Kitabı oku: «Rapporto della BEI sugli investimenti 2020/2021 - Risultati principali», sayfa 3

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Il binomio verde-digitale: come si posiziona l’Europa?

Da un lato le tecnologie digitali saranno fondamentali per la transizione climatica, dall’altro i processi di digitalizzazione e decarbonizzazione avranno bisogno dell’innovazione per trovare un punto di incontro. Esempi di tecnologie digitali abilitanti sono la mobilità urbana intelligente e le reti intelligenti, l’agricoltura di precisione, le catene di approvvigionamento sostenibili e il monitoraggio ambientale. L’incremento del lavoro da remoto nei mesi della pandemia è la prova di come i processi economici e i prodotti possano sempre più spesso essere dematerializzati. L’innovazione che sfrutta le tecnologie digitali per trasformare i processi in senso più ecologico ha un’importanza strategica particolarmente elevata in un’ottica futura, tanto in termini di sostenibilità quanto di competitività.

L’Europa è leader mondiale dell’innovazione verde e la sua leadership è ancora più marcata quando si tratta di innovazione sia verde che digitale nonostante il primato degli Stati Uniti in molti settori digitali. Secondo i dati più recenti, nell’ambito delle tecnologie verdi l’Europa ha registrato il 50% di brevetti in più rispetto agli Stati Uniti, e lo stacco è ancora maggiore rispetto a Giappone e Cina. Se si guarda poi ai brevetti che combinano tecnologie verdi e digitali, l’Europa ha ben il 76% di registrazioni in più rispetto agli Stati Uniti e quattro volte tanto quelle della Cina. Analogamente, se è vero che a livello mondiale le società leader nell’innovazione digitale sono per lo più americane, con una potenziale concorrenza cinese, i principali innovatori nell’ambito delle tecnologie verdi e di quelle che abbinano elementi sia verdi che digitali sono tendenzialmente europei, seguiti dai giapponesi.

Le imprese europee superano quelle degli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti verdi e l’adozione del digitale da parte delle imprese che operano in un’ottica «verde». Rispetto a quelle degli Stati Uniti, le imprese europee sono tendenzialmente in ritardo nell’adozione di tecnologie digitali, ma si mostrano più propense ad investire in misure di mitigazione dei cambiamenti climatici o di adattamento agli stessi. Anche la percentuale di imprese che effettuano investimenti verdi e che nel contempo adottano tecnologie digitali è leggermente più alta in Europa (32% contro il 28% degli Stati Uniti).

Assumere la leadership dell’innovazione nel campo delle tecnologie verdi abbinate a quelle digitali fin dalle prime fasi può portare a beneficiare di un potenziale effetto «il vincitore prende tutto». Lo sviluppo delle tecnologie verdi è tuttora fonte di grandi opportunità. Le imprese che hanno introdotto innovazioni in questo senso vedono la transizione climatica come un elemento di ulteriore dinamismo per i mercati, i quali saranno forse caratterizzati da un aumento del numero di concorrenti ma non necessariamente da una perdita di vantaggio competitivo per le imprese stesse. Inoltre, le imprese che innovano in senso sia verde che digitale sono anche quelle che più spesso beneficiano di un contesto operativo più ampio e internazionale. Se le innovazioni verdi e digitali possono contare su mercati di sbocco così estesi, anche il ritorno economico sarà notevole, con un potenziale sviluppo di dinamiche del tipo «il vincitore prende tutto» a vantaggio dell’Europa.


Fonte: i calcoli degli autori si basano sui dati PATSTAT (Worldwide PATent STATistical Database) e del consorzio belga ECOOM (Centro per il monitoraggio della ricerca e dello sviluppo).

Tuttavia la leadership europea nell’innovazione verde/digitale non è indiscussa. Se si guarda al numero di brevetti citati da altri innovatori, il portafoglio di innovazioni verdi/digitali registrate dall’Europa mostra un impatto maggiore rispetto a tutte le altre macroaree. Eppure per quanto riguarda i brevetti presi singolarmente l’impatto più rilevante è ancora quello degli Stati Uniti. La debolezza relativa dell’Europa a livello di innovazione digitale in generale e la sua dipendenza da innovazioni digitali di provenienza straniera costituiscono potenziali elementi di rischio per il suddetto primato. Va tuttavia rilevato che uno dei principali punti di forza dell’Europa è il settore dei trasporti in quanto segmento di attività in cui il continente eccelle non solo in riferimento all’innovazione verde o verde/digitale, ma anche per quanto concerne l’innovazione digitale in generale.

Grafico comparativo UE-USA sulla prevalenza di imprese digitali e verdi (%)


Fonte: EIBIS 2020.

Nota: per le definizioni dei vari profili di impresa cfr. Capitolo 8, Figura 37 del Rapporto sugli investimenti 2020/2021 (versione integrale).

Imprese che innovano sotto il profilo ambientale – Percezione dell’impatto della transizione climatica sui rispettivi mercati (% di imprese)


Fonte: Indagine online della BEI sulle innovazioni in campo ambientale (2020).

Nota: sulla base della domanda «Guardando ai prossimi cinque anni, ritiene che la transizione verso un’economia a zero emissioni possa comportare uno dei seguenti effetti per la vostra impresa?»

Come si è trasformata la scena economica a seguito dell’epidemia di COVID-19?

Gli effetti della pandemia hanno iniziato a farsi sentire in un momento in cui gli investimenti, dopo aver fatto registrare livelli elevati in gran parte dell’Europa, avevano improvvisamente iniziato a diminuire. Per il 2019 il dato aggregato sugli investimenti nell’Unione europea ha evidenziato un aumento del 3% rispetto all’anno precedente, superando così la crescita del PIL reale. Alla fine del 2019 tutte le regioni d’Europa, ad eccezione dell’area meridionale, mostravano un tasso di investimento superiore alla media a lungo termine. Ma l’inasprimento delle controversie commerciali internazionali e l’indebolimento del commercio mondiale iniziavano a porre un freno alla crescita. Alla vigilia dello scoppio dell’epidemia iniziava a salire la preoccupazione per la situazione di stallo delle economie a vocazione commerciale, in particolare quella della Germania.

Investimenti fissi lordi reali e relativo contributo per tipologia di attivi nell’UE (variazione percentuale rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)


Fonte: conti nazionali sulla base dei dati Eurostat e OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici); elaborazioni degli esperti della BEI.

A metà marzo lo scoppio dell’epidemia in Europa ha immediatamente avuto gravi ripercussioni sugli investimenti.

Il livello di spesa ha subito una repentina contrazione, al pari di altre attività economiche, come conseguenza diretta delle restrizioni imposte dal lockdown. Gli effetti sono stati particolarmente rilevanti per il secondo trimestre del 2020, che ha fatto registrare un calo degli investimenti del 19% rispetto all’anno precedente. Durante l’estate, infatti, gran parte delle restrizioni sono state temporaneamente rimosse.

Gli indicatori del clima economico hanno mostrato un deciso peggioramento con previsioni pessimistiche per il 2021 da parte delle imprese. Già nel 2019 le imprese avevano evidenziato una tendenza al pessimismo in relazione al clima economico, e l’arrivo della pandemia ha decisamente peggiorato la loro percezione. La negatività coinvolge ormai anche le aspettative generali in merito alle prospettive di business dei singoli settori nonché alla disponibilità di finanziamenti interni ed esterni.

L’incertezza sul futuro è aumentata arrivando a costituire un forte deterrente per gli investimenti. Gli indicatori di incertezza hanno subito un’impennata all’inizio della pandemia. Sebbene il deciso sostegno della politica economica dell’Europa abbia avuto effetti positivi sui timori a breve termine, permane un elevato livello di incertezza sul futuro decorso della pandemia e sulla conseguente crisi economica. Non stupisce pertanto che, al momento, l’incertezza rappresenti il principale ostacolo agli investimenti, come dimostra il fatto che sia stata citata dall’81% degli intervistati nell’ambito dell’Indagine EIBIS.

Le imprese dell’UE hanno rivisto al ribasso i propri piani di investimento a breve termine adottando un atteggiamento attendista. Con una drastica inversione di tendenza rispetto al relativo ottimismo registrato negli ultimi anni, sono circa il 45% le imprese che si attendono una riduzione degli investimenti per il 2021, e solo il 6% quelle che invece prevedono un incremento in tal senso. Metà delle imprese che hanno optato per una riduzione dei propri investimenti a seguito della pandemia ha dichiarato di volerli posticipare, mentre un ulteriore 40% intende modificare o ridimensionare i propri piani.

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