Читайте только на Литрес

Kitap dosya olarak indirilemez ancak uygulamamız üzerinden veya online olarak web sitemizden okunabilir.

Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 26

Yazı tipi:

§. I. Il Ducato napoletano, Bari, Brindisi, e tutte le altre città del Regno si sottomettono al Re Ruggiero

Merita ancora riflessione di non essersi in questa investitura fatta menzione alcuna del Principato di Salerno; poichè i Pontefici romani, ancorchè non si sapesse per qual particolar ragione, sempre pretesero questo Principato appartenersi alla Sede Appostolica, non altrimente, che Benevento. Non si vede nella medesima nè pur nominato il Ducato napoletano, onde vanno di gran lunga errati coloro, che scrissero Innocenzio avere investito Ruggiero anche di Napoli: nè possiamo non maravigliarci quando nell'Istoria Napoletana ultimamente data fuori dal P. Giannettasio523 leggiamo, che da questo punto Napoli da libera Repubblica passasse sotto la regia dominazione di Ruggiero; e l'Autore quasi dolendosi di questo fatto pel sentimento che mostra d'aver perduta la sua patria il pregio di essere libera, accagiona Innocenzio, come 'l permetesse, quando quella città apparteneva all'Imperio d'Oriente; quasi che anche se fosse stato vero il fatto, fosse cosa nuova de' Pontefici romani investire de' Stati, che loro non s'appartenevano; e se ciò parvegli novità, come non sorprendersene, quando vide da' Papi investire i Normanni della Puglia e della Calabria, province, che a' Greci s'involavano, e sopra le quali vi aveano non minori ragioni, che sopra il Ducato napoletano. Questo Ducato passò a' Normanni non già per investitura datagli da' romani Pontefici, ma per ragion di conquista, e per sommessione de' Napoletani, come qui a poco diremo. Solo nella Bolla d'Anacleto, dopo l'investitura del Principato di Capua si soggiunse: Honorem quoque Neapolis, ejusque pertinentiarum; che non denotava altro che l'onore d'esserne Duca, con restare la città con l'istessa forma e politia; e solamente Pietro Diacono524 scrisse, che Anacleto, oltre al Principato di Capua investisse anche Ruggiero del Ducato di Napoli; ma ciò che fece Anacleto, non volle Ruggiero dopo la pace fatta con Innocenzio, che gli giovasse; e del Ducato di Napoli, siccome di quello d'Amalfi, di Gaeta, del Principato di Taranto e di Salerno, non volle altri che ve n'avesse parte se non la ragion della conquista, e la sommessione de' Popoli.

In effetto, ritornando là donde ci dipartimmo, avendo Ruggiero dopo questa pace, liberamente lasciata al Papa la città di Benevento, mentre quivi dimorava, vennero i Napoletani sgomentati anch'essi della felicità di Ruggiero a sottomettere la loro città al suo dominio, come già prima avea fatto Sergio lor Duca. Questo Duca, se dobbiamo prestar fede ad Alessandro Abate Telesino, molti anni prima avea sottomessa la città di Napoli a Ruggiero, ma da poi pentitosi del fatto s'unì col Principe Roberto e col Conte Rainulfo di lui nemici, e lungamente gli fece guerra: tornò poi al partito di Ruggiero, tanto che militando sotto le di lui insegne, nella battaglia che perdè Ruggiero presso Salerno, restò morto con altri Baroni dalle genti di Rainulfo.

In quest'anno adunque 1139 sperimentando i Napoletani il valor di Ruggiero si sottoposero stabilmente al suo dominio: ed essendo rimasi per la morte di Sergio senza Duca, elessero col consentimento del Re in lor Duca Ruggiero suo figliuolo525. Inveges, pruova Ruggiero, non Anfuso essere stato eletto Duca. Il Pellegrino vuole, che fosse Anfuso. Che che ne sia, ancorchè questo Ducato passasse sotto la regia dominazione di Ruggiero, non volle però egli che si alterasse la forma del suo governo e la sua politia, furono i medesimi Magistrati, e le medesime leggi ritenute, e confermò alla città tutte quelle prerogative e privilegi che avea, quando sotto gli ultimi Duchi, sottratta all'intutto dall'Imperio d'Oriente, avea presa forma di libera Repubblica; e per questa ragione osserviamo, che anche dopo Ruggiero insino all'anno 1190 come il Capaccio526, o qual altro si fosse l'Autore della latina istoria napoletana, rapporta, vi siano stati altri Duchi di Napoli, come un altro Sergio, ed un tal Alierno, in tempo del quale fu conceduto a' negozianti d'Amalfi, dimoranti in Napoli, quel privilegio rapportato da Marino Freccia, e di cui fassi anche menzione nella riferita istoria. Non è però, come stimarono alcuni, che Ruggiero gli lasciasse l'intera libertà, a guisa d'uno Stato libero ed indipendente. Credettero così, perchè rapporta Falcone beneventano, che Ruggiero dopo la presa di Troja e di Bari nel seguente anno 1140 fece ritorno in Napoli, dove narra, che fu da' Napoletani lietamente e con molta festa accolto, e con tanta pompa e celebrità, che niuno Re, nè Imperadore fu giammai in essa con tanto onor ricevuto: che il seguente giorno cavalcando per la città, salito in barca passò poscia al castel di S. Salvatore posto sopra una isoletta dentro del mare non guari da Napoli lontana, che diciamo oggi il castel dell'Uovo per la sua figura, ed ivi essendo, avendo a se chiamati li cittadini napoletani, con quelli de libertate Civitatis, et utilitate tractavit, come sono le parole di Falcone, dalle quali ingannati credettero, che i Napoletani quivi trattassero con Ruggiero della libertà della loro città, quando, come ben dimostra l'avvedutissimo Pellegrino527, di niente altro trattò il Re, se non dell'immunità e franchigia che pretendevano da lui i Napoletani, che fu loro tosto da Ruggiero accordata; ed avrebbe potuto togliersi da quest'errore il Capaccio per quell'istesso privilegio, ch'egli adduce, dove i Napoletani concedendo libertà a' Negozianti del Ducato d'Amalfi commoranti in Napoli, per libertà non intendono altro, che una tal sorte di franchigia ed immunità, come da quelle parole: Ut sicut ista Civitas Neapolis privilegio libertatis praefulget, ita et vos negotiatores, campsores, sive apothecarii in perpetuum gaudeatis; ma di qual libertà parlasi nel privilegio? ut nulla condictio, come siegue, de personis, et rebus vestris, sive haeredum, et successorum vestrorum negotiatorum in Neapoli habitantium requiratur; sicut non requiritur de Civibus Neapolitanis.

Non fu dunque che lasciò Ruggiero il Ducato napoletano all'intutto libero ed indipendente: lo lasciò bensì colle medesime leggi e Magistrati, e con quell'istessa forma di Repubblica; il che non denotava altro, se non la Comunità, non la dignità delle pubbliche cose, come nel primo libro di quest'Istoria fu notato; nell'istessa guisa appunto, che lasciolla Teodorico, quando ordinò, che godesse di quelle stesse prerogative, che avea; onde si ha che Ruggiero lasciasse la giurisdizione intorno all'annona a' Nobili ed al Popolo, che sotto nome d'Ordini di Eletti, o Decurioni, ovvero Consoli venivano designati; e la giurisdizione intorno alle cose della giustizia, il Re la volle per se, come appunto fece Teodorico, che mandava i Comiti ad amministrarla, costituendovi ora Ruggiero il Capitanio col Giudice, siccome nell'altre città e castelli del Regno si praticava.

Egli è però vero, che Ruggiero non usò tanta cortesia e gentilezza in niuna altra città del suo Reame, quanto che in Napoli; poichè oltre di lasciar intatti i suoi privilegi, a ciascun Cavaliere diede in Feudo cinque moggia di terra con cinque coloni a quella ascritti, promettendo ancora di maggiormente gratificargli, se serbando a lui quella fedeltà che gli aveano giurato, mantenessero la città quieta ed in pace sotto il suo dominio528. Nel che non possiamo non maravigliarci del Fazzello529, il quale, non bastandogli d'aver malamente confuso intorno a questi fatti le cose, i tempi e le persone, aggiunge ancora di suo cervello, che dopo essersi conchiusa la pace tra Innocenzio e Ruggiero, fosse questi entrato in Napoli con gran plauso, e che in quel giorno avesse creati cento cinquanta Cavalieri, e che quivi per due mesi in feste e passatempi si fosse trattenuto, contro tutta l'istoria, e contro ciò, che Falcone beneventano rapporta intorno a questi successi.

Mostrò ancora Ruggiero un'altra particolare affezione verso i Napoletani, perchè fece misurar di notte le mura della città per saper la sua grandezza, e quella ritrovò essere di giro 2363 passi; ed essendo nel seguente giorno innanzi a lui ragunato il Popolo napoletano, domandò amorevolmente loro se sapevano quanto era il cerchio delle lor mura, ed essendogli risposto di no, il Re loro il disse: di che ebber maraviglia, e rimasero insiememente lieti dell'affezione di lui530.

E vedi intanto le vicende delle cose mondane, questa città, che in tempo di Ruggiero a riguardo delle altre, che erano in queste province, era di così brevi recinti, ora emula dell'istesse province, non solo si è resa metropoli e capo di un sì vasto Reame; ma la sua grandezza è tale, che agguaglia le città più insigni e maravigliose del Mondo.

Ma prima che Ruggiero entrasse in Napoli questa seconda volta con tanto plauso e giubilo, avea già restituita tutta la provincia di Capitanata sotto il suo dominio; avea presa Troia capo della medesima, nella qual città non volle mai entrare, ancorchè il Vescovo Guglielmo ed i cittadini per loro messi lo pregassero che v'entrasse; ma rispondendo egli che finchè quel traditor di Rainulfo fra di loro dimorasse non voleva vedergli, temendo i Troiani l'ira del Re, fecero prestamente rompere il sepolcro di Rainulfo, e ne trassero il suo cadavere già corrotto, e messogli una fune al collo lo strascinarono per le pubbliche strade della città, e poscia il gettarono in un pantano di brutture; il qual miserabil caso venuto in notizia del figliuolo Duca di Puglia e di Napoli, andò a ritrovar suo padre, e tanto s'adoperò col medesimo, che fu a Rainulfo data di nuovo sepultura531.

Avea ancora dopo questa espedizione espugnata Bari e fatto miseramente morire il Principe Giaquinto; e ritornato da poi in Salerno tolse tutti gli Stati a coloro, ch'erano stati suoi nemici, dando loro bando da' suoi Reami; ed inviò prigionieri in Sicilia Ruggiero Conte d'Ariano insieme colla sua moglie. Scacciò anche affatto Tancredi Conte di Conversano, e gli tolse Brindisi ed altre sue terre, tanto che fu costretto d'andarsene oltremare in Gerusalemme. Ed essendosi in cotal guisa, con presta e maravigliosa fortuna, restituite tutte queste province sotto la sua dominazione, passò in Sicilia, donde mandò i Giustizieri e Governadori in ciascheduna provincia, acciocchè i Popoli soggetti godessero una tranquilla pace, stabilendo altresì nuove leggi per lo ben del Reame, delle quali quindi a poco farem parola. Ed entrato poscia l'anno 1140, avendo ragunato un nuovo esercito, inviò quello sotto il comando del Principe Anfuso suo figliuolo, acciocchè avesse soggiogata quella parte di Abruzzi posta di là del fiume Pescara, che aspettava al Principato di Capua; ove tantosto che giunse il Principe prese molti luoghi, distruggendone anche molti altri, che gli avean fatta resistenza: nella qual provincia poco appresso il Re inviò parimente il Duca Ruggiero con grosso numero di soldati, il quale congiuntosi col fratello, soggiogarono interamente quei luoghi sino a' confini dello Stato della Chiesa, assicurando il Pontefice, che ne temeva, che non sarebbero per infestare in conto alcuno i confini del suo Stato. Intanto il Re era colla sua armata tornato di nuovo in Salerno, e di là passato in Capua, ed avendosi richiamati i suoi figliuoli, per assicurar meglio Innocenzio, passò poscia ad Ariano, ove tenne una Assemblea, che fu la prima che questo Re unisse in Puglia, nella quale intervennero due Ordini, quello de' Baroni, e l'altro ecclesiastico de' Vescovi e Prelati per mettere in migliore stato le cose di quella provincia. Indi fece battere una nuova moneta d'argento mescolata con molto rame, che fu chiamata Ducato; ed un'altra più picciola, detta Follare, tutta di rame, la qual volle che valesse la terza parte d'un Romasino, che valeva dodeci grana e mezzo della comunale moneta di rame, che oggi corre; ed otto Romasini facevano il Ducato da lui stampato, proibendo sotto gravi pene, che non si spendesse ne' suoi Reami la moneta antica assai miglior della sua, con grave danno, e de' Popoli soggetti, e di tutta Italia. Andò poi a Napoli, ove trattò co' Napoletani con quella magnanimità e cortesia, che si disse poc'anzi; ed indi tornato in Salerno, imbarcatosi su la sua armata fece di nuovo ritorno in Palermo, lasciando al Governo di Puglia il Duca Ruggiero, ed in Capua il Principe Anfuso, come narra Falcone beneventano, il quale qui pon fine alla sua Istoria, siccome poco prima finì la sua Alessandro Abate Telesino.

Ecco come Ruggiero, dopo avere col valore e virtù sua superati tanti e sì potenti nemici, unì stabilmente tutte queste nostre province sotto il Regno d'un solo. Si videro ora fuori d'ogni altro timore d'esser di nuovo da stranieri nemici assalite, o da interne rivoluzioni sconvolte, avendovi il suo valore introdotta una più sicura e più tranquilla pace; tanto che cedendo i rumori delle battaglie e delle armi, gli fu dato spazio di potere in miglior forma stabilire il suo Regno, e di nuove leggi, e più salutari provedimenti fornirlo, in guisa che sopra tutti gli altri Reami di Occidente n'andasse altiero e superbo.

CAPITOLO IV
Il Regno è stabilito, e riordinato con nuove leggi ed Ufficiali

Fu in cotal guisa stabilito il Regno, e queste nostre province pria divise in più Dinastie, e a varj Principi sottoposte, ora s'uniscono in una ben ampia e nobile Monarchia sotto la dominazione d'un solo. Il Ducato di Puglia e di Calabria; il Principato di Taranto, di Capua e di Salerno; i Ducati di Bari, di Napoli, di Sorrento, di Amalfi e di Gaeta, i due Abruzzi, ed infine tutte le regioni di qua del Tebro infino allo Stretto siciliano, ecco come in forma di Regno s'uniscono.

Ma i Siciliani non senza forte ragione pretendono, che non ancora fossero queste province unite in forma di Regno per se solo, ed indipendente dal Regno loro di Sicilia. Dicono, che rimasero come membri dipendenti dalla Corona di Sicilia, ch'era il lor capo, e precisamente da Palermo, ove il Re Ruggiero avea collocata e dichiarata la sua sede regia, ed ove era la Casa regale, ed ove i più supremi Ufficiali della Corona risiedevano, de' quali era la cura ed il governo ancora di queste province.

Ed in vero se si vogliano considerare i principj di questo Regno, e la Bolla d'Anacleto, che fu il primo a fondarlo, è chiaro, che un solo Regno fu stabilito, che abbracciava come capo la Sicilia, e come membri la Calabria e la Puglia e le altre province di qua del Faro, costituendo egli per capo di sì ampio Reame la Sicilia, come sono le parole della Bolla: Et Siciliam caput Regni constituimus. Quindi ancora si vede, che prima Ruggiero ne' suoi titoli s'appellava Re di Sicilia, del Ducato di Puglia e del Principato di Capua; come se uno fosse il Regno, ma che abbracciasse così quell'isola, come queste altre province di qua del Faro. Ciò che manifestamente si vede dalle Costituzioni di Federico II compilate da Pietro delle Vigne, dove per Regno di Sicilia non pur intese la sola isola, ma tutte l'altre terre di qua del Faro; e più chiaramente si scorge dalla Costituzione Occupatis532, dove Federico assegnando a ciascuna città del Regno di Sicilia un solo Giustiziero ed un Giudice, ne eccettua tre sole città, cioè Napoli, Capua e Messina, nelle quali per la loro grandezza ne stabilisce più; e Napoli e Capua le chiama città del Regno di Sicilia. Ed Andrea da Barletta, che fu coetaneo di Federico II, dicendo, che per vecchia consuetudine in Regno isto Siciliae le leggi de' Longobardi derogavano alle leggi romane, chiamò Regno di Sicilia quello, che ora diciamo Regno di Napoli, non potendo intendere dell'isola di Sicilia, dove i Longobardi non poser mai piede, e le loro leggi non furon ivi giammai osservate. Donde si convince, che i romani Pontefici non introdussero novità, prendendo il Regno di Sicilia non solo per l'isola, ma per tutte l'altre province di qua del Faro, che lo componevano; ma solamente per meglio spiegare quanto questo Regno di Sicilia abbracciasse, nell'investiture date da poi agli Angioini introdussero di dire Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum, ed il primo che si valesse di questa formola fu Clemente IV, il quale nell'anno 1065 avendo investito del Regno di Napoli e di Sicilia Carlo d'Angiò, chiamollo Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum. Così egli fu il primo, che per maggior chiarezza usò questa distinzione, non già che prima di lui per Regno di Sicilia non venisse inteso così l'uno, come l'altro Reame; onde è che il Fazzello533, Arniseo534, ed altri, malamente di ciò ne facciano Autori i romani Pontefici, quasi che contro l'antica descrizione d'Italia, e contro tutti gli Storici e Geografi antichi, dei quali il Fazzello tesse un lungo catalogo, che per Sicilia la sola isola intesero, avessero voluto trasportar anche questo nome alle altre province di qua del Faro.

Il medesimo fu da poi usato da' susseguenti Pontefici; e Gregorio XI ciò non bastandogli, avendo nell'anno 1363 conchiusa la pace tra Giovanna Regina di Napoli, e Federico III Re di Sicilia, chiamò nel suo diploma col nome di Sicilia il Regno di Napoli, e con quello di Trinacria il Regno della Sicilia. E Martino Re di Sicilia nominò pure ne' suoi diplomi il Regno napoletano Siciliam citra Pharum, ed il siciliano Siciliam ultra Pharum; e finalmente essendosi questi due Regni riuniti nella persona di Alfonso I, egli fu il primo, che usasse intitolarsi Rex utriusque Siciliae; del qual titolo poi si valsero i Re successori, i quali di amendue questi Regni furono possessori.

Fa forza ancora un'altra ragione a favor de' Siciliani, che pretendono queste province essere sotto Ruggiero rimase ancora come membri a riguardo del Regno di Sicilia, dal vedersi, che Ruggiero in Palermo stabilì la sua sede, e quivi la lor residenza aveano costituita ancora i primi Ufficiali della Corona, dai quali dipendevano tutti gli altri minori, distribuiti non solo nell'isola, ma anche in queste nostre province. In fatti si vede, che avendo questo glorioso Principe ad emulazione del Regno di Francia, da cui traea l'origine, introdotto nel suo i Grandi Contestabili, i Grandi Cancellieri, i Grandi Giustizieri, i Grandi Ammiranti, i Grandi Camerarj, i Grandi Protonotarj, e i Grandi Siniscalchi; questi supremi Ufficiali della Corona risiedevano presso la regal sua persona in Palermo, ed all'incontro in queste nostre province erano mandati i Giustizieri, i Camerarj, i Contestabili, ed i Cancellieri particolari, a ciascheduno dei quali si dava il governo d'una provincia, come alle province di Terra di Lavoro, della Puglia535 ed altre, i quali erano subordinati a quelli sette ch'erano nella Casa regale ed i quali perciò acquistarono il nome, prima di Maestri536 Giustizieri, ovvero Maestri Cancellieri, e poi lo mutarono in Grandi Giustizieri, Grandi Ammiranti, e Grandi Cancellieri; e leggiamo perciò in una carta dell'anno 1142 della Sicilia sacra537, rapportata ancora da Camillo Tutini538, che il celebre Giorgio Antiocheno Grand'Ammirante del Re Ruggiero, dicevasi Georgius Admiratorum Admiratus; ed il cotanto rinomato Majone di Bari Grand'Ammirante del Re Guglielmo, in una lettera scritta dal medesimo Re a Papa Adriano IV vien chiamato Majo Magnus Admiratus Admiratorum; ed egli medesimo nelle sue scritture si firmava: Majo Magnus Admiratus Admiratorum539, come diremo appresso più distesamente, quando di questi Ufficiali dovremo ragionare.

Ma le ragioni, che in contrario convincono, queste province sotto Ruggiero essersi unite in un Regno separato ed independente da quello della Sicilia, non sono men forti, nè d'inferior numero delle prime. Ciò che Anacleto si facesse in quella sua Bolla, della quale l'istesso Ruggiero, fatta la pace con Innocenzio, si curò poco; egli è certo, che il Ducato di Puglia, sotto il qual nome a tempo de' Normanni si denotava tutta la cistiberina Italia, fu non altrimenti che il Contado di Sicilia eretto in Reame independente l'uno dall'altro Regno; e presso gli Scrittori di questo duodecimo secolo e de' seguenti, era per ciò chiamato il Regno di Puglia, ovvero d'Italia, non altramente che l'altro, Regno di Sicilia; ed i loro Re si appellarono non meno di Sicilia, che di Puglia, o d'Italia. Ed ebbero ancora queste nostre province la sede regia, siccome a questi tempi era Salerno; ed anche la città di Bari fu un tempo riputata Metropoli, Regiam Sedem, et totius Regionis Principem, come la qualifica Marino-Freccia540. Donde nacque la favola, che in Bari si fosse introdotto il costume di coronarsi i Re di Puglia colla corona di ferro, onde il Bargeo nella sua Siriade di Bari parlando, disse:

 
… primi unde insignia Regni
Sceptraque, purpureosque habitus, sacramque tiaram,
Sumere tum Reges, Siculique, Italique solebant.
 

ed il nostro Torquato nella sua Gerusalemme conquistata541 cantò pure:

 
E Bari, ove a' suoi Regi albergo scelse
Fortuna, e diè corone, e insegne eccelse.
 

Ciò che a questi Poeti, intendendo forse degli antichi Re Tarantini, o favoleggiando, è permesso, non è condonabile ad alcuni Storici542, i quali si diedero a credere, che veramente i Normanni ed i Svevi Re di Puglia s'incoronassero in Bari colla corona di ferro. Scrissero perciò che l'Imperadore Errico e Costanza sua moglie s'incoronassero a Bari; e che in Bari anche si fosse incoronato il Re Manfredi. Racconti tutti favolosi, poichè siccome si vedrà nel corso di quest'Istoria, e come pruova Inveges543, questi Principi in Palermo, non già in Bari si coronarono. E narra Marino Freccia544 (alla cui fede dovea acquietarsi il Beatillo, e non appartarsene senza ragione) che non avendo egli letto in alcuno Scrittore, che i Re di Puglia si coronassero a Bari, essendosi egli portato nell'anno 1551 in quella città, ne dimandò di questa coronazione i Baresi, i quali con maraviglia intesero la dimanda, come cosa nuova, non avendo essi tradizione alcuna, che nella loro città si fosse mai nei passati secoli praticata tal celebrità.

Ma non perchè in Bari città metropoli della Puglia, ovvero in Salerno sede regia de' Normanni, non si fossero incoronati questi Re, ma in Palermo, non perciò non amavano essi esser intitolati non meno Re di Sicilia, che di Puglia, ovvero d'Italia. Fra i monumenti delle nostre antichità ci restano ancora molte carte, nelle quali il Re Ruggiero e Guglielmo suo figliuolo così s'intitolavano. Nel tomo terzo della Sicilia Sacra se ne legge una, nella quale a Ruggiero dassi questo titolo: Rogerius Rex Apuliae etc, ed in altre rapportate dall'Ughello pur si legge lo stesso; ed Agostino Inveges545, che reputò queste nostre province membri del Regno di Sicilia, dalle molte carte, ch'egli stesso rapporta, ove leggendosi titoli conformi, avrebbe potuto di ciò ricredersi; e nell'Archivio del monastero della Trinità della Cava abbiam noi veduto un diploma del Re Ruggiero spedito nel 1130 primo anno del suo Regno, che ha il suggello d'oro pendente, nel quale Ruggiero così s'intitola: Rogerius Dei Gratia Siciliae, Apuliae et Calabriae Rex, Adjutor Christianorum, et Clypeus, filius, et haeres Rogerii Magni Comitis: quindi è che nelle decretali546 de' romani Pontefici i nostri Re vengono chiamati Re di Puglia.

Ma merita maggior riflessione un diploma rapportato da Falcone beneventano, dove questo titolo dassi a Ruggiero: Rogerius Dei gratta Siciliae, et ITALIAE Rex, Christianorum Adjutur, et Clypeus. Nel che affin di evitar gli errori, ne' quali sono molti inciampati, è da notarsi, che la Puglia, la quale fu sempre dimostrata per quella regione d'Italia di qua di Roma, ch'è bagnata dal mare Adriatico, e che secondo la descrizione d'Italia non abbracciava più che la X provincia di quella, fu da poi secondo il solito fasto dei Greci da essi chiamata assolutamente Italia; poichè, dominando essi prima tutta l'Italia, ed avendo da poi perdute quasi tutte le province di quella, con essergli negli ultimi tempi rimasa la sola Puglia; diedero alla medesima il nome d'Italia; perchè potessero ritener almeno nel nome quel fasto di chiamarsi ancora Signori d'Italia. Così abbiam veduto, che avendo essi perduta l'antica Calabria, e ritenendo ancora il Bruzio, e parte della Lucania, perchè non si scemassero i loro titoli, continuarono ancora a creare gli Straticò di Calabria, i quali tenendo prima la loro residenza in Taranto, perduta la Calabria, gli mandarono a risedere a Reggio, e quindi amministrando il Bruzio, e quella parte della Lucania, che era lor rimasa, diedesi perciò il nome di Calabria a quelle province che ora ancora il ritengono. Per questa ragione da Lupo Protospata viene chiamato Argiro Principe e Duca d'Italia, non intendendo certamente dell'Italia, secondo la sua maggior estensione, circondata da amendue i mari e dall'Alpi; ma della sola Puglia, di cui allora era capo Bari. Parimente quest'istesso Scrittore nell'anno 1033 ed altrove, chiama Costantino Protospata Catapanus Italiae547.

(Gli Antichi Scrittori però, chiamavano Italia quell'ultima punta, che dal Golfo di S. Eufemia e di Squillaci si distende sino allo Stretto siciliano, detta poi Bruzia ed ora Calabria. Ciò pruova con alcuni passi di Aristotile, di Dionisio Alicarnasseo e di Strabone, Samuel Bocarto Geogr. Sacr. in Canaam, lib. 1, c. 33).

Intorno a che ne abbiam noi un altro chiarissimo documento in un diploma greco, il quale nell'anno 1253 in tempo dell'Imperador Corrado Re di Sicilia, fu fatto tradurre in Latino, che si legge presso Ughello548, nel quale non essendosi, quando fu quello instromentato, ancora queste province innalzate in Reame, il Conte Ruggiero così s'intitola: Hoc est sigillum factum a Rogerio Duce Italiae, Calabriae, et Siciliae: ove si vede chiaro che per Italia i Greci non intendevano altro che la Puglia. E nella vita del Beato Nilo, che dal greco fu tradotta in latino da Cariofilo, si legge, che Niceforo regebat utramque Provinciam, Italiam, et Calabriam nostram, non intendendo altro per Italia, se non che la Puglia, da' Greci allor posseduta; e per questa medesima ragione da' greci Scrittori, e fra gli altri da Niceforo Gregora vien sempre appellato Carlo d'Angiò Rex Italiae; il quale da' Latini, siccome allora volgarmente si parlava, era detto Rex Apuliae. Anzi questo greco idiotismo di chiamare la Puglia Italia, non solo fu ritenuto da' Scrittori di quella Nazione, ma fu usato ancora da' nostri Autori latini, siccome presso Falcone beneventano s'incontra molto spesso, dove parlando dell'espugnazione fatta da Lotario Imperadore del castello di Bari, dice, de tali tantaque victoria tota Italia, et Calabria, Siciliaque intonuit549.

Così infino che la Puglia fu ritenuta da' Greci, acquistò anche il nome d'Italia, col quale non si denotava altro, che quella sola provincia; ma da poi per opra de' Normanni avvenne, che il nome di Puglia oscurò i nomi di tutte le altre province a se vicine, le quali per questa cagione sotto questo nome eran anche designate. Ciò avvenne, perchè i Normanni le loro prime gloriose imprese l'adoperarono nella Puglia; e da poi che questa Nazione ne fece acquisto con tanta loro gloria e vanto, se ne sparse la fama per tutto l'Occidente, onde risonando il nome di Puglia frequentemente per le bocche de' stranieri, rimasero quasi del tutto oscuri i nomi dell'altre congiunte regioni; e fu bene spesso, spezialmente da' forestieri, in lor cambio unicamente usurpato il nome di Puglia per tutte l'altre province adiacenti; quindi avvenne, che per la Puglia s'intendeva non solo quella provincia, ma tutta l'Italia cistiberina, e tutte quelle province, che oggi compongono il Regno di Napoli; non altrimente di ciò, che presso i Popoli orientali dell'Asia veggiamo usarsi, i quali per le gloriose gesta de' Franzesi, tutti gli occidentali, non con altro nome chiamano, se non di Franzesi; la qual gloria non è nuova di questa Nazione; poichè sin da' tempi di Ottone Frisingense, per le frequenti spedizioni di Terra Santa, onde si renderono in Oriente rinomatissimi, leggiamo presso questo Scrittore, che gli Orientali, e singolarmente i Greci, ogni uomo occidentale, lo chiamavano Franzese550. Perciò intitolandosi Ruggiero Rex Apuliae, non della Puglia presa nel suo stretto e vero senso, dee intendersi, ma di tutto ciò che ora forma il nostro Regno. Per quest'istessa cagione molti Scrittori, ancorchè nominassero la sola Puglia, intendono però di tutta questa gran parte d'Italia, come presso Pietro Bibliotecario nella vita di Pascale, ed altri Autori spesso s'incontra551. Quindi avvenne ancora, che comunemente presso i nostri Popoli questo Regno, prima che da' romani Pontefici così spesso se gli dasse il nome di Sicilia di qua del Faro, e che negli ultimi tempi acquistasse quello di Regno di Napoli, fossesi appellato Regno di Puglia.

Fu perciò molto facile, che siccome da' Greci era stato dato il nome d'Italia alla Puglia, che non abbracciava più che una sola provincia, si fosse quello dato da poi con maggior ragione a tutte l'altre province di qua del Tebro, che pure sotto nome di Puglia erano denotate; onde si fece che a Ruggiero riuscisse meglio chiamarsi Re d'Italia, che di Puglia, così per esser un titolo più sublime e spezioso, risorgendo nella sua persona quello de' Re d'Italia, del quale se n'erano fregiati i Goti ed i Longobardi, come anche perchè sopra la Puglia non ritrovava questo titolo di Re, siccome lo trovò sopra la Sicilia; se pure non avesse voluto ricorrere a quegli antichissimi Re de' Dauni, de' Lucani e di Taranto, de' quali Freccia552 tratta ben a lungo, ma pur troppo infelicemente. Reputò adunque Ruggiero intitolarsi non men Re di Sicilia, che d'Italia, per Italia non intendendo altro che la cistiberina, siccome presso gli Autori di questi tempi assolutamente per Italia intendevano questa parte; in quella guisa appunto, che avvenne, quando per le province d'Italia assolutamente erano denotate quelle sole, ch'erano sottoposte al Prefetto d'Italia, non quelle, che ubbidivano al Prefetto della città di Roma, ancorchè venissero comprese nella descrizione dell'Italia presa nella sua più larga estensione.

Si conosce da ciò chiaro, che intitolandosi Ruggiero non meno Re di Sicilia che d'Italia, ovvero di Puglia, che due Regni furono stabiliti independenti l'uno dall'altro, non un solo in guisa, che queste nostre province avessero avuto a reputarsi come membri e parte del Regno di Sicilia.

523.Histor. Napol. lib. 11.
524.P. Diac. lib. 4 cap. 97.
525.Falc. Benev. In his diebus Cives Neapolitani venerunt Beneventum, et Civitatem Neapolim ad fidelitatem Domini Regis tradentes, Ducem filium ejus dixerunt, et ejus fidelitati colla submittunt.
526.Capac. lib. 1 cap. 12.
527.Pelleg. ad Falc. Ben. ann. 1140.
528.V. Pellegr. Cast. ad Falc. Benev. ann. 1140.
529.Fazzel. poster. decad. lib. 7.
530.Capec. Lat. hist. lib. 1 pag. 50.
531.Falc. Benev.
532.Constit. Occupatis, lib. I.
533.Fazzel. de reb. Sicul. dec. 1 lib. 1 cap. 2.
534.Arnis. tom. 1 pag. 519 et 566 num. 6.
535.Anonym. Cassin. an. 1208. Constitutis Magistris Justitiariis Apuliae, et Terrae Laboris Comite Petro Celano, et Richardo Fundano, etc.
536.Camill. Pellegr. in Castig. ad Anonym Cassin. ann. 1208.
537.Sicil. Sacr. tom. 3 fol. 275.
538.Tutin dell'Uffic. del Gran Ammir.
539.Beatill. Hist. di Bari, lib. 2 p. 108.
540.Freccia de Subfeud. lib. 1 pag. 43 num. 6.
541.Tasso Gerus. conquist. cant. 1.
542.Alberto Bononiens. in descript. Ital. Regione X fol. 224 Beatill. Hist. di Bari, l. 1 e nella Vita di S. Niccolò di Bari.
543.Inveges Hist. di Paler. tom. 3.
544.Freccia loc. cit. num. 4.
545.Inveges hist. Palerm. tom. 3.
546.Cap. veritatis, de jurejur.
547.V. Pellegr. ad Lup. Prot. ann. 1042.
548.Ughell. tom. 9 Ital. Sacr. pag. 671.
549.V. Pell. ad Lup. ann. 966.
550.Otho Fris. lib. 7 c. 4.
551.V. Pellegr. ad Cast. Fal. ann. 1117.
552.Freccia de Subfeud. lib. 1 pag. 44.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
22 ekim 2017
Hacim:
540 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre
Metin
Ortalama puan 0, 0 oylamaya göre