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Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 28

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Così Ruggiero avendo per queste leggi proveduto all'onestà delle donne, con non minor saviezza provede alla sicurtà degli uomini; si leggono perciò tre altre sue leggi, che sono l'ultime, che abbiamo di questo Principe; e che compiscono il numero di trentanove. Per la prima sotto il titolo de venditione liberi hominis; si riduce in servitù colui, il quale scientemente venderà un uom libero. Per la seconda sotto il titolo de incendiariis, si impone pena capitale contro coloro, i quali fraudolentemente porranno fuoco nelle case altrui. E nell'ultima, s'impone la medesima pena a chi si sarà precipitato da alto, averà menato un sasso, o un ramo senza gridare, o avvisare, onde avesse ammazzato alcun uomo: il rigore della quale fu poi da Federico temperato nella Costituzione seguente.

Ecco come Ruggiero, dopo avere stabilito il suo Regno, lo riordinò con sì provvide ed utili leggi. Ancorchè per alcune di esse si dasse providenza su i matrimonj, su l'amministrazione delle Chiese, sopra i repudj e sopra i Cherici, non perciò erano riputate improprie, a questi tempi, de' Principi secolari. Non ancora s'erano intese quelle querele, che nacquero da poi de' Pontefici romani d'essersi offesa la loro immunità, e che fosse questo un metter la falce nella messe altrui. Cominciarono essi poco da poi pian piano a pretenderlo, e vi diedero l'ultima mano quando Gregorio IX ridotti in un Corpo tutti i rescritti, che servivano alla grandezza romana, ed esteso ad uso comune quello, che per un luogo particolare, e forse in quel solo caso speziale era statuito, ed aboliti tutti gli altri, cavò fuori il decretale, che principiò a fondare e stabilire la Monarchia romana. Ecco parimente, come in questo nostro Reame, alle leggi antiche romane ritenute più per costume, che per leggi scritte, ed alle leggi longobarde, si fossero aggiunte da Ruggiero queste sue Costituzioni, le quali a riguardo delle romane e longobarde erano riputate leggi particolari, siccome quelle comuni ed universali.

§. I. Delle leggi feudali particolari del Regno

Ma essendosi come altre volte abbiam notato, multiplicate in queste province le Baronie ed i Feudi, siccome in tutta Italia, surse ancora una nuova legge, feudale appellata. Questa nella sua origine fu introdotta per le costumanze de' Longobardi nelle città d'Italia, le quali furono varie e diverse, secondo varie eran le usanze di ciascuna città; tanto che la ragion feudale, prima non poteva chiamarsi, se non che legge non scritta de' Longobardi, onde è, che alcuni saviamente la dissero figlia del tempo, e da' Longobardi introdotta in Italia, non per iscritto, ma per costume; crebbe in cotal guisa da poi, insino che Corrado il Salico, che fu il primo, non pensasse colle leggi scritte ad accrescerla; siccome al di lui esempio fecero da poi gli altri Imperadori suoi successori; onde tutto ciò, che da queste Consuetudini feudali introdotte da' Longobardi, e dalle leggi scritte degli Imperadori surse, fu riputato la ragion comune dei Feudi; poichè in tutta Italia, e da poi in tutta Europa, adattandosi a lei l'altre province, furono quelle Consuetudini e leggi ricevute ed abbracciate. E per questa ragione a riguardo de' Feudi, non vi era differenza alcuna tra quelli, che viveano colle leggi longobarde, e quelli che si governavano colle leggi romane; poichè i Romani non conobbero Feudi, e se alcun Romano era investito di qualche Feudo, era tenuto osservare la legge longobarda, che de' Feudi disponeva, già che dalle romane niente potea ritrarsi.

Questa ragion comune feudale, prima di Ruggiero siccome era egualmente osservata in tutta Italia, così ancora ebbe forza ed autorità in queste nostre Province. Ma ridotte ora da Ruggiero in forma di Regno, e sottratte dall'Imperio, siccome alle leggi comuni romane e longobarde, aggiunse questo savio Principe le proprie, stabilite particolarmente per li suoi dominj, così ancora alla legge comune feudale, volle aggiungervi altre sue leggi feudali particolari, che dovessero osservarsi nel suo Regno, siccome tra le sue Costituzioni che sono a noi rimase, due ne abbiamo osservato attenenti a' Feudi. Seguitando le costui pedate aggiunsero da poi i due Guglielmi suoi successori altre leggi feudali; e finalmente Federico II moltissime altre ne stabilì, che si leggono nel volume delle Costituzioni; onde si fece, che nel nostro Regno altro fosse il Jus comune feudale, che è quello compreso ne' libri feudali, ed altro quello particolare per queste sole nostre province, che incominciandosi da Ruggiero, s'accrebbe da poi da Guglielmo, e più da Federico, e che col correr degli anni da tutti gli altri Re, che ressero questo Regno, fu in quella forma, che oggi si vede ampliato per tante Costituzioni, Capitoli, Grazie e Prammatiche, come diremo a più opportuno luogo. Nel che dovrà avvertirsi; che risedendo nella persona di Federico II la dignità imperiale e regale di Re di Sicilia, quelle sue Costituzioni, che si veggono ne' libri de' Feudi, sono quelle appartenenti al Jus comune de' Feudi; quelle, che sono nel volume delle nostre Costituzioni, appartengono al Jus feudale particolare del Regno di Sicilia.

Ruggiero adunque, siccome fu il primo, che alle romane e longobarde aggiungesse nuove leggi, così ancora fu il primo, che alla ragion comune feudale aggiungesse nel suo Regno nuove leggi feudali particolari, per le quali fu introdotto nuovo costume di succedere a quelli contro le longobarde; e fu perciò, che introdusse il nuovo Jus Francorum, onde da poi presso di noi si rese celebre quella distinzione dei Feudi de Jure Longobardorum et Francorum.

Fra gli altri pregi di questo Principe, è lodato cotanto dagli Scrittori quel suo costume di voler essere informato delle leggi e costumi delle altre Nazioni, e ciò che reputava commendabile, introdurlo nel Regno suo; ma di niuna altra Nazione era egli più amante, quanto della franzese, donde egli traea origine; perciò fu più inchinato d'introdurre nel suo novello Regno tutte quelle usanze, e tutti quegl'istituti, che osservava in quel floridissimo Reame; per questa istessa cagione, come osserveremo quindi a poco, v'introdusse egli i sette Ufficj della Corona, che ivi erano; ed amante pur troppo de' Franzesi, diede gelosia e cruccio a' Siciliani e a' Pugliesi, che si vedevan perciò posposti negli onori a' forestieri576.

Quindi, come si è detto, trassero l'origine nel nostro Regno i Feudi Juris Francorum, poichè Ruggiero facendo venir spesso dalla Francia Capitani ed altri soldati franzesi, si serviva di loro in tutte le sue ardue imprese, essendo stata sempre questa gente per valor militare riputata sopra tutte le altre; onde Ugone Falcando dice, che perciò soleva Ruggiero fargli venire: Transalpinos maxime, cum ab Normannis originem duceret, sciretque Francorum gentem belli gloria caeteris anteferri, plurimum diligendos elegerat, et propemodum honorandos. E questo costume fu ritenuto anche da poi da' due Guglielmi suoi successori, anzi ne' principj del Regno di Guglielmo II fu cotanto nella sua Corte il favore de' Franzesi, che non si ritenne di crear suo Gran Cancelliero un Franzese, onde si rese numerosa la sua Corte di questa gente con indignazione grandissima de' Nazionali577.

Per questo avvenne, che militando valorosamente questi Capitani sotto l'insegne di Ruggiero, e de' due Guglielmi, furono da essi investiti di molti Feudi, onde abbandonando la Francia, fermarono in queste province le loro famiglie, non lasciando intanto di vivere secondo i proprj loro costumi, che da Francia portarono; ed insino a' tempi di Federico II lor si permise, che dovessero così ne' giudicj, come in altre occorrenze, esser giudicati secondo i loro patrj istituti e costumi, fra' quali il più considerabile era, che ne' Feudi dovesse succedere il primogenito, esclusi tutti gli altri fratelli minori, non già, come con molta imprudenza si praticava da' Longobardi, secondo i quali venivan tutti ammessi alla successione, dividendo con tanto discapito dello splendore delle loro famiglie i Feudi; una delle principali ragioni, che fu della rovina de' medesimi in queste nostre province, come altrove fu da noi osservato. In tutta la Francia, come ne rendono a noi testimonianza Ottone Frisingense e Cujacio578, con provido consiglio fu istituito, che i soli primogeniti succedessero ne' Feudi, reputando così potersi conservare lo splendor delle famiglie. Così tutti que' Capitani e soldati franzesi, che furono investiti di Feudi in queste nostre province, ritennero questo costume; e Ruggiero, ed i due Guglielmi, non solamente loro il permisero, ma anche che ritenessero tutti lor altri istituti, tanto che Federico II per toglier le confusioni, che si cagionavano perciò in questo Reame per queste leggi infra di lor difformi, ebbe bisogno di stabilire una Costituzione speziale, che è quella che si legge sotto il titolo de Jure Franc. in judic. subl. per la quale tolse, che ne' giudicj potessero più servirsi di que' loro particolari istituti; e tolse ancora quell'altro lor barbaro costume del duello, per quella sua celebre Costituzione Monomachiam.

Non però tolse, anzi approvò il lor costume, come molto commendabile, che ne' Feudi succedesse il primogenito; quindi avvenne che presso di noi tutti i Feudatarj si distinguessero in Franchi e Longobardi: per Franchi intendendo coloro che viveano intorno alle successioni de' Feudi Jure Francorum, e per Longobardi, quelli che viveano secondo la lor antica usanza, d'ammetter tutti i figliuoli alla successione de' loro Feudi. Era però il Jus Francorum reputato come speziale a riguardo del Jus Longobardorum, ch'era il comune, tanto che scrisse Andrea d'Isernia579, colui che dice esser Franco, e perciò non dover dividere co' fratelli, allegando una ragione speziale, suo dee esser il peso di provarlo, già che comunemente tutti si presumono vivere secondo il Jus comune de' Longobardi, che stabilisce i Feudi doversi tra fratelli dividere.

Fu adunque in tempo di Ruggiero, che s'introdusse nel Regno questa ragion speziale di succedere ne' Feudi all'uso de' Franzesi, il quale non soddisfatto d'aver con sì provide leggi stabilito il suo novello Reame, e dalla Francia introdottovi nuovi costumi ed istituti per dargli forma più nobile, volle ancora illustrarlo, e renderlo più maestoso con introdurvi nuove dignità e più illustri, che prima non ebbe, onde ad emulazione di quello di Francia, l'adornò de' Principali Ufficj della Corona, che in quel Regno da molto tempo erano stati introdotti.

CAPITOLO VI
Degli Ufficj della Corona

Dapoi che in Francia, nella stirpe di Ugo Ciappetta, restò estinta quella sublime dignità di Maestro del Palazzo, che come ruinosa a' Principi stessi, come si vide chiaro nel Regno di Ghilperico, fu riputato saggio consiglio di que' Re di spegnerla affatto, si videro da questa suppressione grandemente accresciuti quattro altri Ufficj di quella Corona, le cui funzioni eransi prima trasfuse in quello di Maestro del Palazzo, che per la sua grandezza e sublimità avea assorbiti tutti gli altri. Egli era perciò detto Capo de' Capi di tutti gli altri Ufficiali: Duca de' Duchi: e non senza ragione era assomigliato al Prefetto Pretorio sotto gli ultimi Imperadori romani. A lui non meno si riportavano le cose della guerra, che della giustizia; sovrastava alle Finanze, ed alla Casa del Re: in breve, era il Superior generale di tutti gli Ufficiali del Regno senza eccezione.

Dalla suppressione dunque di quest'Ufficio ripigliarono gli altri Uffizj della Corona la loro antica autorità, non riconoscendo poi altri per lor Capo e superiore, che il Re istesso; onde perciò i supremi vennero con titolo di Grandi decorati. Surse il Gran Contestabile, che ebbe la soprantendenza della guerra, ed il comando degli eserciti in campagna. Il Gran Ammiraglio capo dell'armate navali, che ebbe il comando sopra mare in guerra ed in pace. Il Gran Cancelliero per la soprantendenza della giustizia, capo di tutti gli Ufficiali di pace, e Magistrato de' Magistrati, dipendendo da lui i Giustizieri, i Protonotarj, e tutti gli altri minori Cancellieri. Il Gran Tesoriero, ovvero Gran Camerario, capo della Camera de' Conti, ed Ufficial supremo delle Finanze; ed il Gran Siniscalco, ovvero Giudice della Casa del Re, poichè ebbe il governamento della medesima.

Tutti questi Ufficj erano chiamati della Corona, ovvero del Regno, perchè non riguardano il servigio della persona del Re, ma del Regno: e Ruggiero stabilito ch'ebbe il suo, ve gl'introdusse insieme con gli altri Ufficiali minori subordinati a' medesimi. Prima, queste nostre province non gli conobbero, e le loro funzioni venivano esercitate sotto altro nome da diversi altri Ufficiali: e se ben sotto i Goti se ne fosse avuta qualche conoscenza, avendocene Cassiodoro lasciata qualche notizia, onde è da credersi, che i Franzesi dai Goti gli apprendessero; nulladimanco essendo stati questi discacciati da' Greci, ed i Greci da' Longobardi, si vede che nè gli uni, nè gli altri in tutto il tempo, che dominarono queste Province, l'usarono580. I Greci le governarono per Straticò e Catapani; onde è, che oggi ancora presso di noi sia rimasto qualche vestigio di questi Ufficiali. In Salerno ancor si ritiene il nome di Straticò, come in Messina. In Puglia i Catapani furono assai rinomati; onde è che per questo nome di Magistrato ritenga oggi il nome di Capitanata una provincia del Regno. Ebbero ancora i Greci altri Ufficiali, come i Maestri de' Cavalieri, per li quali lungamente ressero il Ducato di Napoli. Ebbero i Patrizj, i Protospata, ed altri moltissimi; nè mai usarono i soprannomati. Solamente è chi dice, che l'Ufficio di Protonotario fosse d'origine greco, ma di ciò ne parleremo al suo luogo.

I Longobardi certamente non gli conobbero; essi prima divisero i Governi in Castaldati, a ciascuno preponendo un Castaldo per reggerlo, al quale s'appartenevan così le cose della guerra, come della giustizia. Da poi crearono i Conti, che nella loro origine non erano più che Ufficiali, e non Signori; ciascuno avendo il governo del Contado a se commesso sin tanto che poi col correre degli anni cominciassero a mutargli, e da Ufficj, ridurgli in Feudi e Signorie, come altre volte abbiamo osservato.

Furono adunque i Normanni, e sopra tutti il famoso Ruggiero, che avendo ridotti i suoi dominj in un ampio e potente Reame, era di dovere che vi introducesse questi Ufficj, che in altri Regni, e particolarmente in quello di Francia, erano riputati proprj della Corona regale, e come tanti lumi, che facessero maggiormente risplendere il suo regal diadema.

§. I. Del Gran Contestabile

Quello che meritamente, e secondo il comun sentimento degli Scrittori s'innalza sopra tutti gli altri, e tiene il primo luogo, è il Gran Contestabile. Nella sua origine, appresso i Franzesi era chiamato il Gran Scudiero del Re, e perciò da Aimone581 viene appellato Regalium Praepositus Equorum, come parimente l'attesta il suo nome latino Comes stabuli, molto frequente negli antichi libri, di cui Caronda582 riferisce molti be' passi, e sostiene Loyseau583 contro l'opinion d'alcuni moderni, e spezialmente di Cujacio584, ch'è di contrario sentimento.

Ha due grandi prerogative: l'una, egli è custode della spada del Re, poichè quando vien promosso a sì sublime dignità, il Re gli dà tutta nuda la sua spada nelle mani, per la quale egli all'incontro in quell'istante gli dà la fede ed omaggio, come appunto si narra dell'Imperador Trajano, il quale dando la sua spada nuda a Sura Licinio Prefetto Pretorio, gli disse queste memorabili parole: Accipe hunc ensem, ut si quidem recte Reip. imperavero, pro me, sin autem secus, in me utaris. Perciò l'insegna di questa dignità è la spada nuda; siccome il nostro Torquato seppe ben esprimere nella persona del Gran Contestabile d'Egitto, collocandolo perciò in quella rassegna alla destra del Re, appartenendo a lui il primo luogo sopra tutti gli altri Ufficiali della Corona, e dandogli la spada nuda per sua insegna.

 
… alza il più degno
La nuda spada del rigor ministra.
 

L'altra prerogativa è, che negli eserciti egli ha il comando sopra tutte le persone, anche sopra i Principi del sangue: dispone gli alloggiamenti, istruisce le squadre, distribuisce le sentinelle: sono a lui subordinati i Marescialli, e tutti gli altri Ufficiali minori: in breve ha il supremo comando negli eserciti mentre sono in campagna, onde di quest'altra prerogativa parlando il Tasso cantò:

 
Ma Prence degl'eserciti, e con piena
Possanza è l'altro ordinator di pena.
 

Ma tutta questa sua autorità ed alto imperio potea esercitarlo negli eserciti in campagna, non già nelle Piazze, nè sopra i Governadori delle province; onde mal fanno coloro, che vogliono far paragone de' Gran Contestabili co' presenti nostri Vicerè, li quali non solo hanno il comando degli eserciti in campagna, ma anche in tutte le Piazze, sopra tutti i Governadori delle province, così in terra, come in mare, e sopra tutti gli altri Ufficiali della Corona. Egli è però vero che presso i Vicerè risiedono le prerogative del Gran Contestabile; poichè le cose di guerra a lui s'appartengono, ed egli dispone gli eserciti in campagna, a cui ubbidiscono tutti gli altri Generali e Marescialli; ma quando il Vicerè sia assente dal Regno, nè fosser altri dal Re deputati a quest'impiego, potrebbe ne' casi repentini e quando la necessità lo portasse, il Gran Contestabile servirsi della sua giurisdizione, e riassumere ciò, che prima era della sua incumbenza, come dice Marino Freccia585.

Il primo Contestabile, che tra le memorie antiche abbiamo nel Regno di Ruggiero, fu Roberto di Bassavilla Conte di Conversano586. Questi fu figliuolo di un altro Roberto parimente Conte di Conversano, e di Giuditta sorella di Ruggiero: fu adoperato da Ruggiero nelle imprese più ardue, e meritò per la disciplina militare, nella quale era molto versato, da questo Principe esser innalzato a sì sublime dignità. Nel Regno di Guglielmo I si rese più rinomato, e da questo Principe fu investito del Contado di Loritello; ma da poi essendosi da lui ribellato, gli pose sottosopra il Regno insieme con altri Baroni, onde Guglielmo toltagli questa dignità, la diede a Simone Conte di Policastro suo cugino, che fu il secondo Contestabile, di cui ci sarà data occasione di più lungamente ragionare nel Regno di Guglielmo; e ne' tempi di Guglielmo II fu Contestabile Roberto Conte di Caserta587.

Merita riflessione che questi Contestabili, siccome tutti gli altri supremi Ufficiali, che prima si dissero Maestri Contestabili, e poi Magni Contestabili, erano comuni così a queste nostre Province, come alla Sicilia, insino che questa isola fosse stata dagli Aragonesi tolta agli Angioini; e se bene solevano a questa dignità innalzare i nostri Baroni, come quelli che per ampiezza di dominj e Contadi, e per le parentele che aveano co' Principi stessi, i quali non si sdegnavano allora imparentarsi con loro, facevano la principal figura sopra tutti gli altri Baroni di quell'isola; e spesso solevano risedere ne' loro Stati; nulladimeno avendo i Re normanni fermata la loro sede regia in Palermo, solevano regolarmente in questa Corte appresso la persona del Re risiedere, dal quale erano impiegati ne' più rilevanti affari della Corona. Perciò non bisogna confondergli co' minori Contestabili, i quali erano mandati ad una particolar provincia, ed a' quali o era commesso il governo di qualche città, o gli era dato il comando d'alcuni reggimenti o di fanteria o di cavalleria; poichè se bene questi erano pure chiamati Contestabili, il loro posto però era molto diverso, e di gran lunga inferiore a' grandi e primi Contestabili, i quali perciò erano chiamati Regni Comestabuli. Così nella Cronaca di Not. Riccardo di S. Germano scritta ne' tempi di Federico II leggiamo, che Filippo di Citero, erat Comestabulus Capuae. E ne' tempi posteriori si leggono molte carte rapportate dal Tutini588, nelle quali la Contestabilia era ristretta al governo d'una città sola, e ad una particolare incumbenza: così spesso s'incontra nelle scritture del regio Archivio della Zecca: Henricus Comestabulus Foggiae: ed in alcuni istromenti del medesimo Archivio, pur si legge Franciscus Garis Comestabulus vigintiquatuor Balestrarum; ed altrove: Franciscus de Diano Comestabulus Peditum.

Così ancora venivano chiamati Comestabuli Regii Hospitii i Mastri di stalla della Casa reale. E parimente li Capitani delle milizie, ch'erano in ciascheduna Provincia del Regno, che oggi si dicono Capitani del Battaglione, erano ancora Contestabili nomati. Osserviamo perciò Pietro della Marra Contestabile di Terra di Lavoro; Guglielmo Ponciaco Contestabile in Basilicata; Mattia Gesualdo Contestabile nel Principato, Gualtiedi del Ponte Contestabile in Capitanata, Adamo Morerio Contestabile in Terra d'Otranto, e Gentile di Sangro Contestabile nell'Apruzzi.

Nel Regno degli Angioini quest'Ufficio non perdè niente del suo antico splendore; anzi, come scrisse Marino Freccia, Carlo I d'Angiò soleva concederlo colle medesime prerogative, ed all'istesso modo del Regno di Francia, ordinando che in quella guisa appunto dovesse esercitarsi nel suo Regno di Sicilia. E Carlo II suo successore stabilì molti Capitoli attenenti a' Gran Contestabili, rapportati dal Tutino, a' quali sottopose tutti i Marescialli del suo Regno. Ma ora quest'Ufficio, per le cagioni, che si diranno nel progresso di quest'Istoria, è a noi rimaso sol a titolo d'onore e senza funzione, essendo la sua autorità passata in gran parte nella persona del Vicerè; e solo i Gran Contestabili ritengono la precedenza nel sedere in occasion di Parlamenti, e nell'altre pubbliche celebrità, con molte altre preminenze, come il vestirsi di porpora e d'armellini con berrettino; ed ultimamente ancorchè gli fossero stati lasciati questi onori, se gli è pure levato il soldo, che prima godevano.

576.Ugo Falcand.
577.Ugo Falcand.
578.Cujac. lib. 1 de Feud. tit. 9 in fin.
579.Andr. Iser. in Const. prosequentes.
580.Marin. Frecc. de Subfeud. pag. 21 a ter.
581.Aimon. lib. 3 cap. 7.
582.Carond. al 1 delle sue Pandette, c. pen.
583.Loys. lib. 4 degli Ufficj della Corona, cap. 2, numer. 15.
584.Cujac. l. nu. C. de Comitib. et Tribun. Scolar.
585.Freccia de Subfeud. de Offic. M. Comest. n. 23.
586.Ug. Falc. istor. Sicil. fol. 21.
587.Notitia Judicati apud Pellegr. p. 256.
588.Tutin. dell'Uffic. de' Contest. nel princ.
Yaş sınırı:
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22 ekim 2017
Hacim:
540 s. 1 illüstrasyon
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