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Kitabı oku: «Racconti politici», sayfa 18

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CAPITOLO IV.
La notte della spia

Sono le nove della sera. Piove a dirotta. – La strada è buia ed allagata. – Il signor Frigerio ritorna dalla sua lunga escursione portando un fastello di erbaggi raccolti nelle montagne… Oh, se il mondo sapesse quanti sacrifizii costi ai martiri della scienza lo scoprire un arbusto, un minerale, un insetto!.. Il signor Frigerio, dopo sedici ore di cammino e di pazienti ricerche, non ha trovato ancora l'elleboro giallo. Credete voi ch'egli disperi? Domani egli intende levarsi di buon'ora e inerpicarsi sui gioghi più elevati dell'Alpi per fare nuove ricerche.

Frattanto un po' di riposo e un po' di sonno gli faranno bene. La scienza non guarentisce l'uomo dalla stanchezza e dal freddo – e il signor Frigerio, oltre all'essere spossato, è tutto fradicio e intirizzito.

Finalmente ecco la casa – la porta è chiusa – picchiamo!

Nessuno risponde.

Picchia di nuovo – muti!

– Son dunque tutti morti in questa casa?.. Ohe! la fattora! Checchina! venite ad aprire, ch'io muoio annegato dall'acquazzone!

Scorsi dieci minuti, un lumicino apparisce alla finestra…

– È lei, signor forastiero?

– Son io, Checchina! venite abbasso… e presto, per carità…

La finestra si apre, e la Checchina mette fuori il capo avvolto nella cuffia da notte.

– Io credevo che con questo tempo da inferno ella non tornasse a casa stanotte… Ora vengo subito ad aprire…! Ohimè! il lume s'è smorzato… Dove sono gli zolfanelli? Mi sono scordata di portarli nella camera… Attenda un poco… Bisogna che io scenda in cucina a tastoni!

E la finestra si chiude.

– Anche questa mi doveva capitare! pensa lo scienziato… Ma la povera donna non ci ha colpa… Basta! ne ho già presa tanta d'acqua, che quattro goccie di più non mi faranno male..

Rincantucciato sotto la tettoia, il professore attende con animo rassegnato. Egli pon mente ad ogni rumore che si parta dall'interno della casa. La Checchina è scesa dalle scale – è già entrata nella cucina – ha urtato in un tavolo – una casseruola è caduta dal muro – Due buone bestemmie – Ma dunque il diavolo ci mette la coda! Se il signor Frigerio avesse il dono della doppia vista e potesse scorgere ciò che si passa nella cucina, egli vedrebbe quattro donne sedute sul focolare, che ghignano con gusto diabolico, e ad ogni interiezione d'impazienza ch'egli si lascia sfuggire dal labbro, rispondono; crepa, maledetta spia!

Assaporata questa prima vendetta, la Checchina trovò gli zolfanelli, accese la lampada e corse ad aprire.

– Oh! la perdoni tanto… signor Frigerio…!

– Niente, buona donna! conducetemi presto nella mia camera, e fate, se è possibile, di accendere un po' di fuoco…

– Madonna benedetta! ma dove si va a trovare la legna a quest'ora…? Quel cane di fattore chiude ogni sera il granaio per paura che io consumi qualche fascina…

– Non vi inquietate, Checchina; poichè legna non c'è, legna non mi abbisogna. Mi caccierò fra le coltri… ove, non ne dubito, il sonno mi verrà presto a trovare.

Di tal guisa parlando, il signor Frigerio salì le scale, ed entrò in camera seguito dalla Checchina, la quale, dopo avergli chiesto se d'altro non abbisognasse, augurandogli colla voce la buona notte e col cuore un accidente, fuggì via come avesse l'ali.

Avete mai provata la dolce sensazione che è quella di rientrare nella propria stanza, una stanza tiepida, tranquilla, silenziosa, dopo aver camminato tutto il giorno al sole od alla pioggia? Qual voluttà nell'abbandonarvi sovra i cuscini di un morbido canapè, nello stendere le gambe e le braccia senza soggezione di sorta, a tutto vostro beneplacito! In quel primo sprofondarsi nelle piume della persona stanca, voi sentite un dolce fremito correre per le membra e salire dalle estremità inferiori fino al cervello… Oh! i filosofi hanno ragione di definire il piacere la cessazione della pena…

Il signor Frigerio ha deposti gli erbaggi sulla tavola… e allettato da un'ampia poltrona che gli stende le braccia, vi si abbandona con quell'impeto confidenziale che è tutto proprio delle parti più pesanti e meno pensanti della macchina umana… Ma appena i due corpi elastici vengono a contatto, il professore balza in piedi mettendo uno strillo come se una vipera l'avesse addentato. Sebbene le appendici della schiena sieno dai fisiologi considerate le parti meno sensibili dell'uomo, non è mestieri chiedere al signor Frigerio qual solletico egli provasse nel sentirsi penetrato in quelle regioni elastiche da quattro enormi spilloni.

O decoro della scienza! o gravità professorale! quanto poco ci vuole per compromettervi – Se i membri dell'Istituto, se gli invidi colleghi, se gli scolari dell'Università vedessero il signor Frigerio, le mani aderenti alla parte ferita, agitarsi, saltare e strillare tutto solo nella camera!.. Lo sfortunato professore perderebbe in un punto l'autorità e la fama guadagnata con centoventiquattro opuscoli scientifici. Fortunatamente, il signor Frigerio non può nemmeno imaginare che una mezza dozzina di donne si contendano il diletto di contemplarlo in quella posa grottesca, inviandogli dal buco della serratura una salva di ingiurie e di imprecazioni.

Basta! il dolore fu passeggiero… La contrazione è cessata – il signor Frigerio distende le membra ed assume più serio contegno… ma in lui non rinasce la fiducia. Tutti i mobili della camera possono nascondere qualche perfido ordigno. Tentando i cuscinetti dell'altre sedie, la mano del signor Frigerio ha sentito altri pungoli… Queste non le son piante da vegetare naturalmente nella stoppa – pensa lo scienziato – qualcheduno le ha trapiantate qua dentro con perfido disegno. – Domani chiariremo questa faccenda… Ma dov'è il mio portafogli?.. dove sono le mie carte? Qualcuno senza dubbio è venuto a manomettere le cose mie! Oh! io non voglio coricarmi se prima… Misericordia!.. Un sorcio nella mia beretta da notte! Ma no… non è un sorcio… gli è un gatto… Che vedo?.. la coda di un gatto cucita alla mia berretta! Ma ciò non è naturale… Checchina! Checchina…! Ehi di là…! Checchina, dico!..

– Un cancro! un accidente! una fistola! rispondono a bassa voce le femmine.

– Checchina! Checchina! grida di nuovo il professore, battendo co' piedi la porta; che egli si accorge esser stata chiusa per di fuori.

Dopo avere inutilmente picchiato un bel pezzo, disperando d'ogni soccorso, il pover'uomo si avvicina al letto, e tremante dalla commozione, dalla stanchezza e dal freddo, prende il partito di coricarsi e di attendere il domani per conoscere l'origine di tanti infortunii…

Già il professore è riuscito a levarsi di dosso gli abiti inzuppati di pioggia – già egli stende una gamba per salire sul letto… quando… nel rimovere le coltri, uno spettacolo strano e terribile gli si presenta allo sguardo, e gli fa rizzare i capelli sulla fronte. Questa volta il professore sentì mancarsi la voce… Egli rimase immobile a bocca aperta, pietrificato dalla sorpresa e dal terrore.

Una ventina di gamberi vivi girovaganti fra le lenzuola, agitavano gli uncini minacciosi, quasi attendessero una vittima da scarnificare; ed altrettante rane, balzando audacemente dal covo, correvano saltellanti su tutti i mobili della camera.

Quando l'uomo è commosso da gravi e straordinarie impressioni, a che gli giova la scienza? L'illustre naturalista, il dotto professore, che per tanti anni ha consumati gli occhi ed il cervello nello studiare tutte le varietà del regno animale, sotto l'influenza della sorpresa e del terrore, scambia i gamberi per scorpioni, i ranocchi per pipistrelli.

Questo errore scientifico non illuse però lunga pezza il signor Frigerio. Allorquando, cessata la violenta commozione, egli fa in grado di riconoscere il proprio errore, con flemma da scienziato raccolse accuratamente gli animaletti raminghi, e ad uno ad uno li pose a sguazzare nel secchio.

Povere bestiuole innocenti! pensava il Frigerio; sarebbe una vera ingiustizia ch'io disfogassi la mia collera con voi… Voi non siete che lo stromento di qualche maligno o di qualche stolto. Ma donde sarà egli uscito questo incognito nemico, questo genio perverso, che si è proposto di farmi passare una sì cattiva notte? A Menaggio non v'è persona che mi conosca… Io non ho mai fatto male ad alcuno… Basta!.. spero aver superati i maggiori guai… Domani… la Checchina mi spiegherà questa istoria…

Il professore, vinto dalla stanchezza e dal sonno, si gettò audacemente sul letto; ma appena ebbe spento il lume, sulla opposta parete egli vide comparire una testa da morto fosforescente, e sotto a quella una scritta parimenti di fuoco: Morte al Tedesco!

CAPITOLO V
Una lettera compromettente

All'indomani, verso le dieci del mattino, il professore Frigerio non era ancora uscito dalla camera.

Frattanto il sartore, il sergente, il maniscalco e il sindaco di Menaggio si adunavano a concistoro in una sala terrena per decidere le sorti dello scellerato emissario dell'Austria.

– Figliuoli! diceva il sindaco; le carte e gli altri documenti che mi avete presentati non sono prove che bastino per farlo arrestare legalmente… Meglio sarebbe sorvegliarlo, seguirlo dappertutto, vedere con chi egli parli, quali relazioni egli abbia… infine aspettare che egli si comprometta e caschi da sè medesimo nel laccio della giustizia…

– Voi altri moderati siete tutti di una pasta! grida il Gallina. Coi vostri riguardi, colle legalità, lascierete allignare la gramigna nel paese, e più tardi non vi sarà modo di estirparla…! Badate che un giorno o l'altro il popolo sovrano perderà la pazienza, e finiremo per farci giustizia da noi!

– Bravo! ben parlato! viva il Gallina! viva il popolo!

– E la faremo finita una volta, prosegue il sarto oratore, coi tepidi, cogli striscianti, e coi perseveranti!..

– Bravo! ben parlato! viva il Pungolo! morte alla Perseveranza!

– Signori! signori! grida la Checchina entrando in sala col viso radiante… Abbiamo nelle mani un'altra prova… Un barcaiuolo ha portata una lettera per il signor Frigerio… una lettera che viene da… Bellano…

– Qua! presto! leggiamo!.. dice il Gallina, impadronendosi della lettera.

– Badate, figliuoli miei, che nessuno ha il diritto di aprire le lettere altrui, osserva il sindaco. Gallina! tu non aprirai quella lettera! io te lo impongo in nome della legge!

– Che legge d'Egitto! risponde vivamente il Gallina. – Quando la patria è in pericolo, bisogna ricorrere ai mezzi estremi… Io vi ripeto, signor sindaco, che voi altri, colla vostra prudenza, colla vostra moderazione, coi vostri scrupoli… rovinerete l'Italia.

Il Gallina disuggella la lettera, e sebbene egli si trovi molto impacciato nel leggere il manoscritto, con incredibile sforzo riesce a combinare le sillabe:

«Carissimo collega!» Cominciamo bene! avete sentito!.. collega!

– Mostri infami! esclama la Checchina schizzando fuoco dagli occhi.

– Questi che scrive dev'essere quella carogna che osò pubblicamente chiamarsi l'amico dei tedeschi… Ma leggiamo – no sentiremo di belle…! «Io mi trovo inchiodato nel letto per una contusione…»

– Ah! vedete un po', interrompe la Checchina, vedete un po' che quei di Bellano hanno avuto più giudizio di noi! l'hanno inchiodato nel letto senza tanti riguardi!

Il Gallina, prosegue stentatamente la lettura, facendo le pause a modo suo, e alterando di tal modo il senso dello scritto:

– «Per una contusione prodotta da una pietra, bene! lanciatami ieri da mano ignota mentre io ritornava dalle mie escursioni sulle montagne. Io non mi faccio a narrarvi quante e quali tribolazioni ho dovuto soffrire dacchè giunsi in questo inospitale paese. Vi basti per ora il sapere che la prima notte non ho potuto chiuder occhio, sendo venuti sotto le finestre della mia camera una dozzina di individui a far un rumore d'inferno con trombe, campane ed altri stromenti metallici da cucina. All'indomani uscii di buon'ora per dar principio alle mie ricerche… Carogna!.. Ho visitate le montagne, ho studiate le prominenze e gli sbocchi! Già… gli sbocchi per dove han da venire i tedeschi!.. Infamone! Vi assicuro che la prima campagna era stata abbastanza fortunata… Mostro!.. I dati raccolti furono tali da confermarmi pienamente ne' miei principii (e perdonate s'io dico miei i principi che furono già proclamati da tutti i nostri amici tedeschi…) Ah! Oh! finalmente sarete persuaso, signor sindaco! Non vi pare abbastanza sincera questa confessione?.. Vi rimangono ancora dei dubbii? Ora sentiamo il resto…! Io sperava di potere all'indomani intraprendere altre ricerche, quando, tornando a Bellano per una stradicciuola, all'improvviso mi assalì una grandine di sassi, benone! scagliati con tanta furia da persone nascoste dietro un promontorio, che gli è proprio un miracolo se ebbi salva la vita. Va pur là, che non camperai molto!.. Non vi parlerò d'altri brutti scherzi che mi vennero fatti da persone che io non conosco… Ma che assai bene conoscono te, o galeotto!.. Io temo che qualcuno abbia suscitati contro di me dei sospetti compromettenti, ovvero che male siano state interpretate alcune mie opinioni riguardo alla politica del conte Cavour, ch'io ebbi la imprudenza di esternare colle nostre compagne di viaggio… Ad ogni modo ho deciso di abbandonare questo paese – d'aria cattiva! – e recarmi domenica prossima a Tartavalle, dove potrò fare delle escursioni sui monti della Valsassina. Se non vi spiacesse di recarvi a Bellano domenica, e fare in mia compagnia questo breve viaggetto, ve ne sarei grato oltremodo. Io credo che a Tartavalle vi sarà da far bene anche per voi… Lo credo io! con tanta gente che è fuori… alle acque!! – Chi sa!.. quattro occhi veggon meglio di due… Io vi prometto che ogni qual volta vedrò del giallo… L'avete capita, signor sindaco?.. del giallo!!!.. Ogni qual volta vedrò del giallo, non mancherò di esaminarlo colla speranza di scoprire il vostro elleboro. Rispondetemi subito… Addio collega! buona fortuna! e che Iddio vi guardi dall'esser preso in mala vista dai vostri ospiti!

«Zannadio.»

– Signor sindaco! dice il Gallina con tuono autorevole; ella ha udito! ella ha veduto, ella ha toccato con mano!.. Ora… l'una delle due: o lei prende la iniziativa – ovvero agirà il popolo…!

Il sindaco si fa cedere la lettera del Gallina, e dopo averla riletta e meditata seriamente: Figliuoli, dice; io voglio che giustizia sia fatta… Non meno di voi io sento odio e ribrezzo per gli scellerati emissarii del despotismo straniero, che si aggirano nel nostro libero paese con criminosi disegni. Questa lettera mi fa supporre che tanto il signor Frigerio come il signor Zannadio sieno due complici scellerati… Bisogna adunque pigliarli tutti e due nella medesima rete, e far in modo che la punizione abbia una certa solennità, onde tutti i nemici d'Italia ne prendano spavento. – Siete voi pronti a secondarmi, figliuoli?..

– Parli, signor sindaco!

– In primo luogo suggellate di nuovo questa lettera; e tu, Checchina, portala al signor Frigerio. Se egli rimane a Menaggio, oggi procederemo immediatamente al di lui arresto; se invece egli acconsente a seguire il compagno, allora, io, tu, Gallina, voi altri tutti, seguiti da un picchetto di Guardia Nazionale, ed anche, per miglior guarentigia, da quattro carabinieri, li andremo ad aspettare a Tartavalle, e così sorprenderemo ad un tempo i due complici infami. – Non vi par egli che questo sia il partito più salutare alla patria?

Il sartore, il maniscalco e il sergente della Guardia Nazionale di Menaggio, sebbene in paese rappresentino il partito dell'opposizione, non hanno però completamente rinunziato al senso comune. La proposta del sindaco viene approvata senza discussione… Stabilito il piano strategico, distribuite le parti, calcolate tutte le eventualità – spetta ora alla Checchina di muovere il primo passo.

Oserà ella presentarsi al signor Frigerio? sfidare i rimbrotti di un inquilino, che ha passata una notte tanto disastrosa? Di qual modo potrà ella scusarsi? Come spiegare e giustificare l'intervento dei gamberi e dei ranocchi? Come dissipare i sospetti ed ammansare i furori di una spia?..

Difficile impresa, dopo quanto è avvenuto il giorno precedente.

Ma che non può amor di patria nel petto… di una serva?.. Checchina si fa rendere dal sindaco il portafoglio e le carte del perfido inquilino – Checchina risuggella la lettera con un pezzo di pane biasciato – Checchina si liscia i capelli, si compone le vesti sul petto in guisa da porre in evidenza le naturali dovizie – Checchina vola a compire l'ardito disegno…

Dopo pochi minuti, la scaltra fattora, uscendo dalla camera del signor Frigerio, annunziò ufficialmente al sindaco che il gesuita travestito, l'infame spione dell'Austria, sarebbe partito quel giorno istesso per Bellano, onde recarsi il dì seguente a Tartavalle in compagnia del signor Zannadio.

– Se sapeste a quali sacrifizii ho dovuto sottomettermi, aggiunse la Checchina gravemente, per ispirare un po' di fiducia in quel galeotto e carpirgli il segreto…!

– Sappiamo di che sei capace, rispose il sindaco – la patria terrà conto del tuo eroismo.

CAPITOLO VI
Tartavalle

Tartavalle è un paesetto, o per meglio dire un gruppo di case, situato in una valle, che può sembrare amena e pittoresca a coloro i quali vanno colà a tentare la cura delle acque per guarire il mal d'occhi.

Nella prima quindicina di agosto lo stabilimento è abbastanza popolato di forestieri, per la più parte infermicci, o sedicenti infermi, fra cui parecchie mogli infelici, parecchie fanciulle avide di marito, parecchi celibatarii nemicissimi del matrimonio, ma altrettanto ghiotti di galanti avventure. Quest'anno si aggiungono parecchi giovani lions, cui la vergogna di non aver partecipato ai disagi ed ai pericoli della guerra di Sicilia, spinse a cercare un rifugio presso lo fonti termali col salvacondotto di un certificato medico.

È giorno di domenica.

Verso lo spuntare del giorno, sulla stradicciuola che dal paesello di Taceno conduce alla fonte, è un andare e venire di gente, un parlare, un chiedersi novelle con con insolita loquacità. Il caffè si apre più presto dell'usato, ed oltre agli avventori ordinari vi si notano figure nuove, figure dal volto rubicondo, dal portamento marziale, giovanotti sul fiore dell'età, che non mostrerebbero tanta predilezione al punch ed al cognac se fossero venuti ad intraprendere la cura delle acque ferruginose. Fra questi è il Gallina, sartore di Menaggio, il quale siede ad un tavolino in compagnia del maniscalco e del sindaco, alternando esclamazioni patriotiche alle frequenti libazioni.

Poco discosti, seduti ad un altro tavolino, due signori di età avanzata, vestiti con somma proprietà, accompagnano di uno sguardo carezzevole tutte le persone che passano dinanzi al caffè, e sorridono in segno di adesione ogni qualvolta il sartore di Menaggio manda un viva all'Italia. I due fratelli Federico e Gian Carlo Albizzotti godono in Tartavalle di molta popolarità. Intervengono in ogni crocchio, sono a parte di cento piccoli segreti di famiglia. Ad essi le mammine confidano il braccio delle figliuole nelle difficili passeggiate notturne; ad essi l'incarico verecondo di ricomporre le gonnelle delle signore quando montano sugli asini. Mezzani e consiglieri d'amore nelle gioconde brigate dei giovanotti scapoli; faceti e discoli talvolta, più spesso gravi e severi, amabili con tutti e prodighi di cortesie, i due fratelli passano per due tipi di onestà e di saggezza. Se gli Albizzotti partissero oggi da Tartavalle, domani lo stabilimento delle acque si chiuderebbe per mancanza di concorrenti.

Presso i due fratelli, seduto ad un altro tavolino, sta un giovanotto di circa venticinque anni, malato degli occhi, che ad ogni tratto batte il pugno sul tavolo in atto di impazienza. È questi il signor Edmondo Franchetti, da poco laureato in medicina, amato e stimato da quanti lo conoscono per la sua onestà e i suoi sentimenti liberali. La grave malattia, che quasi gli tolse l'uso della vista, doppiamente lo addolora come quella che gli impedisce di seguire Garibaldi nella spedizione di Sicilia. Le gesta gloriose dei suoi antichi commilitoni di Varese e di S. Fermo lo tengono in continua esaltazione. Dover reprimere gl'istinti bellicosi, gl'impetuosi aneliti della propria natura è per lui il maggiore de' tormenti. Uno studente di circa sedici anni, che fu anch'egli fra i combattenti di Varese, ed ora in causa di grave malattia intestinale è condannato all'inazione, sta sempre a lato del giovane medico, servendogli di guida e da moderatore.

Dallo stradale di Bellano scende una processione di gente. Si direbbe che tutti gli abitatori delle borgate e dei villaggi circonvicini si sien dato appuntamento a Tartavalle.

– Oh! la festa sarà completa! grida il Gallina levando il bicchierino. – Quei due signori galeotti faranno la figura che si meritano!

– Oh certo! risponde uno degli Albizzotti sorridendo; questa sarà per essi la valle di Giosafatte…

– Ed io mi incarico della parte di Satanasso! soggiunge il Gallina.

– A che ora credete voi debban giungere quei signori…? domanda uno degli Albizzotti coll'usata morbidezza.

– A mezzogiorno saranno alla cima del pendio… Oh! ma ecco… le signore Menafuoco di Bellano! Esse ci porteranno delle novelle.

Tutti gli occhi si dirigono verso la sommità del promontorio – ed ecco infatti le signore Menafuoco a cavalcioni di tre ciuchi… discendere solennemente nella valle. Cornelia e Rosalba portano ambedue un gran cappello alla calabrese sormontato da grandi pennacchi tricolori, sul petto a guisa di corazza una coccarda a rabeschi col ritratto di Garibaldi nel mezzo; e per giunta una ciarpa parimenti tricolore cucita alla sommità dell'ombrello. Mamma Caterina, dall'alto della sua cavalcatura, saluta i circostanti agitando il Pungolo a guisa di ventaglio.

Sebbene la signora Caterina Menafuoco conduca ogni anno a Tartavalle le sue figliuole nella speranza di poterle maritare a qualcheduno ch'abbia le cateratte, cionnullameno la singolare acconciatura delle tre donne produce la più viva sensazione. I fratelli Albizzotti, dopo essersi ricambiato uno sguardo di maligna ironia, si levano per compiere il loro cerimoniale consueto. Appena le cavalcature si fermano dinanzi al caffè, i due fratelli offrono il braccio alle zitellone per aiutarle a scendere dal ciuco, mentre la Menafuoco madre, rifiutando ogni soccorso, scivola dalla sella gridando: Lasciate pure! – per me non c'è bisogno…! alla mia età non si dà scandalo a nessuno!

Non appena le Menafuoco han posto piede a terra, le persone che dapprima passeggiavano nei viali od erano sparse pei pratelli circostanti, convennero tutte sulla piazzetta del caffè. Le milizie eran pronte – il momento della battaglia già prossimo – non mancava che di scegliere i capitani e distribuire le schiere.

– «Signori e signore! prese a parlare il Gallina dall'alto d'un tavolino – è inutile che io vi rammenti a quale scopo noi ci siamo oggi radunati in questa valle. Trattasi di sorprendere e di punire due iniqui emissarii dell'Austria, due spie patentate, che con audacia incredibile osano aggirarsi fra queste montagne per studiarne gli sbocchi e le vie di più facile accesso, onde ricondurre in Italia l'abborrito straniero!

– Morte alle spie!

– «I due scellerati, con una impudenza… degna di miglior causa… abusando della buona fede e della tolleranza del partito moderato, si introdussero nelle due illustri e patriottiche borgate di Bellano e di Menaggio, sperando stabilire colà due centri di reazione. Ma essi trovarono pane pei loro denti… Le trame furono scoverte, sventati gli iniqui disegni. Il sindaco dell'uno e dell'altro comune, la Guardia Nazionale, la nominata Checchina Bernadotti, il furiere e il maniscalco di Menaggio, fecero in tale occasione il loro dovere… Io dichiaro che i sovrannominati cittadini si resero tutti benemeriti dell'Italia.

– Approvato!

– «Sgomentati dal minaccioso atteggiamento delle nostre popolazioni, i due nemici di Italia, in luogo di rinunziare ai loro perversi propositi, credettero sottrarsi alla vostra vigilanza mutando paese, e stabilirono recarsi a Tartavalle, luogo oltremodo propizio alle loro obbrobriose macchinazioni… Oggi… fra quattro ore… gli scellerati… giungeranno fra noi, per la via di Bellano…!»

– Riceverli a sassate!

– Fucilarli senza misericordia!!!

– Gettarli nella Pioverna!!!

– Arrostirli! squartarli! impiccarli!

– Tale sarebbe il mio parere! grida il Gallina – un esempio di giustizia popolare è più che mai necessario! Morte alle spie!

Un uragano di acclamazioni e di invettive proruppe dalla folla agitata come oceano in tempesta.

In pochi minuti il furore delle masse è infrenabile. Tutti i tavolini del caffè son convertiti in tribune – dieci, dodici oratori parlano ad una volta. – L'uno predica moderazione, un altro inasprisce le ire – questi grida contro i Borboni – quell'altro se la prende col papa e col cardinale Antonelli – chi inveisce contro Lamoricière e i soldati Irlandesi – chi vuol morti gli Svizzeri. Le sorelle Menafuoco, salgono anch'esse sovra una tavola, e improvvisano una allocuzione sullo stile del Pungolo, nella quale, dopo aver enumerati i vari titoli che esse hanno alla benemerenza dell'Italia, si lagnano di non trovare marito.

Fra tanta discordanza di opinioni e di voci, fra tanto strepito di applausi e di fischiate, come si fa ad accontentare le masse? – I momenti sono preziosi. – Le campane di Taceno suonano il mezzogiorno – giusta i calcoli preventivi, le due spie debbon esser discoste da Tartavalle mezz'ora di cammino.

Il sindaco di Menaggio, che appartiene al partito della moderazione, trova finalmente la maniera di stabilire l'accordo. La proposta di eleggere una commissione la quale si incarichi di dirigere il movimento popolare, viene accolta per acclamazione.

Io non oserei guarentire che le elezioni procedessero in tale circostanza cogli scrupoli della legalità. Abbiam veduto parecchi idioti aprirsi le porte del Parlamento a forza di sfacciataggine e di soperchierie – qual meraviglia se i deputati di Tartavalle riescono a farsi eleggere cogli spintoni e gli scappellotti? – Beati i primi che seppero farsi innanzi! Quando la sala dell'Assemblea fu colma, le porte si chiusero, e il popolo sovrano rimase fuori colla piena convinzione di aver eletto i suoi rappresentanti.

La quistione è urgente… I nemici alle porte… Il popolo stipato sotto le finestre attende con impazienza i decreti dell'Assemblea… Nella sala dei deputati, quaranta si sono già iscritti per parlare sulla grande quistione…

– Sapete che abbiamo a fare? dice il signor Franchetti a tre o quattro amici che gli stanno d'intorno. – Mentre quei signori deliberano, io sarei di parere che noi cominciassimo ad agire. Poichè questo sciagurato mal d'occhi mi ha impedito di andare in Sicilia a tirare quattro fucilate contro i Borbonici, voglio almeno prendermi il gusto di menar le unghie sul grugno di una spia…! Partiamo adunque! Meglio essere i primi che gli ultimi! Quando avremo rotto il naso a que' due furfanti… penserà l'Assemblea a decretare i cerotti…

E senz'altro parole, il signor Franchetti, in compagnia di pochi amici, prese la via di Bellano.

Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
28 eylül 2017
Hacim:
380 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
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