Kitabı oku: «Lo Spirito Del Fuoco», sayfa 11

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Alle sue spalle, l’urano era assorto anch’egli nei suoi pensieri. Voleva trovare il modo per sfruttare il potere del ciondolo che tanto gli stava costando. Mettere le mani sul denaro che gli spettava lo allettava a tal punto che tutto quel che gli stava accadendo attorno sembrava di poco conto. Nel suo immaginario, si vedeva nella sua vecchia casa, ristrutturata dalle fondamenta, arredata con mobili e oggetti di pregio e piena di belle fanciulle provenienti dai nove mondi. Voleva la bella vita, la desiderava da sempre, nonostante i suoi umili genitori non gli avessero mai fatto mancare nulla. Era materialista, lo sapeva e conosceva il suo punto debole, il gioco d’azzardo. Da vero e proprio urano, l’adrenalina era come ossigeno e per lui, non c’era adrenalina migliore se non quella provocata dallo scommettere ogni volta tutti i suoi risparmi con gente corrotta e pericolosa. Quelle erano le situazioni dove più si trovava, tra criminali e assassini senza scrupoli, spalla a spalla con avidi mercanti e spietati pirati. Quelli, i tasselli che uniti alle scommesse o ai giochi d’azzardo lo inebriavano a tal punto da non poterne fare a meno.

La solitudine patita dopo la partenza di Santos per l’accademia aveva amplificato il tutto, facendolo così capitolare in un tunnel senza uscita.

A squadrarlo malamente, pochi passi più indietro, Boris camminava svelto cercando di mantenere il passo, ancora adirato con quell’individuo tanto sconosciuto quanto arrogante.

Superati i grandi cancelli, si ritrovarono subito avvolti dalla vegetazione che, con tanta frustrazione, cercava di riprendersi il proprio spazio.

Jack era ancora privo di sensi e nel vederlo in quelle condizioni, l’astro tirò le redini dei cavalli facendoli così fermare. Doveva svegliarlo.

Prese la sua inseparabile quanto consumata borraccia e con delicatezza iniziò a versarne il contenuto sulla fronte del giovane. Dopo alcuni secondi, Jack aprì leggermente gli occhi. La testa girava ancora e il paesaggio intorno a lui era completamente storto. Ci mise qualche istante a capire di trovarsi sul dorso di un cavallo con la testa in giù e scoprirlo, fu un sollievo.

Provò ad alzarsi cercando di combattere le forti vertigini. L’astro lo aiutò all’istante, permettendogli così di sedersi correttamente sulla sella in pelle color mogano.

«Come stai?», lo guardò Santos preoccupato.

«Bene… Grazie!», non aveva ancora focalizzato quel che era successo.

L’aria era meno pesante che nella città e molteplici odori, dalle fresche fragranze, gli accarezzarono le narici trasportandolo al ritmo del vento.

«Cos’è successo?», domandò con la testa ancora annebbiata.

«Siamo stati attaccati dai cartni»

«Sicuramente per colpa di questo arrogante cafone! Diamine Santos, cosa ci fa uno come lui insieme a noi?».

Spiazzato dalla spiegazione dell'accaduto, Boris non riuscì a capacitarsene.

Jack non rispose.

Improvvisamente le immagini dell’accaduto iniziarono a scorrergli veloci nella mente. Il sollievo dell’aria umida tra i capelli, il tenero russare del folletto, i pensieri dei suoi cari e poi l’ingresso lento e rumoroso delle tre creature. L’odore nauseabondo, la paura, le vertigini e quell’occhio nero che lo fissava profondamente. Poi il caos, le immagini che si mescolavano fra loro e un forte bagliore prima della totale oscurità.

«Tutto bene?» domandò l'astro teso come una corda. Era dispiaciuto, fin nel profondo.

«Cosa volevano?», ricambiò lo sguardo il giovane ancora scosso.

«Lui… », Santos indicò l’amico.

Jack si voltò leggermente alla sua sinistra. Poggiato su un tronco di un grosso albero dalle foglie di un verde brillante, l’urano gli sorrise forzatamente alzando un braccio, salutandolo senza dargli troppa importanza. Nella sua mente, ancora i piani per mettere le mani sul denaro che tanto lo ossessionava.

Jack ne restò ammaliato. Alto quasi quanto Santos, ma con la pelle di un blu brillante e dalle molteplici sfumature, l’urano emanava una forza impareggiabile. Qua e là, piccoli puntini neri disposti in strani ordini geometrici gli ricoprivano le zone del corpo svestite. Come l’amico, indossava stretti pantaloni di pelle neri, chiusi alle caviglie da un paio di stivali di pelle dello stesso colore.

Su quel pianeta, lo stile variava ben poco. La mantella grigiastra, logora e ricoperta di strappi, lasciava intravedere il magro quanto scolpito fisico blu. Con lo scollo a v, quella sottospecie di mantello gli donava un’aria tanto trasandata quanto pericolosa. Un piccolo cappuccio scendeva ripiegandosi su se stesso sulla sua schiena. Il capo, completamente rasato se non nel centro, dove una bassa cresta nera appuntita lo tagliava di netto, brillava sotto i raggi del sole. La strana capigliatura terminava, nella parte posteriore del cranio, assottigliandosi fino a chiudersi in una stretta punta all’altezza del collo.

Quell’essere, mistico e fantastico, lo aveva rapito quasi quanto Aura. Non per la bellezza, ma per l’energia ancestrale che trasmetteva solo nel guardarlo. Il vistoso orecchino a forma di croce che penzolava dall’orecchio destro e i simboli che lo ricoprivano ampliarono ancor di più le sensazioni del ragazzo.

«Non accadrà più», intervenne serio l'urano.

«Scusa se non ho fatto quel che mi hai detto» bisbigliò affranto Jack guardando il suo maestro.

«Non devi scusarti con me. Hai rischiato di esser riconosciuto, di attirare su di te attenzioni indesiderate e pericolose. Devi rimanere nell'ombra, nell'anonimato più totale. Fastidi, dolori, ripensamenti e ogni altra sorta di sensazione che tu possa provare non devono avere importanza ai tuoi occhi. Non sei responsabile solo della tua vita, ma di quelle di ogni singolo essere vivente dell'intera Costellazione. La furbizia, l'attenzione e il coraggio devono essere le tue qualità. Hai un destino da compiere, non scordarlo per nessuna ragione. Per l'egoismo non c'è spazio!».

In quelle parole, più fredde dello stesso ghiaccio di Fenov, la dura verità vomitata forse in quel brusco modo a causa delle vicissitudini da poco accadute.

Jack abbassò il capo.

«Ora che ci hai portati tutti fuori dalla città, dove vuoi andare grande capo?», si intromise ironico Gabriel.

«A Ishcor», terminò Santos indicando la direzione da prendere.

«Tu sei fuori di testa, vuoi andare nella bocca del leone. È un suicidio, cosa pensi di fare?»

«Di rimediare ai tuoi errori!» urlò furioso l’astro sbattendo un pugno contro il tronco di un giovane albero, non alto più di una decina di metri.

Gabriel aprì la bocca per rispondere ma le parole gli morirono tra le labbra. Sapeva che quel che diceva l’amico era vero. Aveva combinato un pasticcio dietro l’altro, e ora aveva coinvolto anche l’astro e i suoi due compagni.

«E sia!», si limitò orgoglioso incamminandosi tra la vegetazione. Sapeva fin troppo bene la strada per arrivare a Ishcor, la grande e famosa città dei fiori.

Boris e Jack saggiamente non si intromisero, tenendosi rispettivamente le proprie domande per un altro momento.

Senza pronunciar nessun’altra parola, l’astro riprese entrambe le redini dei due cavalli e seguì l’urano che già era diversi metri più avanti.

Farsi il viaggio sulla groppa del piccolo destriero era forse il modo migliore per godersi l’ambiente circostante e per recuperare le forze. Jack si sentì inutile, debole più di ogni altro e un grande peso per tutti. Fino a quel momento, non aveva fatto altro che stare male e perdere i sensi. Una bella presentazione per colui che, secondo gli individui che lo circondavano, avrebbe salvato una costellazione intera dalla minaccia di un semidio e da un re dai poteri oscuri.

Ishcor distava due giorni da Fati e il percorso più breve era attraversare i Boschi Sempreverdi, luoghi dove gli alberi erano sempre in fiore e un'atmosfera incantevole circondava ogni cosa. Quello era un chiaro segno della presenza delle ninfe dei boschi. La vegetazione aumentava ogni minuto di più, diventando sempre più fitta e rigogliosa.

Erano passate ormai diverse ore e il sole stava lasciando il posto alla luna. Boris, che nel frattempo si era nuovamente arrampicato sul mantello di Zeno per poi rifugiarsi in una delle due tasche interne, riposava russando leggermente.

A Jack non era pesato quel silenzio forzato che li aveva accompagnati. Si era goduto il panorama in ogni suo piccolo dettaglio. Dalle centinaia di ruscelli brillanti che bagnavano il terreno alle molteplici varietà di piante che gli si erano presentate davanti.

Santos si fermò tirando le redini.

«Ci fermeremo qui per la notte» disse legando i cavalli a un tronco dall’aria centenaria.

Gabriel non si vedeva, inghiottito dalla vegetazione.

«Fa l’offeso, ma sa che ci siamo fermati, arriverà a breve», continuò l’astro vedendo il giovane scrutare tra gli alberi.

Pochi minuti più tardi, dal nulla comparve l’urano proprio come aveva predetto il suo maestro.

Dopo un veloce e silenzioso spuntino a base di foglie di Seda, ognuno si sdraiò sotto un tronco avvolto dai propri pensieri.

I due amici, troppo orgogliosi per rivolgersi parola.

In poco tempo, il gruppo si addormentò cullato dal lieve scorrere dell’acqua.

16

I sogni di Jack vennero invasi dalle terribili e paurose facce dei cartni. Il ragazzo ansimava e la fronte gli si era ricoperta di sudore. Non riusciva a svegliarsi, voleva liberare la propria mente da quelle orribili creature, ma l'incubo continuava e lui non riusciva a farlo terminare.

Un paio di piccoli schiaffetti lo svegliarono d’improvviso. Era completamente sudato e spaesato.

Davanti a lui Gabriel lo fissava.

«Bestie brutte gli incubi, caro ragazzo. È sempre meglio svegliarsi con un po’ di mal di testa che essere risucchiato da questi orribili sogni».

Jack non rispose, in fin dei conti non conosceva minimamente quello strano individuo dalla pelle blu.

«Sono un amico di vecchia data di Santos, siamo cresciuti insieme. Eravamo inseparabili proprio come due fratelli, poi lui è stato costretto a partire per finire l'addestramento da astro.», continuò l'urano percependo la diffidenza del giovane.

Jack mantenne il silenzio ancora stordito dall'incubo. La stanchezza e lo stress che portava con sé da quando aveva messo piede in quel mondo alimentavano la sua emicrania.

«Tu devi essere molto importante per lui, sai?». Gabriel si era appoggiato a un grosso albero.

«Sei stato la sua prima preoccupazione. Ha rischiato la vita per venirti a salvare».

Tra i due ci furono alcuni secondi di silenzio pieni di significato.

«Non dico che Santos non lo farebbe per chiunque, perché è nel suo carattere, ma ho visto l'espressione del suo volto quando ha capito che eri in pericolo. Sei fortunato ragazzo, già, sei fortunato ad averlo come protettore. Se ha il compito di proteggerti, stai pur tranquillo che piuttosto darà la propria vita per salvare la tua.», terminò Gabriel sorridendo malinconico.

Negli occhi verdi del giovane, un recipiente per sfogare le sue emozioni.

Improvvisamente un masso colpì in pieno la testa dell'urano, che subito rovinò a terra privo di sensi.

Jack non fece neanche in tempo ad accorgersene che la sua attenzione venne attirata da due enormi cartni poco lontani da lui. Avevano sorpreso Santos nel sonno e ora anche l'astro, come l'urano, era fuori combattimento.

«Guardate chi si rivede!», tuonò una forte voce alle sue spalle.

Il ragazzo si voltò impaurito.

Da dietro i cespugli emerse il terzo cartno, quello più grosso dei tre. Era stato sicuramente lui a tirare il masso contro Gabriel. Ora era praticamente a neanche dieci metri di distanza, soddisfatto del proprio tiro.

«Prendete anche il ragazzo», ruggì alle altre due bestie.

Jack non sapeva cosa fare e una forte e densa paura lo invase. Era nuovamente pietrificato. Improvvisamente gli vennero in mente le parole che Gabriel gli aveva detto pochi minuti prima. Santos avrebbe rischiato la propria vita per salvarlo. Ora però era l'astro a essere in pericolo e l'unico a poter combattere era proprio lui.

Si alzò spinto da una forte determinazione che non sapeva di possedere. «Lasciatelo stare, luride creature» urlò contro i due cartni più piccoli.

Le bestie scoppiarono in una sonora risata, alla quale si aggiunse anche quella del loro capo, che ormai si era messo in disparte ad aspettare che i suoi scagnozzi finissero il lavoro.

Zeno sentì la collera aumentare secondo dopo secondo e sorprendendosi della propria scelta, scattò contro i due cartni. Ora non pensava più, agiva.

Giunto a neanche un metro dal primo, caricò il pugno destro che, subito dopo, colpì lo stomaco della creatura. Si sentì immediatamente sollevare dal mantello, per scoprire che il suo colpo non aveva sortito alcun effetto, se non quello di scatenare l'ira della bestia. Questa, senza pensarci, lo scagliò contro il tronco di un enorme albero secolare, strappandogli così il mantello da dosso.

L'impatto con il duro e rugoso legno fu atroce e i dolori lancinanti al corpo gli impedirono di muoversi.

In pochi secondi era già finito fuori combattimento.

Aveva fallito.

«Prendete solo quello con la pelle blu» ordinò il cartno più grosso.

«E dell'altro, capo?»

«Fatelo fuori, non ci interessa. Il ragazzino verrà con noi!», terminò la creatura dileguandosi tra i cespugli.

Zeno non poteva permetterlo, non poteva permettere che Santos morisse. Raccolse le ultime forze che aveva in corpo e, con una gran smorfia di dolore, si alzò tremante.

«Sono io il vostro avversario, bestioni», strinse i denti determinato più che mai.

I due cartni scoppiarono a ridere nuovamente e dopo essersi lanciati un'occhiata di complicità, cominciarono a dirigersi verso di lui.

Jack trasalì. Improvvisamente una delle due bestie gli si lanciò contro. Era veloce, molto veloce per il fisico massiccio che aveva. In una manciata di secondi il cartno lo raggiunse colpendolo pesantemente allo stomaco con un pugno micidiale. Il ragazzo sputò un'ingente quantità di sangue dalla bocca. Il dolore, sovraumano. Con il corpo tumefatto cadde in ginocchio. Non aveva avuto modo di accorgersene, tutto era successo troppo velocemente per i suoi riflessi che, in quel momento, non stavano certamente rispondendo al meglio a causa dell’affanno e della forte agitazione.

Improvvisamente sentì il terreno tremare. Non fece in tempo ad alzare lo sguardo che l'enorme piede dell'altra bestia lo colpì in pieno viso facendolo roteare in aria per poi rovinare a terra sanguinante. Le due creature lo circondarono e cominciarono a prenderlo a pestoni senza pietà. Jack non riuscì neanche più a urlare percorso dal dolore in ogni singola vena. La testa gli girava come non mai e tutto iniziò a muoversi al rallentatore.

Voleva dormire, lasciarsi andare il prima possibile per dar fine al suo massacro. Da lontano, sentì un leggero urlo. Ci mise qualche secondo a decifrarlo ma poi lo riconobbe. Era la voce di Boris. Il folletto si era svegliato e, uscito dal mantello, si era buttato contro le due bestie incurante della disparità fisica. Bacchetta alla mano provava a ferirli con i propri incantesimi. Una delle due bestie, infastidita, con un semplice calcio se ne liberò facendolo volare per una ventina di metri. Jack, vedendo l'immagine sfocata del piccolo amico rovinare al suolo privo di sensi si sentì impotente. Ora, anche Boris era in pericolo e lui non poteva aiutarlo. I due bestioni ricominciarono a prenderlo a pestoni ridendo con gusto. Ormai, il suo corpo era completamente fratturato. Nonostante l'evidenza, le due creature non si fermarono continuando senza pietà. Il suo esile corpo, il loro sfogo.

Non riuscendo più a resistere, Jack chiuse gli occhi. Ci aveva provato, ma non ce l'aveva fatta, non era stato in grado di proteggere i suoi amici e ora stava per morire sotto i duri e possenti colpi dei nemici. Il dolore aveva ormai superato ogni soglia diventando impercettibile. Il buio regnava padrone, non aveva più la forza di riaprire gli occhi.

Dall'oscurità apparve un puntino bianco, un puntino che piano piano iniziò a diventare sempre più grosso. Jack non sapeva cosa fosse. Pensò di essere già morto, credendo che quella piccola luce fosse il famoso tunnel che accompagna le persone in paradiso. Ma quella luce aumentò velocemente, fino a che capì che non era una luce, bensì una fiamma, una lingua di fuoco che bruciava nell'oscurità della sua anima.

La fiamma cominciò a crescere sempre più fino a conquistare l'oblio circostante.

Zeno riaprì improvvisamente gli occhi. Una forte energia lo invase dal profondo. Il dolore iniziò a svanire velocemente e un'enorme forza crebbe dentro di lui, una forza dolorosa che bruciava come il fuoco.

Ora, i colpi inferti dalle due creature non gli recavano nessuna sofferenza e inspiegabilmente si sentì bene come non mai.

L'ennesimo calcio stava per colpirlo quando rapido alzò il braccio sinistro bloccandolo. Inevitabile fu lo stupore nelle due creature. Subito dopo, sollevandosi da terra, colpì con un pugno la gamba immobilizzata del cartno trapassandola come burro. La creatura emise un grido di dolore cadendo a terra.

Incredulo, il secondo cartno caricò con tutta la forza un altro calcio mirando sul volto del giovane seduto a terra con la mano sporca del sangue della bestia. In una frazione di secondo Zeno balzò in aria facendo andare a vuoto il potente colpo e, appoggiandosi con entrambe le mani sul ginocchio dell'avversario, si slanciò ancora più in alto. A un paio di metri d'altezza, roteò il bacino esplodendo così un preciso e devastante calcio circolare che colpì in pieno il volto dell'avversario facendolo volare poi contro un enorme masso poco distante.

L'immenso peso della bestia, sommato alla potenza del colpo di Zeno, la fece incastrare nel masso frantumandone la parte esterna.

Il ragazzo atterrò con eleganza al suolo e, senza pensarci, si scagliò contro il cartno ormai in procinto di svenire. Mancavano pochi metri, saltò nuovamente in aria, caricò il destro e lo colpì in pieno volto spappolandogli il cranio, distruggendo poi completamente la roccia alle sue spalle.

Aveva perso completamente il controllo e l'odore del sangue dell'avversario sul suo corpo lo fece ribollire dall'interno.

Ma la sete di sangue non si placò.

Si girò verso l'altro cartno. La bestia era sdraiata al suolo dolorante e senza una gamba. Zeno la fissò per un secondo e un leggero quanto perfido ghigno gli contorse il viso.

Sbraitando, si lanciò nuovamente all'attacco. Non era più lui.

Raggiunto l'avversario, che impaurito si era tirato su con la schiena, caricò la gamba destra. Ne scaturì un calcio potentissimo che, avvolto dalle fiamme, trapassò il corpo del nemico carbonizzandolo all'istante.

Dell'esile e indifeso terrestre, ormai nessuna traccia. In quel bosco spettatore del massacro, una furia aveva preso il suo posto.

Un forte rumore di foglie lo vece girare improvvisamente. A una cinquantina di metri da lui, sbucò dalla vegetazione il terzo cartno, quello più grosso, tornato indietro dopo aver sentito le urla e i rumori provocati dalla battaglia. Per lui, i secondi erano contati.

Ebbe a malapena il tempo di capacitarsi della fine dei suoi due scagnozzi che il ragazzo balzò nuovamente in aria, distante ormai poco più di un metro. La sua, una velocità impressionante. Aprì le braccia e, urlando a squarcia gola, le richiuse colpendo la testa dell'avversario da entrambe le orecchie, facendola così esplodere. Il corpo del cartno cadde al suolo carbonizzato e privo di vita.

Con quell'ultima esecuzione, ogni minaccia svanì.

«Jack calmati!», urlò Gabriel ripresosi malconcio.

Zeno si voltò verso di lui. Non era in sé e dopo averlo fissato per un paio di secondi, scattò veloce verso la preda.

Gabriel trasalì. Quello che aveva di fronte non era il ragazzo con cui aveva parlato fino a pochi minuti prima. Gli occhi erano completamente infuocati e tutt'intorno al corpo una leggera e quasi invisibile aura arancione ondeggiava minacciosa. Nel buio della notte, quel colore caldo era ben visibile ai suoi occhi.

Qualcosa era successo ma non sapeva cosa. La testa ancora gli doleva per il colpo ricevuto e nonostante l'emicrania, sapeva che non era nulla di buono.

Mancavano pochi metri allo scontro. Sul volto di Jack, ancora stampato quel ghigno di piacere. L'istante prima che il giovane potesse colpire l'urano, un enorme getto d'acqua lo colpì in pieno interrompendone l’attacco. Anche Santos aveva recuperato i sensi ed era lì, a diversi metri, con in mano la borraccia dell'acqua capovolta e ormai vuota.

«Jack ritorna in te!» gli urlò l'astro preoccupato.

Zeno non ragionava più, ora aveva un altro obiettivo da eliminare, non più l'urano, ma l'astro. Scattò veloce nella direzione di Santos, voleva disintegrarlo. L'astro pronunciò diverse parole in una lingua incomprensibile e dal suolo, cominciarono a fuoriuscire centinaia di gocce d'acqua, che, con un singolo movimento della sua mano, si unirono e avvolsero il ragazzo imprigionandolo in un'enorme sfera d'acqua.

Zeno iniziò a divincolarsi. Nei suoi occhi, l’ira e la follia. Dopo pochi secondi, mancandogli l'aria, svenne rimanendo sospeso nella sfera privo di sensi. Solo dopo qualche istante Santos, con un altro gesto delle mani, fece dissolvere la bolla d'acqua, facendolo così cadere al suolo inerme.

«Come stai?» chiese l'astro all'amico.

«Grazie a te bene, fratello mio» rispose Gabriel ancora scosso.

Santos raggiunse il piccolo corpo di Boris, che, dopo il colpo ricevuto da uno dei due cartni, era capitolato poco distante in mezzo ai cespugli. L'astro lo prese tra le mani e lo portò sotto l'albero dove si erano accampati per la notte. Con estrema delicatezza lo poggiò nella soffice pelliccia del mantello di Jack, che nello scontro appena concluso aveva riportato uno strappo tra i due lacci che lo tenevano legato al collo. Scosso, Santos gli accese un piccolo fuocherello vicino con un veloce movimento della mano.

«Ora mi devi qualche spiegazione, amico. Chi è questo ragazzo? Ho visto quello che ha fatto a quelle bestie, le ha disintegrate con una facilità impressionante… Sembrava posseduto, posseduto da un demone!», gli si avvicinò Gabriel visibilmente fuori di sé.

«Volevo aspettare a dirtelo, ma forse è il caso di metterti subito al corrente di tutto. Sono venuto a cercarti per un motivo di vitale importanza. Jack, come avrai capito, non è un ragazzo normale, viene dalla Terra e dentro di sé ha celato lo spirito della grande divinità, lo spirito di Ashar». Spiegò veloce Santos sedendosi preoccupato vicino al corpo di Boris.

L'urano spalancò gli occhi indietreggiando, non riuscendo minimamente a credere a quelle parole. L'amico dalle dita affusolate continuò la spiegazione per diverse ore, fornendogli così tutte le informazioni necessarie, sottolineandogli più e più volte l'importanza del suo aiuto nell'addestramento del giovane terrestre. Il discorso durò per tutta la notte e i due, nonostante l'accaduto, ritrovarono così il piacere di stare nuovamente insieme.

«Jack ha già avuto il primo dei tre sogni d'iniziazione e il male si è instaurato nel profondo del suo cuore. Purtroppo non sono riuscito a impedirlo, ma dobbiamo fare di tutto per far sì che non abbia gli altri due.», Santos s'interruppe spaventato al sol pensiero.

«Sarebbe la fine e in quel caso niente e nessuno potrà più fermare la terribile avanzata di Marmorn.», terminò fissando il cielo ormai schiaritosi illuminato dai primi raggi rossastri del sole.

Gabriel non riuscì bene a capacitarsi di tutte le informazioni ricevute in poco tempo, ma una cosa era certa, avrebbe aiutato a tutti i costi l'amico nell'impresa. Non tanto per lui, ma per tutti i pianeti della Grande Costellazione e non solo. Sapeva che sarebbe stato difficile e pericoloso ma non poteva tirarsi indietro.

L'urano sapeva bene quale sarebbe stato il suo compito, addestrare Zeno nell'uso delle armi e nel combattimento corpo a corpo. Santos si sarebbe occupato della meditazione e dell'autocontrollo. Gabriel, però, aveva ancora inciso nella mente lo sguardo carico d'odio del giovane poco prima che venisse bloccato dall'astro. Aveva paura e non poca. Non era da lui, ma non poteva mollare.

Jack era ancora lì, immobile. Santos prese il proprio mantello e lo coprì.

«Ho bisogno di riposare, ho sprecato molte energie per imprigionarlo nella sfera. Qualche ora mi risanerà. Ripartiamo prima di mezzogiorno», terminò poggiando la schiena contro l'enorme tronco alle sue spalle.

Gabriel acconsentì con un cenno del capo ma, a differenza dell'amico, per quanto anche lui fosse stanco, non riuscì subito a prendere sonno. Lo sguardo indemoniato di Zeno, ben fisso nei suoi pensieri.

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Yaş sınırı:
18+
Litres'teki yayın tarihi:
21 ağustos 2020
Hacim:
570 s. 1 illüstrasyon
ISBN:
9788893985468
Telif hakkı:
Tektime S.r.l.s.
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