Kitabı oku: «Neulateinische Metrik», sayfa 10
La struttura del carmen anguineum
Il carmen anguineum più noto si trova a c. Bvir degli Opuscula, col titolo Ad Leonardum Laurodanum divinum Venetiarum principem de Sfortiae Francisci, Ludovici et Catharinae Sfortiadum genealogia deque eiusdem Catharinae Ascaniique Cardinalis captivitate, suspenso inter medios angue ac novato gressu signato pronosticho, Lydii Catti Ravennatis carmen.
Sfortia: | Franciscus: | Ludovicus: | vertitur: | ergo |
fortuna: | ad populi: | Francisco: | filius: | ortus |
Cottignolae: | oritur: | satus est: | Ludovicus: | in orbe |
mutatur: | vocem: | genitore: | ad proelia: | pugnat. |
Sfortia: | Franciscus: | Ludovicus: | ducitur: | et nil |
sub sole: | ad Gallum: | princeps: | victoria: | vincit |
multos: | bellorum: | efficitur: | Ludovicus: | habetur |
perpetuum: | captus: | patriae: | cantatur: | in armis. |
Sfortia: | Franciscus: | Ludovicus: | mittitur: | hoc sit |
exemplo: | Ascanius: | fugit: | connubia: | terras |
debellat: | Blancae: | venientem: | ad vincla: | tenenti |
imperium: | Venetum: | regem: | contraxit: | habetque. |
Sfortia: | Franciscus: | Catharina: | hoc accidit: | una |
iustitia: | ex annis: | neptis: | cum coniuge: | praeda |
efficitur: | pariter: | bellatrix: | mille: | regentes |
firmat: | quingentis: | capitur: | dominantur: | aquarum. |
A prima vista, questo peculiare componimento si presenta come una successione di parole suddivise in segmenti e colonne. Se si attua una lettura da sinistra a destra, si formeranno esametriDactylusHexameter perfetti ma privi di senso. Il carmen è quindi seguito dalla didascalia Venetiis decantatum e dal breve epigramma Constructio con cui, tramite un’analogia, il poeta suggerisce la corretta chiave di lettura:
Ascanium Marcus, rex Maurum, Borgia neptem,
ast anguem hoc coepi carmine Cattus ego.
Hunc coepi et viso Ludovici nomine captum
suspendi et posui versibus in mediis.
Versibus anguis inest igitur, tu clarius ergo
anguineo lector carmina more lege.
Marco catturò Ascanio, il re prese il Moro, Borgia la nipote, / ma io, Catto, ho catturato il serpente con questo componimento. / L’ho catturato e, visto il nome di Ludovico, una volta preso il serpente, / l’ho sospeso e l’ho posto nel mezzo dei versi. / Dunque il serpente si trova nei versi, perciò tu / lettore, leggi più chiaramente il componimento a mo’ di serpente.
L’intero epigramma gioca semanticamente sul tema del serpente, sfruttando l’ambiguità tra lo stemma degli Sforza e la tipologia del componimento. Riallacciandosi perciò al tema del carmen anguineum, il Catti innanzitutto rivendica la paternità dell’invenzione nel primo distico: come Venezia (Marcus), Luigi XII di Francia (rex) e Cesare Borgia catturarono rispettivamente i tre “serpenti” Ascanio Maria, Ludovico il Moro (Maurum) e sua nipote Caterina (neptem), così anche il poeta – il cui Cattus ego non può che richiamare il topos classico del primus ego Erfinder– avrebbe preso un serpente col suo carmen.1 Una volta catturato, questo è stato posto versibus in mediis, perciò il lettore dovrà leggere il tutto anguineo more.
Leggendo queste indicazioni, la prima risposta che si potrebbe dare all’enigma è la lettura bustrofedica. Tuttavia, sebbene segua perfettamente l’andamento tipico del serpente, questa non darà risultati utili, perché i versi continueranno a non avere significato.
Il primo studioso a suggerire per iscritto la corretta chiave di lettura del carmen anguineum fu Rinaldo Fulin.2 Lo studioso venne direttamente a conoscenza del carmen lavorando sui diari di Marin Sanudo, avendo quest’ultimo copiato il componimento, con alcune varianti testuali, alla fine del maggio 1500. Ciò permette di dare una spiegazione alla didascalia Venetiis decantatum che conclude il carmen degli Opuscula, aprendo alla possibilità di un’effettiva presentazione di una redazione precedente del componimento da parte del poeta nella capitale della Serenissima.
Il Fulin, a ogni modo, partendo dall’indovinello e notando come la colonna centrale iniziante con Ludovicus (cf. viso Ludovici nomine) fosse l’unica ad aver senso, capì che l’andamento serpentino in verità non dev’essere seguito parola per parola, ma piuttosto dev’essere usato per unire precisi segmenti di colonne opposte. Grazie a questo metodo, il lettore comprenderà il testo e il serpente farà comunque capolino, alla stregua del gioco in cui si devono unire i puntini per ottenere un disegno.
I segmenti da unire, per esempio, per ottenere la prima strofa saranno il primo dei versi dispari e l’ultimo dei versi pari, secondo il seguente schema:
Procedendo in questo modo, per ottenere la seconda strofa si unirà il secondo segmento dei versi dispari con il penultimo dei versi pari, per la terza strofa si leggerà in verticale la colonna centrale, per la quarta si unirà il penultimo segmento dei versi pari con il secondo dei dispari e infine per la quinta strofa l’ultimo segmento dei versi pari con il primo dei dispari. Il risultato finale sarà questo poema sui tre Sforza succitati:
Sfortia ortus Cottignolae pugnat. | |
Sfortia vincit multos in armis. | |
Sfortia terras debellat habetque. | |
Sfortia praeda efficitur aquarum. | 4 |
Franciscus filius oritur ad proelia. | |
Franciscus victoria bellorum cantatur. | |
Franciscus connubia Blancae contraxit. | |
Franciscus cum coniuge pariter dominantur. | 8 |
Ludovicus Francisco satus est genitore. | |
Ludovicus princeps efficitur patriae. | |
Ludovicus fugit venientem regem. | |
Catharina neptis bellatrix capitur. | 12 |
Vertitur ad populi Ludovicus vocem. | |
Ducitur ad Gallum Ludovicus captus. | |
Mittitur Ascanius ad vincla Venetum. | |
Hoc accidit ex annis mille quingentis. | 16 |
Ergo fortuna in orbe mutatur. | |
Et nihil sub sole habetur perpetuum. | |
Hoc sit exemplo tenenti imperium. | |
Una iustitia regentes firmat. | 20 |
Lo Sforza nato a Cotignola combatte. / Lo Sforza vince molti con le armi. / Lo Sforza sottomette e possiede le terre. / Lo Sforza cade preda delle acque. / Il figlio Francesco nasce per combattere. / Francesco è cantato per aver vinto le guerre. / Francesco sposò Bianca. / Francesco comanda alla pari con la moglie. / Ludovico è figlio di Francesco. / Ludovico diventa principe della patria. / Ludovico fugge dal re incombente. / La nipote guerriera Caterina è catturata. / Ludovico si rivolge alla voce del popolo. / Ludovico, catturato, è condotto dal Francese. / Ascanio è mandato in catene a Venezia. / Questo accadde nel 1500. / Dunque la sorte nel mondo è mutevole. / E nulla sotto il sole è per sempre. / Ciò sia d’esempio a chi detiene il potere. / La sola giustizia consolida i governanti.
Lo svolgimento del carmen ripropone esattamente quanto anticipato nel titolo. Le prime due strofe riguardano la genealogia dei tre Sforza: la prima parla di Muzio Attendolo, nonno di Ludovico, nato a Cotignola (Ravenna) e morto affogato nel fiume Pescara durante una marcia; la seconda invece è incentrata su Francesco, figlio di Muzio, marito di Bianca Maria Visconti e primo Sforza a diventare duca di Milano. Con la terza strofa, corrispondente alla colonna centrale, si passa alla seconda parte relativa alla cattura dei tre protagonisti: la terza strofa introduce la fuga di Ludovico il Moro da Luigi XII e la cattura di sua nipote Caterina;3 la quarta parla della cattura del Moro e del suo fratello cardinale Ascanio Maria, con l’indicazione dell’anno dell’evento (Hoc accidit ex annis mille quingentis). L’ultima strofa contiene invece la morale finale, ossia un avvertimento tra il biblico4 e il machiavellico sui rivolgimenti della sorte, affinché chi governa non si illuda che il suo potere sia eterno.
Il tema scelto dal Catti per il carmen anguineum è legato alla posizione del componimento, collocato appunto nella sezione dedicata al nuovo doge Loredan. Oltre a muovere dall’antagonismo tra Milano e Venezia, e dalla volontà di mettere in guardia il proprio mecenate dall’ebrezza del potere, la scelta del soggetto può avere anche cause più personali. Grazie ad alcune notizie fornite da Vincenzo Carrari e Pompeo Litta,5 si sa che Michelino Catti, “proavo” del poeta, sarebbe stato persino imparentato con gli Sforza, in qualità di secondo marito della sorella di Muzio, Margherita Attendolo. Il poeta stesso peraltro, sempre secondo il Carrari, parlando della propria discendenza in alcuni suoi “versi latini manuscritti”, avrebbe confuso la moglie Margherita con la sorella Chiara, dimostrando così “di non aver saputo anco bene la sua origine”. Pur non essendo il carmen anguineum identificabile con i versi in questione, certamente può essere considerato parte di un filone tematico caro al poeta per motivi che vanno al di là del rapporto poeta-protettore.
Tornando alla struttura del carmen, nello schema sopra proposto il serpente è ben visibile lungo i vettori che uniscono i segmenti. Il Fulin lo colse nel suo movimento attorno alla colonna centrale, ma questa non dev’essere considerata una condizione sine qua non: nell’altro carmen anguineum contenuto negli Opuscula, ossia quello del Processus, il meccanismo testé descritto funziona nel medesimo modo senza alcuna colonna centrale. Quest’ultimo peraltro, se fatto risalire alla data del finto processo (1487), dev’essere considerato addirittura precedente al carmen sforzesco, databile invece all’anno 1500.
Un’altra suggestione che può trovare conferma guardando la ricostruzione grafica è il raffinato accostamento del tema prescelto al metro sperimentale. Gli Sforza infatti, assumendo il controllo del Ducato di Milano, ereditarono dai loro predecessori lo stemma del biscione. Elementi quali il nome del carmen, il suo soggetto, la forma suggerita dai vettori e l’uso ambiguo di anguis nella Constructio, convergono tutti nella perfetta specularità tra forma e materia, tra esperimento e contenuto. Se l’ipotesi fosse corretta, saremmo in presenza di un inusuale carmen figuratumFigurengedicht, in cui la figura riflette regolarmente il contenuto rimanendo però nascosta, in una specie di gioco enigmistico la cui chiave è fornita dalla Constructio.
La questione della paternità
L’orgoglio del Catti per la sua creazione è decisamente palese. Nel Processus degli Opuscula, per esempio, laddove il ravennate fa pronunciare all’amata Lidia il proprio breve manifesto poetico, tra le composizioni menzionate compaiono anche i carmina quae anguineo cernis migrantia cursu.1 Il luogo però in cui si manifesta maggiormente l’orgoglio del poeta è proprio lo stesso in cui compare il carmen.
Si è già accennato al tema del primus egoErfinder nella Constructio a c. Bviv, ma ancora più importante è la lettera che il cremonese Gianfrancesco Bindi avrebbe scritto l’11 settembre 1500 al nostro poeta, non a caso riprodotta per intero alle cc. Bviv– Bviir, subito di seguito al carmen anguineum. In questa lettera, il poeta è paragonato agli antichi ed è considerato supra omnem priscorum […] et neothericorum ingeniorum facultatem per le sue invenzioni. Su queste capeggiano proprio gli anguinei […] versus […] quos nuper excogitasti supra omnem priscorum. Prescindendo per ora dall’identità dei versi cui il Bindi si riferisce, è qui senza dubbio attribuita al Catti la paternità della loro invenzione.
Tali rivendicazioni trovano conferma anche presso Tommaso Tomai e, tramite costui, in Serafino Pasolini e Pietro Paolo Ginanni, eruditi tra i più informati sul Catti.Favonio, Mario2 Ciononostante, l’ambiguità terminologica del mondo della “poesia per gioco” ha fatto sì che anche ad altri poeti fossero attribuiti alcuni carmina anguinea, in particolare ai coevi Mario FavonioErfinderCurti, Lancino3 e Lancino Curti.
Per quanto riguarda il primo, la questione è facilmente risolvibile. Al FavonioFavonio, Mario infatti, vissuto sotto papa Paolo III (1468–1549), è stato attribuito un presunto epitaffio per la morte del Bembo “in versi latini da lui inventati e chiamati anguinei”.4 Questo elogio funebre è andato perduto, quindi non è dato sapere se fosse strutturato come i carmina del Catti. Inoltre, la morte del Bembo sopraggiunse quarantasette anni dopo la lettera del Bindi e diciassette dopo la morte del Catti, pertanto la precedenza di quest’ultimo resta indiscutibile.
Parlando di Lancino CurtiCurti, Lancino, poeta sperimentale coevo a Lidio e attivo a Milano,Curti, Lancino5 si devono sottolineare due aspetti importanti: in primis non è attestato alcun contatto tra il milanese e il ravennate, ancorché le loro stravaganze siano quasi omologhe; in secundis le raccolte degli esperimenti del Curti sono state edite solo nel 1521 (Sylvarum libri decem, Epigrammaton libri decem e Epigrammaton libri decem. Decados secundae), ma in queste non ricorrono carmina che seguano la costruzione dell’anguineum del Catti.6
Eppure, già nel XVI secolo prima Paolo GiovioFigurengedicht7 e poi Lilio Gregorio Giraldi,8 che cita il primo, parlando di Lancino scrivono di certi suoi anguinei versi. Alle parole del Giovio inoltre, il Giraldi aggiunge una descrizione più specifica dei versi anguinei e fa riferimento ai celebri carmina figurata di Rabano MauroMaurus, Rabanus come modello del poeta milanese. Nelle raccolte del Curti difatti, e in particolare nella seconda decade degli Epigrammaton libriCurti, LancinoEpigrammaton libri, esistono calligrammiFigurengedicht, acrosticiAkrostichon peculiari e altri carmi del genere. Nonostante queste affinità, bisogna da una parte ribadire l’assenza nel CurtiCurti, Lancino di ciò che il Catti definisce anguineum e, dall’altra, la confusione terminologica che spesso regna in questi ambiti letterari poco studiati.
Per comprendere la facilità con cui è possibile cadere in ambiguità e incomprensioni, basta leggere la definizione di carmen anguineum data dal Ginanni nella sua scheda sul Catti: “composto di sei parole, che formano un verso esametro, il primo verso si legge pure nelle prime parole degli altri sei, e ad ogni altra parola corrispondono l’altre, che pure formano un verso”.9 A questa già sibillina affermazione, il Ginanni non fa seguire a mo’ d’esempio il carmen sugli Sforza, bensì un altro esperimento, cioè il primo dei versi reticolati a f. Bviiv,10 per poi citare i complimenti contenuti nella lettera del Bindi. In sostanza, il termine anguineum è qui attribuito ai versi reticolati.
D’altronde anche il Giovio, parlando dei versus anguinei del CurtiCurti, Lancino, menziona un quadratum epigramma che ricorda molto anche visivamente la disposizione dei carmina reticolati del Catti. Se a ciò si aggiunge che questo tipo di “poesia per gioco”, a differenza del carmen anguineum, è presente in entrambi gli autori,Erfinder11 si può forse giungere a una conclusione: la tradizione letteraria identifica come anguinei diversi tipi di carmina, quali i sotadici e i reticolati,12 mentre il Catti, dal canto suo, definisce anguineum solo quello che segue lo schema di cui vanta l’invenzione.
Quest’ultima ipotesi è supportata da una certa evidenza terminologica: nelle rubriche che introducono puntualmente i vari componimenti degli Opuscula, i termini anguineum e anguis ricorrono solamente per il carmen sugli Sforza e per il Summarium processus, tanto negli Opuscula quanto nei manoscritti. Così avviene anche nel Marc. It. IX, 365 (=7168), dove più carmina anguinea si susseguono a formare un poema insieme ad altri metri più convenzionali. Al contrario, i versi reticolati sono rubricati con espressioni quali Et legas utroque tramite. Infine, la stessa posizione della lettera del Bindi è di per sé significativa, in quanto segue subito il carmen sugli Sforza, separandolo nettamente dai successivi componimenti reticolati.
Soluzioni grafiche del carmen anguineum nella tradizione manoscritta
1. Soluzioni cromatiche e figurative
L’aspetto forse più caratteristico e interessante di questo carmen è il modo in cui nei manoscritti la sua struttura abbia dato libertà di esprimersi alla fantasia del compilatore. Se la fissità e il monocromatismo del processo tipografico hanno reso il carmen anguineum una pagina di enigmistica, i manoscritti hanno invece dato maggiori possibilità di espressione.
In tal senso, entrano in scena due codici umanistici: il Marc. Lat. XI, 30 (=4429) e il Ms. VI/50. In entrambi i testimoni, scritti dalla medesima mano, sono adottati particolari accorgimenti al fine di rendere l’idea del movimento anguineo del carmen, rinunciando persino (nel caso del manoscritto marciano) all’indizio fornito dalla Constructio.
Il manoscritto marciano è un testimone pergamenaceo (182 x 124 mm, VI [cart.] + 25 + VI’ [cart.]) della prima sezione degli Opuscula, dedicata all’elezione del doge Loredan avvenuta il 2 ottobre 1501. Si tratta di un esemplare elegante, miniato e dagli inchiostri pluricromatici.1 Per esempio, il blu e rosso si alternano soprattutto nelle parole delle rubriche, nei capilettera e nelle lettere degli incipit, nonché nei nomi delle personae loquentes dell’ecloga. Questi però non sono gli unici colori adottati, né tantomeno sono limitati a mero elemento decorativo. Quando il lettore arriva al f. 23v, difatti, si trova innanzi un componimento le cui parole, accuratamente disposte in quattro riquadri, sono state scritte secondo un regolare alternarsi di cinque colori. Questi non è altro che il carmen anguineum.
In questa bellissima composizione cromatica, il carmen anguineum è organizzato esattamente come negli Opuscula, ma, a differenza di questi ultimi, la soluzione è affidata all’alternanza dei colori, non a un sibillino epigramma. La prima strofa è composta dalle parole in rosso, la seconda da quelle in blu, la terza in nero, la quarta in viola e la quinta in giallo ocra. Questa soluzione permetterà al lettore di seguire la lettura del carmen, in assenza dell’ormai inutile Constructio. Ciononostante, la scelta di mantenere in nero la colonna centrale ricorda proprio i versi 3–4 della succitata Constructio: Hunc [anguem] coepi et viso Ludovici nomine captum / suspendi et posui versibus in mediis. Questo accorgimento mette in risalto l’unica strofa leggibile dall’alto verso il basso e lo stesso Fulin, che poteva basarsi solo su questi versi e non sui colori, decifrò il carmen “badando perciò a Lodovico il Moro, che deve trovarsi versibus in mediis”.2
Nel manoscritto marciano, d’altro canto, la soluzione cromatica non è riservata solo al carmen anguineum, ma anche ai suoi “cugini” versi reticolati che lo seguono immediatamente al f. 24r, introdotti dalla dedica in blu Ad eundem principem. La disposizione dei colori qui permette di cogliere la parentela tra le due tipologie di carmina, tanto nelle somiglianze quanto nelle divergenze. Questo è il primo:
[rosso] | [blu] | [nero] | [rosso] | [blu] | [nero] |
Occidat | Italiae | mors: | Christi | belva | Turchus |
Italiae | terror: | fidei | hostis: | tristis: | iniquus: |
Mors | fidei: | pacis | destructor: | gloria | Ditis: |
Christi | hostis: | destructor | pacis: | Ditis | amicus: |
Belva | tristis: | gloria | Ditis: | milite | perdat: |
Turchus | iniquus: | Ditis | amicus: | perdat | in armis. |
Le somiglianze che, come s’è visto, hanno generato alcuni fraintendimenti, sono sicuramente la struttura a quadratum epigramma menzionata da Giovio, l’uso dell’esametro e il principio alla base dell’artificio, ossia la disposizione in sé delle parole all’interno del componimento. Nel caso dei versi reticolati, i colori rivelano la doppia lettura del carmen, i cui versi si ripetono identici in verticale e in orizzontale. Si ottengono così, in verticale e in orizzontale, i seguenti versi:
Occidat Italiae mors, Christi belva Turchus,
Italiae terror, fidei hostis, tristis, iniquus,
mors fidei, pacis destructor, gloria Ditis,
Christi hostis, destructor pacis, Ditis amicus,
belva tristis, gloria Ditis, milite perdat,
Turchus iniquus, Ditis amicus, perdat in armis.
Muoia la morte d’Italia, il Turco belva di Cristo, / terrore d’Italia, nemico della fede, funesto, iniquo, / morte della fede, distruttore della pace, amico di Dite, / belva funesta, gloria di Dite, perda con l’esercito, / il Turco iniquo, amico di Dite, perda in armi.
Se questa costruzione è molto simile a quella del carmen anguineum, esistono però alcune differenze non trascurabili, al di là della terminologia con cui l’autore definisce i due componimenti. Il carmen anguineum non gioca innanzitutto sulla disposizione ragionata di parole identiche ma sul collegamento di segmenti unici, ciascuno diverso dall’altro. Inoltre, il movimento stesso dei due artifici è diverso: il primo si sviluppa more anguineo dall’alto verso il basso, mentre il secondo ripete i medesimi versi da sinistra a destra e dall’alto verso il basso lungo una linea diagonale.
A ogni modo, l’applicazione dei colori al carmen rafforza visivamente l’elemento figurativo, dapprima solo concettuale, dell’esperimento del Catti. L’anguis ora diventa più simile a un carmen figuratumFigurengedicht, perdendo in parte quell’aria di gioco enigmistico che aveva negli Opuscula. Eppure rimane ancora celata la vera e propria figura del serpente, espressa dai colori ma non del tutto palesata: il soggetto dell’artificio è il moto dell’animale, non l’animale in sé.
Un punto di incontro tra raffigurazione dell’animale ed enigma si ritrova piuttosto nell’altro manoscritto, il VI/50 di Forlì. Questo più umile codice cartaceo (200 x 140 mm, I [cart.] + 13),3 testimone di una redazione precedente del Processus ordine iudiciario stampato negli Opuscula. Al f. 13r del manoscritto, compare il Summarium processus. Versus anguinei, un esempio di anguineum privo di colonna centrale ma comunque rispettoso dello schema generale. Rispetto alla stampa, la separazione dei singoli segmenti è meno marcata, limitata alla divisione tramite i due punti e non organizzata in colonne definite, mentre la risoluzione non è affidata esclusivamente alle indicazioni della Constructio (Finge anguem cursuque anguis lege carmina, praetor), ma anche al disegno d’un serpente realizzato a margine del carmen, quasi fosse una postilla esplicativa. Il praetor Loredan dovrà sì fingere anguem, ma potrà contare anche su un indizio visivo, ancorché meno efficace dei colori del manoscritto marciano. Nell’esemplare forlivese l’enigma rimane tale e anzi si arricchisce di un ulteriore elemento artistico, utile a capire come l’autore immaginasse il suo stesso gioco simbolico.
Se davvero il Catti si figurava così il cursus anguis, forse la suggestione poco fa proposta sulla scelta del carmen per gli Sforza non è del tutto frutto di pura fantasia. La somiglianza tra questa immagine (d’altronde molto comune) e lo stemma della famiglia, sommata all’arguzia dimostrata dal Catti in più luoghi della sua produzione, è un’ulteriore prova della volontà di fondere semanticamente nel gioco combinatorio l’anguis araldico con quello poetico.