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Kitabı oku: «Colomba», sayfa 4

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Ella parlava bene, era briosa, arguta, savia. I suoi occhi splendevano quando guardavano Antonio, la sua bocca sembrava una rosa.

Ella era tutt’altro che ingenua, ma dalla sua malizia sana e sincera e dai suoi discorsi, come da tutta la sua persona, emanava un profumo di macchia, selvaggio e inebriante.

– S’io fossi rimasto in paese! – un giorno le disse sinceramente Antonio. – Avrei anch’io fatto il pastore e ti avrei sposato, Colomba!

– Chissà però se io avrei voluto.

– Ah, è vero. S’io fossi stato pastore tu non mi avresti guardato. Mi guardi ora, perché sono professore.

– Vero – ella rispose, senza capir bene quello che diceva.

– Come quell’altra! – pensò Antonio, e volle colpirla.

– Ma sai tu cosa vuol dire esser professore?

– Sicuro che lo so. Professore è un uomo istruito, che sa molte cose, che conosce le stelle, le erbe, tutti i fatti che sono accaduti da quando fu creato il mondo; e… che pure è come tutti gli altri uomini… – ella concluse con un fine sorriso di ironia.

– Tu hai ragione, Colomba; ma tu non sai una cosa: che un pastore ti può sposare, e un professore no.

Ella impallidì, d’umiliazione, e fu per rispondere vivacemente; ma fu vinta subito da un profondo accoramento; capì che Antonio aveva ragione, e disse solo:

– Lo so.

– Tu lo sai! Come lo sai?

– Io non sono istruita.

– Tu lo sai! – egli ripeté, un po’ stupito. – E allora perché mi vuoi bene?

– Chi le ha detto che io le voglio bene?

– Tu.

– Io? E come?

– E come? Con gli occhi! Come vuoi tu che un professore, che sa tutti i fatti accaduti dopo la creazione del mondo, non si accorga quando una donna gli vuol bene?

Colomba non rispose.

Questo discorso avveniva, al solito, mentre i due giovani si recavano agli ovili. Era di settembre, poco più di un mese dacché Antonio aveva conosciuto Colomba. Faceva ancora molto caldo, ma un acquazzone aveva purificato l’aria e rinfrescato la campagna. Le stoppie e le macchie, lavate dalla pioggia, lucevano e odoravano più del solito; l’orizzonte era trasparente, e il mare lontano appariva come una linea violetta, sulla quale gli acuti occhi dei pastori scorgevano l’ala di qualche veliero.

– Stanotte ci sarà la luna piena – disse Antonio, guardando verso il mare. – L’hai veduta tu qualche volta sorgere di là?

– Sì.

– E cosa ti sembra?

– È rossa come fuoco. Sembra una grande melograna.

– Senti, Colomba. Vieni stasera fuori dell’ovile; vedremo la luna sorgere dal mare.

– No.

– Perché no? Perché non vuoi venire?

– Perché mi fa questa domanda? Sono io forse una bimba di cinque anni?

– Dunque non vuoi venire?

– Anche se lo volessi, mio padre mi ammazzerebbe se lo sapesse.

– Tuo padre! Ma non sa già che veniamo assieme e torniamo assieme? Non mi hai detto che anzi è contento ch’io ti faccia compagnia?

– Sì, perché crede che lei si sposi presto, e non teme per me.

– Sei dunque tu che temi?

– Io? – ella disse, ridendo d’un riso forzato. – Io non ho paura di nessuno. Ma capirà che andar di giorno assieme per una strada è altra cosa che trovarci soli di notte per la campagna deserta.

– Colomba, queste sono sciocchezze! Che male può esserci? Che male posso io farti? Bada, io verrò verso il muro della tanca al sorgere della luna. Vieni.

– M’aspetti pure! – diss’ella ridendo ironicamente. – Starà fresco!

Si separarono quasi nemici, ma al sorgere della luna Antonio si trovò accanto alla muriccia della tanca, quasi certo in cuor suo che Colomba sarebbe venuta al convegno.

La notte era limpidissima, silenziosa; sul confine del cielo splendido come una lastra d’argento, saliva lentamente la luna. Qualche cosa di solenne e di arcano era in quella notte luminosa e dolce: le pietre, le macchie, la linea chiara delle stoppie, i profili azzurri delle montagne delineati sui vaporosi orizzonti, tutto l’altipiano infine e tutto il panorama parevano assorti in un sogno di pace suprema, sotto il cielo purissimo.

Sulle prime Antonio si rattristò, come sempre, sentendosi solo in quella infinita solitudine.

Tuttavia pensò:

– Tutti gli artisti si rallegrano allorché si trovano davanti alla natura semplice e pura. Io mi rattristo, invece, nel trovarmi solo, qui, mentre ho sempre sognato la solitudine, la vita campestre; mi pare che tutto sia morto intorno a me, e ch’io solo viva, anzi, che sia morto anch’io… Ma ecco là Colomba! O non è lei? Viene una persona dal sentiero, ecco: è lei, è lei! No, è un pastore: no, è lei, proprio lei!

Socchiuse gli occhi e rimase immobile, un po’ curvo sul muro.

– È Colomba, è Colomba! – pensava. E stupì nel sentirsi battere il cuore.

Lo assalì un impeto di gioia; avrebbe voluto slanciarsi incontro alla fanciulla, ma ebbe paura di farla retrocedere, e attese quasi ansiosamente.

– Viene! – intanto diceva a sé stesso. – La farò sedere vicino a me, chiacchiereremo. Ella sa dire tante cose graziose, è bella, mi vuol bene. La farò sedere vicino a me.

In verità, il suo pensiero non andava oltre; nessuna idea di conquista gli attraversò la mente.

Colomba venne vicino al muro. Sempre timoroso che ella fuggisse, Antonio si rizzò cautamente, dicendole con voce dolce:

– Buona sera, Colomba: vai a prendere il fresco?

– Ella è lì signor Azar? Che cosa fa? – ella disse con voce sicura e forte.

– Ti aspettavo – rispose egli rinfrancato.

– Ma io non sono venuta per lei.

– Lo so, ma giacché ci sei, aspetta: chiacchiereremo un po’. Cosa fa tuo padre?

– Che importa a lei? Ha paura?

– No, perché non voglio farti del male. Perché dovrei aver paura?

– Buona notte – ella disse, accennando ad andarsene.

Ma Antonio saltò agilmente il muro, la rincorse, la prese per la mano, e la costrinse a sedere su una roccia.

Ella era pallidissima, e teneva il capo avvolto in una benda. Antonio la guardava e gli pareva di aver veduto una statua somigliantissima a lei: dove? Quando? Non ricordava bene.

– Perché tremi, Colomba? – le disse, cominciando anch’egli a commuoversi. – Hai paura? Io ti voglio tanto bene.

Ma subito pensò:

– Perché le dico questo? A che scopo? Perché turbarla, o meglio perché lusingarla?

Ma Colomba sembrava più turbata che lusingata, e la sua mano tremava entro quella di Antonio. E poco a poco il suo turbamento parve, per mezzo di quel tremito, comunicarsi al giovane.

– Io ti rassomiglio ad una statua – cominciò egli a dirle. – Non ricordo dove, mi pare in un museo, ho veduto un volto simile al tuo, così avvolto in una benda. Tu sei bella ed io ti voglio bene, Colomba. Tu pure mi vuoi bene, non è vero? Suvvia, dimmi qualche cosa, dolcezza mia.

Ella non rispose, e chinò il volto. Antonio la guardò e si chiese con sincera angoscia:

– Che cosa faccio io? A che scopo? Non sono un vile?

– Parla, Colomba – disse, sollevandole il volto. – Dimmi qualche cosa.

Ella aprì la bocca, forse per dire qualche calda frase di amore, ma egli, che la guardava attentamente, proruppe:

– Ora mi ricordo! È un busto, nel museo di Napoli.

Il volto di Colomba si oscurò: ella capì con la sua intuizione selvaggia e gelosa, che la mente di Antonio non era completamente assorta in lei, e disse:

Yaş sınırı:
12+
Litres'teki yayın tarihi:
30 ağustos 2016
Hacim:
24 s. 1 illüstrasyon
Telif hakkı:
Public Domain
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