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Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4», sayfa 8

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Di queste Monete più Musei ne conservano le originali d'indubitata fede, ed antichità. L'Autore dello Squittinio della Libertà Veneta, nella Giunta non se ne dimenticò. Il Sig. Petau Consigliere nel Parlamento di Parigi, fece imprimere quella dell'Imperadore Lodovico il Buono, dove da una parte si legge HLVDOVICUS IMP. e dall'altra VENECIAS. Il Sig. le Blanc ha altresì fatto stampare una moneta di Lotario, che porta da una parte VENECIAS. Ecco quella di Lodovico.

Ma da poi nella decadenza dell'Imperio d'Occidente ne' Successori di Carlo M. i Veneziani cominciarono, non essendo chi potesse resistergli, a stabilire la Sovranità sopra la lor città, e luoghi marittimi intorno sopra le ruine dell'Imperio d'Oriente, non meno che di Occidente, decaduto ed avvilito anche esso ne' successori di Carlo M. prima che facesse passaggio a' Germani sotto il grande, e poderoso Ottone.

Questo Imperadore ristabilendo l'Imperio d'Occidente nello stato primiero, e volendo essere riputato non meno che Carlo M. Signore di tutte quelle Province, che costituivano il Regno Italico: sopra i Veneziani esercitò pure la Sovranità, e tutte le alte ed Imperiali sue preminenze: concedendo privilegj ed immunità alle loro Chiese co' loro precetti, chiamati a que' tempi Mundiburdj, a richiesta de' Veneziani stessi.

Quindi non dee sembrargli strano, se nel Libro medesimo del Silenzio di S. Zaccheria snodato, si leggono de' consimili Mundiburdj, conceduti a petizione di quelle Monache da varj Imperadori Germani d'Occidente, continuati da Ottone I sino all'Imperadore Federico Barbarossa. Trascriveremo solamente quello di Ottone, istromentato nell'anno 963 poichè gli altri susseguenti non sono che conformi di questo primo, secondo il costume di que' tempi, che le Chiese secondo si rifaceva un nuovo Imperadore, ricorrevano dal medesimo per ottener la conferma de' precedenti: Eccone le parole.

In nomine Sanctae et individuae Trinitatis. Otto, divina favente Clementia, Imperator Augustus.

Si petitionibus Servorum, et Ancillarum, justis et rationalibus acquiescimius, ad animae nostrae salutem proficere non diffidimus. Idcirco omnium fidelium Sanctae Ecclesiae nostrorum praesentium, ac futurorum devotio noverit. Qualiter Joanna Abbatissa de Monasterio Sancti Zachariae in finibus Venetiarum constructo, prope Palacium de Rivoalto, et Joannes Presbyter, et Monachus noster Fidelis suggesserunt nostrae Clementiae, quatenus pro Dei amore, et remedio animae nostrae, cum cunctis facultatibus, rebusque mobilibus, et immobilibus, seu familiis utriusque sexus ad eundem Monasterium Sancti Zachariae juste pertinentibus, scilicet infra ditionem Regni nostri consistentibus, tam per loca denominata, quae ibi contulit per Cartulas offeritionis Ingelfredus Comes Filiusque Grimaldi, et Ildeburga Comitissa Uxor Adalberti Comitis, cum suis haeredibus, sicut in textu ipsorum Cartulae legitur: Videlicet, Curtem unam cum omnibus suis pertinentiis, in finibus Montis Siricani positam in villa quae Petriolo nuncupatur, similiter, et in Cona, et in Sacco, et in Lupa, et in Liquentia, et Laurentiaca, una cum Terris, Vineis, Campis, Olivetis, Pratis, Massaritiis, Piscariis, Silvis, Casis, Capellis, Pascuis, Aquis, aquarumque decursibus, Montibus, Vallibus, Servis, et Ancillis, ad ipsam Curtem de Petriolo aspicientibus in integrum, ut pars praedicti Cenobii, cui nunc Joanna Ravennalis Venerabilis Abbatissa praeesse videtur, cum omni integritate in usu, et sumptu Monacharum inibi per tempora Deo famulantium perpetualiter permaneant, et sub nostrae tuicionis, ac defensionis Mundiburdio consistant.

Nos autem saluberrimas earum petitiones inspicientes hoc nostrae immunitatis praeceptum fieri jussimus, per quod sancimus, ut jam dictum Monasterium; cum suis rebus mobilibus, et immobilibus, omnibusque mancipiis, et Colonis, Idventitiis et Peregrinis, Servis et Ancillis, super terram ipsius praedicti Monasterii, infra Regni nostri fines residentibus, sub nostra maneat immunitatis defensione; ita ut nullus Marchio, Comes, vel quislibet pubblicus Actionarius, seu alia, magna, parvaque persona, ex rebus saepe dicti Monasterii modo juste, et legaliter vestita esse videtur, aut in antea ibidem divina pietas amplificare voluerit, abstrahere aliquod, aut minuere, quandoque praesumant; sed liceat supradicti Monasterii Abbattissae, ejusque Successoribus in perpetuum res ejusdem Monasterii, sub nostrae immunitatis defensione, quieto ordine possidere, cum omnibus ad se pertinentibus, vel aspicientibus, tam rebus, quamque et mancipiis liberis, et servis, super res jam dicti Monasterii residentibus. Nullusque audeat eas injuste distringere, neque ab eis ullas illicitas redibitiones, aut publicas angarias exigere. Ante omnia autem Abbatissa ejusdem Monasterii, ejusque Successores, et omnes Monachae ibidem Deo servientes, sub nostrae defensionis quiete perenni vivere permaneant. Nullusque Reipublicae Minister eas per placita ventilare pertemptet, nisi in praesentia Abbatissae quae per tempora ibi praeesse visa fuerit, quatenus ipsas Ancillas Dei, quae ibidem Deo famulantur, pro nobis statusque Regni nostri jugiter exorare delectent. Si quis igitur hoc nostrae auctoritatis praeceptum et Mundiburdium infregerit, sciat se compositurum auri optimi libras centum, medietatem Camerae nostrae, et medietatem praedictae Abbatissae Joannae, vel ejus Successoribus. Quod, ut verius credatur, et diligentius ab hominibus observetur, manu propria roborantes, Annulo nostro sigillari jussimus. Signum Domini Ottonis Invictissimi, ac Magni Imperatoris Augusti.

Lyurtgerius Cancellarius ad vicem Vidonis Episcopi Barda Cancellarii recognovi et subscripsi.

Acta 7. Kal. Septembris. Anno Dominicae Incarnationis 963. Indictione 6 Anno Imperii Ottonis Magni Imperatoris Augusti secundo; Actum Monte Feretrano ad Petrum S. Leonis.

Dopo gli Ottoni, sotto gli Errici, come sono varie le vicende mondane, cominciò l'Imperio occidentale altra volta a decadere. L'Imperadore Federico Barbarossa, pensava ristabilirlo; ma distratto nella guerra di Soria, e dalle brighe, che gli diedero le città di Longobardia, ed i Pontefici romani, non potè ridurre a fine la magnanima impresa; e molto meno poteron tentarla i di lui successori, Errico e Federico II per le gare e contenzioni, ch'ebbero colle città medesime, e co' Papi, e co' loro Emoli dell'Imperio.

Morto Federico II, e contrastando i Germani fra di loro per l'elezione del successore si vide nell'Imperio quel lungo interregno, che ciascun sa; ed allora i più Potenti, e più città d'Italia cominciarono a scuotere il giogo, e porsi in libertà, poichè non era chi potesse validamente opporsi. Così i Veneziani che ne aveano gettati già i fondamenti, stabilirono la sovranità sopra la loro città e luoghi marittimi intorno, la quale poi col correr degli anni con lunga prescrizione se la resero più stabile e ferma, non altrimente che fecero gli altri Principi d'Italia sopra le ruine dell'Imperio d'Occidente. Queste mondane vicende recarono a' Veneziani la loro libertà, non già patto, o convenzione alcuna, siccome alcuni sognarono, esser seguita tra gl'Imperadori greci, e que' di Occidente della linea di Carlo M., dicendo, che questi per porre fra di loro un confine stabile e fermo, avessero dichiarati immuni, e liberi i Veneziani dall'uno, e dall'altro Imperio, siccome scrisse il Sigonio83; Venetos inter utrumque Imperium positos, liberos atque immunes, et ab utroque Imperatore securos vixisse: e nell'anno 812 novo pacto libertati atque immunitati Venetorum imprimis cautum. Nè fin qui è stato chi avesse potuto mostrarci documento alcuno di questa nuova convenzione e patto. Nè tante Collezioni, Cronache, ed antichi annali, che a' tempi nostri sono stati impressi; nè Scrittore alcun contemporaneo fa memoria d'una tal convenzione passata tra gl'Imperii d'Oriente e que' di Occidente; nè si sa il Sigonio onde l'abbia tratta.

CAPITOLO II
Spedizione de' Siciliani in Grecia: nozze tra Costanza ed Errico Re di Germania; e morte del Re Guglielmo e sue leggi

Ma ritornando al nostro Guglielmo, molto poco ci rimane da notare de' fatti di questo savio Principe; poichè terminando qui l'istoria dell'Arcivescovo Romualdo, e non essendovi altri autori di que' tempi, fuor che la Cronaca dell'Anonimo Cassinense, che si conserva in Monte Cassino, alla quale Camillo Pellegrino fece alcune note, l'altra di Riccardo da S. Germano, Roberto del Monte, e Niceta autor Greco, che alcune cose brevemente scrivono di Guglielmo, rimangono tutti gli altri avvenimenti del Reame con l'opere di sì buono e glorioso Re per lo spazio di undici anni poco men che nascose fra le tenebre dell'antichità. Alcune cose andarono rintracciando con somma diligenza Capecelatro, e l'accuratissimo Inveges, l'orme de' quali come più sicure, a noi piace di seguitare.

Intanto il Pontefice Alessandro ristabilito in Roma, volendo dare a' disordini passati qualche riparo, nel seguente anno 1179 come notarono l'Anonimo Cassinense e 'l Pellegrino84, fece convocare in Roma un general Concilio nella chiesa di S. Giovanni Laterano, ove intervennero ben trecento Vescovi, oltre agli Abati e grosso numero d'altri Prelati85. Si dannarono in esso molte eresie, che eran surte fra' Cristiani: si fecero molti decreti attinenti a reprimere l'avidità di coloro, che davano denari in prestanza con pattuir grosse usure, stabilendo i modi legittimi in queste contrattazioni; ed altri decreti furon statuiti bisognevoli a ristorar delle passate confusioni la Chiesa di Roma.

Ma nell'anno seguente 1180 ad impresa più gloriosa rivolse Alessandro i suoi pensieri: egli scrisse a tutti i Principi cristiani, ed a' Vescovi e Prelati della Chiesa, esortandogli a passar in Palestina, e contrastar con l'armi in que' santi luoghi al Saladino Soldano di Babilonia, Principe non men savio, che valoroso, ch'era al padre Saracone nella Signoria succeduto, e travagliava i Cristiani che colà dimoravano. I primi, che si disposero con grande e poderosa oste a passar oltre mare, furono Errico Re d'Inghilterra, e Filippo Re di Francia; ma Alessandro, che così lodevolmente avea mossi i Principi cristiani a quest'impresa, non potè vederne i successi; poichè verso la fine dell'anno seguente 1181 il settimo giorno di settembre passò di questa vita in Roma, dopo aver per ventidue anni retto il Ponteficato. Fugli tantosto dato il successore, che fu Ubaldo da Lucca Cardinal d'Ostia, il quale si nomò Lucio III.

Era poco prima in Costantinopoli accaduta parimente la morte dell'Imperador Emmanuele, e gli succedette nell'Imperio il suo figliuolo Alessio. Ed intanto il nostro Guglielmo avendo per l'occasione, che rapporta Roberto del Monte86, fatta tregua per dieci anni col Re di Marocco, se ne passò nell'anno 1183 da Palermo in queste nostro parti, ed avendo visitato Monte Cassino, ritornando in S. Germano, andò da poi in Capua, donde poi a Palermo restituissi87.

Intorno a questi tempi nacque in Assisi città della Umbria da Pietro Bernardone, uomo d'umil condizione, Francesco, quegli che acquistossi fama d'un gran Santo, e diede stabile fondamento alla Religion de' Frati minori, e che fu pianta così fertile, che in progresso di tempo empiè il nostro Reame di tanti monasteri di Frati del suo Ordine, che non fu il lor numero inferiore a quelli che vi si erano già fondati per la fama e santità de' Monaci di S. Benedetto; di che ci sarà data occasione di ragionare, quando della politia ecclesiastica di questo secolo tratteremo.

Morì poco tempo da poi in Palermo nell'istesso anno 1183 la Reina Margherita, la quale essendo stata donna di molto avvedimento, ebbe gran parte nel governo del Reame, così mentre visse il marito, come da poi che gli succedette il figliuolo. Fu ella con nobil pompa fatta seppelire dal Re Guglielmo in Monreale nella chiesa novellamente da lui edificata a lato alle sepolture de' suoi due figliuoli Ruggiero ed Errico. Donna d'incomparabile pietà, che oltre aver fondato una Badia in Sicilia alle falde del Monte Etna, che arricchita di molti beni diede a' Padri di S. Benedetto, accolse caramente in Palermo i compagni di Tommaso Arcivescovo di Cantuaria, i quali erano stati dal Re d'Inghilterra sbanditi dal suo Regno.

Intanto il Saladino stringeva aspramente i Cristiani in Palestina avendogli con la continua guerra ridotti in pessimo stato; onde vennero in Roma il Patriarca di Gerusalemme e l'Arcivescovo di Tiro, con altri Ambasciadori del Re Baldovino e degli altri Principi, che colà dimoravano, a chieder presto e potente soccorso contro sì fiero nemico. Questi essendo stati caramente ricevuti dal Pontefice Lucio, furono da lui con altre sue lettere inviati per tale effetto ad Errico Re d'Inghilterra, ed a Filippo Re di Francia, i quali avendo presa la Croce bandita dal Papa per opra sì pia, si posero di presente all'ordine con Guglielmo Re di Scozia, e con altri gran Signori e Baroni di Francia e d'Inghilterra per passare in Siria. Ma mentre il Papa sollecitava ciascun giorno frettolosamente il passaggio, sorpreso da grave infermità passò da questa vita in Verona li sette di dicembre del 1183, e fu nel Duomo di quella città onorevolmente sepolto, essendo stato tantosto eletto per suo successore Uberto Crivello milanese, il quale si nomò Urbano III.

Erano seguiti intanto nella città di Costantinopoli gravi movimenti e revoluzioni contro i Latini, che vi albergavano, per opra di Andronico tiranno, il quale tolto di voler de' Greci l'Imperio ad Alessio, entrando con oste armata dentro la città, investì furiosamente i Latini, facendene strage grandissima, ed incendiando i loro alberghi, ove perirono crudelmente abbruciate le donne, i vecchi, ed i fanciulli, senza perdonar nemmeno alle chiese, nè a' Preti, nè a' Frati, il tutto mandando indifferentemente a fuoco ed a fiamma. Questi avvenimenti ed oltraggi fatti dal Tiranno a' Latini, mossero il nostro Guglielmo a prender vendetta d'Andronico, il quale non contento di ciò, aggiungendo fallo a fallo, avea fatto morire strangolato con una corda d'arco il giovanetto Alessio, e n'avea occupato l'Imperio; perciò Guglielmo in quest'anno 1185 ragunò una ben grande armata in Sicilia, e v'ordinò Capitano il Conte Tancredi, che fu il quarto Re di Sicilia88, inviandolo a' danni della Grecia sotto la scorta di Margaritone suo Ammiraglio, il quale prese e saccheggiò Durazzo e Tessalonica con molti altri luoghi89, ove gli adirati Siciliani commisero ogni sorta di crudeltà senza aver riguardo a cos'alcuna, non avendo ardire Andronico d'uscir loro all'incontro, e porger alcun riparo a tanti danni. I Greci vedendosi così crudelmente da' Siciliani assaliti, e che Andronico mostrava di non molto curarsi de' loro travagli, cominciarono ad odiarlo in maniera, che tumultuando in Costantinopoli, tosto lo deposero dall'Imperio, e l'irata moltitudine, che non sa rattenersi fino che non pervenga all'ultima estremità, non contenta d'averlo deposto, avventossegli furiosamente sopra, e con gravi tormenti obbrobriosamente l'uccise. Surse tosto ad occupar la Signoria Isaac Angelo, il quale ragunate, come potè meglio, le forze de' Greci, diede sopra i Siciliani con tanto impeto, che postigli in fuga, gli discacciò alla fine da quelle regioni, come rapporta Niceta Coniate lor Scrittore.

Trovavasi però il Re Guglielmo assai più afflitto, ch'essendo già passati nove anni da che sposossi la Regina Giovanna, nè per la di lei sterilità vedendo di quella prole alcuna, cominciò a pensar seriamente ai mali, che dopo la sua morte, sarebbero accaduti nel Reame, se anticipatamente non provedesse, e pensasse al successore. Non vi era altro del suo sangue legittimo de' Re normanni, che Costanza postuma del Re Ruggiero suo avolo, poichè di Tancredi, ch'egli molti anni prima avea richiamato dalla Grecia, ed investito del Contado di Lecce, che fa di Roberto suo avolo materno, non si teneva alcun conto, riputandolo bastardo, come nato da Ruggiero figliuolo sì del Re Ruggiero, ma d'illegittimo matrimonio, come si è detto. Perciò questa Principessa era da molti ricercata; e narra il Sigonio, che a quest'istesso anno 1185 Federico Imperadore, il quale fin dall'anno 1177 avea con Guglielmo fermata per 15 anni la pace, mandò a richiederla per Errico suo figliuolo, e Re di Germania. Guglielmo, che si vedea senza speranza d'aver figliuoli, piegò l'animo alla dimanda, confortato ancora da Gualtieri Arcivescovo di Palermo; il quale covando odio grandissimo contro Matteo Vicecancelliere della Sicilia, per la cui opera era stata sottratta dalla sua giurisdizione la chiesa di Monreale dal Re Guglielmo, come dicemmo, pensò non d'altra maniera potergli venir fatto di porre a terra la potenza di Matteo suo emolo, come scrive appunto Riccardo da S. Germano, se non che dovendo il dominio del Regno passare ad altra famiglia per mezzo di Costanza, a cui di ragion toccava di proccurare che le nozze già diliberate, si conchiudessero con Errico di Svevia Re d'Alemagna figliuolo dell'Imperador Federico, acciocchè avendo egli a succedere nella Sicilia, riconoscesse tal beneficio da lui, e ponesse a terra la potenza di Matteo. In effetto si adoperò egli tanto, che finalmente indusse Guglielmo a pattovir le nozze con Errico, ed in quest'anno 1186 stando Costanza custodita nel palagio reale, non avendo più che trentuno anno, fu fatta partir da Palermo, e condotta in Milano, ove era Errico, ivi con nobil pompa furono le nozze celebrate.

Ma essendo questo un passo d'istoria, che gli Scrittori moderni l'han intralciato di molte favole, sarà bene, che per maggior chiarezza si scuoprano qui tutti i loro errori. Alcuni narrano, che Costanza fu Monaca lungo spazio d'anni nel monastero di San Salvatore in Palermo, postavi dal padre Ruggiero per una profezia fattale dal cotanto famoso Abate Giovachino calabrese, alla quale, essendo ella ancor fanciulla, disse che per cagion di lei si sarebbe acceso un gran fuoco in Europa, e che sarebbe stata la ruina della sua schiatta.

Altri90, considerando, che questo racconto mal si adattava a ciò che gli Autori di quei tempi concordemente scrissero, che Costanza nacque dopo la morte di Ruggiero, onde non poteva l'Abate Giovachino predir nulla di lei a richiesta di Ruggiero, quando non era ancor nata: dissero, che il presagio fu fatto non già a richiesta del padre, ma di Guglielmo I suo fratello, il quale atterrito dell'infausto vaticinio, pensò per ischivarlo di chiuder la fanciulla nel soprannomato monastero.

Bernardo Giustiniano91 nipote del Beato Lorenzo, pur disse, che il Re maritò Costanza con Errico per instigazione e comandamento di Alessandro III quando Alessandro era già morto sin dall'anno 1181. S. Antonino Arcivescovo di Fiorenza92, non ostante che Clemente III non era ancor Papa, e cominciò a seder l'anno 1188 scrisse, ch'essendo Costanza invecchiata nel monastero, il Pontefice Clemente III per escluder Tancredi dalla successione del Regno, e gratificar Errico, l'avesse fatta cavar di furto dal monastero, e dispensando al monacato, l'avesse maritata già vecchia con Errico per torre il Regno a Tancredi. Peggiore fu l'error del Fazzello, che rapporta, nell'Archivio romano, e ne' pubblici decreti, leggersi ancora i diplomi, ed i decreti di Celestino Papa, co' quali dispensò al monacato, e voto di virginità fatto da Costanza; quando Celestino ascese al Ponteficato nell'anno 1191, ed il Papa favorì sempre Tancredi contro Errico, come diremo da qui a poco. Ma questi favolosi racconti ben si convincono di menzogna dal considerare, che niuno degli Autori di que' tempi fan menzione di questi fatti, per altro da non tacersi.

Ugone Falcando, favellando due volte di Costanza, in un luogo parla di lei come educata e nudrita nel regal palagio, non già in alcun monastero: Sic et Constantia primis a cunabulis in deliciarum tuarum affluentia diutius educata, tuisque instituta doctrinis, et moribus informata, tandem opibus suis barbaros ditatura ditescit. E nell'altro luogo della sua istoria, narrando che i Messinesi credevano, quando si rivoltarono contro Odone Querello, e gli dieder morte, che i partiggiani del Cancelliere Parzio la volessero dare per moglie a Gaufrido Parzio fratello del Cancelliere, per dargli convenevol cagione di occupare il Reame, dice: Et Constantiam Rogerii Regis filiam uxorem ducere, inde sibi dandam occasionem existimans, ut videretur Regnum justius occupare; nè dice cos'alcuna del Monacato, del quale se fosse stato, era mestiere favellare in amendue i luoghi.

Arnaldo Abate Autor di que' tempi, che scrisse particolarmente la magnificenza, con che fur celebrate queste nozze in Milano, nemmeno ne fa parola. L'Arcivescovo Romualdo, il Neubricense, le Appendici all'Abate Uspergense, Papa Innocenzio nel 3 libro delle sue Epistole, ove più volte fa menzione di Costanza, di ciò non ne dicon parola; e pure come cosa sconvenevole, nè mai intesa, che una Monaca prendesse marito, era mestieri, che ne favellassero. Al quale fatto apertamente anche repugna il dire, che si facesse il matrimonio di voler del Pontefice, ritrovandosi tutto in contrario; perciocchè il Pontefice favoreggiò Tancredi all'acquisto del Regno; e non disapprovando il fatto de' Siciliani, che l'incoronarono Re, gliene diè tosto l'investitura, come innanzi vedremo.

Goffredo da Viterbo Autor di veduta, parlando di Costanza, per cagion della pace fatta tra Cesare ed i Lombardi, dice esser nata postuma del Re suo padre, ed essersi maritata di trenta anni con Errico: ecco i suoi versi:

 
Fit Regis Siculi filia sponsa sibi.
Sponsa fuit speciosa nimis, Costantia dicta.
Posthuma post patrem materno ventre relicta,
Jamque tricennalis tempore virgo fuit.
 

E fatto il conto dall'anno, nel qual morì Ruggiero, che fu di Cristo il 1154 come scrive Roberto Abate ed il Fazzello, vedesi, ch'essendo ella nata dopo la morte del padre, quando prese marito, che fu in quest'anno 1186 non poteva avere, che trentuno anno in circa. E secondo il conto d'Inveges, che nell'anno 1185 dice esser conchiuse queste nozze, non avea più che trent'anni.

E finalmente Riccardo da S. Germano, la cui Cronaca non capitò alle mani del Baronio, parlando di tal maritaggio, dice chiaramente Costanza esser dimorata nel real palagio e non nel monastero di S. Salvatore, nè favella cos'alcuna del Monacato; e dice essere stata data ad Errico per opera dell'Arcivescovo Gualtieri, e non del Papa: ecco le sue parole: Erat ipsi Regi amita quaedam in Palatio Panormitano, quam idem Rex, de consilio jam dicti Archiepiscopi, Henrico Alamannorum Regi filio Federici Romanorum Imperatoris in conjugem tradidit. Il qual Autore aggiunge, che per consiglio dell'istesso Arcivescovo Gualtieri anche si stabilì la dote, che fu l'indubitata successione del Regno di Sicilia: Quo etiam procurante factum est, ut ad Regis ipsius mandatum, omnes Regni Comites Sacramentum praestiterint, quod si Regem ipsum absque liberis mori contingeret, amodo de facto Regni tanquam fideles ipsi suae Amitae tenerentur, et dicto Regi Alemanniae viro ejus. Onde il Re mandò Costanza da Palermo a Rieti, accompagnata con gran corteggio di Conti e Baroni, ove il Re Errico per suoi Ambasciadori pomposamente la ricevè, e condotta a Milano, fu ivi dall'Imperador Federico suo suocero ricevuta, e negli orti di S. Ambrogio con splendidissimo apparato fecero celebrare le nozze in quest'anno 1186.

Così avendo Guglielmo conchiuse queste nozze con Errico, credette aver dato qualche sesto alle cose del suo Reame; ma d'altra più remota parte venner queste disturbate coll'infauste novelle de' progressi, che Saladino faceva nella Siria. Questi avendo ragunata un'immensa moltitudine di soldati prese a forza la città di Tiberiade; ed indi affrontandosi con l'esercito cristiano il ruppe e pose in fuga, e prese il santo legno della Croce. Fece prigioniero il Re di Gerusalemme con orribil uccisione di Cavalieri Templari, e dell'Ospedale, e di altri soldati minori, campando a gran fatica con la fuga Fr. Terrico Gran Maestro dei Templari, il Conte di Tripoli e Rinaldo da Sidone, con alcuni altri pochi soldati. Col favor della quale vittoria prese il Soldano Accone93, Cesarea, Nazarette, Bettelemme e tutti gli altri circonvicini luoghi, ed assediò strettamente la città di Tiro; ed indi a poco diviso il suo esercito, n'andò con una parte di esso sopra la città santa di Gerusalemme e quella prese il secondo giorno d'ottobre dell'anno di Cristo 1187. Ed ecco come i giudizj del Signore sono inarrivabili: questa città, che da Goffredo Buglione, con altri illustri Capitani italiani, tedeschi e francesi erasi con tanta gloria sottratta dall'indegna servitù degl'Infedeli, ora dopo lo spazio d'ottanta sette anni, ritorna di nuovo in man de' Barbari, senza che abbiasi speranza mai più liberare dalla loro dura e crudele dominazione.

Nè terminarono qui i mali d'Oriente ma, per maggior danno de' Fedeli, si collegò Saladino con Isaac Angelo Imperadore di Costantinopoli, il quale ricevendo in dono da lui tutta la Terra di promissione, gli promise all'incontro d'aiutarlo nella guerra con cento galee armate, e di dare impedimento a tutti i Latini che passavano per guerreggiare in Siria: onde il Pontefice Urbano udita la rea novella della perdita del Sepolcro di Cristo e del santo legno della Croce, della presura del Re di Gerusalemme e della Lega del Soldano coll'Imperador di Costantinopoli, si afflisse sì gravemente, d'esser ciò avvenuto a' suoi tempi, che ne cadde perciò in una grave malattia, della quale in breve si morì in Ferrara il decimo sesto giorno di novembre94, 44 giorni appunto dopo la perdita di Gerusalemme, e nel dì seguente fu tosto in suo luogo creato Papa Alberto Cardinal di S. Lorenzo in Lucina e Cancelliere di Santa Chiesa, nato in Benevento della famiglia Mora, che si volle nomare Gregorio VIII. Fu questi un uom santissimo, nè altro fece in quel breve tempo, che e' visse Papa, che sollecitare i Principi cristiani, che con grossa armata gissero in Palestina a soccorrere i Latini; e mentre era tutto rivolto a così lodevole opera si morì anche egli in Pisa, ove dimorava, avendo men di due mesi retto il Ponteficato; e venti giorni dopo la sua morte fu eletto Pontefice nella medesima città Paolino Scolari romano, nato d'umil condizione, Cardinal di Palestrina, che fu detto Clemente III.

Questo Pontefice, calcando le medesime orme dei suoi predecessori, s'adoperò efficacemente, che con effetto si gisse al soccorso di Terra Santa, confermando l'indulgenze, che per tal cagione concedute avea Papa Gregorio; laonde, e per la sua diligenza, e per quella di Guglielmo Arcivescovo di Tiro, che era andato in Francia, si ragunò un'Assemblea tra Gisorzio e Trie, ove convennero Filippo Re di Francia ed Errico Re d'Inghilterra co' Prelati e Baroni de' lor Regni, e Filippo Conte di Fiandra, i quali presa dalle mani dell'Arcivescovo Guglielmo la Croce, subito nell'anno 1188 s'incamminarono per così santa e lodevol impresa, e per conoscersi fra di loro con particolar segno, presero il Re Filippo ed i suoi Franzesi la Croce rossa, il Re Errico e gl'Inglesi la bianca, ed i Fiamenghi con Filippo lor Conte la preser verde. L'Imperador Federico, che non meno degli altri volle in quest'occasione mostrar la sua pietà, racchetatosi col Papa, col quale era stato in qualche discordia, prese anch'egli per mano d'Errico Cardinal di Albano la Croce, per passare in Palestina, e si apprestò al passaggio sì frettolosamente, che fu il primiero a girvi.

Nè deve altrui recar maraviglia, se fra tanti Principi illustri, ch'erano esortati da' Pontefici a gire in Gerusalemme, non s'annovera mai il nostro Re Guglielmo95, il quale per la ricchezza de' suoi Reami e per la vicinanza d'essi alla Grecia, donde si facea comunalmente il passaggio, e più per le sue poderose armate di mare, era sopra ogni altro atto a passarvi potentissimo; perciocchè (siccome disse di lui l'Arcivescovo Romualdo favellando in Vinegia a Cesare) attendeva egli continuamente a così lodevole opera, aiutando con sue galee i peregrini, che givano al Sepolcro, e porgendo soccorso a' Fedeli, che colà militavano; onde non era mestieri sollecitarlo a tal bisogna, alla quale egli continuamente badava.

Con tale occasione narrasi che Federico, prima di passare in Palestina, avesse scritto quella lettera minatoria al Saladino, ordinandogli con gravi e pesanti parole, che restituisse tosto i luoghi da lui ingiustamente occupati in Siria; e che all'incontro il Soldano con non disugual orgoglio gli avesse risposto, burlandosi di lui, e de' suoi Collegati, e de' suoi vanti e minacce, ond'era ripiena la sua lettera. Amendue queste epistole si leggono negli Annali d'Inghilterra di Ruggiero e di Matteo Paris; e furono anche inserite da Capecelatro nella sua Istoria de' Re normanni. Che che sia della lor verità, egli è costante che Cesare avendo ragunato un grande esercito, che giungeva a cento cinquantamila soldati con un armata di mare di cinquantacinque navi, s'avviò in Terra Santa nel seguente anno 1189, ma per le frodi dell'Imperador greco (che oltre alla Lega fatta col Soldano, temea, siccome gli era stato falsamente predetto da Dositeo Monaco, che Federico fingendo d'andare in Palestina, non poscia si volgesse sopra Costantinopoli, ed occupasse quella città) dimorò a giungervi un anno intero, avendo sofferto nel passar per le regioni de' Greci, secondo i lor costumi rapaci e senza fede, danni ed ostacoli gravissimi.

Ma ecco che nuovo ed inaspettato turbine pose in gravi sconvolgimenti e rivolture i Reami del Re Guglielmo. Questo Principe, che appena giunto a perfetta età avea con tanta prudenza e giustizia governato i suoi Regni, assalito in Palermo da grave malattia nel più bel fiore di sua età, non giungendo più che a trentasei anni, vien a noi rapito da troppo acerba ed immatura morte nel mese di novembre di quest'anno 118996 dopo ventitrè anni di Regno. Fu egli con nobil pompa sepolto nella chiesa di Monreale a piè della tomba del Re suo padre. Nè si può esprimere quanto fosse stato grande il dolore de' suoi vassalli, i quali per le molte e lodevoli virtù ch'erano in lui, aveano nel suo Regno goduto con rara felicità una ben tranquilla e lieta pace. A ciascuno fu lecito intender le cose come volle, e dirle come l'intese: nè eran gravati d'esorbitanti ed eccessive taglie, come in tempo del Re Guglielmo suo padre; tanto che non solo Federico II, ma, ne' tempi posteriori, Carlo II d'Angiò volendo dar tranquillità e pace al suo Regno, non seppe farlo in altra forma, se non di comandare, che si vivesse senza gravezze, siccome al tempo di questo buon Guglielmo. Egli trapassò per le sue egregie virtù non solo tutti gli altri Re, che allora furono, ma parimente Roberto Guiscardo e Ruggiero suoi Avoli, Principi di fama magnifica. Era, come scrive Riccardo da S. Germano, i! fiore de' Re, corona de' Principi, specchio de' Romani, onore dei Nobili, confidanza degli amici, terrore de' nemici, vita e virtù del Popolo, de' poveri e de' peregrini salute, e fortezza de' travagliati: il culto della legge e della giustizia nel suo tempo fioriva nel Regno, ognuno era della sua sorte contento, in ogni parte vi era pace e sicurtà, il viandante non temeva le insidie de' ladroni, nè il navigante i pericoli de' corsari. Ma assai più deplorabile e funesta sperimentarono i suoi Regni la di lui acerba morte, perchè mancando egli senza prole, si videro assorti da infinite calamità, che sotto il governo d'Errico Svevo soffrirono, onde tanto maggiormente apparve chiara, e si fece desiderabile la sua bontà. Non avendo egli generato prole alcuna da Giovanna figliuola d'Errico Re d'Inghilterra, lasciò che gli succedesse nella Signoria Costanza sua zia97 la quale, da ch'egli era in vita, avea fatta giurare erede insieme col marito Errico in un'Assemblea tenuta per tal cagione a Troja di Puglia.

83.. Lib. IV de Regno Italiae pag. 100 et 103.
84.. Pellegr. in Castig. ad Anon. Cassin. ann. 1179.
85.. Guiglielm. Tirio lib. 21 cap. 26.
86.. Roberto de Monte ad ann. 1180.
87.. Pell. Cast. ad Anon. Cassin. ann. 1183.
88.. Cronica di Fossanova tom. 1. Ital. Sacr. col. 470.
89.. Niceta in Isac. Imper.
90.. Gio. Villani ist. lib. 4 c. 19. Franc. Petrarca in lib. Augu. Boccaccio de Clar. mulier. Tolomeo di Lucca, Fr. Alberto, Paolo Reggio, Fazzello, Maurolico, S. Antonino Arciv. di Fiorenza, ed altri rapportati da Inveges ann. 1154 et 1185.
91.. In Vita B. Laur. apud Surium in 8. Januar.
92.. Antonin. par. 3 tit. 10 cap. 6.
93.. Acri.
94.. Inveges lo fa morire a' 20 dell'ottobre del 1187.
95.. Il Sigonio de Regn. Italiae, con manifesto errore v'annovera anche Guglielmo, dicendo: Praeter Fridericum Imper. Philippus Rex Franciae, Henricus Angliae, et Guilelmus Siciliae Reges, etc.
96.. In quest'anno fissano la sua morte Riccardo da S. Germano, il quale cominciò la sua Cronaca: A tempore quo Gulielmus Rex Siciliae obiit, Pontificatus Clem. an. 2. Guglielmo Neubrigense Inglese: Gulielmus Siciliae Rex mortuus est ann. 1189.
97.. Ruggiero in An. Anglic. apud Baron.
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22 ekim 2017
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