Kitabı oku: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8», sayfa 11
Fiorirono ancora intorno a' medesimi tempi Jacobuzio de Franchis, Antonio Baratuccio, Giovan-Tommaso Minadoi, Tommaso Grammatico, Giovan Angelo Pasinello e tanti altri, i quali, per non tesserne qui una più lunga e nojosa serie, possono vedersi presso il Toppi nella Biblioteca Napoletana, e ne' suoi libri dell'Origine de' nostri Tribunali, dove di lor fece lunghi e copiosi cataloghi.
CAPITOLO IX
Politia delle nostre Chiese durante il Regno dell'Imperador Carlo V
In questo sedicesimo secolo ricevè il Pontificato Romano una delle più grandi e ruinose scosse, che dopo il suo innalzamento avesse avuto giammai. Per le cagioni, già riferite dell'eresia di Lutero, fece in Europa perdite lagrimevoli ed irreparabili. Molte province d'Alemagna si sottrassero; le Fiandre: l'Inghilterra, che fu un tempo la più sua ligia e fruttifera: la Scozia, ed i Regni del Nort si perderono affatto: la Francia ne fu pure in gran pericolo, e l'Italia dava di se gravi sospetti. Perdite, che mal si potevano compensare co' nuovi acquisti, che si facevano nell'Indie e nell'America: acquisti per Roma sterili ed infruttuosi. Turbava ancora l'animo de' Romani Pontefici il pensiero della convocazione d'un nuovo Concilio, riputato allora precisamente necessario per sedare le grandi rivoluzioni di Religione, onde tutta Europa era agitata e scossa. Ma non per tutto ciò si perderon di animo; nè co' Principi quantunque loro aderenti e congiunti (a' quali parimente premeva, che ne' loro Stati la Religione non s'alterasse) furono punto più indulgenti in rilasciando forse il rigore delle pretensioni, che nutrivano sopra le Chiese de' loro Dominj, e per altre loro pretensioni. L'Imperador Carlo V da poi che da Clemente VII riscosse quelle esorbitanti somme per riscatto della di lui persona, si curò poco, che nel nostro Regno gli Spogli delle nostre Chiese vacanti, e le Incamerazioni ricominciassero più severe che mai; s'imponessero spesse Decime a' Cleri ed a' Monasterj, dond'egli ne difalcava pure la sua parte; e per gli vantaggi ch'egli (siccome fecero dopoi tutti i Re suoi successori) ricavava con permissioni de' Pontefici dai Regni di Spagna, si curava poco de' suoi diritti, e molto meno de' nostri interessi, e di quelli delle nostre Chiese.
Nel trattato della pace, che come si disse, fu poi tra Cesare e Clemente conchiusa nell'anno 1532, venne largamente a disputarsi intorno alla presentazione delle Chiese Cattedrali del nostro Regno, pretese dai nostri Re di Patronato Regio. Essi fondavano il patronato, per avere i loro predecessori fondate le più insigni Cattedrali, che v'erano, e di ricche rendite e poderi dotate. I Normanni, come si è potuto vedere ne' precedenti libri di quest'Istoria, sin da' fondamenti n'ersero moltissime; e non fu picciolo beneficio d'averne molte sottratte dal Trono Costantinopolitano, e restituite al Trono Romano. Gli Angioini eziandio ne fondarono altre; onde siccome le Cattedrali di Spagna per questa ragione sono riputate tutte di Presentazione Regia, doveano parimente tali reputarsi le nostre, e per conseguenza tutti gli Arcivescovadi e Vescovadi, quando vacavano, doveano tutti provvedersi a presentazione e beneplacito del Re; ed ancorchè nel Regno degli Angioini si fosse tolto l'Assenso, che prima veniva ricercato nell'elezioni de' Prelati in tutte le nostre Chiese, siccome per ciò non si tolse l'Exequatur Regium, come altrove fu mostrato, così molto meno quella convenzione apposta nell'investiture, potè abbracciare le Chiese di Patronato Regio, dalla quale espressamente ne furono eccettuate; ond'è, che nel Regno moltissime Chiese e Beneficj, in tutte le nostre Province, siano rimasi di collazione o presentazione Regia; de' quali il Chioccarelli, il Tassone ed altri ne fecero lunghi cataloghi.
Il Reggente Muscettola, destinato allora Ambasciadore in Roma per Carlo V, per quest'affare sostenne la pretensione de' nostri Re; ma (siccom'è lo stile di quella Corte, che, sempre che il negozio si riduce in trattato, si cerca poi di tirarlo a composizione, col pretesto di togliere le discordie, ed un più lungo esame) si convenne con Clemente VII, che ventiquattro Chiese Cattedrali, cioè sette Arcivescovadi, e diciassette Vescovadi rimanessero di presentazione e nominazione Regia, e l'altre fossero riserbate alla disposizione del Papa. Furono dichiarate di Regia presentazione nella provincia di Terra di Lavoro li Vescovadi di Gaeta, di Pozzuoli e della Cerra. Nel Contado di Molise, il Vescovado della città di Trivento. In Principato citra l'Arcivescovado di Salerno, ed il Vescovado della città di Castellamare. In Principato ultra, il Vescovado della città d'Ariano. In Calabria citra, il Vescovo della città di Cassano. In Calabria ultra l'Arcivescovado di Reggio, e li Vescovadi di Cotrone, e di Tropea. In Basilicata (secondo la disposizione presente delle Province) l'Arcivescovado di Matera, al quale va ora unita la Chiesa di Cerenza, ed il Vescovado della città di Potenza. In Terra d'Otranto, l'Arcivescovado della Città d'Otranto, quello di Taranto, e l'altro di Brindisi, al quale andava allora unita la Chiesa d'Oira, il Vescovado di Gallipoli, e quelli di Mottula, e d'Ugento. In Terra di Bari, l'Arcivescovado della città di Trani, e li Vescovadi di Giovenazzo, e di Monopoli. In Apruzzo citra ed ultra, il Vescovado della città dell'Aquila, e quello di Lanciano, ora resa questa Chiesa Arcivescovile, ma non già Metropoli, per non avere suffraganeo alcuno. In Capitanata, non v'è Vescovado di Regia presentazione, ancorchè nella Chiesa di Lucera tutte le Dignità, e la metà de' Canonicati siano di collazione Regia, come altrove fu rapportato.
Questa fu la divisione, che si fece allora delle Chiese Cattedrali, che durò sino al presente, e fu inserita negli articoli di quella pace, nella quale espressamente s'esclusero gli altri Beneficj e Chiese non Cattedrali di patronato Regio, che sono moltissime, delle quali i nostri Re sono in possesso, quando vacano, di provvederle, e nelle loro vacanze destinar Regj Economi per l'esazione delle rendite, parte delle quali si assegnano per la loro reparazione e sostentamento, ed il rimanente si riserba a futuri successori.
Si curò anche poco l'Imperador Carlo, per le cagioni accennate, che s'imponessero da Roma nel nostro Regno nuovi gravamenti, fra quali il maggiore a' suoi tempi fu, che non essendosi quivi potuto introdurre il Tribunale dell'Inquisizione, se ne stabilisse un altro tutto nuovo, chiamato della Fabbrica di S. Pietro, di cui, come in suo luogo, bisogna qui rapportare l'origine e l'introduzione.
§. I. Origine del Tribunale della Fabbrica di S. Pietro, e come, e con quali condizioni si fosse fra noi introdotto, e poi a nostri tempi sospeso
Il Pontefice Giulio II, volendo emulare la magnificenza del Re Salomone, gli venne in pensiero di fabbricare un Tempio in Roma in onore di S. Pietro Capo degli Appostoli, che fosse il più magnifico e sorprendente di quanti mai ne fossero al Mondo; reputando, che siccome Roma era divenuta Capo della Chiesa Spirituale, e s'era innalzata sopra tutte le altre Chiese della Terra, così era di dovere, che la sua Chiesa Materiale soprastasse a tutte le altre, non altrimenti che S. Pietro, a cui si dedicava, soprastò a tutti gli altri Appostoli, ed a tutti i Fedeli, che in Cristo credettero; ma non avendo le ricchezze di Salomone, rivoltò tutti i suoi pensieri per trovar miniere, donde per quest'opera potesse venire in Roma argento ed. oro. Cominciò prima per via d'indulgenze plenarie, concedendole a larga mano a tutti coloro, che lasciavano o donavano per la fabbrica di quel Tempio; ma vedendo che per ciò non si giungeva all'intento, inventò un nuovo modo, e per sua Costituzione stabilita nell'anno 1509, oltre d'avergli concedute molte prerogative, stabilì, che tutti i Legati pii, che si trovavano lasciati a luoghi incapaci, ovvero, che dagli eredi non si soddisfacessero, s'applicassero a questa Fabbrica. Instituì per tanto un Tribunale in Roma, i cui Ministri doveano non meno invigilare per la costruzione del Tempio, che a riscuotere per questa via danari per tutto il Mondo Cattolico per loro Commessarj.
Questa Bolla di Giulio fu da poi confermata e molto più amplificata da Lione X e da Clemente VII e dagli altri Pontefici suoi successori. Ma dovendosi, per esser fruttifera, farsi valere negli altrui Dominj, molti Principi s'opposero all'esecuzione, chi affatto rifiutando tal introduzione chi moderandola, e chi riformandola. Lione X tentò nel nostro Regno introdurre Commessarj di questo Tribunal di Roma, e nell'anno 1519 spedì Breve a lor diretto, concedendo loro facoltà di poter esigere per tre anni tutti i Legati pii, e per tal effetto costringere i debitori a soddisfargli, ed eziandio i Notai ad esibire ad essi i protocolli, gli istromenti ed i testamenti che dimandavano. Ma essendosi esibito il Breve al Vicerè, affin che se gli desse l'Exequatur, da D. Raimondo di Cardona, che avea allora il governo del Regno, nell'anno 1521 gli fu conceduto, ma colla clausula, praeter quam contra laicas personas; in guisa, che volendo i Commessarj suddetti costringere i laici, essendo di nuovo ricorsi al Cardona, questi ordinò agli Ufficiali Regj, che facessero loro giustizia contra i laici, con astringerli alla soddisfazione de' Legati pii, e parimente procedessero contro i Notai, obbligandoli ad esibire i protocolli e gl'istromenti99.
Clemente VII da poi prorogò queste Commessioni, e nel 1532 spedì altro Breve, al quale D. Pietro di Toledo Vicerè diede l'Exequatur con alcune dichiarazioni, per le quali però non si toglievano i molti pregiudizj che s'apportavano al Regno, e le estorsioni e disordini che commettevansi da' Commessarj destinati per le Province; onde nel Parlamento tenuto in Napoli nel 1540 in nome della città e Regno fu pregato il Toledo, che trattasse col Papa d'estinguere affatto questo Tribunale, per li tanti aggravj ed estorsioni che faceva100; ed avendo poi il Vicerè nel 1547 col Pontefice Paolo III trattato quest'affare, si vennero a togliere molti abusi, ed a riformarlo in gran parte, tanto che si fecero nuove moderazioni ed altre dichiarazioni, in guisa che negli anni seguenti era rimaso poco men che sospeso Ma da poi il Duca d'Alba, Vicerè, nel 1557 fece ordinare, che il Tribunal della Fabbrica ritornasse nel suo primiero stato, secondo il concordato del 1547, fatto da Paolo III col Toledo.
Per la qual cosa si venne poi a stabilire, che il Commessario della Fabbrica residente in Napoli, che suol essere il Nunzio, non potesse conoscere delle cause di questo Tribunale, nè deciderle, se non col voto degli Assessori laici, i quali si destinerebbono dal Re, o suo Vicerè in tutte le tre istanze; onde nacque lo stile, che per le prime e seconde istanze si deputassero per lo più Regj Consiglieri, ovvero Presidenti della Regia Camera, e per Assessore o sia Giudice delle terze un Reggente di Collaterale; e parimente, che i Commessarj destinati per le Province, non potessero per se conoscere, o decidere, ma debbano avere gli Assessori laici da nominarsi dalle Comunità de' luoghi101: onde il Cardinal Granvela nel 1574, in esecuzione di tal Concordato, ordinò agli Ufficiali del Regno, che non impedissero l'esecuzione agli ordini di questo Tribunale, sempre che si facessero da Consultori Regj deputati da lui e suo Collateral Consiglio, e che alle loro provvisioni prestassero ogni ajuto e favore.
Ma con tutto ciò non si riparava a' disordini ed alle estorsioni de' Commessarj, nè si toglievano gli altri infiniti pregiudizj, che per questo Tribunale s'apportavano al Regno: poichè, se bene in vigor di questo Concordato il Tribunal della Fabbrica di Roma non poteva impacciarsi nelle cause contenziose del Tribunal di Napoli, ma solamente deputare il Commessario, l Economo, ed altri ufficiali minori di quello; con tutto ciò, siccome ce ne rende testimonianza l'istesso Cardinal di Luca102, la Congregazione di Roma, per via di relazioni ed estragiudiziali informi, aveva preso a ritrattare quelle medesime cause, le quali in tutte le istanze s'erano agitate e già decise in Napoli. Parimente la Congregazione di Roma s'avea appropriate tutte le cause, che non erano contenziose, cioè, tutte le composizioni, alle quali le Parti desideravano essere ammesse senza litigare, avendo anche in ciò ristretto al Nunzio, o sia Commessario Generale, che risiede nel Regno, ed all'Economo la potestà di poter transigere nelle cause gravi, e dove vi potea nascere una grossa composizione; e così per tirar più denaro in Roma, come per ridurre le cause contenziose a poco numero nel Tribunal di Napoli, facilitava le transazioni, con ammettere a quelle ogni uno, che pagasse denari, importando poco, che soddisfacesse o no il peso imposto dal testatore, o l'adempimento de' Legati pii: perchè essi dicevano, che l'opera pia la compensavano col tesoro inesausto, ch'essi hanno in Roma, il qual chiamano Mare Magnum, una goccia del quale basterebbe a soddisfare tutti i Legati pii del Mondo; e per ciò facilitandosi per denari la composizione in Roma, la volontà de' pii disponenti non veniva a verun patto ad eseguirsi.
Ma quello, che più d'ogni altro rendeva odioso tal Tribunale, erano le estorsioni e disordini, che nella città e nelle province commettevano i Commessarj, delle quali estorsioni l'istesso Cardinal di Luca103 ne rende pure a noi testimonianza. Essi, secondo una relazione, che si legge tra' M. S. Giurisdizionali104 fatta sin dall'anno 1587, subito che giungevano nelle Terre del Regno, ancorchè piccole, affiggevano cartoni, e sonavano campanelli, e con voce tremenda ed orribile minacciavano scomuniche latae sententiae ai Notari, e a tutti coloro, che avessero testamenti, dove erano disposizioni pie, e non gli portassero a loro. Recati che loro si erano, li Commessarj citavan tutti gli eredi de' disponenti, ancor che quelli fossero morti cento anni a dietro, a mostrar la soddisfazione de' Legati pii; e non comparendo, erano dichiarati contumaci, e da poi per pubblico cedolone scomunicati; e quando venivano a purgarsi, non pensassero d'essere intesi, se prima non pagavano gli atti della contumacia, e da poi non gli assolvevano, se non mostravano la soddisfazione, o non pagavano di nuovo; e coloro, che non avevano modo di farlo, o pure erano tardi a venire, ed intanto il Commessario erasi partito da quel luogo, erano costretti, per essere assoluti, venire a Napoli; e molti, che per la loro povertà estrema, non aveano modo di portarsi in quella città, rimanevano scomunicati, e venendo a morte, era a' loro cadaveri negata l'Ecclesiastica sepoltura. Maggiori estorsioni si soffrivano in Napoli: poichè, anche se prontamente si portava la soddisfazione del Legato, non perciò l'erede ne usciva franco, ma dovea sborsare i diritti del decreto (quantunque non ricercato, nè voluto) che non fosse molestato; e passati alquanti anni si tornava da capo, con nuove richieste e nuovi decreti; e se la disgrazia portava, che la soddisfazione non potesse mostrarsi con iscritture, ma con testimoni, per liberarsene, era duopo fabbricarsi un voluminoso processo con gravissimi dispendj. Quindi atterriti i testatori stessi, s'astenevano di far più Legati pii, ovvero espressamente comandavano, che questo Tribunale non s'avesse ad impacciare in modo alcuno nelle loro disposizioni.
Per evitar tali ed altri moltissimi disordini, che qui si tralasciano, essendosi tal Tribunale reso odioso e grave a' nostri maggiori, s'ebbero di volta in volta continui ricorsi dalla città, e Regno a' nostri Re, perchè affatto si togliesse: finchè mosso il nostro Augustissimo Principe dalle querele de' suoi sudditi, con sua regal carta spedita da Vienna nel 1717 ordinò, che il Nunzio e Commessario insieme di questo Tribunale tosto sgombrasse dal Regno, e si chiudessero i suoi Tribunali; e giunto in Napoli quest'ordine nel mese d'ottobre del medesimo anno, fu prontamente eseguito, e fu soppressa non meno la Nunziatura, che la Fabbrica; e da poi fu spedito da Vienna, a' 8 ottobre del seguente anno 1718, altro imperial dispaccio, col quale s'ordinava al Conte Daun allora Vicerè, che minutamente lo informasse delle estorsioni ed abusi de' Tribunali suddetti, e del remedio che poteva darsi, siccome fu eseguito; e sebbene il Nunzio tornasse da poi, nel mese di giugno del seguente anno 1719, e fossessi restituito il Tribunal della Nunziatura, nulladimeno la restituzione seguì con molte restrizioni e dichiarazioni, come altrove diremo: ed il Tribunal della Fabbrica non fu restituito, ma rimase siccome infin ad ora ancor dura, sospeso e casso.
(Fra i Capitoli accordati al Popolo Napoletano in Tempo del Duca d'Arcos a' 7 di settembre del 1647 che si leggono presso Lunig105, il 29 fu questo: Ch'essendo finito il tempo della istituzione ed erezione del Tribunale della reverendissima Fabbrica di S. Pietro di Roma, detto Tribunale si dismetti).
§. II. Monaci, e Beni Temporali
Se mai in alcun tempo le nuove Religioni portarono nuove ricchezze, onde perciò bisognò unire coi Monaci i beni temporali, in questo secolo ne sursero due, che fecero maggiormente conoscere, che il monachismo non può a verun patto scompagnarsi dall'acquisto de' beni mondani; poichè, non ostante che le leggi fondamentali della istituzione loro li proibissero, nulladimeno, cattivatasi per quest'istesso la divozione de' Popoli, e resigli perciò più facili a donare, fu loro poscia agevole ottenere da Roma (cui molto cale i loro acquisti) dispense, ed interpretazioni per rendersene capaci.
Sursero in questo secolo molte Congregazioni di Cherici Regolari; ma una delle più principali fu quella de' Teatini. Fu così chiamata a cagion di Gianpietro Caraffa Vescovo della città di Chieti, da' Latini detta Theate, che insieme con Marcello Gaetano Tiene Gentiluomo Vicentino e Protonotario Appostolico, la istituì, prima di passare ad altre Chiese ed al Pontificato. Clemente VII, nell'anno 1514 l'approvò, e nei seguenti anni fu confermata da Paolo IV, dall'istesso Fondatore essendo Papa, e da Pio V nel 1567 e dagli altri Pontefici successori. Da Venezia vennero a noi (secondo che narra Gregorio Rosso106 Scrittor contemporaneo) nel mese di maggio del 1533, nel qual anno da' Napoletani furono ricevuti con molto desiderio, e fra gli altri da Antonio Caracciolo Conte d'Oppido, il quale ebbe il pensiero di riceverli in un suo luogo fuori la Porta di S. Gennaro, ma poco da poi se n'entrarono dentro la città: furono accolti da Maria Francesca Longa (celebre per essere stata ella Fondatrice del famoso Ospedale degl'Incurabili) la quale assegnò loro alcune sue case per abitarvi. Ma mancò poco, che non se ne ritornassero in Venezia, siccome aveano risoluto, per l'angustia della loro abitazione: se non che D. Pietro di Toledo Vicerè per non farli partire, proccurò, che lor si desse per abitazione l'antichissima Parrocchia di San Paolo, dove si trasferirono nel 1538107.
Ancorchè professassero una stretta povertà, e quantunque il loro istituto fosse di non poter nemmeno cercare limosine, ma totalmente abbandonarsi alla Divina provvidenza, la quale, siccome avea cura de' gigli del campo e degli uccelli dell'aria, così dovea anche prender di lor pensiero; con tutto ciò i Napoletani corsero loro dietro ad arricchirli a lor dispetto, ed a cumularli d'ampie facoltà e ricchezze, donde sursero i tanti magnifici e superbi lor Monasterj, che gareggiano colli più eccelsi edificj del Mondo. Si distinsero costoro sopra gli altri per la vigilanza che tenevano, perchè li novelli errori surti in questi tempi in Germania, non penetrassero in Napoli; onde, come si è detto, furono i più fedeli Ministri degl'Inquisitori Romani. Ed in decorso di tempo la divozione che i Napoletani portarono al B. Gaetano Tiene, uno de' loro Institutori, crebbe tanto, che gli ersero una statua di bronzo nella Piazza di San Lorenzo, e sopra tutte le Porte della Città parimente collocarono una sua statua, in segno del particolar culto, che sopra tutti gli altri suoi Protettori gli portavano.
Ma intorno a' medesimi tempi surse un Ordine, che col correr degli anni si rese assai più famoso e più diffuso di tutti gli altri: questo è quello de' Gesuiti di cui tanto si è parlato, e scritto. Ebbe in Francia i suoi principj dal famoso Ignazio di Lojola spagnuolo, e l'introduzione di questo nascente Ordine in quella Provincia, partorì de' gravi contrasti, de' quali ne sono piene l'istorie del Presidente Tuano108. Vi furono finalmente i Gesuiti ammessi, ed ancorchè, sotto il Regno d'Errico IV, fossero stati costretti nell'anno 1594 ad uscirsene, vi ritornarono poi nel 1603. Nell'altre province d'Europa fecero maravigliosi progressi ed acquisti, ed in Roma ed in Italia si distinsero sopra tutti gli altri; e quantunque in Venezia sotto il Pontificato di Paolo V fossero parimente stati costretti da' Vineziani a sgombrare dalla loro Repubblica, con tutto ciò vi tornarono poi nel Pontificato d'Alessandro VII.
(Resi accorti i Gesuiti da ciò che avvenne in Francia ed in Venezia, per essersi dati in quelle brighe dalla parte del Pontefice Romano, ne' tempi posteriori, avendo già poste profonde radici, ed acquistate immense ricchezze, pensarono più saviamente di gettarsi in casi simili a quel partito che potesse loro esser più profittevole, poco curando delle censure, ed interdetti di Roma, siccome si vide poi in Italia nelle brighe insorte tra il Pontefice Urbano VIII con Odoardo Farnese Duca di Parma; il quale solennemente scomunicato dal Papa nell'anno 1643, e minacciandogli interdetto sopra tutti i suoi Stati, i Gesuiti accortamente non vollero esporsi al pericolo d'essere di là scacciati: ma disprezzando le Papali Censure, si mostrarono assai leali e riverenti al Duca, e prestandogli ogni fedeltà s'uniron al di lui partito, scomunicato e maledetto, ch'e' si fosse. Vedasi Le Vassor (Hist. de Louis XIII), che ne rapporta l'istoria; e la Bolla di queste Censure fulminate da Urbano, si legge pure presso Lunig109).
Ma nel nostro Reame non ebbero a sostenere opposizione alcuna; anzi venutici nel 1551, sotto la guida del P. Alfonso Salmerone, furono da' Napoletani accolti con non men desiderio che i Teatini. S'acquistarono in breve tempo l'amicizia de' Nobili, e particolarmente d'Ettorre Pignatelli Duca di Montelione, il quale assegnò loro per abitazione una Casa al vicolo del Gigante, dov'era una picciola Cappella: quivi si posero ad istruir i giovani nella dottrina Cristiana, dando norma a' Preti secolari di farlo anch'essi. Tratti i Napoletani da quello loro pietose e caritatevoli opere, nel 1557 diedero ad essi una più comoda abitazione e comprarono la Casa del Conte di Maddaloni presso la Chiesa di Monte Vergine, fabbricandovi una Chiesa sotto il titolo del Nome di Gesù, dove essi incominciarono ad insegnare i fanciulli senza mercede alcuna, a predicarvi, e far altri spirituali esercizj, sicchè tirando molta gente, il gran concorso rendendo incapace quella Chiesa, il Cardinal Alfonso Caraffa Arcivescovo concedè loro la Chiesa de' SS. Pietro e Paolo, la quale nell'anno 1564, da' Gesuiti fu diroccata, e renduta più grande; ma da poi diedero principio ad un magnifico edificio per costruirvi quel famoso lor Collegio, che ora occupa più contrade della città, per la magnificenza del quale sin dal principio del secolo passato tirarono il solo Principe della Rocca a spendervi ventimila ducati110. Sono pur troppo noti gli altri immensi e maravigliosi acquisti, che in meno d'un secolo fecero in questa città e Regno; gli altri eccelsi e stupendi loro edifici degli altri loro Collegi e Case Professe ne' luoghi più scelti della città e Regno, per li quali si lasciarono indietro tutti gli altri Ordini più numerosi e più ricchi, che insino a quel tempo v'erano stati.
Nè ponendosi mente al modo tenuto per acquistar tante ricchezze, deve parer ciò cosa strana: essi considerando, che gli Mendicanti avuta ch'ebbero da Roma la facoltà d'acquistare, perderono il credito e la divozione del popolo, onde non fecero poi gran progressi; quelle Religioni, che vollero persistere in una ferma e stabile povertà, si mantennero sì bene il credito e la buona opinione, ma non acquistarono ricchezze; onde bisognava pensar un modo nuovo, che fosse misto di povertà e di abbondanza; colla povertà acquistar il credito e la divozione; e di poter per altra mano ricevere quel che alla Compagnia era offerto e donato. Per ciò istituirono le Case Professe ed i Collegi; le Case Professe non possono a patto veruno acquistare, nè possedere stabili: in queste si professa povertà, ed è la meta dove qualunque lor operazione deve terminare; ma i Collegj possono acquistare e possedere stabili, dove ricevono, ed istruiscono la gioventù per allevarli nella virtù, affinchè si renda poi atta a vivere nella povertà Evangelica. Con che viene la povertà ad essere lo scopo ed il fine loro essenziale, ma accidentalmente ricevono possessioni e ricchezze. Con tutto ciò, da quello che si vide poi negli effetti, e dal gran numero de' Collegj e dalle poche Case Professe, ogni uno ha potuto conchiudere quello, che veramente sia loro l'essenziale, e quale l'accidentale. Sin dal principio del secolo passato si faceva il conto, che i Gesuiti, di Case Professe, non ne aveano più che 21; all'incontro il numero de' Collegj arrivava a 293 S'aggiunga a questo gli altri Collegj e gli altri grandissimi acquisti, che han fatto da poi per un altro secolo sino al presente, e vedrassi non esservi stato Ordine, che in un secolo e mezzo possedesse tanti stabili, ed avesse cumulate tante ricchezze e tesori, come questo.
Si fecero pure a questi tempi molte Riforme degli Ordini antichi, come quella de' Frati Minori Cappuccini, l'altra de' Recolletti, ovvero Zoccolanti, e quella de' Penitenti; per li Carmelitani, la Riforma introdotta da Santa Teresa, che cominciò dalle femmine, e poi si stese anche agli uomini, donde sursero i Teresiani Scalzi; e per gli Agostiniani, la Riforma de' Romiti d'Agostino. Si fecero ancora nuove Fondazioni, come quella de' Fratelli della Carità, che hanno per istitutore S. Giovanni di Dio: l'altra de' Cherici Regolari Sommaschi, istituiti nel 1531 da Girolamo Miano, o Emiliano, Nobile Veneziano, per l'educazione degli Orfani, e nel 1540 approvati da Paolo II, li quali da poi nel 1568 furono, da Pio V, ammessi a' voti Monastici; ed alcune altre: ma tutte queste Riforme, e nuove Fondazioni non s'introdussero nel Regno subito, che furono istituite: vennero a noi più tardi nei seguenti anni, onde, secondo l'opportunità, se ne terrà conto ne' libri seguenti di quest'Istoria.