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Kitabı oku: «Il piacere dell'onestà», sayfa 2

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Maurizio. Sì, di bella presenza. – Che cos’è?

Ride.

Di’ un po’. niente niente, adesso cominci a temere che abbia scelto troppo bene?

Fabio. Ma fa’ il piacere! Vedo… vedo del… superfluo, ecco! Ingegno, cultura —

Maurizio. – filosofica! Non mi sembra che sia superflua al caso.

Fabio. Maurizio, perdio, non scherzare! lo sono sulla brace! Avrei voluto di meno, ecco! Un uomo modesto, da bene —

Maurizio. – che si scoprisse subito? . che non avesse l’apparenza conveniente? Ma scusa! Bisognava anche tener conto della casa in cui deve entrare… Un uomo mediocre, non più giovane, avrebbe dato sospetto… Ci voleva un uomo di merito, che ispirasse rispetto e considerazione… tale, insomma, che domani la gente si possa spiegare la ragione per cui la signorina Renni ha potuto accettarlo… E io sono sicuro che —

Fabio. – che?

Maurizio. – che lo accetterà – non solo – ma mi ringrazierà un po’ meglio, almeno, di come stai facendo tu!

Fabio. Sì! Ti ringrazierà… Se la sentissi! – Gli hai detto che si deve fare al più presto?

Maurizio. Ma sì! Vedrai che saprà subito entrare in confidenza —

Fabio. – cioè, cioè? —

Maurizio. – oh, Dio, in quel tanto che vorrete accordargliene!

SCENA QUARTA

Cameriera, Detti, poi la Signora Maddalena.

Cameriera (accorrendo dall’uscio di destra). Signor marchese, la signora la desidera di là un momento.

Fabio. Ma ora non posso! Debbo andare con mio cugino.

A Maurizio:

Bisogna che Io veda… gli parli.

Alla Cameriera:

Dite alla signora che abbia un po’ di pazienza: ora non posso!

Cameriera. Sissignore.

Via.

Maurizio. E’ qua, a due passi: al primo albergo. Ma così?

Fabio. Impazzisco… impazzisco… impazzisco… Fra lei, di là, che piange… e te, di qua, che mi dici…

Maurizio. Bada, non c’è finora alcun impegno! – E se tu non vuoi…

Fabio. Voglio vederlo, ti dico, parlargli!

Maurizio. E andiamo, allora, su! Ti dico che è qua, a due passi!

Maddalena (sopravvenendo agitata). Fabio! Fabio! Venite di qua, non mi lasciate sola in questo momento, per carità!

Fabio. Oh Dio! Oh Dio!

Maddalena. E’ una crisi terribile. Venite, ve ne scongiuro!

Fabio. Ma se debbo…

Maurizio. E no… va’! Va’, adesso! ,

Maddalena. Sì, per carità Fabio!

Maurizio. Vuoi che te lo conduca qua? Senz’impegno. Gli parlerai qua. Forse sarà meglio, per la signorina stessa.

Fabio. Sì, vai, vai. Ma, oh! senz’impegno, bada! E dopo che avrà parlato con me!

Via per l’uscio a destra.

Maurizio (gli grida dietro). Ma sì! In due minuti: vado e ritorno.

Via per la comune.

Maddalena (dietro a lui). Con lui? Qua?

Fa per accorrere verso l’uscio a destra, ma sopravvengono Agata e Fabio.

SCENA QUINTA

Agata, Fabio e Maddalena.

Agata (scarmigliata, forsennata, divincolandosi da Fabio). Lasciami, no: lasciami! Lasciami andare! Via… via…

Maddalena. Figliuola mia, dove vuoi andare?

Agata. Non lo so! Via!

Fabio. Agata! Agata! per carità!

Maddalena. Ma sono pazzie!

Agata. Lasciatemi! Impazzire o morire! Non c’è più scampo per me! Non reggo più!

Casca a sedere.

Maddalena. Ma aspetta prima che Fabio almeno lo veda! gli parli! che lo veda anche tu!

Agata. No! Io? no! Ma non capite che mi fa orrore? Non capite che è mostruoso quello che volete fare di me?

Maddalena. Ma come! Ma se tu stessa, figliuola mia…

Agata. No! Non voglio! Non voglio!

Fabio (disperato, risolutamente). Ebbene, no! Se tu non vuoi, no! Non lo voglio neanch’io! E’ mostruoso, si! e fa orrore anche a me! Ma hai il coraggio, allora, d’affrontare con me la situazione?

Maddalena. Per carità, che dite, Fabio? Voi siete uomo e potete ridervi dello scandalo, voi! Noi siamo due povere donne sole e l’onta si rovescerebbe su noi! Qua si tratta, tra due mali, di scegliere il minore! Tra l’onta innanzi a tutti —

Agata (subito). – e quella innanzi a uno solo, è vero? mia soltanto! Ma dovrò starci io, con quest’uomo! vedermelo davanti, quest’uomo che dev’esser vile, vile, se si presta a questo!

Balza in piedi e s’avvia, trattenuta, verso l’uscio di fondo.

No, no, non voglio! non voglio vederlo! Lasciatemene andare, lasciatemene andare!

Maddalena. Ma dove? E che vuoi fare? – Affrontare lo scandalo? Se vuoi questo, io… io…

Agata (abbracciandola e rompendo in singhiozzi, perdutamente). No… per te, mamma! .... no… no… per te…

Maddalena. Per me? Ma no! Che dici, per me? Non pensare a me, figliuola mia! Non c’è da risparmiar dolori, qua, l’una all’altra! Né da scappare! Dobbiamo stare qua, e soffrire tutti e tre insieme, e cercare di dividerci la pena, perché il male lo abbiamo fatto tutti e tre!

Agata. Tu no… tu no, mamma!

Maddalena. Io più di te, figliuola mia! E ti giuro che soffro più di te!

Agata. No, mamma! Perché io soffro anche per te!

Maddalena. E io per te soltanto, e perciò di più! Non la divido io, la mia pena, perché sono tutta in te, figliuola mia! . – Aspetta… aspetta… si tratta di vedere…

Agata. E’ orribile! E’ orribile!

Maddalena. Lo so… Ma vediamolo, prima!

Agata. Non posso! non posso, mamma!

Maddalena. Ma se siamo qua noi, con te! – Non c’è inganno! Non nascondiamo nulla! Rimaniamo qua, noi – io e Fabio – accanto a te!

Agata. Ma sarà qui, te l’immagini? qui, sempre, tra noi, Fabio, uno che sa ciò che nascondiamo agli altri!

Fabio. Ma avrà anche lui interesse di nasconderlo – per se, e anche a se stesso – e starà ai patti! Se non ci starà, tanto meglio per noi! – Appena accennerà di non volerci più stare, avrò io il mezzo di farlo andar via. Tanto, non c’Importerà più di lui!

Maddalena. Capisci! Già! Perché, sempre? Può essere per poco.

Fabio. Per poco! per poco! Starà anche a noi, che sia per poco!

Agata. No, no! Ce lo vedremo sempre davanti!

Maddalena. Ma aspettiamo di conoscerlo, prima. Setti ha proprio assi curato…

Fabio. Ci sarà modo! Ci sarà modo!

Maddalena. E’ molto intelligente, e…

Si sente picchiare all’uscio in fondo. Pausa di sgomento. Poi.

Ah, eccolo… sarà lui…

SCENA SESTA

Cameriera, Detti.

Agata (balzando in piedi e afferrandosi alla madre). Via, via, mamma! Oh Dio!

Trascina la madre verso l’uscio a destra.

Maddalena. Ma si, gli parlerà lui. – Andiamo, andiamo di là, noi…

Fabio. Sta’ tranquilla!

Maddalena e Agata via per l’uscio a destra.

Avanti.

Cameriera (aprendo l’uscio di fondo e annunziando). Il signor Setti, con un signore.

Fabio. Fa’ passare.

Cameriera via.

SCENA SETTIMA

Maurizio, Baldovino, Fabio.

Maurizio (entrando). Ah, ecco… – Fabio, ti presento il mio amico Angelo Baldovino.

Fabio s’inchina. A Baldovino.

Il marchese Fabio Colli, mio cugino.

Baldovino s’inchina.

Fabio. Prego, s’accomodi.

Maurizio. Voi avete da parlare, e vi lascio.

A Baldovino stringendogli la mano:

Ci rivedremo più tardi all’albergo, noi, eh? Addio, Fabio.

Fabio. Addio.

Maurizio esce per la comune.

SCENA OTTAVA

Baldovino, Fabio.

Baldovino (seduto, s’insella le lenti su la punta del naso e, reclinando indietro il capo). Le chiedo, prima di tutto, una grazia.

Fabio. Dica, dica…

Baldovino. Signor marchese, che mi parli aperto.

Fabio. Ah, sì, sì… Anzi, non chiedo di meglio.

Baldovino. Grazie. Lei forse però non intende questa espressione (aperto), come la intendo io.

Fabio. Ma… non so… aperto… con tutta franchezza…

E poiché Baldovino, Con Un dito, fa cenno di no,

…E come, allora?

Baldovino. Non basta. Ecco, veda, signor marchese: inevitabilmente, noi ci costruiamo. Mi spiego. Io entro qua, e divento subito, di fronte a lei, quello che devo essere, quello che posso essere – mi costruisco – cioè, me le presento in una forma adatta alla relazione che debbo contrarre con lei. E lo stesso fa di se anche lei che mi riceve. Ma, in fondo, dentro queste costruzioni nostre messe cosi di fronte, dietro le gelosie e le imposte, restano poi ben nascosti i pensieri nostri più segreti, i nostri più intimi sentimenti, tutto ciò che siamo per noi stessi, fuori delle relazioni che vogliamo stabilire. – Mi sono spiegato?

Fabio. Si, si, benissimo… Ah, benissimo! Mio cugino mi ha detto che lei è molto intelligente.

Baldovino. Ecco, lei forse crede, adesso, che io abbia voluto darle un saggio della mia intelligenza.

Fabio. No, no… dicevo, perché… approvo, approvo ciò che lei ha saputo dire così bene.

Baldovino. Comincio io, allora, se permette, a parlare aperto. – Provo da un pezzo, signor marchese – dentro – un disgusto indicibile delle abiette costruzioni di me, che debbo mandare avanti nelle relazioni che mi vedo costretto a contrarre coi miei… diciamo simili, se lei non s’offende.

Fabio. No, prego… dica, dica pure…

Baldovino. Io mi vedo, mi vedo di continuo, signor marchese; e dico: – Ma quanto è vile, ma com’è indegno questo che tu ora stai facendo!

Fabio (sconcertato, imbarazzato). Oh Dio… ma no… perché?

Baldovino. Perché sì, scusi. Lei, tutt’al più, potrebbe domandarmi perché allora lo faccio? Ma perché… molto per colpa mia, molto anche per colpa d’altri, e ora, per necessità di cose, non posso fare altrimenti. Volerci in un modo o in un altro, signor marchese, è presto fatto. tutto sta, poi, se possiamo essere quali ci vogliamo. Non siamo soli! – Siamo noi e ]a bestia. La bestia che ci porta. – Lei ha un bel bastonarla: non si riduce mai a ragione. – Vada a persuader l’asino a non andare rasente ai precipizii: – si piglia nerbate, cinghiate, strattoni; ma va lì, perché non ne può far di meno. E dopo che lei l’ha bastonata, pestata ben bene, le guardi un po’ gli occhi addogliati: scusi, non ne sente pietà? – Dico pietà. non scusarla! – L’intelligenza che scusi la bestia, s’imbestialisce , anch’essa. Ma averne pietà é un’altra cosa! Non le pare?

Fabio. Ah, certo… certo… – Vogliamo dunque venire a noi?

Baldovino. Ci siamo, signor marchese. Le ho detto questo, per farle intendere che, avendo il sentimento di quel che faccio, ho anche una certa dignità che mi preme di salvare. Non c’é altro mezzo di salvarla, che parlando aperto. – Fingere, sarebbe orribile, oltre che laido, volgarissimo. – La verità!

Fabio. Ecco, sì… chiaramente… Vedremo d’intenderci…

Baldovino. E, allora, se permette. , domanderò.

Fabio. Come dice?

Baldovino. Le farò qualche domanda, se permette.

Fabio. Ah, sì, domandi pure.

Baldovino. Ecco.

Trae di tasca un taccuino.

Ho qua gli estremi della situazione. Dovendo fare una cosa seria meglio per lei, meglio per me.

Apre il taccuino e lo sfoglia:. intanto, comincia a domandare, con l’aria d’un giudice non severo:

Lei, signor marchese, è l’amante della signorina…

Fabio (scattando per troncare subito quella domanda e quella ricerca nel taccuino). Ma no! scusi… così…

Baldovino (calmo, sorridente). Vede? Lei recalcitra fin dalla prima domanda!

Fabio. Ma certo! Perché…

Baldovino (subito, severo). Non è vero? dice che non è vero? – E allora

Si alza.

mi scusi, signor marchese. Le ho detto che ho la mia dignità. – Non potrei prestarmi a una trista e umiliante commedia.

Fabio. Ma come! io credo che, anzi, così come vuol far lei…

Baldovino. S’inganna. La mia dignità (quella che può essere) posso salvarla solamente a patto che lei parli con me come con la Sua stessa coscienza. – O cosi, signor marchese, o non ne facciamo niente. – Non mi presto a finzioni indecorose. – La verità. – Mi vuol rispondere?

Fabio. Ebbene… sì… Ma non cerchi in codesto taccuino, per carità. Lei vuole alludere alla signorina Agata Renni?

Baldovino (non transigendo, seguita a cercare; trova; ripete). Agata Renni, precisamente. – Ventisette anni?

Fabio. Ventisei.

Baldovino (guarda nel taccuino). Compiti il nove del mese scorso: dunque, nel ventisettesimo. E…

Guarda di nuovo nel taccuino.

ci sarebbe una mamma?

Fabio. Ma scusi!

Baldovino. E scrupolo, creda, nient’altro che scrupolo da parte mia; affidamento per lei. Mi troverà sempre cosi preciso, signor marchese.

Fabio. Ebbene, si, c’è la madre.

Baldovino. Quanti anni, scusi?

Fabio. Ma… non so… ne avrà cinquantuno… cinquantadue…

Baldovino. Soltanto? – Ecco, perché… – dico francamente – sarebbe meglio che non ci fosse. – La madre è una costruzione irriducibile. – Ma sapevo che c’era. Dunque, abbondiamo un poco… diciamo cinquantatré. – Lei, signor marchese, avrà su per giù l’età mia… – Io sono sciupato. Ne mostro di più. Ne ho quarantuno.

Fabio. Oh, ne ho di più io, allora. Quarantatré.

Baldovino. Ah, mi congratulo: li porta meravigliosamente. – Sa? Forse anch’io, rimettendomi un poco… – Quarantatré, dunque. – Ora, scusi, debbo toccare un altro tasto molto delicato.

Fabio. Mia moglie?

Baldovino. Ne è separato. – Per torti… – lo so, lei è un perfetto gentiluomo – e chi non è capace di farne, è destinato a riceverne. – Per torti, dunque, della moglie. – E ha trovato qua una consolazione. Ma la vita – trista usuraja – si fa pagare quell’uno di bene che concede, con cento di noje e di dispiaceri.

Fabio. Purtroppo!

Baldovino. Eh, l’avrei a sapere! – Bisogna che ella sconti la sua consolazione, signor marchese! Ha davanti l’ombra minacciosa d’un protesto senza dilazione. – Vengo io a mettete una firma d’avallo, e ad assumermi di pagare la sua cambiale. – Non può credere, signor marchese, quanto piacere mi faccia questa vendetta che posso prendermi contro la società che nega ogni credito alla mia firma. Imporre questa mia firma; dire. – Ecco qua: uno ha preso alla vita quel che non doveva e ora pago io per lui, perché se io non pagassi, qua un’onestà fallirebbe, qua l’onore d’una famiglia farebbe bancarotta; signor marchese, è per me una bella soddisfazione: una rivincita! – Creda che non lo faccio per altro. Lei ne dubita? ne ha tutto il diritto. perché io sono… – mi permette un paragone?

Fabio. Ma si, dica, dica,

Baldovino (seguitando). …come uno che venga a mettere in circolazione oro sonante in un paese che non conosca altro che moneta di carta. – subito si diffida dell’oro; è naturale. – Lei ha certo la tentazione di rifiutarlo: no? Ma è oro, stia sicuro, signor marchese. – Non ho potuto sperperarlo, perché l’ho nell’anima e non nelle tasche. Altrimenti!

Fabio. ecco, bene! E allora, questo. Benissimo! Io non vado cercando altro, signor Baldovino. L’onestà! la bontà dei sentimenti!

Baldovino. Ho anche i ricordi della mia famiglia… – Mi è potuto costare di sacrifizii d’amor proprio, d’amarezze senza fine, di ribrezzo, di schifo… – essere disonesto. Che vuole che mi costi l’onestà? – Lei m’invita… sì, dico, doppiamente a nozze. Sposerò per finta una donna ; ma sul serio, io sposo l’onestà.

Fabio. Ecco, si – e basta! Mi basta questo!

Baldovino. Basta? – Le pare che le basti? – Scusi, signor marchese; e le conseguenze?

Fabio. Come? Non capisco.

Baldovino. Eh. vedo che lei… – certamente perché soffre davanti a me e fa a se stesso una grande violenza per resistere a questa situazione penosa, pure d’uscirne, tratta con molta leggerezza la cosa.

Fabio. No, no: tutt’altro! . Come, con leggerezza?

Baldovino. Permette? – La mia onestà, signor marchese, dev’essere o non dev’essere?

Fabio. Ma sì che dev’essere! E’ l’unica condizione che le pongo!

Baldovino. benissimo. Nei miei sentimenti, nella mia volontà, in tutti i miei atti. – C’è. – Me la sento. – La voglio. – La dimostrerò. – Ebbene?

Fabio. Che ebbene? Le ho detto che mi basta questo!

Baldovino. Ma le conseguenze, signor marchese, scusi! – Guardi: l’onestà, così come lei la vuole da me – che cos’è? – Ci pensi un po’. – Niente. – Un’astrazione. – Una pura forma. – diciamo: l’assoluto. – Ora scusi, se io devo essere cosi onesto, bisognerà pure che io la viva – per cosi dire – quest’astrazione; che dia corpo a questa pura forma; che io senta quest’onestà astratta e assoluta. – E quali saranno allora le conseguenze? Ma prima di tutte, questa, guardi: che io dovrò essere un tiranno.

Fabio – Un tiranno?

Baldovino. Per forza! – Senza volerlo! – Per ciò che riguarda, la pura forma, intendiamoci! (Il resto non m’appartiene). – Ma per la pura forma, onesto come lei mi Vuole e come io mi voglio – di necessità dovrò essere un tiranno glielo avverto. – Vorrò rispettate fino allo scrupolo tutte le apparenze, il che di necessità importerà gravissimi sacrifizii a lei, alla signorina, alla mamma; un’angustiosissima limitazione di libertà, il rispetto a tutte le forme astratte della vita sociale. E… parliamoci chiaro, signor marchese, anche per farle vedere che sono animato del più fermo proposito – sa che verrà fuori subito, da tutto questo? ciò che s’imporrà tra noi e salterà agli occhi di tutti? Che, trattando con me, – non si faccia illusioni – onesto com’io sarò – la cattiva azione la commettono loro, non io! – Io, in tutta questa combinazione non bella, non vedo che una cosa sola: la possibilità che loro mi fanno – e che io accetto – d’essere onesto.

Fabio. Ecco… caro signore… – capirà… – già lei stesso l’ha detto – non… non mi trovo in condizione di seguirla bene, in questo momento… – Lei parla meravigliosamente; ma tocchiamo terra, per carità!

Baldovino. Io? terra? Non posso!

Fabio. Come non può, scusi? che vuol dire?