Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 29
§. II. Del Grand'Ammiraglio
Dovrebbe occupar il secondo luogo tra' Ufficj della Corona quello del Gran Cancelliere, siccome s'usa presso i Franzesi; ovvero quello di Gran Giustiziero siccome ora si osserva presso di noi; ma due ragioni mi spingono dopo il Gran Contestabile a favellare del Grand'Ammiraglio: l'una per la grande uniformità che egli tiene col Gran Contestabile; poichè avendo ambedue la soprantendenza della guerra, il primo sopra gli eserciti in campagna, e questo secondo sopra l'armate di mare, mi muove, innanzi che si faccia passaggio agli Ufficiali di pace ed a quelli di giustizia, a dover del Grand'Ammiraglio ragionare: l'altra più potente si è il vedere, che a' tempi di questi Re normanni, ne' quali siamo, fu la dignità del Grande Ammiraglio riputata assai più di quella del Gran Cancelliere, e di qualunque altro Ufficiale di giustizia; perchè essendo questi Re potenti in mare cotanto che per le loro armate si resero gloriosi e tremendi per tutto Oriente, portando le loro vittoriose insegne insino alle porte di Costantinopoli, e nell'Affrica fecero maravigliosi acquisti; il loro imperio sopra il mare era più ampio e considerabile, che quello di terra; onde avvenne, che ne' tempi di Ruggiero, e dei due Guglielmi suoi successori, l'esser Grand'Ammiraglio del Regno di Sicilia, era il più alto grado, nel quale alcuno potesse mai essere innalzato. In fatti vediamo che il famoso Majone di Bari, che a' tempi di Ruggiero era Gran Cancelliere, entrato da poi in somma grazia del Re Guglielmo, fu da costui, per dargli un saggio della grande stima, che faceva della sua persona, innalzato ad esser Grand'Ammiraglio; ed Ugone Falcando, narrando lo stato della Corte nei principj del Regno di Guglielmo II, nel qual tempo reggeva l'ufficio di Gran Cancelliere l'Eletto di Siracusa, e quello di Gran Camerario del palazzo Riccardo Mandra, dice che Matthaeus Notarius cum sciret Admiratum se non posse fieri, ob multam ejus nominis invidiam, Cancellariatum totis nisibus appetebat.
Se riguardiamo l'impiego e le funzioni di questo Ufficio, non è da porsi in dubbio, che non fosse antichissimo, conosciuto da' Romani, e più dalle regioni d'Oriente bagnate dal mare; poichè presso Livio abbiamo i Prefetti delle classi marittime, e nell'antica Gallia presso Cesare spesso s'incontrano i Prefetti marittimi, fra quali sopra tutti si distinse Bibulo. Ma il suo nome certamente non lo ritroveremo presso i Romani; ed io acconsento all'opinione di coloro, che stimano questa voce essere non già provenzale, come credette l'Alunno589, ma saracena; come ben pruovano da molti passi dell'Istoria del Fazzello590, Pietro Vincenti591 ed il Tutini592. Ed in vero i Saraceni furono molto potenti in mare, ond'è che nell'istorie loro spesso s'incontrano questi nomi d'Ammiragli, poich'ingombrando essi l'Oriente, e gran parte dell'Occidente, come la Spagna, l'Affrica e la Sicilia, luoghi nella maggior loro estensione bagnati dal mare, ebbero perciò molti Generali di mare, da essi Ammiragli chiamati.
Gli conobbero ancora i Greci e gli ultimi Imperadori d'Oriente, i quali per opporsi agli sforzi dei Saraceni bisognò, che si provedessero d'armate marittime essi ancora, e non è fuor di ragione il credere che in queste nostre province gli avessero i Greci prima introdotti, poichè non essendogli negli ultimi tempi rimaso altro, che molte città nella riviera del mare, come quelle della Calabria, e parte della Lucania, Amalfi, Napoli e Gaeta, tutti luoghi marittimi bisognò provedersi d'armate per conservargli da' Saraceni, i quali siccome avevan loro tolta la Sicilia, così passavano pericolo quest'altre città ancora di qua del Faro di correre la stessa fortuna. In fatti osserviamo, che gli Amalfitani si resero potenti in mare, e nell'arte nautica espertissimi, tanto che i Greci gli ebbero per valido presidio, ed in essi per le cose marittime fondavano le maggiori speranze; e come altrove fu avvertito, s'avanzarono tanto in questo mestiere, che oltre alle frequenti navigazioni per tutte le parti orientali, furono riputati arbitri delle controversie marittime; e siccome a' tempi de' Romani, i Rodiani si lasciarono in dietro tutte le altre Nazioni, tanto che le leggi Rodie erano la norma di tutti i Popoli dell'Imperio, per le quali le liti insorte su la nautica venivan decise; così presso di noi, tutte le liti, e tutte le controversie surte intorno alla navigazione, si decidevano secondo le leggi, ed instituti degli Amalfitani; e Marino Freccia593 attesta, che insino a' suoi tempi questi litigi venivan terminati secondo le leggi amalfitane. Quindi avvenne, che per essere gli Amalfitani tutti dediti alla navigazione, ed esperti nella nautica, riuscì finalmente a Flavio Gisia Amalfitano, ne' tempi di Carlo II d'Angiò, uomo sagacissimo, di rinvenire la Bussola tanto necessaria per le navigazioni.
Ma avendo ora i Normanni discacciati dalla Sicilia i Saraceni, e da questi nostri luoghi i Greci, per potergli difendere dall'invasione così degli uni, come degli altri, bisognò che parimente si fortificassero in mare. E quanto in ciò i Normanni s'avanzassero, e precisamente a tempo del famoso Ruggiero, e de' due Guglielmi, ben è chiaro dall'istoria de' Regni loro. Per questa ragione l'Ufficio di Grand'Ammiraglio a questi tempi fu reputato il più rinomato ed illustre; onde avvenne, ch'essendo il numero delle loro armate ben grande, e perciò convenendo tener più Ammiragli, il primo, e capo sopra di tutti, si fosse appellato Ammiraglio degli Ammiragli.
Avea egli perciò le più insigni prerogative, che mai possono immaginarsi intorno all'Imperio del mare: egli comandava sopra mare in pace ed in guerra: era sua incumbenza la costruzione de' vascelli e delle navi del Re, reparargli e disporgli per mantener il commercio: tener li Porti in sicurezza in tutta l'estensione del Reame, e conservare i lati marittimi sotto l'ubbidienza del Re; ed erano a lui subordinati tutti gli altri Ammiragli delle province e de' porti, i Protontini, i Calefati, i Comiti, i Carpentieri, e tutti gli altri minori Ufficiali marittimi594.
Presentemente il nostro Grand'Ammiraglio ritiene la giurisdizione così civile, come criminale sopra tutti gli Ufficiali a lui subordinati, e sopra tutti coloro, che vivono dell'arte marinaresca595: tiene perciò un particolar Tribunale, ove i Giudici creati dal Grande Ammiraglio amministrano giustizia a tutti coloro che sono ad essi subordinati, ed ha leggi particolari stabilite sulla nautica, onde le liti si decidono: tanto che siccome per li Feudi è surto un nuovo corpo di leggi feudali, così ancora per la nautica, un nuovo corpo di leggi nautiche abbiamo, del quale qui a poco farem parola. Ritiene ancora presso di noi per sua insegna il fanale, siccome anticamente avea il Grande Ammiraglio di Francia, il quale ora non più il fanale, ma l'Ancora ha per insegna596. Ha purpurea veste, e ne' Parlamenti siede alla parte destra del Re, dopo, ed al lato del Gran Contestabile.
Il primo, che s'incontra nel Regno di Ruggiero, fu Giorgio antiocheno: fu costui da Ruggiero per la sua eminente virtù, ed esperienza nelle cose marittime chiamato fin da Antiochia, e fu da questo Principe creato Grand'Ammiraglio, del cui consiglio e prudenza valevasi Ruggiero, così nell'imprese di mare, come di terra597, avendo avuto per costume questo glorioso Principe di chiamare a se da diverse regioni del Mondo uomini esperti, non meno nell'armi, che nelle lettere. Riportò Ruggiero per quest'invitto Capitano molte vittorie in Grecia, portando le sue vittoriose insegne insino alla porta di Costantinopoli. Liberò Lodovico Re di Francia, che mentre ritornava dalla Palestina fu da' Greci preso per presentarlo all'Imperador di Costantinopoli, poichè incontrandosi colle navi de' Greci le combattè e vinse, e liberò tosto il Re franzese, il quale da Ruggiero fu con molto onor ricevuto in Sicilia, donde poscia in Francia fece ritorno. Egli fu il primo che nelle scritture pubbliche si sottoscrivesse: Georgius Admiratorum Admiratus, come dalla carta, che porta il Tutini; perciocchè secondo il numero delle armate, convenendo tener più Ammiragli in diverse parti del Regno, il primo meritamente s'appellava Ammiraglio degli Ammiragli.
Il secondo, che abbiamo pure nel Regno di questo Principe, fu l'Eunuco Filippo, il quale non altrimenti di ciò che Claudiano narra d'Eutropio, che da Eunuco fu innalzato ad esser Console, così egli da Ruggiero fu creato Grand'Ammiraglio. Costui, come narra Romualdo Arcivescovo di Salerno598, fu dalla sua giovanezza allevato nella casa reale di Ruggiero; era di costumi non dissimili da quelli d'Eutropio, e covrendo il vizio sotto il manto di virtù, s'avanzò tanto nella benevolenza del Re, che fu riputato degno di esser innalzato all'onore di Maestro del Palazzo reale; da poi il Re dovendo in Turchia far l'impresa di Bonna, trascelse Filippo al maneggio di quella guerra, e nell'anno 1149 lo creò Grand'Ammiraglio, il quale postosi alla testa d'una grossa armata di vascelli prese la città, e carico di molte prede, se ne ritornò trionfante in Sicilia, ove per lungo tempo fece dimora; ma vedutosi da poi in tanta grandezza, mal potendo coprire la sua occulta religion saracinesca, che fin ora avea celata sotto il manto della cristiana, si scovrì poi, ch'egli odiava in estremo i Cristiani, ed oltremodo amava gli Ebrei ed i Maomettani, mandando sovente messi e doni in Lamecca al sepolcro dell'impostore Maometto. Ruggiero avendo scoperte queste scelleraggini e dubitando, che se con memorando esempio non si correggesse la malvagità di costui era da temere, che non ripullulasse la religion saracinesca in quell'isola, dalla quale con tanto studio e fatiche avea proccurato cacciarne i perfidi Saraceni: fece prender di lui aspro e severo castigo; poichè fatto subito convocare i Sapienti e i Baroni del suo Consiglio, fu da costoro condennato alla pena del fuoco ed avanti il Palazzo regio fu al cospetto di tutti fatto buttare ad ardere nelle fiamme.
Successe da poi nel Regno di Guglielmo a questa carica di Grand'Ammiraglio il famoso Maione di Bari, i cui fatti per ciò che concerne all'istituto di quest'Istoria saranno ben ampio soggetto del libro seguente. Costui innalzato da Guglielmo a' primi onori del Regno esercitava il posto di Grand'Ammiraglio con maggior fasto e con una totale independenza. Ancora egli, per essere eziandio così chiamato dal Re, si firmava: Majo Admiratus Admiratorum; avendo sopra tutti gli altri Ammiragli del Regno la suprema autorità ed il sovrano comando.
Nel che dovrà avvertirsi, siccome altre volte fu detto, che ne' tempi de' Normanni e Svevi, insino che questo Regno fu diviso da quello di Sicilia, quando passò sotto la dominazione degli Aragonesi per quel famoso vespro Siciliano, uno era il Grand'Ammiraglio, che avea la soprantendenza sopra tutti gli altri Ammiragli delle province così dell'uno, come dell'altro Reame; a differenza del Regno di Francia, nel quale da poi che quella Monarchia ebbe acquistata la Provenza, fu diviso in quattro: poich'era uno Ammiraglio in Guienna; l'altro in Brettagna; il terzo in Provenza, il qual sebene non avesse nome d'Ammiraglio, ma di Generale delle Galere, com'è ora quello di Napoli, nulladimeno avea l'istessa potenza degli Ammiragli, dimodochè all'antico Ammiraglio non rimase se non il suo antico lato di Normannia e Piccardia col titolo d'Ammiraglio di Francia indefinitamente599. Non così nel Regno di Sicilia, ove uno era il Grand'Ammiraglio e teneva sotto di se tutti gli altri Ammiragli, detto perciò Admiratus Admiratorum, poichè nelle altre parti del Regno di qua e di là del Faro, non solamente le province, ma anche le città aveano i loro particolari Ammiragli, subordinati tutti al primo e Grande Ammiraglio. In fatti in queste nostre province erano molti Ammiragli in un tempo istesso, siccome ce ne accerta la Cronaca Cassinense600, ove di alcuni di essi sovente accade farsi memoria; e quasi in tutte le città marittime vi risiedeva un Ammiraglio per ciascheduna e questi per lo passato eran creati dal Re, ed aveano cura de' legni e de' vascelli regi. E ne' tempi posteriori de' Re angioini, venivano chiamati Protontini, i quali amministravan giustizia a tutti coloro che viveano dell'arte marinaresca, che risiedevano in quelle città e riviere. Così il Tutino rapporta molte carte, nelle quali molti vengono nomati Ammiragli di diverse città di mare, come Landulfo Calenda Ammiraglio di Salerno, Lisolo Sersale Ammiraglio, ed altri moltissimi. In questa maniera avendo i nostri Re normanni, non meno per terra, che per mare proccurato stabilire il loro Imperio, ed avendo perciò istituito vari Ufficiali, a' quali il governo e la sicurezza del mare, de' porti, del commercio, delle navigazioni, e de' traffichi era commesso proccurarono perciò stabilire ancora molte leggi, dalle quali in decorso di tempo, surse, non altrimenti che si fece de' Feudi, un nuovo corpo di leggi Nautiche appellate; e che col correr degli anni, siccome abbiam veduto, dopo il Jus comune feudale, sorgere una nuova ragione feudale non comune, ma speziale per questo nostro Reame: così ancora per la nautica, oltre il Jus comune, una nuova ragion particolare per queste nostre province.
Delle leggi navali
Le leggi appartenenti alla Nautica presso i Romani non erano altre, se non quelle, che da' Rodiani appresero: perciò la legge Rodia fu cotanto rinomata, e n'andò cotanto chiara e luminosa in tutto quel vasto Imperio, che gl'Imperadori Tiberio, Adriano, Antonino, Pertinace e Lucio Settimio Severo stabilirono molte leggi approvandole, e dando loro forza e vigore per tutto l'Imperio; onde ne surse il Jus Navale Rodiano, tratto dall'undecimo libro de' Digesti601, il quale dalla Biblioteca di Francesco Piteo, dove lungo tempo giacque sepolto, fu finalmente pubblicato al Mondo. Ma da poi avendo gl'Imperadori d'Oriente, in Costantinopoli, città per tre suoi lati bagnata dal mare, fermata la loro sede, e le maggiori loro forze collocate nelle armate navali, attesero molto più per mezzo di queste, che d'eserciti terrestri a conservare i loro dominj e le ragioni di quel cadente Imperio, le quali circondate nella maggior loro estensione dal mare, più dall'armate, che dagli eserciti potevano tenersi in sicurezza; perciò di questi ultimi Imperadori d'Oriente abbiamo più leggi attinenti alla nautica ed al commercio del mare, ed alla sicurezza de' porti, e delle navigazioni, le quali furono raccolte parte da Leunclavio, e da Pietro Peckio, e parte ultimamente dall'incomparabile Arnoldo Vinnio, il quale ebbe la cura d'impiegare gli alti suol talenti anche intorno a queste leggi, e sopra l'opera del Peckio aggiungere le sue osservazioni.
Ma queste leggi degl'Imperadori d'Oriente patirono in queste nostre regioni quel medesimo infortunio, che tutte l'altre loro compilazioni. Presso di noi la Tavola Amalfitana, come dice Marino Freccia602 era quella donde s'apprendevano le leggi attinenti alla nautica; nè è inverisimile, che gli Amalfitani per le spesse navigazioni e continuo traffico, che aveano cogli Orientali, dalle leggi di quegl'Imperadori, e più dalla lunga esperienza, e da' pericoli sofferti in mare, l'apprendessero. E poichè ne' medesimi tempi i Catalani, gli Aragonesi, i Pisani, i Genovesi ed i Veneziani parimente s'erano renduti potenti in mare e celebri, non altrimenti che gli Amalfitani, per le navigazioni nelle parti orientali ed altrove, ne nacque perciò un nuovo corpo di statuti e costumanze, che ora ristretto in un picciol volume, va attorno sotto nome di Consolato del Mare, donde i Naviganti prendon la norma per terminare le lor contese, il che producendo buon effetto ne' sudditi, da ciascun Principe vien approvato; ed i regolamenti in quello stabiliti, come loro particolari statuti e costumanze vengono inviolabilmente osservati.
Questi Capitoli, onde si compone il Consolato del Mare, furono approvati da' Romani, da' Pisani, dal Re Luigi di Francia, dal Conte di Tolosa, e da molti altri Principi e Signori; ed i Re d'Aragona, ed i Conti di Barzellona ve ne aggiunsero degli altri; ed Arnoldo Vinnio non s'allontana dall'opinione di coloro, che narrano questa compilazione essersi fatta a' tempi di S. Lodovico Re di Francia. Fu data poi alle stampe in Venezia da Giovambatista Pedrezano, il quale intitolò questa Raccolta: Il libro del Consolato de' Marinari, e lo dedicò a M. Tomaso Zarmora Console allora in Venezia per l'Imperadore Carlo V; fu da poi nell'anno 1567 ristampato in Venezia stessa, ed è quello, che ora va attorno per le mani d'ognuno; e che nel Tribunale del Grand'Ammiraglio del nostro Regno ha tutta l'autorità e 'l vigore.
Ma i nostri Principi di ciò non soddisfatti, vollero per questo Regno stabilire sopra gli affari marittimi, particolari leggi. L'Imperador Federico II, oltre di quelle che furono inserite nel Codice603, stabilì molti Capitoli attinenti all'Ufficio dell'Ammiraglio, ne' quali si prescrive al medesimo ciò che deve esser della sua incumbenza, quello che se gli appartiene, e sin dove s'estende l'autorità sua. Ne' tempi de' Re angioini furono aggiunti a' medesimi molti altri Capitoli, per li quali fu in nuovo modo prescritta la sua autorità, come si osserva in quelli stabiliti da Carlo II d'Angiò a Filippo Principe d'Acaja e di Taranto, suo figliuolo quartogenito, quando lo creò Grand'Ammiraglio, che vengon trascritti dal Tutini. Da poi i Re aragonesi accrebbero molte altre cose a' Capitoli de' loro predecessori, che dovea osservar l'Ammiraglio, e molti ne aggiunse Ferdinando I a Roberto S. Severino Conte di Marsico, quando nell'anno 1460 lo creò Ammiraglio, pur rapportati dal Tutino. Ed in tempo degli Austriaci molte prammatiche si promulgarono attinenti a quest'Ufficio, delle quali, quando ci tornerà occasione, non si tralascerà farne memoria.
Tanta e tale era la dignità del Grand'Ammiraglio ne' secoli andati, e cotanto era grande la sua incumbenza, che per regolarla vi fu uopo di tanti provvedimenti finchè ne surse una nuova ragione, nautica appellata. Ma sì sublime Ufficio nel nostro Regno sin da' tempi di Marino Freccia cominciò a decadere dal suo splendore, e molto più ne' tempi men a noi lontani, ed oggi appena serba qualche vestigia della sua grandezza, ritenendo, oltre gli onori e preminenze, un Tribunale a parte da se dipendente, e la giurisdizione sopra coloro che vivono dell'arte marinaresca. Le cagioni di tal declinazione ben s'intenderanno nel corso di questa Istoria, ove si conoscerà, che sin a tanto, che i nostri Re furono potenti in mare, ed insino che i Normanni, gli Svevi, e sopra tutti gli Angioni mantennero molte armate navali, crebbe nel suo maggior splendore; ma da poi diminuite l'armate, e passato il Regno sotto la dominazione degli Austriaci, essendosi introdotta nuova forma e nuovo regolamento dipendente da quello di Spagna, mancò tanta autorità, e passò in parte a' Generali delle galee, sebbene non coll'istessa potenza e prerogative del Grand'Ammiraglio.
§. III. Del Gran Cancelliero
Non dovrà sembrar confuso e perturbato l'ordine che io tengo in noverando gli Ufficj della Corona, e se, non serbando quello tenuto dagli altri Scrittori, vengo a parlare, dopo il Grand'Ammiraglio, del Gran Cancelliero. So che Marino Freccia diede a quest'Ufficio l'ultimo luogo, se bene non si sappia per qual ragione il facesse, giacch'egli medesimo ne' Parlamenti, e nell'altre funzioni pubbliche, gli dà il sesto luogo, e lo fa precedere al Gran Siniscalco, il quale non siede a lato, ma a' piedi del Re. Altri perciò lo collocano nel sesto luogo dopo il Gran Protonotario; e così questi, come Freccia, danno il secondo luogo al Gran Giustiziero dopo il Gran Contestabile.
Li Franzesi però dopo il Gran Contestabile, collocano il Gran Cancelliero; ed io dico, che gli uni, e gli altri assai bene han fatto di disporgli con questo ordine. Altro è il Gran Cancelliere di Francia, altro fu il Gran Cancelliero di Sicilia a' tempi de' Normanni, ed altro è, e pur troppo diverso il Gran Cancelliero del Regno di Napoli, precisamente se si riguardano i tempi, ne' quali scrissero il Freccia, e gli altri Autori, e più se avrem mira a' tempi nostri.
Hanno le dignità secondo il volere de' Principi, le loro declinazioni, ed i loro innalzamenti: il Principe siccome è l'Oceano di tutte le dignità, così è anche la lor regola e la lor norma; e siccome ben a proposito disse Giorgio Codino604 degli Ufficiali del Palazzo, egli è lecito a' Principi innovare così le cose, come i nomi a lor modo, ed innalzare ed abbassare secondo loro aggrada.
Il Cancelliero presso i Franzesi era l'istesso, che il Questore presso i Romani nella maniera, che Simmaco605, e Cassiodoro ce lo descrissero: Quaestor es, legum conditor, regalis consilii particeps, justitiae arbiter. Era per ciò il Capo della giustizia, come il Contestabile Capo delle armi: Principe di tutti gli Ufficiali di pace; Magistrato de' Magistrati, e fonte di tutte le dignità.
Perchè fosse chiamato Cancelliero, non è di tutti conforme il sentimento. Il Vecchio Glossario dice, che fosse così detto, perchè appartenendo a lui l'esaminare tutti i memoriali, che si danno al Principe, avea potestà di segnare ciò che pareva a lui, che potesse aver cammino, e di cancellare le importune dimande, dando di penna su i memoriali con tirar linee sopra di quelli per lungo, e per traverso a guisa di cancelli. Ma questa è una molto strana etimologia, che dovesse prendere il Cancelliere il suo nome più tosto da ciò, ch'egli disfà, che da quello, che fa. Meglio interpretarono Cassiodoro606 e Agatia607, che lo derivarono a Cancellis; poichè dovendo questo Ufficiale soprantendere alla spedizione di tutti i rescritti del Principe, sentire tutti coloro, che gli presentavano i memoriali, acciocchè non fosse premuto dal Popolo, ed all'incontro da tutti fosse veduto, soleva stare fra Cancelli, siccome si praticava in Roma ed in Francia; ond'è che Tertulliano soleva dire: Cancellos non adoro, subsellia non contundo.
Tiene egli perciò per sua insegna il suggello del Re, onde appresso i Franzesi è anche nomato Guardasigillo, poichè per le sue mani passano tutti i privilegi, e tutte le spedizioni del Re ch'egli suggella; dando titolo, ovvero lettere di provisione a tutti gli Ufficiali, le quali può egli rifiutare, o differire come gli piace non suggellandole. Quindi il nostro Torquato al Gran Cancelliere d'Egitto gli dà per sua insegna il suggello:
L'altro ha il sigillo del suo Ufficio in segno.
Gode perciò molte insigni prerogative; ha la presidenza al Consiglio di Stato negli affari civili del Regno, onde il Tasso soggiunge:
Custode un de' secreti, al Re ministra
Opra civil ne' grandi affar del Regno.
Ha l'espedizion degli editti, e ogni altro comandamento del Re. Ha la soprantendenza della giustizia, ed egli è il Giudice delle differenze, che accadono sopra gli Ufficj ed Ufficiali, regolando le lor precedenze, e distribuendo a ciascun Magistrato ciò ch'è della sua incumbenza, perchè l'uno non attenti sopra l'altro.
Queste erano le grandi prerogative de' Cancellieri di Francia, donde l'apprese Ruggiero, e del Regno di Sicilia a tempo de' Normanni. Dignità pur troppo eminente, e che gareggiava quasi con quella de' Principi stessi: onde meritamente era a costoro, dopo il Contestabile, dato il secondo luogo.
Il primo Cancelliere, che s'incontra nel Regno di Ruggiero fu Guarino Canzolino molto celebre presso Pietro Diacono nella Giunta alla Cronaca Cassinense608: di costui Ruggiero valevasi ne' più gravi affari della Corona, e gli diede la soprantendenza, ed il supremo comando di queste nostre province. Narrasi, che Guarino per lo sospetto, che avea de' Monaci Cassinensi che non s'unissero al partito di Lotario, erasi finalmente risoluto, fattisi venire da Benevento, dalla Puglia, dalla Calabria e da Basilicata molti soldati, ed alcune macchine di guerra, di espugnare Monte Cassino; ma che non guari da poi infermatosi in Salerno, giunto all'estremo di sua vita, mentr'era per uscirgli l'anima dal corpo, gli fossero uscite di bocca gridando queste parole: Ahi Benedetto e Mauro perchè m'uccidete? onde narra Pietro Diacono609, che nel medesimo tempo Crescenzio Romano Monaco di quel monastero per non esser riputato meno degli altri, tutto sbigottito e tremante dicesse a' suoi Monaci, ch'avea avuta visione, nella quale gli apparve uno spaventevole lago tutto di fuoco, le cui orribili onde s'innalzavano sino al Cielo; e per esse vedea ravvolgersi l'anima del Gran Cancelliere: che eragli sembrato parimente di vedere due Frati alla riva del lago, e dal più vecchio di loro esser dimandato se sapea chi fosse colui, che vedea così dall'onde travagliato, e rispondendo egli del no, gli fu dal medesimo manifestato esser l'anima di Guarino, ch'era condennata a sì fatta pena per aver travagliato i Monaci di Monte Cassino, il quale richiesto chi egli si fosse, rispose ch'era Frate Benedetto; ed in questo destossi Crescenzio, e la vision disparve.
L'altro Cancelliere, che ne' tempi di Ruggiero esercitò quest'Ufficio, fu Roberto, di legnaggio inglese610. Ruggiero, come altre volte fu notato, nel governo de' suoi Reami si servì sempre di Ministri di molta dottrina e prudenza, facendogli venire anche da remote parti; e siccome innalzò ad esser Grand'Ammiraglio Giorgio d'Antiochia, così anche sin da Inghilterra chiamò questo famoso Roberto, che oltre averlo impiegato agli affari più rilevanti della sua Corona, e di commettere a lui la difesa di Salerno, quando da Lotario, dal Principe di Capua e da' Pisani fu assediata, gli commise ancora il governo della Puglia e della Calabria; e fu cotanto luminosa la fama della sua saviezza ed integrità, che Giovanni Saresberiense Vescovo dei Carnuti611, narra di lui un avvenimento da non tralasciarsi in quest'Istoria. Governando questo Gran Cancelliero la Puglia e la Calabria, avvenne che per morte del suo Prelato vacasse la Chiesa di Avellino. Nell'elezione del successore, era di mestieri ricercarsi la volontà e l'assenso del Re, siccome costumavasi in tutte le Chiese cattedrali: Roberto che in nome del Re dovea darlo, ne fu ricercato istantemente da molti; infra gli altri ebbe tre forti pretensori, un Abate, un Arcidiacono, e un secolare della Casa del Re, che teneva un fratello Cherico, i quali fecero con Roberto grandi impegni, e ciascun di essi gli promise grossa somma di moneta se avesse fatto crear il Vescovo secondo il suo intendimento: il Cancelliero volendo schernire la loro malvagità, pattuì con tutti tre separatamente, dando loro ad intendere, che fatto avrebbe quello che ciascun d'essi chiedea; ed avuti pegni e sicurtà de' promessi pagamenti, venne il giorno stabilito alla elezion del Vescovo, nel qual ragunato il Clero d'Avellino con molti Arcivescovi, Vescovi, ed altri Prelati e persone di stima, raccontò Roberto la frode, che coloro commetter voleano; ed avendogli come simoniaci fatti escludere dalla prelatura per sentenza di tutti coloro che colà erano, e riscosso in pena del lor fallo il danaro convenuto, si adoperò poscia, che fosse eletto Vescovo un povero Frate di buona e santa vita, ma che punto a ciò non badava, a cui diede l'assenso.
Il terzo Gran Cancelliero, che incontriamo nel Regno di Ruggiero si fu il cotanto rinomato Giorgio Majone. Nacque costui in Bari d'assai umile condizione, ma dotato dalla natura d'una maravigliosa facondia ed accortezza, fece tanto, ch'essendo figliuolo d'un povero venditor d'olio612, ebbe modo d'esser posto in Corte nella real Cancelleria, ove dal Re Ruggiero fu prima creato suo Notajo: da poi avendo occupati altri minori ufficj della Cancelleria, fu fatto Vicecancelliero, e finalmente innalzato ad esser suo Gran Cancelliero, e fu cotanto caro a questo Principe, che finchè visse l'adoperò negli affari più rilevanti del suo Regno; e morto Ruggiero, con raro esempio, per le sue arti fu così caro a Guglielmo suo figliuolo, che oltre ad averlo creato Grand'Ammiraglio, pose anche in sua mano tutto il governo del Regno. Sotto i due Guglielmi tennero quest'Ufficio i primi personaggi di que' tempi: tennelo l'Eletto di Siracusa, e da poi Stefano di Parzio Arcivescovo di Palermo.
Cotanta in questi tempi era la grandezza e dignità di questo supremo Ufficio così in Francia, come in Sicilia appresso i Normanni; nè minori eran le sue preminenze nelle Corti d'altri Principi. Ma da poi fu riputato savio consiglio de' Principi di togliergli tante e così eminenti prerogative, con riunirle ad essi donde procederono; del che n'abbiamo un ben chiaro ed illustre esempio nel Cancelliere della Santa Sede di Roma. Ne' tempi antichi ebbe questa Sede un Cancelliere, l'autorità del quale era sì grande, che gareggiava col Papa istesso: veniva perciò occupato da' primi personaggi; e da questo posto regolarmente si faceva passaggio al Ponteficato. Così Papa Gelasio II porta l'epitafio composto da Pietro Pittaviense, avanti d'essere Papa, Archilevita fuit, et Cancellarius Urbis; e narrasi ancora, che Alessandro II quando fu eletto Papa era Cancelliere della Sede Romana.
Ma da poi Bonifacio VIII vedendo l'autorità del Cancelliere in Roma in tanta grandezza, sì che, come dicono molti Scrittori613, quasi de pari cum Papa certabat, abolì questo Ufficio di Cancelliere in Roma, ed attribuendo la Cancelleria a se medesimo, vi stabilì solamente un Vicecancelliere; onde è che in Roma questo Ufficio di Vicecancelliere non riconosce altro per suo maggiore nella medesima sfera, poichè il Cancellierato al Papa è attribuito; ed essendosi perciò prima quest'Ufficio dato a coloro, che non erano Cardinali, si dissero sempre Vicecancellieri; ma da poi essendosi tornato a darlo a' Cardinali, ritenne ancora questo medesimo nome di Vicecancelliere, ancorchè fosse estinto quello del Cancelliere; non altrimenti che chiamano Prodatario e Vicedatario quel Cardinale che è Prefetto alla Datarìa del Papa, quantunque non esercitasse le veci d'altro Ministro a se superiore; poichè la Cancelleria e Datarìa fu al Papa attribuita.
Per questa medesima ragione solo nel Sesto Decretale si fa menzione del Vicecancelliere, come notò la Glossa614, e Gomesio sopra le regole della Cancelleria; se bene Onofrio Panvinio al libro de' Pontefici dice, che dal tempo d'Onorio III non vi furono più Cancellieri in Roma, ma solamente un Vicecancelliere.