di denti candidi e così robusti, da spaventare qualsiasi scorridore di prateria.
– Corna di bisonte! – mormorò Bennie, che era diventato pallido.
– Un baribal?…
La grossa testa nera, coperta da un pelame corto, ispido e lucentissimo, non si era mossa. Soltanto i suoi occhi, neri e mobilissimi, guardavano sospettosamente il cow-boy, ma più con inquietudine che minacciosamente. Quell’improvviso incontro aveva così sorpreso lo scorridore, da non fargli pensare a una pronta ritirata.
Uomo e animale si guardarono così per alcuni istanti, senza osare muoversi, poi il primo fece sollecitamente un passo indietro, senza però staccare gli occhi dal suo avversario. Con la destra aveva cercato il bowie-knife, quel solido coltello adoperato dagli americani, e che in certe occasioni è preferibile a una rivoltella, e, assicuratosi che l’aveva alla cintola, aveva continuato a retrocedere, sforzandosi, con la sinistra, di allontanare i rami che gli impedivano di lasciare la macchia. Appena si sentì libero, fece un rapido voltafaccia e in due salti raggiunse il mustano, afferrando rapidamente il fucile.
– Auff!… – esclamò, respirando liberamente. – Credo di averla scampata per miracolo. Mio caro orso, se vuoi provare i tuoi artigli sulle mie carni, ti prometto di farti passare un pessimo quarto d’ora.
Anche il mustano si era accorto della vicinanza della fiera. Aveva rialzato il capo, interrompendo bruscamente il pascolo, e aveva mandato un nitrito d’inquietudine.
– Non temere, Caribou, – disse Bennie, accarezzandolo con una mano. – Ci sono io a difenderti. Ah!… Eccolo!… Fortunatamente non mi sembra di cattivo umore!