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Kitabı oku: «Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I», sayfa 17

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CAPITOLO III

S'era adunato al bando della guerra sacra il fior de' guerrieri musulmani dell'Affrica: Arabi, Berberi, soprattutto della tribù di Howâra,432 rifuggiti Spagnuoli e il giund, frequentissimo di Persiani del Khorassân;433 e tra tutti notavansi molti uomini di dottrina e di consiglio.434 Sommò lo esercito a settecento cavalli e diecimila fanti; il navilio a settanta o secondo altri cento barche, senza noverarvi l'armatetta d'Eufemio.435 Sciolsero dal porto di Susa436 il quindici di rebi' primo dell'anno dugentododici dell'egira,437 che torna al tredici giugno ottocentoventisette; e drizzandosi alla più vicina punta della Sicilia, posero a terra le prime navi, il sedici giugno, a Mazara, ov'Eufemio avea partigiani, o volle schivare il Lilibeo come città assai munita. Ased, fatti sbarcare immantinente i cavalli, soprastette tre dì, attendendo forse il rimanente delle navi; nè fu sturbato, se non che capitò una torma di cavalli degli aderenti di Eufemio; i quali il cadi fece pigliare e rilasciolli poichè li ebbe conosciuto.438 Pur non fidandosi di Eufemio, quando fu ora di venire alle mani, chiamatolo a sè, gli dicea breve: non aver mestieri di ausiliarii; si mettesse in disparte con le sue genti; ma pigliassero una divisa per distinguersi da' nemici, perchè i Musulmani per errore non li offendessero. E così furono costretti a fare. Un ramoscello di pianta salvatica, messo per fregio all'elmetto,439 notò cotesti sventurati che non avean più amici nè patria, nè altra bandiera che della privata vendetta: messi per primo supplizio a guardare con la braccia incrocicchiate il successo della battaglia.

Decisiva la battaglia che sovrastava; poichè trovandosi i Musulmani su la costiera, e avendoli aspettato lungamente il Palata, e ragunato tutte le forze dell'isola, delle due cose dovea seguir l'una, o ch'ei li rituffasse in mare, o che sconfitto da loro lasciasse l'isola senza difese. Capitanava cencinquanta mila uomini, dicono certi cronisti musulmani, per non restar di sotto agli scrittori cristiani che lor n'han fatto uccidere trecentomila da Carlo Martello a Tours: pur senza dubbio l'oste siciliana avanzava molto di numero quella di Ased.440 Saputo che il Palata si fosse venuto a porre in una pianura che prese il nome da lui441 il cadi usciva in ordinanza da Mazara442 il quindici luglio443 e schierò l'oste musulmana a fronte alla greca. Aspettò, secondo il costume degli Arabi,444 la carica de' nemici: tutto solo innanzi le file tenendo in alto il pennon del comando, ripetea sottovoce il capitolo Ja-Sin, il cuor del Corano, come lo chiamò Maometto, lugubre preghiera che suolsi recitare ai moribondi. Così tre secoli appresso stava il gran Saladino nei campi di Siria all'appiccar della zuffa. Ma a vedere un uomo incanutito su i libri e nel fôro incontrar sì securo le lance bizantine, dovea parer miracolo ai guerrieri affricani. Mentre ci tremava il cuore in petto, scrive un di loro per nome Ibn-abi-'l-Fadhl, mentre ci tremava il cuore per Ased, ei fornì tutta la sua prece, e a un tratto volgendosi a noi: “Son questi,” disse, “i medesimi Barbari della costiera d'Affrica; i vostri schiavi! Non li temete, o Musulmani!” E sparve il campo di mezzo: e Ased trovossi avvolto il primo tra gli squadroni nemici. N'uscì tutto intriso del sangue che gli scorrea per l'asta della lancia, lungo il braccio e infino all'ascella, afferma il narratore maravigliato dalla fierezza del vecchio cadi.445 Di quella degli altri, ch'era virtù comune tra gli Arabi, non ne fa motto alcun dei cronisti; e descrivono questa giornata, come cento e cento altre, tutti con una diceria: che aspra fu la mischia; che Dio dissipò i nemici; che grandissima preda fecero i Musulmani, di cavalli, ricchezze, bagaglio; che menarono strage degli Infedeli. Il Palata rifuggissi a Castrogiovanni, ove, non tenendosi sicuro, passò in Calabria, e fu morto.446 Donde si vede che la sconfitta, com'avviene sempre quando il popolo diffidi dei governanti, produsse incontanente nuove turbolenze tra le soldatesche e nelle città: ma nulla v'approdò la parte d'Eufemio, che si era infamata chiamando i Musulmani.

Il vincitore intanto tirava a dirittura vêr la capitale. Lasciato presidio a Mazara sotto un Abu-Zeki della tribù di Kinâna, e occupate varie altre castella che assicurassero la linea d'operazione dell'esercito, Ased ratto percorse la strada romana della costiera meridionale, com'ei pare, fino alla foce del Salso o poc'oltre; donde poi pigliò la via dei monti che mena a Siracusa per Biscari, Chiaramonte e Palazzolo, l'antica Acri.447 Quanti Siciliani non perdettero l'animo al primo disastro, avean raccolto ad Acri, credo io,448 le poche armi che rimaneano nell'isola; e speravano, tra la fortezza del luogo e l'astuzia, intrattenere l'esercito musulmano, tanto che si munisse Siracusa. Però, appressandosi Ased, vennero a trovarlo oratori, dei primarii del paese, con lor fole di accordo: che sottometterebbersi e pagherebbero la gezîa, purch'egli non andasse oltre. E Ased, raggirato, al dir dei cronisti arabi, soprastette alquanti dì,449 e riscuotè una prima taglia di cinquantamila soldi d'oro, che tornano a un di presso, in valor del metallo, a settecento mila lire nostrali.450 Forse il cadi volle anch'egli apparecchiarsi allo assedio di Siracusa, più arduo assai che non gli era paruto da lungi: volle aspettare l'armata; riordinare lo esercito, impedito dal bottino e dai prigioni, assottigliato dai presidii che avea lasciato qua e là nella lunga via, e dai predoni vaganti senza comando. Ma quand'ei vide che la dimora giovava al nemico più che a lui; quando seppe che facean diligenza ad afforzare Siracusa e le altre castella, e ridurvi i tesori delle chiese, le vettovaglie, e ogni roba di maggior pregio delle terre aperte; quando ebbe sentor delle pratiche d'Eufermio, il quale sottomano confortava i cittadini a tener fermo e combattere valorosamente per la patria; e quando i Siracusani si cominciarono a scoprire ricusando il rimanente del denaro pattuito, il condottier musulmano non differì a disdire la tregua. Sparse le gualdane per ogni luogo; sforzò o schivò la fortezza d'Acri; e col novello terrore delle stragi, delle depredazioni e de' guasti del contado, piombò sopra Siracusa.

E alla prima occupava, dice Ibn-el-Athîr, certe enormi spelonche intorno la città:451 al certo le latomie di Paradiso, Santa Venera, Navanteri, Cappuccini, che giacciono a distanze disuguali, in una linea spezzata di più di un miglio, al confine meridionale dei quartieri di Neapoli e Acradina, distrutti tanti secoli innanzi. Tra le latomie e l'istmo giacea nel nono secolo un quartiere,452 murato senza meno dalla parte di terra dall'uno all'altro porto; sì che doveva opporre ai Musulmani una vasta linea di fortificazioni. Pertanto Ased, non potendo altrimenti investir la città, senza macchine, senza grossi navigli, senz'altro che otto o novemila uomini, si accampò nelle latomie, raccolto e minaccioso; fece accostare l'armata che chiudesse alla meglio i due porti; diè qualche sanguinoso assalto; bruciò navi ai nemici; fece prova a stringer la città per terra e per mare; e s'affrettò a chiedere rinforzi d'Affrica.453 Perchè la fame cominciava a travagliare il campo, più che la città; sendo ridotte in questa le vittuaglie del contado; nè potendo i Musulmani troppo allargarsi a depredare. Vennero a tale penuria, che si cibaron di cavalli, ed i soldati un dì s'abbottinarono. Scelsero ad oratore un Ibn-Kâdim,454 il quale fattosi innanzi ad Ased richiedealo di levare l'assedio, e tornarsene in Affrica; dicendo avere l'esercito più cara la vita di un sol Musulmano che tutti i beni della Cristianità. Al quale il capitano brusco rispondea: “Non son io quegli che farà tornare addietro i Musulmani usciti alla guerra sacra, mentre hanno ancor tante speranze di vittoria.” Vedendo crescere, ciò non ostante, la insolenza dei soldati, ei rincalzò minacciando che arderebbe le proprie navi. Indi parea che dalle parole fossero per venire ai fatti; e Ibn-Kâdim andava dicendo: “Per manco di questo fu ucciso il califo Othman;” quando Ased domò i malcontenti come fanciulli: sì valoroso uomo egli era, e sì disciplinato lo esercito. Ased di mezzo a loro fe' pigliare Ibn-Kâdim, e dargli qualche staffilata, senza spogliarlo, com'era usanza: esempio, però, non supplizio, nè vendetta; e meritata vergogna di chi braveggiava per voglia di voltar le spalle al nemico. E così ebbe fine il tumulto. Il biografo chiude questo racconto con bella semplicità, dicendo che le staffilate non furon più di tre o quattro; ma che Ased tirò innanzi costante e vittorioso, tanto che diè ai Greci una fiera battaglia, e ne fe' strage, li ruppe e schiantolli dalla Sicilia.455

Perchè venian da una mano fresche genti d'Affrica insite coi venturieri spagnuoli di Creta;456 dall'altra Michele il Balbo accozzò soldatesche, e indusse il doge Giustiniano Partecipazio a mandare in Sicilia l'armata veneziana.457 Ingrossando per tal modo la guerra, si venne a un'altra giornata, al dire d'Ibn-el-Athîr, quando, giunti gli aiuti d'Affrica, il governatore di Palermo uscì alla campagna con poderoso esercito; ma non sappiamo se i Musulmani fossero sbarcati a Mazara o a Siracusa, e se l'oste di Palermo avesse lor tagliato la via, ovvero combattuto insieme contro essi ed Ased congiunti sotto Siracusa.458 Sentendo venirsi addosso forze maggiori, i Musulmani si cinsero d'un largo fossato; e fuori da quello buccherarono tutto il terreno di pozzette, ottima difesa contro i cavalli, adoperata sovente dai Bizantini e scritta ne' loro libri di strategia. Pur dimenticando le proprie arti, caricarono con vano impeto i Cristiani; si avvilupparono nel mal terreno, e incespando i cavalli e scompigliandosi gli uomini, i Musulmani ne fer macello. Strinsero indi più fortemente Siracusa per mare e per terra:459 che ormai durava l'assedio da dieci mesi o un anno,460 e si venne a tale che i cittadini proponeano un accordo, e i Musulmani lo ricusavano.461 Non poche altre terre s'eran sottomesse, onde parea da temere che presto le imitasse tutta l'isola.462

Quando una moría s'appiccò nello esercito; della quale, altri dice di ferite, trapassava il grande Ased-ibn-Forât, nella state dell'ottocento ventotto, ed era sepolto nel campo.463 Lasciò desiderio di sè nell'universale dell'esercito; e al certo vi si ricordavano a gara le lodi che hanno scritto di lui i biografi: la sapienza, le lettere, la prudenza, l'antica virtù, gli strepitosi fatti che operò, le famose concioni che tenne nella guerra di Sicilia.464 Mancato lui, la fortuna voltò le spalle ai Musulmani. Gli statichi delle varie città sottomesse fuggirono incontanente dal campo,465 in alcuno scompiglio d'assalto o sedizione; ovvero per bella audacia, volendo andare a gridare per tutta la Sicilia ch'era tempo di togliersi d'addosso i Barbari. E tra costoro non posava la discordia; quando leggiamo che Mohammed-ibn-el-Gewâri, succeduto ad Ased, era eletto al supremo comando, non dal principe aghlabita, ma dall'esercito stesso.466 A ciò ben si riconoscono coloro che, pochi anni addietro, avean fatto tremare Ziadet-Allah in Affrica, e affrontato il tiranno di Cordova.

D'altronde gli assedianti non poteano sperare nuovi aiuti d'Affrica, dove in quel medesimo tempo gli Italiani aveano osato portar la guerra. Bonifazio secondo, conte di Lacca, sapendo i casi di Sicilia, o provocato da qualche insulto che avesser testè fatto pirati musulmani in Corsica, accozzava le genti con Berengario fratel suo, e altri conti della Toscana; allestivano un'armatetta; e, fatto vela per la Corsica e non trovandovi il nemico, andavano a cercarlo in Affrica. Posero a terra tra Utica e Cartagine, dicono gli annali d'Einhardo; presso Kasr-Tûr, leggiamo, per tradizione di Lebîdi, nel Riadh-en-nofûs; e rotti in cinque scontri i Musulmani con molta strage, ma perduto poi per troppa temerità un po' delle proprie genti, se ne tornarono in Italia. Così Einhardo.467 Il Lebîdi riferisce con altri particolari il medesimo successo. Narra che Mohammed, figlio di quel Sehnûn-ibn-Sa'îd, che fu giurista di alta fama in Affrica; andando da Kairewân a Kasr-Tûr a far la ispezione dei posti di guardia, e sentendo gridare accorruomo dalla gente della marina e dei villaggi assaliti dagli Italiani, occorsevi, com'era, sopra una mula da viaggio, senza perder tempo a mandare a Susa per un cavallo; vestì la corazza, s'armò di spada e lancia; adunò gli uomini del castello, le guardie della costiera e una mano di Beduini; e, caricato il nemico che s'era messo a far preda e prigioni, dopo sanguinosa zuffa, lo ruppe e sforzò a rifuggirsi su le navi.468 La quale fazione nel cuor dello Stato aghlabita bastava a distogliere Ziadet-Allah dalle cose di Sicilia, quand'anco avesse avuto voglia d'aiutare l'esercito contumace, e forze da farlo, e quiete in casa.469

Soprattutto affranse gli assedianti la moría fieramente incrudelita; e il veder arrivare in questo l'armata bizantina e veneziana, piena di soldatesche. Risoluti a ciò d'abbandonare l'impresa, i Musulmani risarciscono alla meglio lor legni nel porto grande di Siracusa; e montanvi e salpano: quando le poderose forze navali de' nemici chiusero la bocca del porto. Allora, senza far vana prova a rompere la fila delle navi cristiane, i Musulmani, tornano addietro a terra; brucian le proprie, anzichè lasciarle al nemico; e, sicuri per disperazione, s'addentrano nei monti, cercando luoghi più forti e salubri. Nessun cronista ci lasciò scritte quelle perdite spaventevoli che patì necessariamente l'esercito, infetto d'epidemia, trabalzato dal campo su barche, e dalle barche a terra, spinto in fretta tra vie rotte ed alpestri, senza bagaglie, senza giumenti da portare gl'infermi. Ibn-Khaldûn solo accenna a tante afflizioni, con dire che i sopravvissuti non bramavano ormai che la morte.470

A una giornata di cammino da Siracusa, tra un gruppo di vulcani estinti, sorge in cima ad eccelso monte la città di Mineo, ristorata da Ducezio re dei Sicoli, cinque secoli innanti l'era volgare, quand'ei cominciò sua dura lotta contro le colonie greche. Due miglia sotto la rôcca, da un cratere vulcanico, spiccia un'acqua torbida e puzzolente, detta nell'antichità il lago dei Palici: sede d'oracoli e iddii vendicatori. Tra questi luoghi sostò lo stuol musulmano, divorato dalla pestilenza, guidato da Eufemio che, in abito e nome d'imperatore, recava seco le maledizioni di tutta la Sicilia: e parea gli antichi numi lo attirassero in loro voragini. Nella nuova religione la rôcca di Ducezio s'affidava alla protezione di Sant'Agrippina, martire romana, le cui ossa trafugate da pie donne, recate in Mineo, onorate di tempio e di culto, si teneano come palladio della città. Pertanto una leggenda greca, del decimo o undecimo secolo, favoleggiò che montati di notte i Barbari su per le mura di Mineo, appariva da quelle Santa Agrippina levando in alto una croce e mandava giù a precipizio gli assalitori, che un solo non ne campò.471 In tal mito si ristrinsero le vicende della guerra succedute in un anno, secondo le cronache arabiche. Sappiam da queste come i disperati Maomettani, a capo di tre dì, si insignorissero di Mineo,472 ove par si fosse dileguata da loro l'epidemia, com'avvien sovente per mutar di luogo. Rinfrancati, mandavano uno stuolo su la costiera meridionale; il quale espugnò Girgenti, città molto decaduta sotto la dominazione romana e bizantina. Indi intrapresero più importante fazione. Lasciato presidio a Mineo, si spinsero nel cuor dell'isola, sotto le formidabili rupi di Castrogiovanni. Questa è l'antica Enna, il cui nome par che già corresse mutato e guasto nella lingua del volgo. In fatti il Beladori, cronista arabo del medesimo secolo nono, lo scrivea Kasr-Iânna473 che è trascrizione di Castrum Ennæ, pronunziata Ienna; appunto com'or si direbbe in Sicilia, soprattutto a Messina, ove la schiatta greca di Sicilia lasciò più profonde radici. Allargata poi dagli Arabi la prima sillaba, prevalse nell'isola la forma di Iânna; e con l'andar del tempo, massime nel duodecimo secolo, quando sopraggiunse nuov'onda di popolazione italiana, si piegò a Ioanni o Giovanni ch'era voce più famigliare agli orecchi, e il nome intero si mutò com'adesso lo scriviamo. Ho notato coteste minuzie, e così farò per lo innanzi quante volte me ne occorra, potendo servire agli studii di linguistica, che or vanno spargendo tanto lume nella storia.

Eufemio trovò a Castrogiovanni la morte ch'ei forse bramava. Appiccata una pratica con terrazzani o soldati, vi fu chi venne seco ad abboccamento; finse volerne consultare in città; andovvi e tornò ad Eufemio un'altra fiata nello stesso dì: e la conchiusione fu che i cittadini si disponevano a fare ogni voler suo e dei Musulmani; sarebbe disdetto il nome di Michele il Balbo, giurata fede a lui la dimane, a tal ora, a tal luogo, a distanza onesta tra le mura e il campo. La notte v'ascosero lor armi. Al nuovo dì, in vestimenta di gala, servilmente lieti, comparvero al ritrovo; e venne dall'altra parte Eufemio con picciola scorta e lasciolla anco addietro un trar d'arco. I cittadini si prostravano dinanzi al posticcio imperatore, in atto di adorazione, come si usava allora, nè è smessa per anco tal vergogna. Ma due fratelli, che par fossero stati amici d'Eufemio innanzi la guerra, si spiccano dal branco degli adoratori; corrono bramosi ad abbracciarlo: il misero, disusato da lungo tempo alle espansioni dell'affetto, si commosse, si chinò a baciare l'un dei fratelli; il quale amorosamente gli prende il capo con ambo le mani, l'afferra pei capelli, lo tiene con disperato sforzo, e l'altro fratello gli vibra un colpo su la nuca e il fa cascar morto.474 Allor la brigata diè di piglio alle armi occultate: impuni e tripudianti i due traditori riportarono in città il capo d'Eufemio: e forse furono paragonati alla Giuditta, chiamati liberatori della patria, sì come poi la cronaca di Costantino Porfirogenito li disse vendicatori dell'onore imperiale contro un usurpatore. Questa fine ebbe il prode condottiero siciliano, strascinato dai vizii del governo e del paese a ribellarsi dall'uno, e dar l'altro in preda agli stranieri.

Ostinandosi con tutto ciò i Musulmani all'assedio, andava a rinforzare la città Teodoto patrizio, testè giunto di Costantinopoli con soldatesche di varie genti, la più parte Alemanni, come porta il manoscritto del Nowairi, ma probabilmente si dee leggere Armeni.475 Sta Castrogiovanni in un piano scabro e inclinato che tronca la vetta d'alto monte, di costa scoscesa da ogni lato, ripida e superba da settentrione molto più che da mezzogiorno: le case sono sparse a gruppi or alto or basso, come ondeggia il suolo del rispianato; ove spiccasi in alto, verso greco, una immane rupe, stagliata intorno intorno, coronata di grosse mura e torrioni, provveduta di scaturigini d'acque, capace di grosso presidio: cittadella che può dirsi inespugnabile, perch'è stata presa rarissime volte.476 Su la rupe sorgea nell'antichità il tempio di Cerere, quasi la Dea da quella cima vegliasse sopra l'isola sua: e quivi i Bizantini avean posto ogni speranza di difesa, afforzando il formidabil sito con gli ingegni di lor architettura militare; e il borgo che stendeasi nel rispianato, ov'è in oggi la città, potea sfidare anch'esso gli insulti nemici. Era il nemico attendato alle falde del monte, credo da mezzodì ov'è una pianura; ciò che Ibn-el-Athîr fa supporre, scrivendo, come i due eserciti si ordinassero in fila, l'uno a fronte dell'altro. Perocchè Teodoto, solo capitano degno del nome che ebbero i Bizantini in questa guerra, fidandosi in sè e nel numero de' suoi, scese giù dal monte a presentar la battaglia. E toccò una sanguinosa sconfitta; sì che s'ebbe a rifuggire a Castrogiovanni, lasciando al nemico moltissimi prigioni, tra i quali si noveravano novanta patrizii, dicono le croniche musulmane,477 forse giovani di famiglie patrizie, e anco di nobiltà minore: ma pur ciò basta a mostrare la importanza dell'esercito bizantino.

Indi l'assedio continuò; nel qual tempo tanto ordinatamente reggeansi i Musulmani, che dell'argento preso batteron moneta. Se ne conosce non saprei dir se due esemplari, o un solo; trovandosene uno pubblicato dal Tychsen, ed uno posseduto dal Museo Numismatico di Parigi, che ben potrebbe essere il medesimo. È moneta sottile, non logora, coniata a lettere cufiche dello stesso stile dei dirhem abbassidi contemporanei; pesa due grammi e novanta centesimi; vale perciò da sessanta centesimi di lira italiana. Oltre le usate formole, la faccia dritta ha nel campo una voce di tre lettere, simbolo particolare degli Aghlabiti, poi il nome di Ziadet-Allah-ibn-Ibrahim, e infine la stessa parola composta Ziadet-Allah nel senso proprio di “Accrescimento (dato da) Dio.” Nel campo del rovescio si legge, interpolato alla formola, come ve n'ha tanti esempii, il nome di Mohammed-ibn-el-Gewâri; e in giro: “In nome di Dio questo dirhem fu battuto in Sicilia l'anno dugento quattordici.”478 E si deve intendere dei principii di quell'anno, ossia della primavera dell'ottocento ventinove; nel qual tempo gli Arabi assediavano Castrogiovanni, e mancò di vita Mohammed-ibn-el-Gewâri.

Dopo la cui morte, rifatto capitano, per elezione dell'esercito, un Zoheir-ibn-Ghauth,479 l'avvantaggio della guerra tornò ai Bizantini. Perchè, uscita a far preda, com'era usanza, una gualdana degli Arabi, Teodoto le mandò incontro genti che la combatterono e rupperla; e la dimane, venuti a giusta giornata ambo gli eserciti, Teodoto riportò anco la vittoria; ammazzò da mille uomini ai Musulmani, e li cacciò infino agli alloggiamenti; dove si munirono con fossati, e furono a lor volta assediati e chiusa loro ogni uscita. Apprestatisi pertanto all'estremo rimedio di tentare una sortita di notte sopra il campo bizantino, Teodoto, che lo riseppe, lasciò vôto il luogo; si appostò nei dintorni; e quando i Musulmani aveano occupato il campo, maravigliati del non trovarvi anima viva, il nemico piombò improvvisamente da tutti i lati, ne fece strage: li sbaragliati a mala pena si ritrassero a Mineo. Inseguendoli Teodoto, li assediò nella fortezza; e alfine li condusse a tale diffalta di vittuaglie, che doveano cibarsi de' giumenti e de' cani. A questi avvisi il picciol presidio di Girgenti distruggea la città, leggiam nelle cronache, forse le sole fortificazioni; e non potendo soccorrere que' di Mineo, si ridusse a Mazara. Aumentato l'esercito bizantino, e rincorato da un capitano di vaglia; avvezzi un po' gli abitatori dell'isola al romore delle armi, innaspriti dalle profanazioni, saccheggi e guasti degli Infedeli; e costoro menomati tra vittorie e sconfitte, non fidanti nel nuovo condottiero, mancato lor anco Eufemio, dileguati già prima i suoi partigiani: tali erano le condizioni degli uomini che si laceravan tra loro sul desolato terreno della Sicilia. Non rimaneva agli occupatori altro che Mazara e Mineo, disgiunte di tutta la lunghezza dell'isola, da sentieri difficili e popolazione ostile; e l'una tenea per non essere stata assalita giammai; l'altra, rôcca fortissima, era per soggiacere alla fame. Parea dunque assai vicino il termine della guerra nella state dell'ottocento ventinove, due anni dopo lo sbarco di Ased a Mazara.480

432.Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, versione di M. De Slane, tomo I, p. 277, e testo arabico tomo I, p. 179. Vi è nominato un condottiero di questa tribù che combattè in Sicilia, Zowâwa-ibn-Ne'am-el-Half.
433.Ciò si ricava dal fatto che ho narrato nel Lib. I, cap. VI, p. 142.
434.Baiân, tomo I, p. 95.
435.Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 4. Il Baiân, l. c., dice 700 cavalli, e grandissimo numero di fanti; Ibn-Abbâr, MS., fog. 148 verso, 10,000 uomini, dei quali 700 cavalli; Abu-'l-Arab, citato nel Riadh-en-nofûs, MS., fog. 28 verso, dà ad Ased 10,000 cavalli; Ibn-Wuedran, MS., § 1, e versione francese di M. Cherbonneau, Revue de l'Orient, décembre 1853, p. 424, citando Ibn-Rascîk, autore dell'XI secolo, dice che l'esercito sommò a un dipresso a ventimila uomini; Ibn-abi-Dinâr (El-Kaïrouani), versione francese, p. 83, a un dipresso a diecimila.
436.Abulfeda, Géographie, versione francese, tomo II, p. 199; Tigiani, nel Journal Asiatique, août 1852, p. 104; Ibn-abi-Dinâr, loc. cit.
437.Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 4. Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn portano la sola data del mese. Nowairi fa cadere il 15 rebi' 1º (16 è errore corso nella versione di M. Caussin e del Di Gregorio) in giorno di sabato. Fu veramente un giovedì. Il Rampoldi fa combattere due battaglie navali in questo passaggio; la origine del quale errore si vegga nel capitolo seguente, p. 287, nota 2.
438.Nowairi, loc. cit.
439.Riadh-en-nofûs, MS., fog. 28 verso; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, pag. 106. M. Des Vergers, secondo il MS. di Parigi ha tradotto questo passo: “Les Arabes se tenaient d'abord (par défiance) a l'écart du chef de l'île et des Grecs de son parti; mais s'étant ensuite réunis, ils mirent en fuite Palata et son armée, dont ils pillèrent tous les bagages.” Ma la lezione del MS. di Parigi è manifestamente erronea, e va corretta con quella di un MS. di Tunis, del quale io ho alcuni estratti. Indi convien tradurre: “Il Palata venne alle mani con gli Arabi; i quali fecero mettere in disparte il capo (Eufemio) e tutti gli altri Greci che (insieme con lui) li avean chiamato in aiuto contro il Palata e sua fazione. Sconfitto il Palata e i suoi, gli Arabi fecero bottino della roba loro, e il Palata fuggissi.”
  Ibn-el-Athîr e Nowairi dicon solo del comando dato di mettersi in disparte: e l'ultimo aggiugne che Ased “non volle aiuto da lui.” Questa è la frase che il Di Gregorio, guastando testo e versione francese, rese in latino: eorum etenim fidem expertus non fuerat.
  Secondo il Riadh-en-nofûs, la divisa fu un poco di Hascisc, che in generale significa “erba secca,” e anche pianta.
440.Soleiman-ibn-Sâlem, presso il Riadh-en-nofûs, loc. cit., con la salvaguardia d'un “si dice.” Replicarono questa esagerazione. Ibn-Rascîk, citato da Ibn-Wuedran e Ibn-abi-Dinâr che lo copia.
441.Nowairi, loc. cit. Moltissimi luoghi in Sicilia chiamansi Balata, che è la voce latina platea, guasta dagli Arabi nel suono e nel significato, e in oggi nel dialetto dell'isola significa “pietra da lastrico,” e altresì “pietra viva e liscia, non tolta per anco dal monte.” Pertanto, non sapendosi nè donde venisse il Palata, nè a quanta distanza l'andasse a incontrare Ased, sarebbe difficile determinare il luogo della battaglia, anche supponendo che ritenga tuttavia il nome. Nondimeno v'ha a sei miglia da Mazara un promontorio, detto da Edrisi Râs-el-Belât, e in oggi capo Granitola o punta di Sorello, che si stende in una vastissima pianura in parte paludosa, margiu, come noi diciamo in dialetto. La uscita di Ased da Mazara in ordinanza e la ritirata dell'esercito siciliano verso Castrogiovanni convengono benissimo ad una battaglia data in quella pianura. M. Famin, Histoire des Invasions des Sarrazins en Italie, tomo I, p. 150 in nota, promette dimostrare in appresso che la battaglia si diè a Platani, castello distrutto. Gli argomenti suoi, che non conosciamo per anco, possono esser due: la vicinanza del luogo e la somiglianza del nome. Ma il luogo è lontano da Mazara cinquanta miglia, e secondo Edrisi dovrebbe dirsi 70; il che non si accorda con la marcia in ordinanza. Il nome è diverso; poichè gli Arabi, Nowairi con gli altri, nominando quel castello di Platani che si arrese ai Musulmani l'840, scrivono Iblâtanû, non già Belât.
442.Il testo del Nowairi dice che Ased uscì di Mazara 'alâ ta'bia per andare a trovare il Palata nella pianura Palata o Balata. M. Caussin, padre, prese ta'bia per nome di luogo, e tirossi dietro il Di Gregorio, che per giunta soppresse nel testo la preposizione 'alâ, che vuol dire: “sopra, in, in stato di.” Indi tradussero, l'uno: marcha vers Taabia; e l'altro: progressus exinde fuit ex Mazara ad Taabiam. Ma ta'bia significa “schiera, ordinanza, ordine di battaglia;” e il Nowairi un rigo sotto replica il verbo 'aba, dal quale viene tal voce; oltrechè se si trattasse di nome di luogo qualunque arabo gli avrebbe messo innanzi la preposizione ila, “verso, alla volta di,” e non già 'alâ. Ibn-el-Athîr usa anch'egli in altro caso della guerra di Sicilia la voce ta'bia nel senso di schiera, ordinanza. Però non v'ha il menomo dubbio alla correzione che io fo: “Indi Ased cavalcò in ordinanza da Mazara per andare a trovare il Palata, il quale stava in una pianura che ebbe lo stesso nome di lui.”
443.Così pare, poichè sappiamo dai Musulmani lo sbarco il 13 giugno, e la Cronica di Cambridge, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 41, porta la occupazione dell'isola a mezzo luglio 6335, notando, com'è probabile, lo evento più segnalato, che fu questa battaglia.
444.Oltre i molti esempii nelle battaglie, questa usanza è attestata nella Tattica dell'imperatore Leone, versione francese, p. 122.
445.Presso il Riadh-en-nofûs, l. c. L'autore aggiugne il comento che “Barbari della costiera” alludesse a que' che avean preso la fuga nella prima battaglia data da' Musulmani in Affrica. Forse fu questa ricordanza che suggerì di dare 150,000 uomini al Palata, come se n'erano supposti 120,000 nell'esercito di Gregorio.
446.La ritirata del vinto a Castrogiovanni è riferita dal Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 5. Il rimanente da Nowairi stesso; Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 recto; MS. C, tomo IV, fog, 191; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 106.
447.Il solo Nowairi, l. c., indica il cammino tenuto dall'esercito musulmano pria che giugnesse ad Acri. Ei ne nomina due luoghi soli, il primo dei quali basta al proposito nostro, poichè si dice espressamente posto sul mare. E veramente il più breve e facile viaggio da Mazara a Siracusa corre lungo la marina fino a Terranova, e di là continua tra i monti quasi in linea retta. Secondo l'Itinerario d'Antonino, questo viaggio seguirebbe in parte il primo, e in parte il secondo dei sentieri di posta dei Romani tra Girgenti e Siracusa; l'uno dei quali costeggiava sempre il mare, e l'altro mai nol toccava. Il punto di ravvicinamento di questi sentieri era nelle poste di Plaga Calvisianis del primo, ed Hybla Haerea del secondo, situate l'una presso Terranova, e l'altra presso Chiaramonte; tra le quali due stazioni l'Itinerario non segna strada; ma v'ha oggi, e di certo non mancava al tempo dei Romani.
  Determinata così con certezza la marcia di Ased, ci rimane a trovare i due punti di questa linea nominati dal cronista. Dell'uno ei dice che fu “la Chiesa di Eufemia, quella ch'è in sul mare.” Qui in luogo di Eufemia leggerei Finzia; perchè questo nome nella scrittura arabica differirebbe poco dal primo; e sopratutto perchè la stazione più notabile del detto viaggio era appunto Licata, l'antica Phinthia, fabbricata sopra una rupe ch'esce in penisola alla foce del Salso.
  Il secondo nome geografico si legge in vario modo nei due MSS. di Nowairi; dei quali il più corretto ha: “La Chiesa di elm s l kîn” (senza vocali brevi), e l'altro di: “elsci l kîn.” Invano ho cercato nella geografia antica, arabica, o moderna, qualche nome che somigli a cotesto. Pur dalla narrazione di Nowairi argomenterei volentieri che il sito fosse il promontorio ch'or si chiama la Pietra di San Nicola, tra Licata e Terranova, il quale nello Itinerario d'Antonino è chiamato Refugium Gelæ, e posto a cinque miglia romane a levante da Licata, e in Edrisi ha nome di Marsa-es-Sceluk ad otto miglia arabiche dalla foce del Salso. Non manca qualche debole assonanza tra i nomi.
  La conghiettura che si trattasse di Sciacca non mi par che regga. Oltrechè questo nome è al certo arabico, e però posteriore all'evento; e oltre ch'è assai diverso da quello dei MSS., Sciacca si trova troppo presso al luogo donde partiva Ased, e troppo lungi da Siracusa. D'altronde, il solo autore di quella conghiettura, M. Caussin padre, la ritrattò nella versione francese del Nowairi, pubblicata da lui stesso. Veggasi la p. 14 di quell'opuscolo.
448.Nella più parte dei MSS., ove si dice di questa fortezza, il nome è scritto variamente. Dei due esemplari di Ibn-el-Athîr, il MS. A mostra (al solito senza vocali brevi) le lettere elk râ, e in fine una senza punti diacritici, che si potrebbe leggere b, t, ovvero th. Il MS. C ha elk rrâth assai nitidamente; ma la chiarezza può venire benissimo dalla ignoranza di chi scrivea questo nome geografico, come il noto vocabolo kerrâth, che significa “porro,” e ch'è altresì nome di luogo; e tra gli altri d'un isolotto alla punta di Capo Passaro, detto anche oggi l'isola dei Porri: nudo scoglio del quale al certo non si tratta nel caso presente. Passando a Ibn-Khaldûn, il testo pubblicato da M. Des Vergers secondo il MS. di Parigi ha elk râd; e quello di un MS. di Tunis (il quale mi par migliore) ha elk rat. Questa ultima lezione anche troviamo in entrambi i MSS. del Nowairi; sendo errore della edizione del Di Gregorio la lettera (26ma dell'alfabeto arabico d'oriente) sostituita alla t (terza lettera).
  Or la lezione del Nowairi e del MS. tunisino d'Ibn-Khaldûn mi par che renda quasi esattamente il nome di Acri: città notissima nella Sicilia antica; rimasta in piè certamente infino al quinto secolo, come lo mostrano lo Itinerario d'Antonino, le tavole di Peutinger e gli emblemi cristiani trovati nel nostro secolo tra le sue rovine; e di più, importante per lo sito, e posta proprio su la strada che dovea fare Ased. La terminazione in arabico col suono di Kerât non sarebbe più viziosa di tante altre che ne conosciamo di nomi geografici greci e latini storpiati dagli Arabi, e viceversa. Per altro ad aggiustarla basterebbe togliere la lettera l dell'articolo arabico, ovvero aggiungere dopo quella una a, di modo che facesse Akrât ovvero el-Akrât. La desinenza ât, appartenendo al plurale femminino della lingua arabica, renderebbe appunto la forma analoga αὶ Ἄκραι ed Acrae che usavano nel nome di questa città i Greci e i Latini, insieme con altre meno esatte, come Ἄκραιαι ed Agris.
  Il Di Gregorio in nota al Nowairi, l. c., ha ricordato, a proposito di questa fortezza, il nome di Alcharet, che leggesi in un diploma del 1082; ma poco ci giova, poichè il sito di Alcharet si ignora, e forse si dee cercare ad Alcara delli Fusi, su le montagne che sovrastano alla costiera settentrionale. Meno lungi da Siracusa, ma pur troppo pel caso nostro, sarebbe Valguarnera Caropini (leggasi Caropipi), terra presso Castrogiovanni, alla quale pensò M. Des Vergers, p. 106 della versione di Ibn-Khaldûn, credendo preferibile alle altre lezioni quella del MS. A di Ibn-el-Athîr, e leggendovi elk râb.
449.Ibn-el-Athîr; Ibn-Khaldûn; Nowairi, ll. cc.
450.Johannes Diaconus, Chronicon Episc. Sanctæ Neapolitanæ Ecclesiæ, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte II, p. 312, dice pagato il tributo di 50,000 soldi dai Siracusani prima della occupazione di Palermo. Dalla serie del fatti si vedrà che il pagamento non potè aver luogo dopo il tempo in cui l'ho messo. Ibn-el-Athîr narra le dette pratiche in modo da far supporre che fosse stata pagata una parte della taglia.
451.Il testo dice precisamente haul “in giro.”
452.Veggasi il capo X del presente libro. Questo quartiere era stato, probabilmente, ristorato ai tempi di Augusto.
453.Ibn-el-Athîr, l. c., narra l'occupazione delle caverne e l'assedio di Siracusa cominciato per terra e per mare; il Baiân, tomo I, p. 95, l'assedio per terra e per mare, l'arsione delle navi degli assediati, e l'uccisione di lor gente. Queste due croniche ed altre dicon che poi vennero gli aiuti d'Affrica; e mi pare evidente che Ased li avesse richiesto.
454.Questi pare il Sehnûn-ibn-Kâdim che avea sconsigliato l'impresa. Veggasi a p. 260.
455.Riadh-en-nofûs, MS., fog. 28 verso, racconto di Soleiman-ibn-Sâlem. Quivi non si porta data; ma la condizione dell'esercito affamato e la conchiusione del racconto non lascian dubbio che il fatto debba riferirsi al lungo assedio di Siracusa.
456.Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn fanno menzione soltanto di rinforzi d'Affrica; ma Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 5, e il Baiân, tomo I, p. 95, parlano espressamente di Affricani e di Spagnuoli. Credo che questi ultimi venissero di Creta; perchè non è probabile che gli Omeîadi di Spagna mandassero l'armata loro insieme con l'affricana, e perchè il Marrekosci, testo arabo, edizione di Dozy, p. 14, dice che alcuni Spagnuoli di Creta passarono in Sicilia.
457.Johannis Diaconi, Chronicon Venetum, presso Pertz, Scriptores, tomo VII, p. 16, sotto l'anno 827.
458.Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicilie, p. 43 del testo, e 106, 107 della versione, narra che, mentre Ased stava a campo a Siracusa, gli aiuti di Affrica assediarono Palermo; che i Greci assalirono Ased e furono rotti; e che Ased, morto del 213, fu sepolto a Palermo. Nella pagina seguente, Ibn-Khaldûn dice presa Palermo il 217. Vi ha dunque una manifesta confusione di tempi. Il nome di Palermo fu messo al certo per errore nella guerra del 212 e 213, e l'errore nacque dalla menzione che Ibn-el-Athîr, o altro cronista più antico, avea fatto del governatore di Palermo, intendendo del bizantino non già del musulmano. L'assedio di Palermo nel 213 è inverosimile o piuttosto impossibile. Da un'altra mano il Nowairi, senza fare menzione della battaglia, dice arrivati i navilii d'Affrica e di Spagna, e indi rincalzato l'assedio di Siracusa. Il Riadh-en-nofûs, all'incontro, senza parlare di aiuti, attribuisce ad Ased una seconda strepitosa vittoria. Parrebbe da tutto ciò che la battaglia fosse combattuta sotto Siracusa.
459.Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 recto e verso; MS, C, fog. 191 verso. Veggasi anche Ibn-Khaldûn, l. c., il quale nel testo dice che gli assediati respinsero i Greci venuti ad assalirli sotto Siracusa.
460.L'assedio par che cominciasse verso la fine di luglio 827.
461.Il Nowairi, l. c., scrive che i Siracusani chiedeano l'amân, che Ased lo voleva accordare, e che i Musulmani si ostinarono a continuare le ostilità. Credo più tosto un errore di questo compilatore, che mutata improvvisamente l'indole di Ased.
462.Veggasi qui appresso la fuga degli statichi che erano nel campo musulmano. Il Riadh-en-nofûs, MS. fog. 26 recto, nel narrare la morte di Ased, dice delle molte vittorie riportate e città soggiogate.
463.Secondo il Riadh-en-nofûs, MS., fog. 26 recto, morì di ferite, di rebi' secondo del 213 (tra giugno e luglio 828) e fu sepolto nel campo; lo stesso dice Ibn-Rascik, citato da Ibn-Wuedrân, § 1, senza spiegare la causa della morte; così anche Ibn-abi-Dinar (el-Kaïrouani), Histoire de l'Afrique, p. 85; e testo, MS., fog. 20 verso. Il Baiân, tomo I, p, 95, reca la morte dal mese di regeb (tra settembre e ottobre); Nowairi, presso Di Gregorio Rerum Arabicarum, p. 5, di scia'bân (tra ottobre e novembre): Ibn-Abhâr, MS,, fog. 148 verso; Ibn-el-Athîr, l. c.,; e Ibn-Khaldûn, l. c., non portano altra data che dell'anno 213. Ibn-el-Athîr lo dice morto della pestilenza; il Nowairi, in generale di malattia.
464.Riadh-en-nofûs, MS., fog. 26 recto.
465.Baiân, tomo I, p. 96.
466.Così dicono espressamente Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 5, e il Baiân, l. c. Ibn-el-Athîr, e Ibn-Khaldûn portano senz'altro che Mohammed-ibn-abi-'l-Gewâri succedea nel comando. Questo nome patronimico è dato dai migliori MSS., e in altri sbagliato. In una moneta, della quale ci occorrerà far menzione, è scritto Ibn-el-Gewâri; e però, non ostante l'autorità dei cronisti, mi è parso seguire questa lezione.
467.Einhardus, Annales, presso Pertz, Scriptores, tomo I, p. 217, anno 828; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo II, parte I, p. 519. Veggansi gli Annali del Muratori, sotto il medesimo anno.
468.Riadh-en-nofûs, MS., fog. 52 verso, senza data. Il giurista Sehnûn, padre di Mohammed, è diverso dal Sehnûn-ibn-Kâdim di cui abbiam detto. Ei si chiamava Abu-Sa'îd-Abd-es-Selâm-ibn-Sa'îd, e gli diceano Sehnûn, per lode o ingiuria. Debbo avvertire che secondo la biografia di Mohammed-ibn-Sehnûn, questi nacque il 202 dell'egira (817); onde il combattimento suo con gli Italiani si dovrebbe supporre diverso da quello dell'828. Invece di raddoppiare questo fatto, mi par più naturale credere a uno sbaglio nella data della nascita di Mohammed. Pare che Mohammed-ibn-Sehnûn fosse officiale delle milizie, leggendosi in fine che da quel dì in poi montò sempre cavalli andando a far la ispezione.
469.Il ribelle 'Amer-ibn-Nafi' si difese in Tunis fino alla sua morte, che seguì di giugno 829.
470.Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 verso, MS. C, tomo IV, fog. 191 verso; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 107; Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 5, 6.
471.Leggenda della traslazione del corpo di Sant'Agrippina, epitome del martirio e canone acrostico, dei quali il Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo I, p. 18 seg., diè le versioni latine, e i Bollandisti, Acta Sanctorum, mese di giugno, tomo IV, p. 458 seg., inserirono le versioni, col testo greco dell'epitome e del canone. Questi al giudizio dei Bollandisti furono scritti nel X o XI secolo in Sicilia. La critica degli stessi dotti editori ha tolto alcuni dubbi del Gaetani, correggendo il tempo del martirio di Agrippina, e mostrando che il supposto miracolo fosse operato contro i Musulmani e non contro gli Iconoclasti. L'epitome, dettata, come parmi, prima del canone, è più castigata: Agareni vero, cum præsumpsissent depredari propugnaculum templi ejus, omnigena morte interierunt (άπολεία παντελεῖ παρεδώθησαν) che meglio si renderebbe: “furono compiutamente esterminati.” Il canone, come scritto in versi, aggiugne un po' di colore, che: Santa Agrippina come una colomba d'oro armata d'una croce distruggea gli Infedeli che di notte assalivano il suo castello, ec.
472.Ibn-el-Athîr alla fine del capitolo su la prima guerra di Sicilia scrive i nomi delle città più rilevanti, lettera per lettera secondo l'uso degli Arabi. L'ortografia che assegna al nome di questa città è, mim, ia, nun, alef, waw, cioè Minâw. MS. A, tom. I, fog. 125 verso.
473.Nel MS. del Beladori della Biblioteca di Leyde, nº 772, del catalogo stampato del Dozy, p. 275, del MS., non si vede il raddoppiamento della n; ma ce lo dà Ibn-el-Athîr, l. c., scrivendo: kaf, sad, ra, ia, alef, nun raddoppiata, he.
474.Ho messo insieme i particolari di questo misfatto, riferiti variamente dal Nowairi presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 6, e dalla cronica imperiale, Theophanes continuatus, libro II, cap. XXVII, p. 82, 83. Narra più brevemente quest'assassinio Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 verso, e MS. C, tomo IV, fog. 191 verso, e l'accenna appena Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 107. Quivi in luogo di Mazara si legga Mineo, come hanno chiaramente i MSS. di Ibn-el-Athîr e di Nowairi. Quanto al luogo dell'uccisione d'Eufemio, ho seguito i cronisti arabi, non il bizantino che le porta a Siracusa. Nella versione del Nowairi si corregga la frase del Di Gregorio in terram procubuere manus ipsius comprehensuri, e si segua quella del Caussin comme pour se prosterner devant lui, o meglio si sostituisca: in atto di baciar la terra innanzi i suoi piè. Il Rampoldi, Annali Musulmani, citando Nowairi, che punto nol dice, fa andare Eufemio ad Enna “con un corpo dei suoi aderenti rinforzato da circa 1000 Affricani.”
475.Veggasi il I capitolo del presente Libro, pag. 247, nota 1.
476.Non essendo stato giammai a Castrogiovanni, mi sono affidato alle descrizioni altrui e alle notizie scritte dal diligentissimo D'Amico nel Lexicon Topographicum Siciliæ.
477.Confrontinsi Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn e Nowairi, ll. cc.
478.Il simbolo va letto non Ali, nè in alcuno degli altri modi mal trovati dai numismati del secolo passato, ma certamente gheleb, verbo trilitere che significa “occupa, conquista, vince,” e, preso all'ottativo, “conquisti, vinca etc.” Da questo verbo deriva l'aggettivo Aghlab che era insieme il nome patronimico della dinastia. Indi si capisce la etimologia di tal simbolo, il significato particolare che dava unito alla voce Ziadet-Allah, ossia “trionfi la fortuna accordata da Dio,” e il doppio scherzo di parole contenuto nella leggenda.
  Veggasi Tychsen Additamentum I introductionis in rem nummariam Muhammedanorum, § 1, p. 40, e 41. Nell'esemplare di Parigi il nome el-Gewâri è preceduto dalla voce bnu (figliuolo), non da abi come lesse il Tychsen. La formula in giro della faccia dritta è cavata dalla sura IX, verso 33, del Corano.
  Il signor Mortillaro, Opere, tomo III, p. 343, non avendo sotto gli occhi che il disegno pubblicato dal Tychsen, credè questo dirhem falsato e “avanzo della impostura di Vella.” Ma basta guardare il bel conio dell'esemplare di Parigi per dileguare ogni dubbio di falsificazione: e basta notare la esattezza delle formule e la correzione dell'ortografia e della grammatica per sincerarsi che l'ignorante Vella non ci ebbe che fare.
  Nel Museo di Parigi non v'ha ricordi scritti nè tradizione, da poter affermare o negare che questo esemplare fosse il medesimo di Tychsen.
479.Scrivo questo nome secondo il MS. A di Ibn-el-Athîr. Nel MS. C, si legge men distinto. Il testo stampato d'Ibn Khaldûn ha “Ibn-'A w n” e un MS. di Tunis del medesimo autore “Ibn-'A w m;” Nowairi, secondo ambo i MSS. “Z h r-ibn-Borghuth.” Ghauth è nome di tribù arabica della schiatta di Kahtân.
480.Confrontinsi Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 124 verso, e MS. C, tomo IV, fog. 191 verso; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 108; Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 6, 7.
  Ho fissato la data ritenendo la morte d'Ibn-Gewâri nei primi del 214, come risulta comparando la leggenda del dirhem e lo attestato di Nowairi, e pigliando dal Baiân, il quale è molto preciso, il tempo dell'arrivo dell'armata spagnuola in Sicilia, la quale liberò i Musulmani dall'imminente sterminio. Le vicende della guerra, raccontate da Ibn-el-Athîr con poco divario nella cronologia, stanno benissimo entro questi due termini.
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28 eylül 2017
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