Kitabı oku: «Un’Impresa da Eroi», sayfa 9
CAPITOLO DODICI
Gareth si trovava nell’affollata piazza del mercato, indossava un mantello – nonostante il sole di mezzogiorno lo facesse sudare – nel tentativo di mantenere l’anonimato. Cercava sempre di evitare quella parte della Corte del Re, quei viali gremiti di gente che puzzavano di essere umani e gente comune. Ovunque attorno a lui c’erano persone che contrattavano, mercanteggiavano e tentavano l’uno di avere la meglio sull’altro. Gareth era ad una bancarella d’angolo, a testa bassa, e faceva finata di essere interessato alla frutta di un venditore. A pochi passi da lui c’era Firth, in fiondo a un vicolo buio, a fare ciò per cui si erano condotti lì.
Gareth era in piedi, a portata d’orecchio per la conversazione, e gli dava la schiena così da non essere visto. Firth gli aveva detto di un uomo, un mercenario, che gli avrebbe venduto una fiala di veleno. Gareth voleva qualcosa di forte, qualcosa che andasse a segno senza dubbio. Non c’erano seconde possibilità. Del resto c’era in ballo la sua stessa vita.
Non era certo il genere di cose che avrebbe potuto chiedere al farmacista locale. Aveva assegnato a Firth quel compito, e questi gli aveva riportato i risultati dopo aver indagato nel mercato nero. Dopo diverse indicazioni, Firth l’aveva condotto da questo personaggio sciatto, con il quale stava ora parlando furtivamente in fondo al vicolo. Gareth aveva insistito per andare con lui per questa transazione finale, per assicurarsi che tutto filasse liscio e per essere certo di non essere truffato e ricevere una falsa pozione. Inoltre non era ancora certo della competenza di Firth. Per certe questioni doveva ancora fare affidamento su se stesso.
Avevano aspettato quest’uomo per mezzora, con Gareth che veniva spintonato nell’affollato mercato, pregando di non essere riconosciuto. Anche se lo avessero visto, pensò continuando a dare le spalle al vicolo, se qualcuno avesse capito chi era, avrebbe potuto semplicemente andarsene e nessuno avrebbe fatto alcun collegamento.
“Dov’è la fiala?” chiese Firth al poco di buono, appena qualche piede più in là.
Gareth si voltò appena un po’, giusto per non essere notato, e sbirciò da sotto il suo mantello. Lì, di fronte a Firth, stava un uomo dall’aspetto malvagio, trasandato, estremamente magro, con guance scavate e grandi occhi neri. Assomigliava in un certo senso a un ratto. Guardava fisso Firth, senza battere ciglio.
“Dove sono i soldi?” rispose.
Gareth sperava che Firth avrebbe contrattato bene: di solito era capace di incasinare le cose, in un modo o nell’altro.
“Avrai i soldi quando mi darai la fiala,” gli tenne testa Firth.
Bene, pensò Gareth, colpito.
Vi fu un lungo momento di silenzio, poi:
“Dammi la metà dei soldi ora e ti dirò dove si trova la fiala.”
“Dov’è?” gli fece eco Firth, con voce sorpresa. “Hai detto che l’avrei avuta.”
“Ho detto che l’avresti avuta, appunto. Non ho detto che l’avrei portata. Mi prendi per un deficiente? Ci sono spie ovunque. Non cosa tu abbia intenzione di fare, ma immagino non sia una sciocchezza. Del resto, perché comprare una fiala di veleno altrimenti?”
Firth fece una pausa e Gareth capì che era stato preso alla sprovvista.
Alla fine, Gareth udì il rumore preciso di monete che tintinnavano, e sbirciò per vedere il denaro regio che scivolava dalla sacca di Firth alla mano dell’uomo.
Gareth aspettò, lunghi interminabili secondi, sempre più preoccupato di essere stato ingannato.
“Prendi la strada per Bosconero,” rispose infine l’uomo. “Al terzo miglio, al bivio prendi il sentiero che porta in cima alla collina. Lassù la strada si biforca ancora: tu tieni la sinistra. Ti addentrerai nel bosco più buio che tu abbia mai visto e arriverai poi ad una radura. La casa della strega. Lei ti starà aspettando, con il veleno che desideri.”
Gareth sbirciò da sotto il cappuccio, e vide che Firth si apprestava ad andarsene. In quell’istante l’uomo allungò una mano e lo afferrò con forza alla camicia.
“Il denaro, ringhiò l’uomo. Questo non basta.”
Gareth poté vedere la paura sul volto di Firth, e si pentì di avergli affidato quel compito. Quel tizio sciatto doveva aver colto la sua paura e ora cercava di trarne vantaggio. Firth non era proprio tagliato per questo genere di cose.
“Ma ti ho dato esattamente quello che hai chiesto,” protestò Firth, con voce troppo acuta. Suonava quasi effeminato. E questo sembrò dare maggior sicurezza all’uomo.
Ghignò, con aria malvagia.
“Ma ora ne voglio di più.”
Gli occhi di Firth si spalancarono per la paura e l’incertezza. Poi, improvvisamente, Firth si voltò a guardare dritto verso Gareth.
Gareth si girò dall’altra parte, sperando che non fosse troppo tardi, sperando di non essere scoperto. Come poteva Firth essere così stupido. Pregò di non essersi tradito.
Il cuore di Gareth gli martellava nel petto nell’attesa. Ansiosamente additava la frutta, fingendo di essere interessato. Il silenzio alle sue spalle fu interminabile e Gareth ebbe la sensazione che tutto potesse andare storto.
Ti prego, fa che non venga da questa parte, pregava Gareth fra sé e sé. Per favore. Farò qualsiasi cosa. Lascerò perdere il complotto.
Sentì una rozza manata sulla schiena. Si voltò a guardare.
I grandi occhi neri e privi di sentimento dell’uomo erano fissi nei suoi.
“Non mi avevi detto che avevi un complice,” ringhiò l’uomo. “O sei forse una spia?”
L’uomo allungò una mano prima che Gareth potesse reagire, e tirò giù il suo cappuccio. Diede una bella occhiata al volto di Gareth e sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Il Principe”, balbettò l’uomo. “Cosa ci fate qui?”
Un attimo dopo l’uomo socchiuse gli occhi e si rispose da solo, con un piccolo soddisfatto sorriso, mettendo insieme in un momento tutti i pezzi del complotto. Era molto più furbo di quanto Gareth sperasse.
“Capisco,” disse l’uomo. “Questa fiala era per te, vero? Hai intenzione di avvelenare qualcuno, giusto? Ma chi? Sì, è questo il problema.”
Il volto di Gareth arrossì per l’ansia. Quell’uomo era troppo svelto. Era troppo tardi. Tutto il suo mondo si stava disfacendo attorno a lui. Firth aveva rovinato tutto. Se quell’uomo lo avesse tradito, Gareth sarebbe stato condannato a morte.
“Tuo padre, forse?” gli chiese, con gli occhi che brillavano di certezza. “Sì, deve essere lui, vero? Sei stato scavalcato. Tuo padre. Vuoi uccidere tuo padre.”
Gareth ne aveva avuto abbastanza. Senza esitare fece un passo avanti, estrasse un piccolo pugnale da sotto il mantello e lo conficcò nel petto dell’uomo. Questi ebbe un sussulto.
Gareth non voleva che qualche passante vedesse la scena, quindi lo afferrò per la tunica e lo tirò vicino a sé, molto vicino, fino a che le loro facce quasi si toccarono, fino a che poté sentire il suo alito marcio. Allungò la mano libera e la portò alla bocca dell’uomo per farlo tacere, prima che questi potesse gridare. Gareth sentiva il sangue caldo dell’uomo che gli gocciolava sul palmo della mano, scorrendogli tra le dita.
Firth giunse accanto a lui e si lasciò sfuggire un grido di orrore.
Gareth tenne l’uomo lì, a quel modo, per sessanta secondi buoni, fino a che lo sentì finalmente accasciarsi tra le sue braccia. Lo lasciò cadere a terra, molle, a formare un mucchio.
Gareth si guardò tutt’attorno, chiedendosi se qualcuno l’avesse visto. Fortunatamente nessuna testa si voltò dall’affollato mercato a guardare in quel vicolo buio. Si tolse il mantello e lo gettò sopra quel fagotto senza vita.
“Mi spiace, mi spiace, mi spiace,” continuava a ripetere Firth, come una ragazzina, piangendo istericamente e tremando mentre si avvicinava a Gareth. “Stai bene? Stai bene?”
Gareth allungò un braccio e lo colpì con un manrovescio.
“Chiudi quella bocca e vattene da qui,” sibilò.
Firth si voltò e corse via in fretta.
Gareth si apprestò ad andarsene, ma poi si fermò e si voltò. Gli era rimasta una cosa da fare: si chinò, afferrò la sua borsa di monete dalla mano del morto, e se la riallacciò alla vita.
Quell’uomo certo non ne aveva più bisogno.
CAPITOLO TREDICI
Gareth camminava di buona lena lungo la via per la foresta, Firth accanto a lui, il cappuccio in testa nonostante il caldo. Non riusciva a capacitarsi di ritrovarsi esattamente nella situazione che aveva voluto evitare. Ora c’era un corpo morto, una traccia. Chissà con chi poteva aver parlato quell’uomo. Firth avrebbe dovuto essere pùi accorto nel contrattare con quell’individuo. Ora quell’indizio avrebbe potuto condurre diritto a Gareth.
“Mi dispiace,” disse Firth, allungando il passo per cercare di rimanergli accanto.
Gareth lo ignorò, accelerando e ribollendo di rabbia.
“Ciò che hai fatto è stato stupido e debole,” disse Gareth. “Non avresti mai dovuto guardare dalla mia parte.”
“Non era mia intenzione. Non sapevo cosa fare quando mi ha chiesto più denaro.”
Firth aveva ragione: si era trovato in una situazione complicata. Quell’uomo era un porco avido ed egoista, che aveva cambiato le regole del gioco e meritava quindi di morire. Gareth non versò una sola lacrima su di lui. Pregava solo che nessuno fosse stato testimone dell’omicidio. Un processo era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. L’assassinio di suo padre avrebbe scatenato un esame tremendamente minuzioso della situazione, e lui non poteva permettersi di lasciare dietro sé la benché minima scia di indizi.
Almeno ora si trovavano in Bosconero. Nonostante il sole estivo lì era quasi buio, con gli alti alberi di eucalipto che non permettevano neanche al minimo raggio di luce di trapelare. Combaciava con il suo umore. Gareth odiava quel posto. Continuò a camminare lungo il sentiero tortuoso, seguendo le indicazioni dell’uomo. Sperava che avesse detto la verità e non li stesse invece conducendo fuori rotta. Poteva essere tutta una frottola. O poteva essere una trappola, con un qualche suo complice che li attendeva per derubarli di altro denaro.
Gareth si rimproverò. Aveva riposto troppa fiducia in Firth. Avrebbe dovuto occuparsi di questa cosa da solo. Come sempre.
“Farai meglio a sperare che questo sentiero ci conduca dalla strega,” disse Gareth, “e che lei abbia il veleno.”
Continuarono, sentiero dopo sentiero, fino a che giunsero ad un bivio, proprio come aveva detto l’uomo. La cosa era di buon auspicio e Gareth si sentì un poco rincuorato. Tennero la destra, risalirono una collina e giunsero presto ad un'altra biforcazione. Le indicazioni erano corrette e di fronte a loro c’era effettivamente la macchia di bosco più buia che Gareth avesse mai visto. Gli alberi erano incredibilmente fitti e intricati.
Gareth entrò nel bosco e avvertì un’improvvisa sensazione di freddo lungo la spina dorsale: poteva sentire l’aria pregna di malvagità. Era difficile credere che fosse ancora giorno.
Proprio mentre iniziava ad avere paura e a pensare di tornare indietro, il sentiero terminò davanti a lui, aprendosi in una piccola radura. Era illuminata da un unico raggio di luce che trapelava attraverso il fitto degli alberi. Al centro si trovava una piccola casa di pietra. La casa della strega.
Il cuore di Gareth iniziò a battere più forte. Avanzò nella radura guardandosi attorno per accertarsi che nessuno stesse guardando, per accertarsi che non fosse una trappola.
“Vedi, diceva la verità,” disse Firth con voce piena di trepidazione.
“Non vuol dire niente,” rispose Gareth. “Resta fuori e fai la guardia. Se qualcuno si avvicina, bussa. E tieni la bocca chiusa.”
Gareth non si curò di bussare alla piccola porta di legno a forma d’arco che gli stava di fronte. Afferrò invece la maniglia di ferro, spinse la spessa porta aprendola, ed abbassò la testa per entrare e poi richiudersi la porta alle spalle.
Dentro era buio, la poca luce proveniva da candele disseminate per la stanza. Era una casa con una stanza sola, priva di finestre, avvolta da una potente energia. Esitò, soffocato da quel silenzio impenetrabile, pronto ad affrontare qualsiasi cosa. Poteva percepire la presenza del male là dentro. Gli si accapponò la pelle.
Fra le ombre scorse un movimento, poi un rumore.
Una vecchia zoppicante comparve davanti a lui, gobba e con la pelle raggrinzita. Sollevò una candela, che le illuminò il volto ricoperto di rughe e verruche. Aveva un aspetto decrepito, più vecchio ancora degli alberi nodosi che ricoprivano la sua casa.
“Indossi un cappuccio, anche nell’oscurità,” disse con un sorriso sinistro e una voce che assomigliava a legno scricchiolante. “Non hai una missione innocente.”
“Sono venuto qui per una fiala,” disse Gareth velocemente, cercando di apparire coraggioso e sicuro di sé, ma risuonando invece tremolante nella voce. “Radice di Sheldrake. Mi hanno detto che tu ce l’hai.”
Vi fu un lungo silenzio, seguito da una risata spaventosa che risuonò nella piccola stanza.
“Il problema non è se ce l’ho o meno. Il problema è perché la vuoi?”
Il cuore di Gareth batteva forte mentre cercava di formulare una risposta.
“Perché dovrebbe interessarti? chiese infine.
“Mi diverte sapere chi hai intenzione di uccidere,” disse.
“Non sono affari tuoi. Ho portato dei soldi per te.”
Gareth allungò la mano verso la sua cintura, prese la borsa dell’oro, oltre a quella che aveva dato all’uomo, e le sabtté entrambe sul piccolo tavolo di legno. Il suono metallico delle monete risuonò nella stanza.
Pregò che quel gesto la rabbonisse, che gli desse ciò che voleva così che lui potesse andarsene da quel luogo.
La strega allungò solo un dito, con una lunga unghia ricurva, e raccolse una delle borse, ispezionandola. Gareth trattenne il fiato, sperando che non chiedesse altro.
“Questo basta appena per comprare il mio silenzio,” disse.
Si girò e tornò nell’oscurità zoppicando. Si udì un sibilo, e dietro alla candela Gareth poté scorgerla mentre mescolava del liquido in una piccola fiala di vetro. La sostanza ribollì oltre il bordo e lei chiuse l’ampolla con una tappo. Sembrava che il tempo scorresse lentissimo nell’attesa, e Gareth era sempre più impaziente. Un milione di preoccupazioni si dibattevano nella sua mente: e se fosse stato scoperto? Proprio lì, proprio in quel momento? E sei gli avesse dato la fiala sbagliata? E se lei avesse raccontato di lui a qualcuno? Lo aveva riconosciuto? Chi poteva dirlo.
I dubbi di Gareth erano sempre di più, riguardo all’intera faccenda. Non aveva idea di quanto difficile potesse essere assassinare qualcuno.
Dopo quello che sembrò un silenzio interminabile, la strega tornò. Gli porse la fiala, talmente piccola che quasi scomparve nel palmo di Gareth.
“Una fiala così piccola?” chiese. “Basta questa per fare effetto?”
La strega sorrise.
“È sorprendente quanto poco ci voglia per uccidere un uomo.”
Gareth si voltò e iniziò a dirigersi verso la porta, quando all’improvviso avvertì una mano fredda sulla spalla. Non aveva idea di come la vecchia avesse potuto attraversare la stanza così velocemente, e ne fu terrorizzato. Rimase immobile, con la paura di girarsi a guardarla.
Lei lo fece voltare, si chinò verso di lui – un odore orribile proveniva da lei – poi improvvisamente allungò entrambe le mani, gli afferrò le guance e lo baciò, premendo forte le sue labbra raggrinzite contro quelle di Gareth.
Gareth era disgustato. Era la cosa più rivoltante che gli fosse mai capitata. Le labbra della vecchia erano come quelle di una lucertola, la sua lingua, che lei premette contro quella di Gareth, assomigliava a quella di un serpente. Gareth tentò di spingerla via, ma lei teneva ben salda la sua testa, stringendolo ancora più forte.
Alla fine lui riuscì a staccarsi con un colpo secco. Si asciugò la bocca con il dorso della mano, mentre lei si tirava indietro, sogghignando.
“Uccidere un uomo la prima volta è la cosa più difficile,” disse. “Sarà molto più facile la prossima volta.”
*
Gareth corse fuori dalla casa, di nuovo nella radura e trovò lì Firth ad attenderlo.
“Cosa c’è che non va? Che è successo?” chiese Firth, preoccupato. “Sembra che ti abbiano pugnalato. Ti ha fatto del male?”
Gareth esitò, respirando a fatica, continuando a strofinarsi la bocca. Non sapeva proprio come rispondere.
“Andiamocene da questo posto,” disse. “Subito!”
Appena iniziarono a muoversi, diretti verso il limitare della radura per immettersi nuovamente all’interno di Bosconero, il sole fu improvvisamente oscurato da nuvole che si addensavano nel cielo, rendendo il giorno freddo e buio. Gareth non aveva mai visto nuvole talmente spesse e nere apparire così all’istante. Sapeva che qualsiasi cosa stesse succedendo non era normale. Si preoccupò di quanto potessero essere forti i poteri di quella strega quando, in una giornata d’estate come quella, un vento freddo giunse a soffiargli sulla nuca. Non poté fare a meno di pensare che lei si fosse in qualche modo impadronita di lui con quel bacio, scagliando su di lui una qualche sorta di sortilegio.
“Cos’è successo là dentro?” insistette Firth.
“Non ho voglia di parlarne,” disse Gareth. “Non voglio pensare a questa giornata. Mai più.”
I due si affrettarono ripercorrendo il sentiero, giù dalla collina, e presto si ritrovarono nel sentiero principale della foresta, che conduceva verso la Corte del Re. Proprio mentre Gareth iniziava a sentirsi più tranquillo, pronto a gettare tutta quella faccenda nel dimenticatoio, all’improvviso sentì il rumore di altri passi. Si voltò e vide un gruppo di uomini che camminavano verso di loro. Non poteva crederci.
Suo fratello. Godfrey. L’ubriacone. Avanzava verso di loro, ridendo, accompagnato dal perfido Harry e da altri due amici malviventi. Fra tutti i momenti e tutti i luoghi, doveva imbattersi in suo fratello proprio lì. Nei boschi, in mezzo al niente. Gareth si sentì come se il suo intero complotto fosse maledetto.
Gareth si girò, tirò il cappuccio a coprirgli il volto ancor di più, e iniziò a camminare al doppio della velocità, pregando di non essere stato scoperto.
“Gareth?” chiamò una voce.
Gareth non aveva scelta. Rimase pietrificato, tirò giù il cappuccio e si voltò a guardare suo fratello, che veniva verso di lui ondeggiando gioiosamente.
“Cosa ci fai qui?” chiese Godfrey.
Gareth aprì la bocca, ma subito la richiuse, insicuro e senza parole.
“Stiamo facendo un giro,” rispose Firth, in suo soccorso.
“Un giro, davvero?” disse in tono derisorio uno degli amici di Godfrey, con voce acuta e femminile. Anche gli altri si misero a ridere. Gareth sapeva che suo fratello ed i suoi amici lo giudicavano per la sua inclinazione, ma in quel momento era la sua ultima preoccupazione. Aveva solo bisogno di cambiare argomento. Non voleva che si facessero troppe domande su cosa lui stesse facendo lì.
“Cosa ci fa tu qui?” chiese Gareth, invertendo le carte in tavola.
“Hanno aperto una nuova taverna al Bosco del Sud,” rispose Godfrey. “Siamo appena stati a provarla. La miglior birra del regno. Ne vuoi un po’?” chiese, sollevando un barilotto.
Gareth scosse la testa velocemente. Sapeva che doveva distrarlo, e pensò che il modo migliore fosse cambiare argomento, magari rimproverandolo.
“Nostro padre sarebbe furioso se ti scoprisse a bere durante il giorno,” disse Gareth. “Ti consiglio di mettere giù quella roba e tornare a corte.”
Funzionò. Godfrey gli lanciò un’occhiata torva e fu subito chiaro che non stava più pensando a Gareth, ma a se stesso e a loro padre.
“E da quando tu ti preoccuperesti dei bisogni di nostro padre?” ribatté.
Gareth ne aveva avuto abbastanza. Non aveva tempo da perdere con un alcolizzato. Aveva ottenuto quello che voleva – distrarlo – e ora, magari, non avrebbe pensato con particolare intensità al motivo per cui l’aveva incontrato lì.
Gareth si voltò e si affrettò lungo il sentiero, sentendo le loro risa di scherno alle sue spalle mentre camminava. Non gliene fregava più nulla. Presto l’ultima risata sarebbe toccata a lui.