Ben tornata.
Sì, sì, l'aggiusteremo.
Ah! sono stanca.
Non ha veduto il dottore?
Ahi!
Nossignora.
Povera signora Livia!
E lei ci lascia andar sole a passeggio?! Non è galante!.. Perchè non è venuto con noi?
C'è sempre mia moglie, mi secca.
Dunque?..
Ecco… le dirò…
Ma che fa laggiù? Perchè non… (Si volta) Oh! Garbini!
Chè!
Ah! ah!
Come sta la signora Livia?
Quando è arrivato?
Or ora. (Ad Emilia) E la mia bella cugina?
Glie l'ho detto, sai, che eri in collera con lui.
Allora è inutile ch'io lo ripeta.
Sono perdonato?
Vi faccio la grazia.
Com'è indulgente!
E si può conoscere il delitto di Garbini?
Oh! in due parole: mia moglie è infatuata di suo cugino.
Ero sicura che sareste venuto.
Ahi!
E di dove viene ora?
Da Baden.
Ah!.. c'è rimasto un po' di tempo?
Le dicevo appunto che mia moglie…
Ci sono rimasto otto ore.
Ha giuocato?
Sì.
Ha guadagnato?
Sì, il primo treno celere che ne ripartiva.
Che furia!
È quello che dicevo io… e mia moglie era in collera…
Mi sbarazzi dello scialle…
Oh!
Non ti lascia dire.
Perchè le parlo di mia moglie.
E come mai siete capitato a Gressoney?
Dirò…
Non vi pensavate di trovarci? (Piano) Dite di no.
No, davvero.
Vedrà che bel soggiorno.
È vero. Io qui divento un altro.
Sì, molto pastorale. C'è tutto quello che non occorre.
L'uomo non vive di solo pane.
È poeta!
Dacchè è diventato un altro.
Già. A mio gusto, bisogna averci delle serie ragioni per rimanere qui un pezzo.
Un luogo è bello secondo le persone che ci si trovano.
Andate fuori, bisogna impellicciarvi fin qui. C'è sole, brucia… e via lo scialle… Svoltate, una brezza che vi gela il sangue. È un sereno incantevole… non passano dieci minuti che diluvia. Uscite coll'ombrello, si leva un vento…
Che porta via le nuvole…
E l'ombrello. L'erba dei prati è un formicaio: sui tronchi rovesciati non ci potete sedere per la colla che gemono; i sassi sono coperti di muschi pungenti; in tutta Italia, di tutte le serpi ce n'è una sola velenosa, la vipera; ebbene, qui non c'è che quella, e ce n'è un subisso. L'acqua che bevete vi rompe i denti dal freddo. Gli uomini all'albergo stanchi, laceri, orribili tutti.
Grazie.
Non dico per te.
Dice per me?
No, ma è un fatto. Domandatene la signora Livia. Questi alpinisti! Arrivano qui calzati in un modo! e vestiti! Fanno tremare la casa! e pon si piantano sul bastone… guardate in terra, c'è tutto bucherato; sono le punte delle loro mazze. Arrivano inzaccherati, luridi, colano acqua e sudore, sanno di pipa, hanno un grosso cappello a piume e fiori secchi, e la faccia poi, la faccia fa ribrezzo! Le labbra grosse, violacee, rotte; gli occhi che non sanno più guardare; il naso gonfio; la pelle, dove rimane, arsa, nera rossa, gialla, screpolata; le mani inerti. Si buttano sul sofà, parlano forte, ridono più forte, fumano più forte, bevono più forte e poi a letto; e il mattino alle due, ton, ton; la casa è di legno… un baccano! Vi svegliate di sussulto… che cos'è? Rovina il tetto?.. Sono quei signori che partono. – C'è da ammalarsi, c'è da ammalarsi!
Come si sente la donna che soffre!
Arrivano sfigurati a quel modo?
Già, il ghiacciaio…
Ah il ghiacciaio riduce…?
Tu che volevi…
Ah! il mio buon mare!
E malgrado ciò mi rincresce partire.
Brava! ecco… il mare! Non ho mai capito che ci sia nel mare.
Dell'acqua!
Signora Livia, con permesso, vado a rifare un po' di toletta.
Faccia.
Avete fatto bene a partire da Pegli.
Ah!
Ci osservavano. Come avete saputo che ero qui?
Ecco, se devo dire…
L'avete letto sul giornale dei viaggiatori?
Brava! appunto.
Persecutore! Con permesso… (Via).
Fortuna che domani me ne vado.
Mi ha detto Baldassarre che è qui anche il dottore Orazio.
Sì, signore.
Non lo si vede.
Oh il dottore! Lei lo conosce… un misantropo… erborizza!
Lasciaci soli.
E lei rimane?
Domattina parto pel Monte Rosa.
Ah! non lo spaventa la descrizione di sua cugina?
Non ci tengo alla mia bellezza.
Che fa là, signor Baldassarre? Qui, segga un momento: vorrebbe già correr dietro a sua moglie?
Oh anzi, le giuro che… (piano a Garbini) Vattene.
Ecco un marito modello!
Oh! signora Livia, che ironia! (da sè) Non se ne va… Se perdo quest'occasione… (forte) Che numero hai?
Che numero ho!?..
Che numero… la camera?
Ah!.. numero sette. Di qui?..
Sì, di là, credo.
Allora…
Finalmente!
Ma ritorna qui dal Monte Rosa?
Nossignora, scenderò in Isvizzera.
Una grande ascensione.
Per cominciare…
Auff!!
E a lei non è venuta l'idea di accompagnarlo?
Io… io… sto tanto bene qui.
Lei… fanatico della montagna.
Dirò… sicuramente… la…
Ha già trovato la guida?
Io?..
No, Garbini.
Sissignora. (esce).
Non esser uomo!
Sta tanto bene… donna!
Le pare?
Io non esito a dirglielo; gran parte della passione che m'ispira questo paese non è che… glielo assicuro; questi pochi giorni passati qui lascieranno nel mio cuore un ricordo dolcissimo e… Dio nol voglia, delle conseguenze funeste!
Conseguenze funeste?
Pur troppo!
Manca la chiave.
Eh?.. va…
Che dice?
C'è chiuso a chiave in camera mia: mi sa dire dove le tengono?
Le tiene tutte Carletto.
Che è dabbasso. (da sè) Seccatore.
Lo chiami di qui e verrà subito.
Sì, è sordo come una campana.
Non è vero.
Oh altro!
Eccolo qui.
Ah meno male!
Vorrei entrare in camera mia.
Numero sette? Non si può.
Come non si può? Un forestiere non può entrare in camera quando gli piace?
C'è tutto sossopra; andavo giusto…
Aspetterò, ma presto…
Che servizio! che razza di servizio! Ne scriverò al Bollettino del Club alpino.
Ma scusi…
Meno chiacchere… che insolenza! (a Garbini) Se vuoi intanto nella mia camera…
Oh! faccio in un minuto. (esce).
Lo fa apposta.
Signor Baldassarre?
Mi comandi.
Mi porga quel ricamo.
Subito.
Imbecille.
Ed ora continui.
Che?
A dirmi le belle cose di poco fa. Stia a sentire, Garbini.
E va bene: a momenti arriva il dottore… (per subita idea) Ah! (chiamando) Carletto! – Scusi, signora Livia… Carletto!.. (a Garbini) Mi fai la grazia, due minuti qui fuori? (c. s.) Carletto!.. ma guarda se viene… e non è sordo?
Lei lo ha fatto impazzire.
Se n'è già avveduto?
Me lo ha confidato lui.
Lo guarirò, stia tranquillo. (entra Carletto).