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Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3», sayfa 5

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Principato di Benevento

Il Principato di Benevento, non meno che quello di Capua, meritava ancora quest'onore; la sua estensione sopra tutti gli altri Principati e Ducati maggiormente lo richiedeva. Quindi si vede sopra tutti i Metropolitani del nostro regno, l'Arcivescovo di Benevento aver ritenuti ancora più Vescovi suffraganei. Fu pure un'anno appresso nel 969, innalzato Benevento dallo stesso Pontefice Giovanni XIII, ad esser metropoli: e siccome era quella riputata capo d'un sì ampio Principato, così secondando la politia della Chiesa quella dell'Imperio, si vide il Vescovo di Benevento Capo di tutte le Chiese del suo Principato. Fu in grazia dell'Imperador Ottone e del Principe Pandulfo costituito Arcivescovo di Benevento Landolfo, a cui Papa Giovanni concedè il Pallio, ed il titolo di Metropolitano115. Ciò che di particolare si osserva in questa Chiesa si è, che il Vescovo beneventano prima d'essere innalzato al grado di Metropolitano, ebbe Siponto, e molte altre Chiese cattedrali a se soggette. Egli fu il più favorito non men da' Pontefici romani, che dagli Imperadori, e da' suoi Principi di innumerabili prerogative e privilegi. Costui un tempo videsi fregiato di quelle due insigni prerogative, le quali oggi al solo Pontefice romano sono riserbate, cioè di portar la mitra rotonda a guisa dell'antica Tiara pontificia con una sola corona fregiata d'oro; e di portare, mentre andava visitando la provincia, il Venerando Sacramento dell'Altare; ed ora pur ritiene a guisa de' romani Pontefici l'uso di segnare col sigillo di piombo le sue Bolle. Un tempo l'Arcivescovo di Benevento ebbe la temporal Signoria della città di Varano con molte altre terre e castelli, ed esercitava giurisdizione in molti luoghi, ed ora i suoi Vicarj sono Giudici ordinarj in grado d'appellazione delle cause civili tra' laici: e sopra le ville di S. Angelo, e della Motta, secondo che rapporta Ughello116, ritengono ancora il mero e misto imperio.

L'estensione del suo Principato portò ancora in conseguenza, che il numero de' Vescovi suffraganei fosse maggiore di quanti mai Metropolitani fossero in queste province. Ne riconobbe un tempo fino a trentadue, insino che alcuni di essi non fossero innalzati o a Metropolitani, come fu quello di Siponto, che poi distaccatosi da questa Chiesa, resse per se medesimo la sua Cattedra: ovvero non fossero stati sottratti, e sottoposti immediatamente alla Sede Appostolica, o altri, per la distruzione delle loro città, non fossero stati soppressi. Ebbe sin da questi tempi per suffraganei i Vescovi di S. Agata de' Goti, di Avellino, di Arriano, d'Ascoli, di Bovino, di Volturara, di Larino, di Telese, di Alife e di Siponto. Essendosi poi nel Regno da' romani Pontefici fatti più Vescovi, e molte Chiese rendute cattedrali, che prima non erano, fu veduto, come si è detto, il numero dei suffraganei molto maggiore. Quindi ora si vede, essendosi per nuova distribuzione diviso il Regno in più province, che questo Metropolitano abbia Vescovi suffraganei, non pure nel Principato Ultra, ma in altre province fuori di quello. Nel Contado di Molise vi ha il Vescovo di Bojano, e l'altro di Guardia Alfiera. Nel Principato Citra ve ne ha cinque, quello di Avellino, e gli altri d'Arriano, di Trivico, di Volturara, e di Monte Marano. In Terra di lavoro ne ritiene tre, quel di S. Agata de' Goti, d'Alife, e di Telese. In Capitanata sei, cioè Ascoli, Bovino, Larino, S. Severo, Termoli e Lucera. Li Vescovadi di Draconaria, di Civitade, di Firenzuola, di Frigento, di Lesina, di Montecorvino e di Turtiboli, che tutti furono suffraganei all'Arcivescovo di Benevento, per la desolazione delle loro città restano oggi estinti, ed unite le loro rendite ad altre Chiese cattedrali; e quelle di Lesina distrutta da' Saraceni, al magnifico ospedale della Nunziata di Napoli.

Teneva ancora in questa provincia, quando Siponto e 'l Monte Gargano erano compresi nel Principato di Benevento, la Chiesa sipontina e la garganica attribuite al Vescovo di Benevento sin da tempi di S. Barbato dal Duca Romualdo, acconsentendovi anche Vitagliano R. P. il quale nell'anno 668, a Barbato, e suoi successori confermò la Chiesa sipontina; e poco men di quattrocento anni i Vescovi beneventani si intitolavano anche Sipontini, ond'è che Landulfo, che fu il primo Arcivescovo di Benevento, si nominava anche di Siponto; ma tolta da poi questa provincia da' Greci a' Longobardi, e passata quindi sotto la dominazione de' Normanni, furono da Benevento separate, e Siponto antica sede de' Vescovi fu innalzata a metropoli. La Chiesa sipontina sin da' primi tempi ebbe i suoi Vescovi; e negli atti del Concilio romano celebrato nell'anno 465, sotto Ilario R. P. si legge la soscrizione di Felice Vescovo di Siponto. Un altro Felice pur Vescovo di questa città troviamo ne' tempi di S. Gregorio M. a cui da questo Pontefice si veggono dirizzate molte sue epistole, e nel decreto di Graziano117 fassi memoria di Vitagliano Vescovo di Siponto, a cui S. Gregorio drizzò parimente sue lettere. Caduta poi per le fiere guerre tra' Longobardi beneventani, e' Greci napoletani in istato lagrimevole, fu, come si disse, duopo unirla a quella di Benevento; donde non si staccò se non in questi tempi, quando sedendo in Roma Benedetto IX, nell'anno 1034, la divise da Benevento, e la decorò della dignità Arcivescovile, e quindi ne' decretali118 s'incontra spesso il nome degli Arcivescovi sipontini. Pascale II, da poi le diede per suffraganeo il Vescovo di Vesti, che ancor oggi ritiene.

Ritengono questi Arcivescovi il nome di Sipontini, ancorchè Siponto sia ora distrutta, ed in suo luogo sopra le ruine di quella dal Re Manfredi fossesi edificata un'altra città chiamata dal suo nome Manfredonia. I Pontefici romani, e per serbarle il pregio dell'antichità, e per l'odio che tengono al nome di Manfredi, le han fatto conservare l'antico nome. I Canonici e' cittadini garganici pure pretesero, che avendo gli Arcivescovi sipontini, o per l'amenità del luogo, ovvero per occasion di guerre, sovente trasferita la loro residenza nel Gargano, che dovessero chiamarsi non meno Sipontini, che Garganici, e che la loro chiesa non meno che Siponto dovesse godere degli stessi onori e prerogative; n'allegavan anche una bolla di Papa Eugenio III, e ne mossero perciò lite in Roma, che ha durato più secoli. Ma Alessandro III, profferì contro di essi la sentenza, poichè essendosi riconosciuta la bolla d'Eugenio, videsi rasa e viziata in quella parte, ove riponevan tutta la loro difesa. I successori d'Alessandro, Lucio, Celestino, Innocenzio III, e tutti gli altri Papi confermarono la sentenza d'Alessandro; onde ora la Chiesa sipontina solamente ritiene l'onore di metropoli, a cui i Garganici sono sottoposti.

Non mancò chi credette, che al Metropolitano di Siponto, quando Benedetto IX, l'innalzò a tal dignità, le avesse ancor dati quattro Vescovi per suffraganei, cioè quello di Troja, l'altro di Melfi, e quelli di Monopoli e di Rapolla; ma come ben pruova l'Ughello, questi o non mai, o per poco tempo salutarono l'Arcivescovo di Siponto come lor Metropolitano; poichè nel Concilio lateranense celebrato nell'anno 1179, sotto Alessandro III, i Vescovi di Melfi, e di Monopoli si sottoscrissero con gli altri Vescovi immediatamente sottoposti alla Sede Appostolica; e que' di Troja, e di Rapolla non v'intervennero; e nel vecchio Provincial romano scritto da più di cinquecento anni addietro, questi due si dicono appartenere alla Provincia romana, e negli ultimi tempi quello di Rapolla fu estinto, ed unito al Vescovo di Melfi.

Non si vede ora l'Arcivescovo di Benevento avere suffraganei ne' due Apruzzi, che prima eran compresi nel Principato di Benevento; poichè i Vescovadi di queste due province, quasi tutti, come a Roma vicini, furono immediatamente sottoposti alla Sede Appostolica. L'Aquila edificata dall'Imperador Federico II, sopra le ruine d'Amiterno, del cui Vescovo fassi spessa memoria nell'Epistole di S. Gregorio M. fu fatta sede Vescovile da Alessandro IV, il quale da Forcone col consentimento di Bernardo, che n'era Vescovo, intorno l'anno 1257, traslatò quivi la sede, ed avendola collocata nella chiesa de' SS. Massimo e Giorgio, ordinò, che non si nomasse più Vescovo di Forcone, ma dell'Aquila, secondo che appare per la Bolla sopra di ciò spedita, riferita dal Bzovio negli Annali ecclesiastici, e se ne conserva copia autentica in pergameno nell'Archivio del convento di S. Domenico di Napoli, fatta estrarre ad istanza del Vicario di Paolo suo Vescovo nell'anno 1363. E questa Chiesa non è ad alcun Metropolitano suffraganea; ma immediatamente sottoposta a quella di Roma. Chieti parimente ebbe il suo Vescovo sotto l'immediata subordinazione del Papa, e non fu, se non negli ultimi tempi da Clemente VII, nell'anno 1527, renduta metropoli, a cui per suffraganei furono dati i Vescovi di Penna, d'Adria, e di Lanciano; ma questi pure da poi se ne sottrassero, e ritornarono sotto l'immediata soggezione di Roma; e Lanciano fu poi in metropoli innalzato, ma senza darsegli suffraganeo alcuno, ritenendo solamente le preminenze ed il titolo di Arcivescovo; e solo il Vescovo di Ortona rimane ora suffraganeo al Metropolitano di Chieti.

Principato di Salerno

Il Principato salernitano meritava pure, che in questo decimo secolo, siccome quello di Capua e di Benevento, avesse il suo Metropolitano; onde è che Giovanni Principe di Salerno ne richiese il Pontefice Benedetto VII, il quale nell'anno 974, innalzò questa città in metropoli, ed istituì Arcivescovo di quella Amato119; gli fu poi confermata questa prerogativa dal Pontefice Giovanni XV, onde l'Indice aggiunto all'Istoria del Regno d'Italia del Sigonio, che rapporta l'istituzione di questo Arcivescovado a Sergio IV nel 1009 contiene manifesto errore. Ebbe prima per suffraganei molti Vescovi, fra' quali furono quelli di Cosenza, di Bisignano, e di Acerenza. Questi, secondo la disposizione delle sedi sottoposte al Trono costantinopolitano, rapportata nel libro sesto di quest'istoria, furono attribuiti dall'Imperador Lione, cioè i Vescovi di Cosenza e di Bisignano al Metropolitano di Reggio, di cui erano suffraganei, e il Vescovo d'Acerenza al Metropolitano di S. Severina; ma da poi furono restituiti al Trono romano, e al Metropolitano di Salerno aggiudicati. Il Vescovo di Consa parimente era suo suffraganeo, siccome quello di Pesto, di Melfi, de la Calva, di Lavello, e di Nola; ma da poi quel di Pesto fu unito a quello di Capaccio, gli altri di Melfi, di Lavello e di Bisignano, se ne sottrassero, e si sottoposero immediatamente alla Sede Appostolica, e quello di Nola fu fatto suffraganeo all'Arcivescovo di Napoli. Il monastero della Cava, essendo surto in questi tempi, di cui Alferio ne fu il primo Abate, innalzato poi in amplissima dignità, e da Urbano II nel 1091 decorato il suo Abate Pietro dell'uso della Mitra, fu da Bonifacio IX eretto in Cattedrale120. Ma Lione X diede poi alla Cava particolar Vescovo, e fu quello sottoposto immediatamente alla Sede Appostolica. Tre altri di questi Vescovadi furono da poi ancor innalzati a metropoli, e furon que' di Consa, di Acerenza e di Cosenza.

Il Vescovo di Consa da chi, ed in quali tempi fosse stato innalzato a Metropolitano, è molto incerto: forte conghiettura è quella dell'Ughello121, che crede da Alessandro II, ovvero da Gregorio VII suo successore, essersi Consa resa metropoli; poichè si vede, che nell'anno 1051 sotto il Ponteficato di Lione IX il Vescovo di Consa era ancor suffraganeo all'Arcivescovo di Salerno; ed il primo, che s'incontra nominarsi Arcivescovo di Consa, fu Lione, che visse sotto il Ponteficato di Gregorio VII, e da questo Lione poi successivamente senz'interruzione si veggono tutti gli altri nominati Arcivescovi. Gli furon dati per suffraganei i Vescovi, che di tempo in tempo s'andavan ergendo ne' luoghi vicini; onde se gli diede il Vescovo di S. Angelo de' Longobardi, quello di Bisaccia, di Lacedogna, di Montemurro, di Muro, e di Satriano; ma quest'ultimo passò poi sotto il Metropolitano di Salerno. Dell'altro di Belfiense, di cui nel Provinciale Romano fassi memoria, come sottoposto al Metropolitano di Consa, non ve n'è ora presso di noi alcun vestigio.

Il Vescovo d'Acerenza, che prima, secondo la Novella di Lione, era suffraganeo al Metropolitano di S. Severina, sottoposto al Patriarca di Costantinopoli, restituito al Romano, riconobbe per Metropolitano l'Arcivescovo di Salerno, e si legge dall'anno 993 insino al 1051 essere stato a costui suffraganeo. Fu poi da Niccolò II innalzato, e renduto Metropolitano; poichè ciò che alcuni scrissero questa dignità essergli stata conferita da Benedetto V, s'asserisce senza verun legittimo documento. Alessandro II, che a Niccolò succedè, nell'anno 1067 confermò all'Arcivescovo Arnolfo questa prerogativa di Metropolitano, e l'uso del Pallio; e gli diede per suffraganee le Chiese di Venosa, di Montemilone, di Potenza, Tulba, Tricarico, Montepeloso, Gravina, Oblano, Turri, Tursi, Latiniano, S. Quirico, e Virolo co' suoi castelli, ville, monasteri, e plebe; onde il nome degli Arcivescovi d'Acerenza cominciò a sentirsi, di cui anche nelle nostre decretali122 sovente accade farsene ricordanza. Ma in decorso di tempo, desolata Acerenza, per le continue guerre, d'abitatori, bisognò che a lei per sostenerla s'unisse la Chiesa di Matera, la quale da Innocenzio II, essendo stata renduta cattedrale, fu con perpetua unione congiunta a quella d'Acerenza con legge, che l'Arcivescovo d'Acerenza per accrescer dignità alla Chiesa di Matera, si chiamasse ancora Arcivescovo di Matera, e che quando dimorava in Acerenza, nelle scritture il nome di Acerenza fosse posto innanzi a quello di Matera; e tutto al rovescio poi si praticasse quando l'Arcivescovo trasferiva sua residenza in Matera. Questa alleanza non durò guari, poichè sotto Eugenio IV per togliere le discordie fra i Capitoli, e' cittadini dell'una e dell'altra città, furono divise, ed assegnato a Matera il proprio Vescovo. Tornaronsi poi ad unire; ma sotto Lione X insorte nuove contese, finalmente nel Ponteficato di Clemente VII fu dalla Ruota romana deciso il litigio a favor d'Acerenza, conservandole le antiche sue ragioni e preminenze. Ma questa città ridotta nell'ultimo scadimento, avendo perduto l'antico suo splendore; ed all'incontro, siccome portano le vicende delle mondane cose, Matera essendo divenuta più ampia, e d'abitatori più numerosa, bisognò trasferire la sede degli Arcivescovi di Acerenza in Matera, ove ora tengono la loro residenza; e le restano ancora cinque Vescovi suffraganei, quello d'Anglona trasferito nell'anno 1546 da Paolo III per la sua desolazione in Tursi, quello di Gravina, e gli altri di Potenza, di Tricarico e di Venosa.

Il Vescovo di Cosenza prima suffraganeo al Metropolitano di Reggio, e sottoposto al Trono costantinopolitano, tolto da poi a' Greci, e restituito da' Normanni al Romano, fu suffraganeo dell'Arcivescovo di Salerno; ma in qual anno, e da qual Pontefice ne fosse stato sottratto, ed innalzata Cosenza ad esser metropoli, non se ne sa niente di certo123. Comunemente si crede, che nel principio dell'undecimo secolo fosse stata decorata di questa dignità; poichè nell'anno 1056, nella Cronaca di Lupo Protospata si fa memoria di un tal Pietro Arcivescovo di Cosenza; ed altri reputano che questo trasmutamento fossesi fatto sotto il Ponteficato di Gregorio IX o poco prima. Ancorchè le rendite, che gode, siano grandi, non ha che uno solo suffraganeo, e questi è il Vescovo di Martorano, essendo tutti gli altri Vescovi vicini esenti, e sottoposti immediatamente alla sede di Roma.

Ma sopra tutti gli altri Metropolitani di queste nostre province niuno come l'Arcivescovo di Salerno, può pregiarsi della prerogativa di Primate, della quale fu egli decorato da Urbano II, dichiarandolo Primate di tutta la Lucania; onde ancorchè i Vescovi di Consa, di Acerenza e di Cosenza, ch'erano suoi suffraganei, fossero stati poi innalzati a Metropolitani, Urbano II per una sua Bolla istromentata in Salerno nell'anno 1099, sopra questi, e sopra tutti i loro suffraganei lo costituì Primate. Ferdinando Ughello trascrive la Bolla, parte della quale vien anche rapportata dal Baronio, dove ad Alfano Arcivescovo di Salerno, ed a' suoi successori si concedono le preminenze di Primate sopra gli Arcivescovi di Acerenza e di Consa, e sopra tutti i loro suffraganei, i quali dovessero promettere prestargli ogni ubbidienza; prescrisse eziandio il modo della loro elezione: che presente il Legato della Sede Appostolica, e l'Arcivescovo Primate nelle loro metropoli, col consiglio ed autorità de' medesimi si dovessero eleggere, e, dopo eletti, colle loro patenti mandarsi in Roma a consecrarsi, e a ricevere il Pallio, ed a giurar da poi ubbidienza all'Arcivescovo di Salerno, come lor Primate. Ma queste prerogative col correr degli anni andarono in disuso, ed ora l'Arcivescovo di Salerno solamente sopra i Vescovi suffraganei, che gli sono rimasi, esercita le ragioni di Metropolitano. Gli restano oggi i Vescovi d'Acerno, di Campagna, di Capaccio, di Marsico nuovo, di Nocera de' Pagani, di Nusco, di Policastro, di Satriano e di Sarno.

§. I. Disposizione delle Chiese sottoposte al greco Imperio, restituite poi da' Normanni al Trono romano. Puglia

La principal sede del Magistrato greco, donde era amministrata non men la Puglia che la Calabria, la veggiamo ora collocata in Bari; quindi dagli Scrittori fu chiamata Capo di tutte le città della Puglia, e che ella teneva il primato in questa provincia. Il suo Vescovo perciò estolse il capo sopra tutti gli altri Vescovi della Puglia; s'aggiunsero i favori de' Patriarchi di Costantinopoli, i quali avendoselo appropriato, e sottoposto al Trono costantinopolitano, di molti privilegi, e prerogative lo ricolmarono. Ma sopra ogni altro si estolse per lo trasferimento quivi fatto delle miracolose ossa del santo Vescovo di Mira Niccolò; le quali fin dalla Licia, navigando alcuni Baresi per Levante, e ritornando da Antiochia per mare, dando a terra nelle maremme di Licia, venne lor fatto di involar di colà il sacro deposito, e nell'anno 1087, trasportarlo in Bari. Così Bari gareggiando ora con Benevento e con Salerno, se costoro pregiavansi dei corpi di due santi Appostoli, ella si vanta di quello di S. Niccolò; e con tanta maggior ragione, quanto che coloro ne conservano l'ossa aride ed asciutte, ma Bari le ha tutte grondanti di prezioso liquore; di che ne abbiamo un'illustre testimonianza, quanto è quella dell'Imperador Emanuel Comneno, il quale in una sua Novella124 lo testifica. Ebbe la Chiesa di Bari suoi Vescovi antichi; hassi memoria di Gervasio, che nell'anno 347, intervenne nel Concilio di Sardica: di Concordio, che si sottoscrisse nel Concilio romano, sotto il Pontefice Ilario nell'anno 465, e di altri, che non erano, che semplici Vescovi. Antonio Beatillo nella sua Istoria di Bari vuole, che sin dall'anno 530, nel Ponteficato di Felice IV, da Eugenio Patriarca di Costantinopoli fosse stato Pietro Vescovo di Bari innalzato al titolo ed autorità di Arcivescovo e di Metropolitano, essendo manifesto dalle greche Bolle, che si conservano ancora nel Duomo di Bari, che i Patriarchi di Costantinopoli confermavano gli Eletti, e ne spedivano le Bolle; ma siccome è vero, che Bari quando era sottoposta al greco Imperio, fu ancora attribuita al Trono costantinopolitano, leggendosi in Balsamone nell'esposizione, ch'egli fa de' Vescovadi a quel Patriarcato soggetti, fra gli altri, quello di Bari al numero XXXI, quello di Trani al numero XLIV, l'altro d'Otranto al LXVI e gli altri di Calabria al XXXVIII, nulladimanco ciò non deve riportarsi a tempi cotanto in dietro e remoti infino all'anno 530, quando queste province con vigore erano governate da' Goti, e nelle quali non avean che impacciarsi così nel politico e temporale, come nell'ecclesiastico e spirituale i Greci; essendo allora tutte le nostre Chiese amministrate dal Pontefice romano, nè l'ambizione de' Patriarchi di Costantinopoli s'era in que' tempi distesa tanto, sicchè avesse potuto invadere anche queste nostre province, siccome si vide da poi ne' tempi di Lione Isaurico, e più, sotto gl'Imperadori Lione Armeno e Lione il Filosofo, che si portano per autori della disposizione delle Chiese sottoposte al Trono di Costantinopoli; ond'è da credere, che i Vescovi di Bari decorati prima secondo il solito fasto de' Greci col titolo di Arcivescovi, si fossero da poi renduti Metropolitani da' Patriarchi di Costantinopoli, con attribuir loro dodici Vescovi suffraganei, molto da poi, che Reggio, S. Severina ed Otranto furono sottoposti al Trono costantinopolitano, quando, vindicata Bari da' Longobardi e da' Saraceni, pervenne finalmente sotto la dominazione de' Greci.

La città di Canosa in tempo della sua floridezza gareggiò con Bari in quanto a' Vescovi: ebbe ancor ella suoi Vescovi antichi, e lungo di lor catalogo ne tessè Beatillo, incominciando dall'anno 347 fino all'anno 800, nel quale egli dice che Pietro Longobardo affine di Grimoaldo Principe di Benevento fu eletto Vescovo di Canosa, il qual egli crede che fosse l'ultimo, poichè ei soggiunge, che fu poi la sua sede innalzata in metropoli nell'anno 818, ond'egli fu l'ultimo Vescovo, e 'l primo Arcivescovo di Canosa; e non potendo dirsi, che a questo grado l'avesse innalzato il Pontefice romano, poichè verrebbe ad esser più antico di quello di Capua, quando tutti i nostri più appurati Scrittori questo pregio d'antichità lo attribuiscono a Capua, è da credere che dal Patriarca di Costantinopoli, non già dal Romano fosse stato a questi tempi il Vescovo di Canosa renduto Arcivescovo. Che che ne sia, distrutta da poi Canosa da' Saraceni, si videro uniti questi due Arcivescovadi nella persona di un solo, e la Chiesa di Canosa fu unita a quella di Bari; ed Angelario, che a Pietro succedè, fu il primo, che nell'anno 845, si chiamasse Arcivescovo insieme di Bari e di Canosa, siccome da poi usarono tutti i suoi successori. Tolte da poi queste Chiese al Trono costantinopolitano, e restituite da' Normanni al Romano, i Pontefici romani lasciandole colla medesima dignità, cominciarono a disporne come a se appartenenti, concedendo all'Arcivescovo di Bari l'uso del Pallio, che prima non avea; e Gregorio VII, a richiesta del Duca Roberto, nell'anno 1078 creò Arcivescovo di Bari Urso, cotanto famigliare di quel Principe, e da poi nell'anno 1089 Urbano II da Melfi, ove tenne un Concilio, gito a Bari, a preghiere del Duca Roggiero e di Boemondo suo fratello, concedette, e confermò ad Elia allora Arcivescovo di Bari suo grande amico, per essere dimorati insieme Monaci nel monastero della Trinità della Cova, ed a' suoi successori per suffraganee le diocesi di Canosa, di Trani, di Bitetto, di Bitonto, di Giovenazzo, di Molfetta, di Ruvo, d'Andria, di Canne, di Minervino, di Lavello, di Rapolla, di Melfi, di Salpi, di Conversano, di Polignano, ed oltramare, anche di Cattaro, e le Chiese di Modugno, d'Acquatetta, di Montemiloro, di Biselpi, di Cisterna con tutte le altre Chiese delle città e terre a queste diocesi appartenenti, con spedirnele Bolla, che si legge presso Ughello, e vien anche rapportata dal Beatillo.

Ma di tanti suffraganei al Metropolitano di Bari assegnati, molti in decorso di tempo ne furono sottratti, passando chi sotto l'immediata soggezione della Sede Appostolica, altri soppressi, altri dati a Trani, la quale da poi fu innalzata anch'ella in metropoli. L'Arcivescovo di Trani è fra' moderni il più antico, leggendosi molte epistole d'Innocenzio III dirizzate al medesimo; ma la sua istituzione non deve riportarsi a' tempi di Urbano II, ne' quali non era ancora che semplice Vescovo. Quindi erra il Beatillo125, che da questa Bolla di Urbano vuol ricavare che noverandosi anche Trani fra l'altre Chiese attribuite per suffraganee all'Arcivescovo di Bari, avesselo creato per ciò anche Primate della Puglia, non altramente che l'istesso Urbano creò quello di Salerno Primate della Lucania, e siccome l'istesso Pontefice sublimò al grado e dignità di Primate in Ispagna l'Arcivescovo di Toledo, e l'altro di Tarracona; poichè nel Pontificato d'Urbano II Trani non era stata ancora innalzata a metropoli: ebbe quest'onore intorno a' tempi d'Innocenzio III, o poco prima, e poscia gli furono attribuite la città di Barletta, la quale all'Arcivescovo di Trani, non al Nazareno è sottoposta, Corato, ed il Castello della Trinità. Fu poi unita a questa Metropoli la Chiesa di Salpi, che per lungo tempo tenne i suoi Vescovi, ma da poi nell'anno 1547, si riunì a quella di Trani, siccome dura ancora. Tiene ora per suffraganei i Vescovi d'Andria e di Bisceglia, poichè in quanto al Vescovo di Monopoli sta immediatamente sottoposto alla sede di Roma.

Si sottrassero ancora dal Metropolitano di Bari il Vescovo di Melfi, passando sotto l'immediata soggezione del Papa, e l'altro di Canne, il quale sottratto da questa sede, fu attribuito all'Arcivescovo di Nazaret. Gli restano adunque ora per suffraganei li Vescovi di Bitetto, di Bitonto, di Conversano, di Giovenazzo, di Lavello, di Minervino, di Polignano, e di Ruvo; e ciò che parrà strano, ritiene ancora per suffraganeo il Vescovo di Cattaro, città della Dalmazia sottoposta a' Veneziani, la qual prima era suffraganea all'Arcivescovo di Ragusi, poi a quello d'Antivari, e finalmente a quello di Bari126. Ma non è però, che insieme col Vescovo fosse a lui suffraganea la sua diocesi: ella ora in buona parte viene occupata dal Turco, il rimanente ritiene ancora il rito greco scismatico, e con esso molti errori: niegano il Primato al Pontefice romano; niegano il Purgatorio, e la processione dello Spirito Santo dal Padre, e dal Figliuolo; e gli ordini sacri dal Vescovo di Rascia comprano. Ritiene ancora l'Arcivescovo di Bari la giurisdizione di conoscere in grado d'appellazione le cause delle Corti di Molfetta, di Canosa, di Terlizzo, e di Rutigliano.

Risplende eziandio la Puglia per un altro Arcivescovo, che collocato nella città di Barletta, conserva ancora le memorie antiche della sua prima Sede: egli è l'Arcivescovo di Nazaret. Fu Nazaret città della Galilea al Mondo cotanto rinomata per li natali del suo Redentore, che da lei volle cognominarsi Nazareno. Liberata che fu Gerusalemme dal glorioso Goffredo, fortunato ancora che dopo il corso di tanti secoli trovò chi di lui si altamente cantasse; i Latini costituirono Nazaret metropoli; ma ritolta a costoro nell'anno 1190 la Palestina, ed in poter de' Saraceni ricaduta, si vide quest'inclita città in servitù de' medesimi, ed il suo Arcivescovo ramingo e fuggitivo, non trovò altro scampo, che in Puglia; e quivi accolto dal romano Pontefice, affinchè si ritenesse la memoria ed il nome d'un così venerando Sacerdote, gli piacque costituirgli in Italia una sede onoraria, ed in Barletta, città della diocesi di Trani, stabilì la sua residenza. Fugli non lungi dalle mura di questa città assegnata una Chiesa con tutte le ragioni e dignità di Metropolitano; ed indi a poco molte Chiese parrocchiali furon a lui sottoposte. Non passò guari, che due Chiese cattedrali al suo Trono furono attribuite: quella di Monteverde nell'anno 1434 avendola Clemente VII unita alla Chiesa di Nazaret; e l'altra di Canne, che nell'anno 1455 Calisto III parimente a quella l'unì. Ruinata da poi per le guerre la prima Chiesa assegnatagli, fu trasferita nell'anno 1566 per autorità di Pio V la sede dentro la città, nella Badial Chiesa di S. Bartolomeo. L'Arcivescovo Bernardo da' fondamenti la rifece, e con molta magnificenza l'ampliò e l'adornò. Tiene quest'Arcivescovo la sua diocesi distratta in varie parti: ha chiese a lui sottoposte in Bari, in Acerenza, in Potenza, nella Terra di Vadula della diocesi di Capaccio, nella Saponara della diocesi di Marsico, ed altrove, e gode di molti benefizj chiamati semplici. Egli s'intitola Arcivescovo Nazareno, e Vescovo di Canne e di Monteverde per ispezial privilegio concedutogli da Clemente IV, confermatogli da poi da Innocenzio VIII, da Clemente VII e da Pio V, romani Pontefici. Tiene una singolar prerogativa di portar la Croce, il Pallio, e la Mozzetta, non solo in Barletta, e nelle altre Chiese della sua diocesi, ma per tutto il Mondo cattolico, nè sotto qualunque pretesto di concessione appostolica possono gli altri Arcivescovi contrastargliela. Egli non è sottoposto ad altri, che al romano Pontefice, ed esercita nella sua Chiesa e diocesi tutta quella giurisdizione, che gli altri Arcivescovi esercitano nelle Chiese loro.

115.Anon. Salern. part. 7 n. 5 ed ivi Pellegr. Chron. Monast. S. Bart. de Carpineto, l. 1. V. Baron. ad A. 968 n. 66. Marium Viper. in Chron. Episc. et Archiep. Ben. l. 2.
116.V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Ben.
117.Decr. can. si justos 27 qu. 2.
118.Decretal. c. te referente, de Celebrat. mis. c. 2 de Adulter.
119.V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Saler.
120.Ab. de Nuce in Ostiens. lib. 2 cap. 30.
121.Ughell. Ital. Sacr. de Archiep. Comps.
122.Decretal. cap. cum Clem. de Testam. cap. si de collus. de reg. Eccles. Inn. III. in cap. cum olim, de Cleric. conjug.
123.V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Consent.
124.Novel. 2 de Feriis, §. 4 in honorem miraculis celebris unguentoque scaturientis Nicolai.
125.Beatil. Istor. di Bari, lib. 2.
126.Bulla Urbani II apud Ughel. Simul et Catara, quae in transmarini litoris ora sita esse cognoscitur.
Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
22 ekim 2017
Hacim:
540 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain

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